INFORMAZIONIA. Testoni spa Moda e Accessori Ruolo: Direzione Area Marketing / Commerciale Area: Communication Management Francesco Aimi |
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(Adnkronos) - La notizia del ritorno di Lindsey Vonn sugli sci ha scosso il mondo dello sport e non solo. La pluricampionessa di sci alpino ha infatti annunciato al New York Times che si riunirà alla squadra di sci degli Stati Uniti per gareggiare, questo inverno, in Coppa del Mondo. Vonn, 40 anni, si era ritirata cinque anni fa principalmente a causa del dolore al ginocchio destro, danneggiato da incidenti ad alta velocità e diversi interventi chirurgici. Ma ora tutto sembra cambiato. Per quanto inaspettato, il ritorno di Vonn non è l'unico caso di atleta che esce dal ritiro e torna sui suoi passi, riprendendo da dove aveva lasciato. Mentre quello di Francesco Totti con il calcio giocato sembra una suggestione destinata a rimanere tale, sono tanti infatti gli esempi di sportivi che a una comoda pensione hanno preferito l'adrenalina della competizione. Sempre tra le nevi della Coppa del Mondo di sci alpino si rivedrà anche Marcel Hirscher che, a 35 anni, dopo essersi ritirato nel 2019, ha annunciato il suo ritorno in pista. Dopo aver vinto per otto volte la Coppa del Mondo con l'Austria però, Hirscher gareggerà con l'Olanda, Paese d'origine della madre. Nel calcio il caso più eclatante è stato Pelé, che annunciò il ritiro nel 1974, salvo poi cedere ai milioni americani dei Cosmos di New York e tornare, un anno più tardi, per giocare con Chinaglia e Beckenbauer. Dopo di lui fu Romario a tornare sui campi dopo essersi ritirato. Dopo aver giocato in squadre di tutto il mondo e aver vinto anche un Mondiale (1994) e due Copa America (1989 e 1997), l'attaccante brasiliano aveva infatti detto stop nel 2009. Quindici anni dopo, nel 2024, Romario ha annunciato il suo ritorno, all'età di 58 anni, con la maglia dell'America RJ, squadra brasiliana di cui è anche presidente. Nel tennis fu Bjorn Borg, vincitore di undici titoli Slam, a rientrare dal ritiro, annunciato per la prima volta nel 1983. Fatale, in quell'occasione, fu la sconfitta nell'epica finale dello Us Open del 1981, vinta dal rivale John McEnroe. Da quel momento Borg giocò sempre meno tornei fino a ritirarsi. Lo svedese rientrò poi nel 1991, ma senza riuscire a vincere nemmeno una partita e due anni più tardi disse il suo addio definivo al tennis giocato. Il ritorno più famoso e iconico della storia dello sport rimane, in ogni caso, quello di Michael Jordan. Dopo aver conquistato tre titoli Nba e altrettanti Mvp con i Chicago Bulls, quello che è considerato il più grande giocatore di basket di tutti i tempi decide, nel 1993, di lasciare i parquet americani per dedicarsi al baseball. Jordan viene quindi ingaggiato dai Chicago White Sox, una delle più importanti squadre della Major League Baseball, ma la sua avventura non è molto fortunata e dura soltanto un anno e mezzo. MJ torna quindi in Nba con l'iconico messaggio "I'm back", ovvero "sono tornato", e vince altri tre campionati con i Bulls. Leggenda della boxe, anche George Foreman si ritirò due volte. Il pugile in carriera vinse 76 incontri su 81, con la prima delle sue cinque sconfitte che arrivò per mano di Muhammad Ali. Divenne due volte campione dei pesi massimi e nel mezzo ci fu un ritiro di circa dieci anni. Dopo una sconfitta contro Jimmy Young, Foreman attraversò una serie di problemi, tra cui la depressione, da cui riuscì a uscire anche grazie alla fede cristiana. Nel 1987, a 38 anni, Foreman decise così di tornare sul ring e sette anni dopo, a ben 45 anni, divenne nuovamente campione. Anche Muhammad Ali tornò dal ritiro nel 1980 con l'obiettivo di riconquistare ancora una volta il titolo contro Lerry Holmes, ma senza fortuna. Le loro storie fanno comunque fa ben sperare Mike Tyson, che a 58 anni, e in diretta su Netflix, tornerà sul ring per sfidare Jake Paul nella notte di sabato 16 novembre. Anche la Formula 1 è stata terra di grandi ritorni. Prima fu Michael Schumacher, leggendario pilota Ferrari laureatosi campione del mondo per sette volte, a dire addio alle gare nel 2006, salvo poi ripensarci nel 2010. Il suo ritorno con la Mercedes però non fu altrettanto fortunato e Michael si ritirò definitivamente due anni dopo. Il primo addio alle piste di Fernando Alonso arrivò nel 2018, dopo due titoli mondiali conquistati. Lo spagnolo però tornò a sorpresa nel 2021 con l'Alpine per poi passare in Aston Martin, con cui ha da poco firmato un rinnovo pluriennale. (di Simone Cesarei)
