(Adnkronos) - Ritrovato nella tarda mattinata di oggi, sabato 26 luglio, il corpo senza vita del ragazzo di 16 anni disperso mercoledì scorso nelle acque del fiume Po, nei pressi del Ponte della Becca mentre era in compagnia della famiglia nel comune pavese di Linarolo. Lo hanno comunicato i vigili del fuoco. Il ritrovamento è avvenuto in località Spessa a opera del nucleo fluviale del Comando dei Vigili del Fuoco di Pavia, che ha operato ininterrottamente sin dal giorno della scomparsa, con il supporto di squadre specializzate provenienti da vari Comandi. Il decesso è stato constatato dal personale sanitario intervenuto sul posto. Le operazioni si sono svolte in coordinamento con le autorità competenti. Il corpo era incastrato in mezzo a dei rami, proprio al centro del fiume, all'altezza di una secca. Il ragazzo di 16 anni di origine egiziana è stato recuperato senza vita dall'imbarcazione del nucleo fluviale del comando dei vigili del fuoco di Pavia, che hanno ripreso le ricerche questa mattina, sotto la pioggia. Era stato visto inabissarsi nei pressi del ponte della Becca, comune di Linarolo, nel Pavese. Non è ancora chiaro in che modo sia stato trascinato via dall'acqua. Stando alle testimonianze della famiglia che era con lui, il giovane era in piedi e potrebbe aver perso l'equilibrio, per poi essere travolto dalla corrente. Le ricerche sono iniziate immediatamente dopo la sua scomparsa e poi anche nei giorni successivi, ininterrottamente, fino al calar del buio. Gli specialisti del soccorso acquatico dei vigili del fuoco sono stati supportati dai sommozzatori dei nuclei regionali di Lombardia e Piemonte, poi raggiunti anche dai vigili del fuoco di Roma del Nucleo sommozzatori specializzati nell'impiego della tecnologia Didson, sonar adatti ai fondali bassi. L'area è stata perlustrata da un elicottero del reparto volo Lombardia, mentre squadre ordinarie hanno battuto le rive del fiume, con l'aiuto degli specialisti del Tas (topografia applicata al soccorso), che hanno elaborato la cartografia della ricerca. Per tutta la durata delle ricerche, la famiglia del giovane è rimasta sempre nel luogo dove l'hanno visto scomparire, nei pressi del ponte della Becca.
(Adnkronos) - Il 90% delle startup fallisce entro cinque anni, come spiega Startup Genome. Quindi, in Italia, solo il 10% sopravvive. E no, non è per mancanza di creatività. E’ per assenza di metodo, di competenze reali e di una cultura d’impresa all’altezza delle sfide attuali. A mancare, in molti casi, non è l’innovazione, ma la capacità di trasformarla in un’impresa economicamente sostenibile. i “Una startup non è una scommessa: è una macchina complessa da far funzionare, ogni giorno, con lucidità e pragmatismo”, spiega all’Adnkronos/Labitalia Nicola Zanetti, fondatore di B-PlanNow, autore del libro Startup Fundamentals e protagonista dell’ecosistema europeo tra InnovUp, Italian Tech Alliance, Bulgarian Venture Capital Association e Besco. “Oggi - afferma - fare impresa significa saper governare l’incertezza. Chi guida una startup deve essere un manager della complessità, capace di leggere i mercati in movimento, anticipare i cambiamenti e formarsi costantemente - in verticale (sul proprio settore) e in orizzontale (su strategia, execution, marketing, finanza). La differenza tra chi scala e chi si arena si gioca qui: nella capacità di prendere decisioni rapide, informate e adattive. E serve una preparazione che non si improvvisa”. Negli ultimi quindici anni Zanetti ha lavorato con centinaia di team in fase pre-seed e seed tra Italia ed Europa dell’Est, divulgando i temi legati all’imprenditorialità anche nel suo blog, seguito da oltre 10.000 lettori ogni mese. “Fare impresa - avverte - non è un atto creativo fine a sé stesso, ma un processo decisionale continuo che deve poggiare su basi solide: dati, metriche, insight quantitativi e qualitativi. E’ finita l’era delle scelte ‘di pancia’. Oggi, chi non sa leggere il contesto, analizzare il comportamento del cliente, comprendere i pattern di acquisto e monitorare in tempo reale le performance delle proprie azioni è semplicemente tagliato fuori. L’imprenditoria moderna vive di analisi predittiva”. Secondo la sua analisi, il motivo principale per cui molte startup non superano nemmeno il primo anno è, infatti, la mancanza di competenze manageriali trasversali: pianificazione strategica, gestione finanziaria, organizzazione del lavoro e visione operativa. “L’errore più comune - continua - tra chi si affaccia al mondo dell’imprenditoria e in particolare delle startup è credere che un’intuizione brillante sia sufficiente per costruire un business di successo. Ma la realtà è molto diversa. Un’idea, per quanto affascinante, senza numeri resta un’opinione. E oggi, nel mercato attuale, le opinioni non bastano più. Ai primi posti tra le cause di fallimento ci sono l’esaurimento dei fondi, l’assenza di un mercato effettivo, business