(Adnkronos) - L’85,7% degli studi dei consulenti del lavoro ha investito in tecnologie e digitale negli ultimi due anni: il 15% ha effettuato investimenti rilevanti, il 45% medi. Questi hanno riguardato principalmente il rinnovo di infrastrutture (pc, portatili, reti per il 74,2%) e la sicurezza informatica (59,9%). A seguire gestione documentale (34,7%) e portali dedicati ai clienti (31,9%). È quanto emerge dall’indagine sull’evoluzione della professione del consulente del lavoro, realizzata dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, e presentata oggi a Napoli alla Convention nazionale in occasione del 60° anniversario della categoria. Per il prossimo biennio, in testa agli investimenti vi è l’IA (il 50% intende introdurla nello studio, anche solo in via sperimentale), il rinnovo delle infrastrutture (48,7%), portali e app dedicate ai clienti (33,7%) e la formazione delle risorse umane (32%). Più della metà dei consulenti del lavoro è soddisfatta della propria attività e ha voglia di far crescere ancora di più la propria attività professionale. Tra i fattori che potrebbero promuovere un’ulteriore crescita i consulenti hanno chiaro che non saranno esterni, ma dipenderanno principalmente dalla capacità che avranno di proporsi sul mercato con logiche diverse. La diversificazione dei servizi è l’aspetto a cui quasi la metà dei rispondenti lega le possibilità di ulteriore crescita della professione: indica tale item come leva per il futuro il 46,5% degli intervistati, tra i giovani la percentuale sale al 55,4%. Più di un terzo (37,7%) guarda all’innovazione e alla digitalizzazione quali opportunità di ulteriore sviluppo mentre è una quota inferiore a pensare che la crescita potrà venire dall’esterno, dallo spontaneo aumento della richiesta dei servizi sul mercato (31,2%) e dalla crescita del ruolo della professione tra le imprese (31,2%). Il 63,3% degli intervistati si dichiara infatti molto soddisfatto del proprio lavoro (in una scala da 1 a 10, il livello di soddisfazione va da 7 in su): gli uomini più delle donne (70,3% vs 54,6%), i residenti al Nord più del Centro Sud. Il 55,8% intende, nei prossimi cinque anni, sviluppare ulteriormente la propria attività professionale, mentre un quarto vorrebbe continuarla ad esercitare così come è, senza apportare cambiamenti. La crescita organizzativa si accompagna alla crescente differenziazione dell’offerta di servizi professionali da parte dei consulenti del lavoro. Intorno al core business degli adempimenti in materia di lavoro e buste paga (erogata dal 92,2% degli studi) cresce l’offerta di servizi di altro tipo: il 67,4% offre consulenza giuridica e contrattuale sui rapporti di lavoro, il 59,2% consulenza economica (analisi budget e costo del lavoro). Ancora, il 47% degli studi si occupa di organizzazione e gestione del personale nelle aziende, il 42,1% di relazioni e procedure sindacali, il 32,2% di welfare aziendale, il 28,2% di consulenza previdenziale, il 15,6% le politiche attive. Secondo la ricerca quasi la metà degli studi (48,4%) presidia la materia fiscale, occupandosi di adempimenti, mentre il 37,4% offre consulenza fiscale, finanziaria e societaria. Quasi due studi su dieci (18,9%) fanno certificazioni di contratti di lavoro e conciliazioni, mentre il 9,4% Asse.Co. e il 4,7% certificazioni di parità/bilanci di genere. Del tutto specifico è il profilo dei giovani consulenti del lavoro che mostrano, rispetto alle generazioni più adulte, una vocazione più specialistica sul versante lavoristico e una capacità di erogare una maggiore varietà di servizi, in particolare di consulenza giuridica e contrattuale (83,2%) e economica (77,6%) in materia di rapporti di lavoro. Risulta alta anche la propensione ad occuparsi di gestione e organizzazione del personale (59,4%), welfare aziendale (46,2%) e consulenza previdenziale (31,4%). La crescita del ventaglio di offerta è stata particolarmente accentuata negli ultimi 3 anni. Oltre un terzo degli studi (34,8%) ha innovato il proprio paniere di offerta: il 14,1% ha introdotto servizi di welfare aziendale, il 6% consulenza previdenziale, il 5,1% l’Asse.Co., il 3,6% le politiche attive. Sono questi i servizi che hanno registrato la crescita più significativa. Decisivi sono stati i fattori di “contesto”, ma anche la capacità di innovarsi. Richieste dei clienti (30%) e cambiamenti normativi (19,7%) sono i principali fattori che hanno portato ad innovare l’offerta di servizi. Ma non meno peso