(Adnkronos) - È stato rinnovato il contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi con decorrenza primo gennaio 2025 - 31 dicembre 2027. Il rinnovo del contratto prevede interventi su molte tematiche, tra cui l’ampliamento della definizione di dirigente, il miglioramento degli aspetti retributivi, il rafforzamento del sistema di welfare bilaterale con particolare attenzione alla parità di genere. La definizione di dirigente è stata ampliata al fine di recepire quanto già accade nelle imprese e comprendere anche le figure professionali di più elevata qualificazione e di esperienza tecnico professionale che realizzano in piena autonomia gli obiettivi dell’impresa. Per gli aspetti retributivi, sono stati elevati i valori del trattamento minimo complessivo di garanzia (tmcg) a 80 mila euro per l’anno 2025 e a 85 mila euro dal 2026. A copertura dell’anno 2024 è stato previsto un importo 'una tantum' pari al 6% del trattamento economico annuo lordo per i dirigenti che non abbiano percepito aumenti retributivi o compensi di altra natura dal gennaio 2019 (entro il limite di reddito di 100 mila euro). Inoltre, è stata resa obbligatoria per tutti l’adozione di sistemi di retribuzione variabile collegati ad indici o risultati, il cosiddetto mbo, nell’ottica di orientare sempre più la prestazione dei dirigenti verso il raggiungimento di specifici obiettivi dell’impresa. Il sistema di welfare bilaterale è stato valorizzato: in materia di previdenza complementare, il contratto è intervenuto sulla distribuzione delle quote di contribuzione al fondo Previndai con un aumento della quota minima a carico dell’impresa e un conseguente alleggerimento di quella a carico del dirigente. È stato riconfermato il ruolo determinante del Fasi e della sanità integrativa. Inoltre sono state definite le funzioni di Fondirigenti a cui vengono attribuite anche le politiche attive del lavoro, mentre a 4.Manager viene affidata la promozione della cultura di impresa. In materia di parità di genere, il contratto ha riservato una particolare attenzione al tema delle pari opportunità e dell’equità retributiva; un apposito articolo è dedicato alla tutela e al sostegno della maternità, della paternità e della genitorialità condivisa, consapevoli della valenza strategica per le imprese di operare secondo modelli organizzativi inclusivi. “Firmiamo oggi il contratto dei dirigenti nella convinzione che le imprese debbano crescere dimensionalmente e culturalmente avvalendosi dell’apporto fondamentale del management”, dichiara Maurizio Marchesini, vice presidente di Confindustria per il lavoro e le relazioni industriali. “Questo contratto compie un deciso passo avanti per accompagnare le imprese verso le transizioni: abbiamo aggiornato la figura del dirigente e consolidato il sistema di welfare. Il contratto rafforza la competitività dell’impresa attraverso temi importanti come la parità di genere e normalizzando l’idea che la retribuzione del dirigente debba essere commisurata ai risultati”. “Da oggi la categoria manageriale può fare affidamento su un contratto nuovo, moderno, adeguato all’evoluzione della figura manageriale, in modo da ricomprendervi le professionalità di più alta qualificazione'', dichiara il presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla. ''Un contratto più forte, con maggiori tutele, con un crescente riconoscimento economico che, in definitiva, stringe il patto tra manager e imprese come elemento essenziale per la crescita del Paese”.
