INFORMAZIONIFrancesco M. Cataluccio |
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(Adnkronos) - Prima l'annuncio dell'incontro previsto per oggi con Zelensky alla Casa Bianca, quindi la telefonata fiume a sorpresa con Putin con la promessa di un faccia a faccia tra i due a Budapest insieme a quella che sembra essere una frenata sui Tomahawk all'Ucraina. Donald Trump, forte del "nostro successo" in Medio Oriente, intensifica su entrambi i fronti gli sforzi da pacificatore, nella speranza di siglare al più presto un accordo anche tra Kiev e Mosca. Intanto, però, a poche ore dall'incontro di oggi con il tycoon, il leader ucraino resta scettico sulla mossa del presidente russo, che ieri ha preso l'iniziativa e parlato a lungo con Trump. Al centro dello scambio "molto produttivo" tra lo 'zar' e il numero uno Usa, naturalmente i missili a lungo raggio, ma anche i rapporti tra Stati Uniti e Russia. Il colloquio telefonico di Trump con Putin è durato oltre 2 ore. "Putin - ha detto il leader Usa - mi ha fatto i complimenti per la pace raggiunta in Medio Oriente, un qualcosa che, secondo lui, è stato sognato per secoli", le parole del tycoon su Truth social, che ha poi spiegato che i due si vedranno a "Budapest per la fine di questa guerra ignominiosa". "Credo che il successo in Medio Oriente ci aiuterà a mettere fine al conflitto tra Russia e Ucraina", ha poi aggiunto, specificando che "sono stati concordati colloqui ad alto livello con i nostri consiglieri la settimana prossima". Nel colloquio "abbiamo passato molto tempo a parlare di scambi commerciali tra Russia e Stati Uniti una volta che la guerra sarà finita". “Quando ci vedremo con Putin? Direi entro un paio di settimane, abbastanza rapidamente. Marco Rubio incontrerà Lavrov, hanno già parlato. La mia telefonata con Putin è stata ottima, molto produttiva", ha poi continuato il tycoon parlando con i giornalisti alla Casa Bianca. Oggi, quindi, "incontrerò il presidente Zelensky, prenderemo una decisione", ha detto riferendosi evidentemente ai missili Tomahawk. "Gli riferirò della telefonata con Putin, abbiamo un problema: quei due non vanno d'accordo, hanno un rapporto pessimo. Per questo ci sono incontri uguali ma separati con loro. Questa guerra è ridicola, muoiono 7000 persone a settimane. Speriamo di fermare tutto questo. Pensavo che lo avremmo fatto rapidamente, visto anche il mio rapporto con il presidente Putin. Ho fermato 8 guerre, con questa saranno 9". Con Putin è stato quindi affrontato il tema Tomahawk. L'Ucraina chiede i missili per colpire la Russia in profondità. Rispetto all'apertura mostrata nei giorni scorsi, Trump è sembrato frenare dopo il colloquio con Putin: "Abbiamo parlato poco dei Tomahawk. A voi - ha detto rispondendo ai giornalisti - dico che abbiamo bisogno dei Tomahawk per gli Stati Uniti, ne abbiamo molti ma ci servono. Sono ottimi e vitali, servono anche a noi. Non so cosa potremo fare". E ancora: "Putin ha cercato di dissuadermi? Ovvio, cosa pensate? Credete mi abbia detto 'sì venda pure i Tomahawk, mi farebbe piacere'. Gli ho detto 'le dispiacerebbe se dessi 2000 Tomahawk al suo avversario?' Bisogna prendere le cose in maniera leggera a volte...", ha detto prima di tornare serio: "L'idea non gli piace, i Tomahawk sono armi d'attacco distruttive, nessuno vorrebbe averle contro" (VIDEO). Intanto, dopo la chiamata e in prospettiva di un incontro a stretto giro tra i due leader, Mosca ha già messo in moto la macchina organizzativa. "I presidenti hanno discusso la possibilità di una nuova riunione di persona. Si tratta di un momento davvero molto importante", ha spiegato il consigliere del presidente per gli affari internazionali Yuri Ushakov, aggiungendo che i delegati dei due Paesi "si occuperanno senza ritardi della preparazione del summit, che potrebbe essere organizzato, ad esempio, a Budapest". Per quanto riguarda il colloquio, "posso dire