(Adnkronos) - "All'interno del patient journey", quindi del percorso del paziente, "in anestesia e rianimazione sono moltissime le applicazioni dell'intelligenza artificiale. Un esempio molto importante è la stratificazione del rischio di ogni singolo paziente: passiamo infatti da avere un rischio generico di una complicanza - pensiamo a un paziente che viene sottoposto a un intervento per l'appendicite acuta - a definire dei rischi personalizzati per ogni singolo paziente". Lo ha detto Elena Bignami, presidente Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, rappresentante di Siaarti in Fism, Federazione società medico scientifiche italiane, all'Adnkronos Salute in occasione di 'L'Ai Week', la fiera europea dedicata all'intelligenza artificiale in corso a Rho-Fiera Milano. La stratificazione del rischio clinico sul singolo paziente "ci permette anche di poter ottimizzare tutto il periodo perioperatorio, quel periodo che va dal prericovero al periodo intraoperatorio e nel postoperatorio - spiega Bignami - sia dal punto di vista clinico sia organizzativo. Questo per noi è molto importante", specie "in un periodo di risorse limitate e che, comunque, non vanno sprecate. Ci sono infatti strumenti di intelligenza artificiale - aggiunge - che ci permettono di capire quale sarà il paziente che avrà le complicanze principali, per esempio l'insufficienza renale acuta, l'insufficienza di altri organi specifici o la necessità di terapia intensiva: questo ci permette prevenire il fatto che accadano. Ci sono poi strumenti organizzativi che fanno in modo di poter usare in modo concreto e appieno tutte le risorse a disposizione dei nostri pazienti. Per esempio nella sala operatoria, che è un ambiente molto costoso e ad alta performance - sottolinea la presidente Siaarti - l'intelligenza artificiale ci aiuta" a sfruttare al meglio ogni aspetto.
(Adnkronos) - Il disegno di legge che prevede la partecipazione dei lavoratori al capitale, alla gestione e ai risultati dell’impresa sta seguendo il suo iter parlamentare e potrebbe diventare legge molto presto. Si tratta di un tema storico per il nostro Paese, sul quale anche i direttori del personale hanno espresso il loro pensiero. L’88% di loro, infatti, ritiene che il tema sia molto importante per lo sviluppo e il successo delle aziende e, di questi, il 33% dichiara che la proposta è molto utile. Nel merito della proposta di far partecipare i lavoratori alla governance dell’impresa, invece, circa il 72% dei direttori del personale si dichiara favorevole. Questo è uno dei dati di fondo emersi dall’indagine sul tema curata dal centro ricerche dell’Aidp (associazione nazionale per la direzione del personale), guidato dal professor Umberto Frigelli, a cui hanno risposto oltre 600 professionisti delle risorse umane. “Il Disegno di Legge n. 1407 rappresenta un'opportunità unica per dare concretezza all'articolo 46 della Costituzione e favorire la partecipazione dei lavoratori alla vita aziendale. La survey condotta da Aidp evidenzia chiaramente il grande potenziale di queste pratiche. La partecipazione non si impone, si costruisce: serve un’alleanza tra istituzioni, imprese e persone, come Aidp lavoreremo per ottenere questo risultato. solo così potremo creare un modello partecipativo efficace e duraturo. Questi e tanti altri saranno i temi al centro del nostro 54° congresso nazionale del 16 e 17 maggio”, spiega Matilde Marandola, presidente nazionale Aidp. In questi anni sono state già implementate nelle aziende diverse forme e modalità di partecipazione dei lavoratori alla governance aziendale. Il 30% delle aziende, infatti, ha predisposto organismi consultivi attraverso forme e processi strutturati per avanzare suggerimenti e proposte di miglioramento; il 21% circa a definito delle modalità strutturate di coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni produttive e organizzative; il 20% circa ha definito modalità consultive, non vincolanti, attraverso la partecipazione dei lavoratori a comitati paritetici su temi come formazione, piani di carriera inquadramento; il 15% ha previsto modalità di partecipazione ai profitti e l’8% alla gestione e partecipazione alla scelte strategiche. Il 69% dei professionisti HR dichiara una certa soddisfazione su tali forme di partecipazione implementate che considera efficaci e proficue. I direttori del personale che non hanno implementato la partecipazione. Tra le modalità di partecipazione sopra elencate i direttori del personale che non hanno ancora implementato nessuna iniziativa in questo senso prediligono, in grande maggioranza, le modalità consultive attraverso, processi strutturati (il 58%) o comitati paritetici consultivi non vincolanti (il 36%) su temi quali la formazione, la carriera, l’inquadramento. Quasi il 17% è favorevole alla partecipazione agli utili e il oltre il 9% alla partecipazione alle scelte strategiche. Oltre il 60% dei direttori del personale ritiene che la partecipazione dei lavoratori, nelle varie forme possibili, serva ad aumentare l’ingaggio e la motivazione; il 29% circa ad avere proposte e suggerimenti utili alla gestione e il 19% a migliorare l’efficienza dei processi aziendali. Oltre il 21%, inoltre, pensa che serva a migliorare il clima aziendale e il 12% crede che la partecipazione dei lavoratori sia utile a migliorare la governance complessiva dell’azienda. Potrebbe, infine, migliorare le relazioni sindacali per il 9% e incrementare il compenso dei dipendenti per oltre l’8% dei rispondenti. Il 54° congresso dell'Aidp dal titolo 'La Forza dell’Immaginazione', si svolgerà presso l’Allianz MiCo di Milano. Parteciperanno oltre 1.400 professionisti delle risorse umane provenienti da tutte le regioni d’Italia, 76 speaker di altissimo livello, nazionale e internazionale e una cena molto particolare con Leonardo Da Vinci, tutta da scoprire. Nella due giorni si discuterà di come la diversità culturale sia una fonte inesauribile di ispirazione e l’intelligenza artificiale, al centro della rivoluzione spazio-temporale del lavoro unita all’urgenza della sostenibilità, siano decisivi per immaginare un futuro in cui le visioni hanno il coraggio di diventare realtà.