(Adnkronos) - In Italia 7 famiglie su 10 (69%), pari a 17,7 milioni di nuclei familiari, consumano prodotti a base vegetale e quasi 1 famiglia su 2 (47%) acquista abitualmente questi alimenti. C'è un consenso diffuso da parte degli italiani verso ognuna delle diverse categorie merceologiche di questo comparto: oggi, infatti, ben 13 milioni di famiglie italiane (51%) consumano 'secondi vegetali', mentre 10,7 milioni (42%) acquistano 'bevande vegetali'. Più contenuto invece il numero di famiglie in cui si consumano 'alternative vegetali allo yogurt', ovvero 4,3 milioni (17%), o anche 'gelati e dessert a base vegetale', pari a 3,4 milioni (13%). È quanto emerge dall'analisi commissionata dal Gruppo Prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food all'Istituto di ricerca NielsenIQ, dal titolo 'Prodotti a base vegetale: motivazioni di acquisto e core target', che ha indagato l'approccio al consumo degli italiani verso questi prodotti. "L'indagine conferma che i prodotti a base vegetale non sono una moda effimera, ma rappresentano una scelta consapevole del consumatore, alla quale le nostre aziende rispondono portando sulle tavole prodotti di qualità, versatili, buoni e semplici da preparare - afferma Sonia Malaspina, presidente del Gruppo Prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food - Il mercato dei prodotti a base vegetale è cresciuto negli ultimi anni ed è destinato a svilupparsi ulteriormente per una ragione molto semplice: i prodotti a base vegetale incontrano e appagano le richieste di tanti consumatori. Del resto, cibi come le polpette di melanzane, le panelle di ceci o le bevande di mandorla, solo per citarne qualcuno, fanno parte da sempre della nostra cultura culinaria”. A tavola c'è posto per tutti e i dati emersi lo confermano: il consumo di prodotti a base vegetale, infatti, è vissuto da parte di un gran numero di nostri connazionali all'insegna di uno stile di vita alimentare vario ed equilibrato, che include anche le proteine animali: in media 2 famiglie italiane su 3 (66%) acquistano i prodotti a base vegetale 'in alternativa' a quelli a base di proteine animali. Da evidenziare, infine, come la tendenza all'acquisto di questi prodotti riguardi trasversalmente tutte le famiglie e non solo quelle dove si segue una dieta vegana o vegetariana. Dall'indagine è emerso come i prodotti a base vegetale siano apprezzati dagli italiani trasversalmente, in tutte le diverse categorie merceologiche che compongono questo comparto. A partire dai 'secondi vegetali' (come burger, affettati vegetali o sostituti dei formaggi, ecc...) che risultano la tipologia di prodotti più acquistati dai nostri connazionali. In Italia, li portano in tavola ben 13 milioni di famiglie (51% del totale) e lo fanno circa 1 volta alla settimana. Anche le 'bevande a base vegetale' rappresentano un segmento particolarmente apprezzato, con una richiesta in crescita. Oggi, nel nostro Paese, oltre 4 famiglie su 10 (42%) consumano questi prodotti e lo fanno in media 2-3 volte a settimana. Per quanto riguarda 'le alternative vegetali allo yogurt', la ricerca evidenzia come questo segmento sia consumato in totale da 4,3 milioni di famiglie (17% totale Italia), con una frequenza di più di 1,4 volte a settimana e un target un po' più femminile: 54% delle donne vs 46% degli uomini. Infine, sono 3,4 milioni le famiglie (pari al 13% di quelle italiane) che scelgono una merenda o un fine pasto a base di 'dessert e gelati vegetali'. All'interno di questo segmento, il gusto, il prezzo e la promozione sono i motivi di acquisto più importanti per chi compra questi prodotti. Le famiglie acquirenti 'non occasionali' di prodotti a base vegetale, circa 12,2 milioni, risultano più concentrate nel Nord Italia. Si tratta di persone con un'età media di circa 25-54 anni, che vivono prevalentemente in nuclei familiari medio-grandi, in cui il responsabile acquisti è in età centrale (45-50anni) e con figli dagli 11 anni in avanti. In particolare, si tratta di persone alla ricerca di cibi e bevande con garanzie di caratteristiche nutrizionali e gusto. Sono sportivi, con molteplici interessi e una buona affinità con la rete. Critici e attenti a ciò che mangiano, leggono e si informano su ciò che acquistano e sono curiosi e aperti alle novità. Gli italiani che consumano abitualmente prodotti vegetali hanno in generale una propensione ad acquisti sostenibili: più di 1 su 2 (il 56%), quando fa spesa al supermercato, cerca prodotti che rispettano l'ambiente ed etici, mentre per il 53% vale la pena spendere di più per prodotti con una maggiore impronta ecologica.