che la conversazione è avvenuta su nostra iniziativa", ha continuato Ushakov, parlando di una telefonata "molto sostanziosa, estremamente franca e improntata sulla fiducia" che ha posto un "particolare accento sulla crisi ucraina". Putin, ha spiegato Ushakov, ha fornito "una valutazione dettagliata della situazione, evidenziando l’interesse della Russia a raggiungere una soluzione politico-diplomatica pacifica". Se da un lato il Cremlino ha tenuto a sottolineare come per Trump la fine del conflitto in Ucraina aprirebbe "enormi prospettive per lo sviluppo della cooperazione economica tra Stati Uniti e Russia", sul fronte Tomahawk, però, la posizione di Mosca è durissima: la Russia, ha spiegato il portavoce Peskov, "farà tutto" per garantire la propria sicurezza se gli Stati Uniti trasferiranno i missili a lungo raggio all'Ucraina. E lo ha detto lanciando l'ennesimo avvertimento circa "un nuovo livello di escalation". "I nostri militari sanno cosa fare; hanno il potenziale militare e tutte le capacità necessarie. Faremo tutto il possibile per garantire la sicurezza del nostro Paese", ha dichiarato Peskov ai media russi. Dopo il colloquio telefonico tra il tycoon e il leader del Cremlino, e le dichiarazioni russe sul tema, ecco però arrivare la battuta di Zelensky. Evidentemente scettico sulle reali intenzioni di Putin. "Possiamo già vedere che Mosca si affretta a riprendere il dialogo non appena sente parlare dei Tomahawk", le parole su X del numero uno ucraino, già nella capitale americana per incontri con rappresentanti di aziende della difesa e del settore energetico, alla viglia del faccia a faccia con Donald Trump. "Ora, mentre la Russia scommette sul terrore contro il nostro settore energetico e compie attacchi quotidiani, stiamo lavorando per garantire la resilienza dell’Ucraina", ha poi detto Zelensky, parlando delle speranze riposte nel faccia a faccia con Trump di oggi: "Ci aspettiamo che lo slancio nel contenere il terrore e la guerra, che ha avuto successo in Medio Oriente, aiuti a porre fine alla guerra della Russia contro l’Ucraina. Putin non è certo più coraggioso di Hamas o di qualsiasi altro terrorista. Il linguaggio della forza e della giustizia funzionerà inevitabilmente anche contro la Russia - ha continuato -. Non ci deve essere alternativa alla pace e a una sicurezza garantita in modo affidabile, ed è cruciale proteggere le persone dagli attacchi e dagli assalti russi il prima possibile", la conclusione di Zelensky in attesa dell'incontro decisivo di oggi alla Casa Bianca.
(Adnkronos) - Intelligenza Artificiale e Correttivo al Codice dei contratti i due temi approfonditi nel corso del 69° Congresso degli Ordini degli Ingegneri d’Italia, i cui lavori si sono svolti presso il Teatro delle Muse di Ancona. I giornalisti Manuela Moreno (Rai) e Gianluca Semprini (RaiNews) hanno condotto il modulo tematico ‘Sicurezza e affidabilità delle reti intelligenti: cogliere le opportunità, contrastare le minacce’. Emanuele Frontoni (docente di Informatica Università degli Studi di Macerata), dopo aver indicato nell’inconsapevolezza da parte delle vecchie generazioni, rispetto alle nuove, uno dei principali rischi, ha sostenuto che l’Ia aiuterà a separare le attività tipiche della macchina da quelle squisitamente umane. Nicola Colacino (docente di Diritto Internazionale Scuola Superiore a Ordinamento Speciale della Difesa) ha sottolineato come l’Ia sia soggetta a tre livelli di normazione. Questo perché è avvertito come uno strumento da trattare con cautela dato che può trasformare della realtà. Inoltre, lo spazio per l’uomo tende a ridursi, con la macchina che poco a poco riesce a fare quella che fa l’uomo. In particolare, relativamente all’attività dei professionisti c’è la difficoltà di ben definire la prevalenza della componente umana. Nicola Fiore (Comitato italiano Ingegneria dell’Informazione C3i), nel sottolineare il