INFORMAZIONI![]() Elisa GalloDeloitteArea: Human Resource Management Capgemini Italia spa Consulenza, Informatica e Software Ruolo: Talent, Learning, Development and Employer Branding Leader Area: Human Resource Management Elisa Gallo |
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(Adnkronos) - La Cte, encefalopatia traumatica cronica o 'demenza dei pugili', è "una degenerazione progressiva delle cellule cerebrali a causa di vari traumi cranici, tipicamente osservata in atleti, ma anche in soldati esposti a un'esplosione". Il Manuale Msd, fonte di informazioni mediche tra le più consultate al mondo, definisce così la malattia di cui ha scritto di soffrire il killer di New York, il 27enne di Las Vegas Shane Devon Tamura, autore della sparatoria in un grattacielo di Manhattan. Il giovane ha fatto irruzione nell'edificio al 345 di Park Avenue imbracciando un fucile M-4, e prima di togliersi la vita ha lasciato un biglietto nel quale rivelava di soffrire di Cte, esprimeva il suo rancore nei confronti della National Footbal League - la Nfl ha sede proprio nel grattacielo della strage - e chiedeva che venisse esaminato il suo cervello. Identificata nei pugili negli anni '20 del secolo lo scorso, la demenza pugilistica o Cte, come è stata ribattezzata in anni in più recenti, "si sviluppa in alcuni atleti professionisti e giocatori di football americano universitari che si sono ritirati, e in altri atleti che subiscono traumi cranici ripetuti (come le concussioni)", riporta il manuale in un approfondimento aggiornato nel febbraio 2025. Compare inoltre "in alcuni soldati che hanno subito un trauma cranico a causa di un'esplosione (lesione da scoppio) durante il combattimento. Gli esperti - si spiega - non sanno ancora perché solo certe persone tra chi subisce traumi cranici ripetuti sviluppino la Cte, né quante lesioni e quanta forza siano necessarie per provocare questo disturbo". Ma quali sono i sintomi dell'encefalopatia traumatica cronica? Chi soffre di Cte può evidenziare uno o più di questi disturbi: "Cambiamenti dell'umore: si sente depresso, irritabile e/o senza speranza, talvolta con pensieri suicidi; alterazioni del comportamento: agisce impulsivamente o aggressivamente o perde facilmente la pazienza; cambiamenti della funzione mentale: dimentica, ha difficoltà a fare programmi e organizzare o diventa confuso, può sviluppare demenza; problemi muscolari: si muove lentamente, diventa scoordinato e/o ha problemi a produrre il linguaggio fisicamente (disartria). I sintomi - precisa il Manuale Msd - possono non svilupparsi fino a un'età avanzata, talvolta non prima dei 60 anni. Oppure umore e comportamento possono cambiare nell'età adulta giovane (per esempio tra i 30 e i 40 anni) e la disfunzione mentale può comparire successivamente". La diagnosi di demenza pugilistica avviene tramite "valutazione medica. I medici sospettano la Cte in chi: ha subito vari traumi cranici, lamenta i sintomi tipici del disturbo, non presenta altre patologie che spiegano meglio i sintomi". Per accertare la malattia "viene solitamente eseguito un esame di diagnostica per immagini, in genere una risonanza magnetica per immagini (Rmi), per controllare la presenza di altri disturbi che potrebbero provocare sintomi simili. Tuttavia, non esistono esami che possano confermare la diagnosi di encefalopatia traumatica cronica. La Cte - rimarcano gli esperti - può essere diagnosticata in modo certo solo tramite l'asportazione e l'esame al microscopio di un campione di tessuto cerebrale dopo il decesso, nel corso dell'autopsia". Da qui, probabilmente, la richiesta di Tamura: analizzate il mio cervello. Per l'encefalopatia traumatica cronica "non esiste un trattamento specifico", indica il Manuale Msd. "Le misure di sicurezza e sostegno, come per altre demenze, possono aiutare". Si consigliano inoltre "consulenza psicologica e farmaci per alleviare i sintomi"