(Adnkronos) - "Solo mantenendo la pluralità tecnologica nel settore del riscaldamento domestico si potranno raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e impedire che si ripeta quanto già accaduto nell’automotive europea, oggi al centro di una complicata crisi a causa del bando generalizzato della tecnologia del motore endotermico". È quanto emerso durante l’evento organizzato da Assogasliquidi-Federchimica nella sede del Parlamento Ue a Bruxelles, dove per la prima volta sono stati presentati i risultati dello studio 'Decarbonizzazione dei consumi termici residenziali' realizzato da Bip Consulting per conto di Proxigas, Assogas, Assogasliquidi-Federchimica, Assotermica e Utilitalia. Il caso italiano, evidenziato dallo studio, può costituire un esempio per tutti gli altri Paesi: qui, il gas (sia naturale che Gpl) è centrale nel mix energetico, grazie a un’infrastruttura capillare che interessa il 90% dei Comuni e copre il 100% delle comunità con l’apporto del Gpl. Il parco residenziale è vetusto (oltre il 70% edificato prima degli anni ‘80), inefficiente (50% in classi energetiche F-G) e diversificato per clima e architettura (50% in zone climatiche fredde E-F). In questo scenario, la sostituzione delle caldaie tradizionali con modelli a condensazione consentirebbe, già da sola, di raggiungere gli obiettivi di riduzione dei consumi fissati dalla direttiva Epbd ('Case green'), garantendo un risparmio compreso tra il 19 e il 22% (a fronte di un target del 16%), di ridurre sensibilmente le emissioni grazie all’integrazione di percentuali crescenti di biocombustibili (biometano e bioGpl) e sostenere la competitività di una industria italiana ed europea di rilievo. Dall’altra parte, lo studio evidenzia i limiti di una strategia imperniata sul mantenimento di un’unica fonte (la pompa di calore) per coprire l’intero fabbisogno. Intanto per motivi infrastrutturali: il 60% degli appartamenti con riscaldamento autonomo in Italia non presenta un giardino privato, un terrazzo o uno spazio esterno utili ad ospitare gli apparecchi di questa tecnologia. Dei 10,3 milioni di abitazioni in classe F e G solo meno di 6 milioni potrebbero accogliere una pompa di calore elettrica. Ma se si affina l’analisi e si considerano anche i fattori legati al reddito delle famiglie il numero si riduce a meno di 2 milioni di abitazioni. Dallo studio emerge quindi come la transizione energetica del comparto residenziale, se affidata a un’unica soluzione, rischia di essere fallimentare in partenza: l’elettrificazione rappresenta una valida soluzione in determinati contesti ma occorre offrire alternative nell’ottica della complementarità e della pluralità di tecnologie e vettori per coinvolgere l’intero patrimonio abitativo. La presentazione dello studio è stata l’occasione per riportare l’attenzione sulla fase di implementazione della direttiva sulle performance di efficienza energetica degli edifici. La direttiva Epbd traccia il percorso per decarbonizzare il patrimonio edilizio entro il 2050, conferendo flessibilità agli Stati nella scelta degli strumenti e delle tempistiche per la transizione, ma affida alla Commissione il compito di emanare linee guida non vincolanti sui singoli aspetti applicativi, in particolare sulla definizione di 'caldaie alimentate a combustibili fossili'. “Il rispetto in concreto del principio di neutralità (e quindi pluralità) tecnologica nella formulazione delle linee guida - commenta Matteo Cimenti, presidente di Assogasliquidi-Federchimica - richiede che la Commissione definisca la nozione di 'caldaia alimentata a combustibili fossili' escludendo dal bando gli apparecchi certificati per essere alimentati con gas rinnovabili”. Eppure, in Italia, pochi mesi fa con la legge di bilancio, il Parlamento ha optato per una esclusione dai benefici fiscali dell’ecobonus degli “interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili”. Si tratta - secondo Assogasliquidi-Federchimica - di una disposizione non chiara e che ostacola il percorso di rinnovo del parco termico. Ciò contrasta con gli obiettivi di decarbonizzazione, efficienza energetica e neutralità tecnologica: tutte le soluzioni a basso impatto - comprese le caldaie certificate per essere alimentate a gas rinnovabile - dovrebbero beneficiare di incentivi, senza dover soddisfare soglie di prodotto irraggiungibili, in rapporto alla disponibilità attuale di prodotto la cui crescita va invece incentivata e sostenuta. “È necessario garantire parità di trattamento a tutte le soluzioni di riscaldamento ambientalmente sostenibili, in linea con il principio di neutralità tecnologica - conclude Cimenti - potenziare la produzione e la distribuzione di gas rinnovabili (biometano, bioGpl, rDme) e avviare una campagna informativa chiara e trasparente sui reali benefici ambientali ed economici di tutte le tecnologie sostenibili”.