ruolo e l’attività del Comitato C3i, ha affermato che i dati dell’Ia devono sempre essere mediati dal professionista. Sulla stessa linea d’onda Elio Masciovecchio (vicepresidente del Cni) che ha detto: “Cambiano gli strumenti, ma l’ingegnere, il progettista resta sempre tale. Il professionista è sempre colui che assume la responsabilità finale. E’ fondamentale che dietro l’Ia ci sia un’intelligenza naturale”. ‘Dalla Legge Merloni al principio di risultato-Trent’anni di contratti pubblici alla ricerca di efficienza’ il titolo del secondo approfondimento dedicato al Correttivo del Codice dei contratti. Arturo Cancrini (studio legale Cancrini & Partners) ha ricordato come storicamente le direttive comunitarie siano state sempre concentrate sulle gare, trascurando l’attenzione dovuta alla realizzazione finale delle opere. Inoltre, ha sottolineato la necessità di mettere al centro il progetto e il professionista che lo elabora. Tutti gli interventi legislativi dopo il 1994 hanno ragionato in termini di sanzione. Il Correttivo individua finalmente il principio del risultato. Su una simile lunghezza d’onda Pietro Baratono (esperto del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici) che ha ricordato l’art.4 del Correttivo, basato sul principio del risultato, e gli importanti interventi in termini di semplificazione. Infine, ha affermato con forza la necessità di rimettere mano alle tariffe relativi al lavoro dei professionisti. Gianluca Rovelli (consigliere del Consiglio di Stato) ha sottolineato che il correttivo ha avuto un impatto positivo soprattutto sull’equo compenso, una scelta di equilibrio e di chiarezza da parte del legislatore. Sulla questione dei subappalti ha detto che il correttivo ha portato qualcosa di positivo in merito alla disciplina delle piccole e media imprese e sulla tutela dei lavoratori. Giuseppe Latour (Il Sole 24 Ore) ha ricordato come il Codice dei contratti sia stato oggetto di ben 264 modifiche, molte delle quali opportune, ma esiste la necessità di garantire unità e stabilità delle norme ed evitare il diluvio degli interventi. Sandro Catta (consigliere del Cni), ha poi illustrato alcuni dettagli del Correttivo, soffermandosi, in particolar modo, sugli aspetti relativi all’equo compenso.C’è stato anche uno spazio-dibattito riservato agli Ordini territoriali sui temi congressuali. A sostenere il confronto per il Cni sono stati Remo Vaudano (vicepresidente vicario) e Giuseppe Maria Margiotta (consigliere segretario).
(Adnkronos) - "Sono fiducioso che ci sia una reale e consistente inversione di tendenza o quantomeno un incremento di attenzione da parte dei nostri governanti sul tema dei rischi naturali, ambientali ed antropici ed in particolare sul cosiddetto dissesto idrogeologico". Così Domenico Calcaterra, responsabile scientifico Fondazione Return (collegamento), intervenendo all’appuntamento Adnkronos Q&A, 'Sostenibilità al bivio', questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma. "La nostra fondazione è un ecosistema che da tre anni si occupa in maniera continuativa, nell'ambito delle misure finanziate dal Pnrr, di rischi - spiega - Partiamo dalla trattazione delle singole tipologie di pericolosità, gli esempi sono quelli classici per il nostro paese che purtroppo risente degli effetti della quasi totalità delle pericolosità naturali ed antropiche, pensiamo a frane, alluvioni, terremoti, eruzioni, il degrado ambientale nelle sue varie forme, ad esempio l'inquinamento, per creare dei modelli, tenendo ben presente quanto sta accadendo sotto i nostri occhi e quello che potrebbe nei prossimi anni e nei prossimi decenni accadere in termini di cambiamento climatico". "Il nostro obiettivo è quello di fornire al Paese degli strumenti che, aggiornati allo stato dell'arte, possano servire a migliorare la gestione dei rischi intervenendo con delle soluzioni più adeguate, più efficaci", conclude.