model fragili, problemi di pricing e difficoltà interne al team. Tutti elementi che derivano da una preparazione insufficiente su come guidare un’impresa, più che da una carenza di idee”. “L’Italia - sottolinea - è piena di energie imprenditoriali, ma manca una rete solida e continua che accompagni le startup nei primi mille giorni, quando la sopravvivenza si gioca su pochi margini”. Dall’esperienza sul campo, Zanetti ha anche individuato cinque errori ricorrenti che accomunano molte startup che non riescono a crescere: 1) non validare il bisogno di mercato prima di costruire il prodotto; 2) non avere un business model chiaro e innovativo fin dall’inizio; 3) comunicare in modo vago, senza un posizionamento nitido; 4) cercare fondi troppo presto, senza numeri né strategia; 5) affrontare tutto da soli, senza mentor né visione esterna. “Una buona idea - fa notare - non è automaticamente un buon business. Senza validazione, il rischio è costruire un castello nel deserto. E la raccolta fondi non è un punto di partenza, è un punto d’arrivo”. Per rispondere a queste criticità, Zanetti ha sviluppato il metodo ScaleUp, un approccio operativo articolato in sei fasi: modello di business, validazione, posizionamento, go-to-market, modello economico e kpi, fundraising. Un percorso non standardizzato, ma modellato su contesto reale, risorse e mercato. “Ogni progetto - sottolinea - ha bisogno di strumenti concreti ad hoc per decidere meglio. E farlo subito E in un contesto in cui le risorse economiche scarseggiano proprio nei momenti più delicati e in cui la narrazione sulle startup è spesso più ottimistica che realistica, la vera sfida per l’Italia è aiutare chi ha idee a renderle resistenti nel tempo. La priorità oggi non è moltiplicare le startup, ma fare in modo che quelle che esistono diventino aziende vere. Fare impresa oggi è - o dovrebbe essere - una scienza applicata. Ogni mossa può (e deve) essere validata. Ogni strategia può essere testata. Ogni investimento può essere ottimizzato. Questo non significa togliere spazio alla creatività, ma incanalarla dentro un processo strutturato, misurabile e replicabile. Il mio obiettivo è sempre stato creare scaleup profittevoli e non unicorni da vetrina, capaci di stare sul mercato per anni, e far crescere il capitale dei soci e degli investitori”.
(Adnkronos) - “Il Programma Emtn è molto importante perché sancisce il ritorno a raccogliere capitali in Italia, rafforzando il mercato dei capitali italiani che negli ultimi anni ha sofferto l'emorragia verso mercati esteri. L'Italia non ha nulla da invidiare agli altri paesi. Riteniamo che il rimpatrio in Italia sia la mossa giusta negli interessi di Iren e del sistema economico italiano”. Sono le dichiarazioni di Luca Dal Fabbro, presidente di Iren, alla ‘Ring the Bell Ceremony’ organizzata a Palazzo Mezzanotte da Iren per celebrare la costituzione del nuovo Programma Emtn (Euro Medium Term Notes). Iren ha rinnovato il proprio Programma incrementando l’ammontare massimo da 4 a 5 miliardi di euro. Il Prospetto informativo relativo al Programma è stato approvato da Consob e ha ottenuto il giudizio di ammissibilità alla quotazione sul Mercato telematico delle obbligazioni (Mot) da parte di Borsa Italiana. Un ruolo importante è riservato alla sostenibilità. “Il denaro che raccogliamo sul mercato - prosegue Dal Fabbro - serve per aumentare gli investimenti sulla resilienza ambientale, sul rafforzamento delle reti idriche, sull'efficientamento del parco termoelettrico, il fotovoltaico, l'eolico. Alimentiamo progetti che devono essere sostenibili e che aumentano la resilienza ambientale. Siamo convinti che si tratti di un buon investimento che, da un lato, offre rendimento agli azionisti e dall’altro rende l’azienda più solita. Investire nella sostenibilità non è un peso, ma una grande opportunità di rendere le aziende più solide”. Nella scelta di procedere all’emissione di nuovi titoli obbligazionari ha influito la semplificazione burocratica e normativa: “È stato fatto un grandissimo lavoro di semplificazione da parte di Borsa Italiana e Consob - aggiunge - questo è uno degli elementi che ci ha indotto a investire. Faccio i complimenti al team di Consob e di Borsa Italiana. Grande lavoro a beneficio di emittenti come la nostra e di tutte le imprese italiane. L’Italia deve tornare a fare industria, nel nostro Paese abbiamo una iper finanziarizzazione del sistema italiano, ma facendo industria ci saranno soldi per alimentare la finanza”. Infine una considerazione sul nucleare: “Il nucleare è un orizzonte molto lungo. Per fare una centrale nucleare ci vogliono tra i 10 e i 15 anni. Il suggerimento che darei a chi parla di nucleare è di sopravvivere nei prossimi 5-10 anni facendo quello che è possibile e in parallelo studiare le migliori forme per produrre energia elettrica sostenibile e sicura., con tutte le fonti, nessuna esclusa” conclude Dal Fabbro.