hanno assunto le scelte strategiche di acquisire competenze con specializzazioni nuove (il 12,9% indica tale fattore), la ricerca di nuovi fonti di reddito (10,6%) e l’esigenza di stare al passo con la concorrenza (10,9%). Come si sono organizzati gli studi per erogare nuovi servizi? Il 36,2% ha sviluppato nuove competenze, formando le risorse interne, mentre il 15,4% ha avviato collaborazioni con altri studi o consulenti esterni. Il 14% dichiara che per erogare nuovi servizi è stato necessario rivedere organizzazione e procedure interne, mentre una simile quota ha promosso investimenti in tecnologie e strumenti digitali. Aumenta l’orientamento all’esercizio in forma aggregata della professione. Tra il 2021 e il 2025, la quota di consulenti del lavoro che esercita la libera professione come titolare unico di studio passa dal 78,2% al 74,4% mentre aumenta, dal 21,8% al 25,6%, la percentuale di chi esercita in forma associata. Tra questi ultimi, il 14,9% è associato in Stp con altri consulenti del lavoro, il 10,7% con altri professionisti. Tale dato è confermato anche dall’aumento della propensione a costituire società tra professionisti. Il numero delle Stp registrate in albo unico ha raggiunto, nel 2025, quota 808, coinvolgendo quasi 2000 consulenti del lavoro, pari al 7,8% del totale. Le modalità organizzative variano a seconda dei contesti e dei mercati di riferimento. Al Nord, l’esercizio in forma associata interessa più di un terzo degli iscritti (il 38,2% al Nord Est, prevalentemente con altri consulenti del lavoro) mentre al Sud solo il 14,2%. Il Nord è l’area dove si registra il maggiore incremento della propensione all’esercizio in forma associata: la percentuale di professionisti passa infatti dal 26,2% del 2021 al 33,2% del 2025 nel Nord Ovest e dal 31,8% al 38,2% nel Nord Est. Con riferimento al futuro, il 6% dei professionisti individuali afferma di voler associarsi o creare una Stp nei prossimi tre anni.
(Adnkronos) - Una professione in forte espansione e con il desiderio di continuare a crescere nel futuro, grazie soprattutto alla diversificazione dei servizi e all’innovazione tecnologica. È il quadro che emerge dall’indagine sull’evoluzione della professione del consulente del lavoro, realizzata dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, e presentata oggi a Napoli alla Convention nazionale in occasione del 60° anniversario della categoria. L’indagine è stata svolta a settembre 2025 su un campione di 5.363 consulenti del lavoro, e ha approfondito l’organizzazione degli studi, l’offerta di servizi e il rapporto con gli altri professionisti, con particolare attenzione ai processi di innovazione. Secondo l'indagine, la trasformazione del tessuto degli studi, particolarmente accentuata nel post Covid, ha trovato riscontro nel positivo andamento economico. Secondo i dati Enpacl, i volumi d’affari medi dei consulenti del lavoro sono passati da 87.332 euro del 2019 a 111.711 del 2024, per una crescita del 27,9%. Solo nell’ultimo anno l’aumento è stato del 7,8%. Guardando alle ricadute sulle realtà dei singoli studi, è il 40,1% a registrare un aumento del fatturato tra 2023 e 2025. Il 46,7% afferma che è rimasto sugli stessi livelli mentre il 13,2% indica diminuzione. Le previsioni per il 2025 sono all’insegna della stabilità (59,2%); il 21,3% afferma che ci sarà un aumento, il 14% prevede una diminuzione. Al Nord Est, quasi la metà degli studi registra un incremento (48,3%) nell’ultimo triennio; in tutto il Nord risulta più alta anche la quota di studi che prevede crescita di fatturato nel 2025 (25% circa). La dimensione organizzativa, secondo l'indagine, risulta decisiva nel determinare le performance. Tra gli studi associati e Stp, la quota di quanti registrano un aumento di fatturato è maggioritaria. In particolare, tra gli studi in cui tutti gli associati sono consulenti del lavoro si arriva al 51,4%, a fronte del 45,8% delle strutture interprofessionali. Migliore efficienza organizzativa e diversificazione delle attività fanno volare il giro d’affari. Oltre alla crescita della domanda di servizi professionali (54,6%), tra i fattori che i consulenti individuano decisivi nel promuovere la crescita del giro d’affari vi è il cambiamento che gli studi hanno attuato negli ultimi anni, con una migliore efficienza organizzativa rispetto al passato (23,3%) e l’introduzione di nuovi servizi da offrire alle imprese (20%); anche le opportunità derivanti da cambiamenti normativi/nuove