(Adnkronos) - I lavoratori specializzati sono sempre più introvabili: lo confermano i dati pubblicati da Unioncamere e il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Nel 2024 ammonta al 47,8% la difficoltà di reperire personale, in aumento del 2,7% rispetto al 2023. Tra le regioni più in difficoltà ci sono Veneto, Umbria e Friuli-Venezia Giulia con il 65% circa di lavoratori introvabili; seguono Trentino-Alto Adige con 62,7%, Piemonte – Valle d’Aosta, Toscana ed Emilia-Romagna, con il 61,7% e la Lombardia con 61,2%. A pesare su questa carenza il mismatch tra scuola e lavoro, la denatalità e l’invecchiamento della popolazione, ma anche il cosiddetto paradosso del ‘grande spreco’ rappresentato dai giovani inattivi, che riguarda un quarto dei giovani tra 25 e 34 anni. Ne parla con Adnkronos/Labitalia l’imprenditrice piemontese Paola Veglio, amministratore delegato di Brovind, attiva nel mondo dell’automazione industriale, che da anni denuncia la difficoltà a trovare giovani lavoratori. Nel suo caso, il problema è acuito dalla particolare dislocazione geografica della sua azienda: il piccolo borgo di Cortemilia, nell’Alta Langa, lontano dai servizi offerti dalle grandi città. “Impazzire per trovare lavoratori qualificati - spiega - è un lusso che il nostro Paese non può permettersi. Penso sia sempre più importante che tra scuola e tessuto imprenditoriale ci sia maggior vicinanza, in modo che i giovani possano toccare con mano cosa significhi lavorare in azienda. I percorsi di stage o l’alternanza scuola lavoro sono utili ma non sufficienti. Dovrebbe esserci una maggior presenza fisica dei ragazzi sul luogo di lavoro, per capire cosa si faccia realmente, in modo che una volta preso il diploma possano avere le idee più chiare su ciò che vorranno fare. Sto lavorando concretamente per ridurre questo gap, costruendo un dialogo produttivo con le scuole tecniche del territorio. Spero che anche altre aziende vorranno fare altrettanto”. “Brovind - sottolinea - vive un duplice problema, da un lato fatica a trovare personale qualificato, dall’altro i giovani sono poco inclini a lavorare in un piccolo borgo. Per queste ragioni cerchiamo di far coincidere le esigenze del welfare aziendale con quelle del welfare territoriale. Con la crescita dell’organico, in Brovind la mensa era diventata troppo piccola, ma il territorio non offriva soluzioni utili per agevolare la pausa pranzo. Per questo, ho ristrutturato e riaperto un ristorante pizzeria chiuso da anni che ospita 60 dipendenti a mezzogiorno, ma accoglie anche i cittadini e i turisti del borgo. Grazie agli sforzi del comune, finalmente a Cortemilia è presente un asilo nido e Brovind paga la retta ai figli dei propri lavoratori”. “Da qualche anno - racconta - il mondo del lavoro è cambiato: oggi sono le persone a scegliere l’azienda in cui lavorare. È più difficile agganciare i giovani, perché il loro modo di pensare è diverso dalle generazioni precedenti; finché non entreremo in sintonia con loro sarà difficile coinvolgerli. Si potrebbe partire da una narrazione diversa del lavoro in fabbrica, oggi sempre più tecnologicamente sofisticato, per riqualificare l’immagine dell’operaio e renderla più interessante”. “Ci vorrebbero più incentivi - sottolinea l’imprenditrice - per assumere i giovani e dovrebbe essere reintrodotta l’opportunità ai minorenni di partecipare agli stage estivi: oggi i ragazzi hanno a disposizione solo l’esperienza di alternanza scuola-lavoro e spesso arrivano ai 18 anni completamente spaesati e senza avere la minima idea di come funzioni il mondo lavorativo. Il paradosso - ammette - di un’Italia che non trova lavoratori mentre i giovani restano ai margini dovrebbe farci riflettere: forse non sono loro a essere lontani dal lavoro, ma il lavoro a non parlare più la loro lingua. Se vogliamo che borghi storici come Cortemilia continuino a vivere, serve più coraggio nel ripensare il lavoro: renderlo accessibile, umano e connesso al futuro delle nuove generazioni, non al passato delle imprese”.
(Adnkronos) - In Italia è Sos incendi. Dal 1° gennaio al 18 luglio 2025 nella Penisola si sono verificati 653 incendi che hanno mandato in fumo 30.988 ettari di territorio pari a 43.400 campi da calcio. Una media di 3,3 incendi al giorno con una superficie media bruciata di 47,5 ettari. A scattare questa fotografia è Legambiente che ha diffuso nei giorni scorsi il suo nuovo report 'L’Italia in fumo'. Stando al report di Legambiente, che ha analizzato e rielaborato i dati Effis (European Forest Fire Information System), dei 30.988 ettari di territorio bruciati nei primi sette mesi del 2025, 18.115 hanno riguardato ettari naturali (ossia aree boscate); 12.733 hanno interessato aree agricole, 120 aree artificiali, 7 aree di altro tipo. Il Meridione si conferma l’area più colpita dagli incendi con sei regioni in cima alla classifica per ettari bruciati. Maglia nera alla Sicilia, con 16.938 ettari bruciati in 248 roghi. Seguita da Calabria, con 3.633 ettari in 178 eventi incendiari, Puglia con 3.622 ettari in 69 eventi, Basilicata con 2.121 ettari in soli 13 roghi (con la media ettari per incendio più alta: 163,15), Campania con 1.826 ettari in 77 eventi e la Sardegna con 1.465 ettari in 19 roghi. Tra le regioni del Centro e Nord Italia: ci sono il Lazio (settimo in classifica) con 696 ettari andati in fumo in 28 roghi e la Provincia di Bolzano (ottava in classifica) con 216 ettari in 3 roghi e la Lombardia. Per l’associazione ambientalista, "ad oggi il Paese paga non solo lo scotto dei troppi ritardi, ma anche l’acuirsi della crisi climatica che amplifica il rischio di incendi boschivi e l’assalto delle ecomafie e degli incendiari". Secondo l’ultimo Rapporto Ecomafia diffuso il 10 luglio scorso, nel 2024 sono stati 3.239 i reati (incendi boschivi e di vegetazione, dolosi, colposi e generici in Italia) contestati dalle forze dell’ordine, Carabinieri forestali e Corpi forestali regionali, un dato però in calo del 12,2% rispetto al 2023. “Per contrastare gli incendi boschivi - dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - non basta concentrarsi sull’emergenza estiva o su singole cause, ma è fondamentale adottare un approccio integrato che integri prevenzione, rilevamento, monitoraggio e lotta attiva. Bisogna puntare sulla prevenzione attraverso una gestione territoriale efficace, che includa l’uso ecologicamente sostenibile delle risorse agro-silvo-pastorali. Ma è anche fondamentale promuovere e remunerare i servizi ecosistemici, sostenendo e rivitalizzando le comunità rurali nelle aree interne e montane affinché possano riappropriarsi di una funzione di presidio territoriale. Allo stesso tempo è importante applicare la normativa vigente per arginare qualsiasi ipotesi di speculazione futura sulle aree percorse dal fuoco, ed estendere le pene previste per il reato di incendio boschivo a qualsiasi rogo. È cruciale rafforzare le attività investigative per individuare i diversi interessi che spingono ad appiccare il fuoco, anche in modo reiterato. L’analisi approfondita dei luoghi colpiti e dei punti d’innesco accertati può costruire una mappa investigativa essenziale per risalire ai responsabili”. Da segnalare anche gli incendi scoppiati in aree naturali. Su 30.988 ettari di territorio bruciati, 6.260,99 hanno riguardo aree Natura 2000 in 198 eventi incendiari. A livello regionale, Puglia e Sicilia risultano le regioni più colpite da incendi in aree Natura 2000.