compliance richieste alle imprese e le collaborazioni con altri studi professionali sono stati un incentivo importante alla crescita del volume d’affari. Coerentemente con l’evoluzione della modalità di esercizio degli studi professionali dei consulenti del lavoro crescono le dimensioni degli stessi. Rispetto al 2021, diminuisce la quota di professionisti individuali (che non si avvalgono di alcun collaboratore) dal 36% al 30,8%. Di contro, la quota di studi con più di 3 persone (tra professionisti, collaboratori e personale di segreteria) aumenta dal 35,4% al 42,5%. Nel 2025 il 30,8% è composto dal solo titolare, mentre la maggioranza degli studi individuali ha almeno un collaboratore. Complessivamente, il 26,7% degli studi è composto da 2/3 persone, il 28,3% da 4/9 persone e il 14,2% da più di 9 figure, tra titolari e collaboratori. Le dimensioni risultano fortemente differenziate a seconda delle modalità di organizzazione dell’attività. Tra i titolari di studi professionali associati con altri consulenti del lavoro, il 40% ha più di 9 addetti; una quota che sale ulteriormente tra i titolari di studi associati anche con altri professionisti (44,7%). I cambiamenti intervenuti nella struttura organizzativa degli studi hanno fatto crescere negli ultimi anni anche la quota di consulenti del lavoro occupata come dipendente o collaboratore presso gli stessi. A fronte dell’87,5% che esercita la libera professione, vi è infatti un 12,5% che lavora prevalentemente come dipendente o collaboratore di studio. Tra i giovani con meno di 40 anni, la quota di dipendenti e collaboratori sale al 44%. Tale condizione, per una quota rilevante di rispondenti, appare legata ad una fase transitoria, di passaggio: il 25,7% dei collaboratori di studio (tra i giovani la percentuale sale al 36,6%) sta facendo esperienza nell’ottica di mettersi in proprio nel futuro. Il 17,3% (tra i giovani il 22,8%) afferma invece di non avere risorse economiche sufficienti per avviare un’attività in proprio, mentre un altro 17,7% chiama in causa condizione di vita personali che non permettono lo svolgimento dell’attività autonoma (tra le donne il 21,1%). Solo l’8,3% dichiara di preferire il lavoro dipendente: a questi si aggiunge il 21,3% che reputa il mercato troppo complesso e l’attività in proprio troppo rischiosa e faticosa.
(Adnkronos) - In occasione del World Energy Day, giornata che promuove a livello globale un utilizzo più consapevole e sostenibile delle risorse energetiche, Automobili Lamborghini annuncia il completamento dell’ampliamento del proprio impianto fotovoltaico nello stabilimento di Sant’Agata Bolognese. L’impianto - si sottolinea - "segna un ulteriore passo nella strategia di decarbonizzazione della Casa e rafforza l’autonomia energetica del sito produttivo". D'altronde il percorso di Automobili Lamborghini nell’ambito delle energie rinnovabili è iniziato nel 2010 con l’installazione del primo impianto fotovoltaico, successivamente esteso fino a raggiungere una superficie complessiva di 15.000 mq, tra i più grandi della regione all’epoca, in grado di generare oltre 2 milioni di kWh all’anno e ridurre circa 800 tonnellate di CO₂ ogni anno. L’ampliamento dell’impianto fotovoltaico si inserisce in un processo che già nel 2015 ha visto Automobili Lamborghini conseguire il raggiungimento della neutralità carbonica on balance del sito produttivo: un traguardo - si spiega - conseguito come scelta volontaria e pionieristica, che ha reso lo stabilimento di Sant’Agata Bolognese il primo certificato all’interno del Gruppo Audi e il primo al mondo a ottenere la certificazione di neutralità da parte dell’ente DNV". Da allora, Automobili Lamborghini ha mantenuto questo status nonostante il raddoppio delle superfici produttive, grazie a una strategia integrata che combina crescita dello stabilimento, investimenti in efficienza energetica, riduzione diretta delle emissioni e progetti di compensazione delle emissioni residue. Con l’ampliamento appena ultimato, che ha interessato la superficie in copertura del magazzino, la capacità complessiva dell’impianto è cresciuta ulteriormente: oggi è in grado di produrre circa 2,89 milioni di kWh aggiuntivi all’anno, garantendo una riduzione stimata delle emissioni pari a 1.200 tonnellate di CO₂ annue. L’intervento ha previsto l’installazione di più di 4.000 pannelli fotovoltaici su una superficie di circa 12.000 metri quadrati, con una potenza installata complessiva pari a 2,5 MWh.