(Adnkronos) - La costante presenza televisiva e il notevole successo dei programmi di Pippo Baudo gli sono valsi l'appellativo di "Super Pippo". E la sua carriera è scorsa per lunghi tratti parallela a quella di un altro Pippo anche lui catanese, il maestro Pippo Caruso (1935-2018). Scopritore di nuove proposte, Baudo ha portato alla ribalta tra gli altri Beppe Grillo, Heather Parisi, Lorella Cuccarini, Laura Pausini, Andrea Bocelli e Giorgia. Per questo motivo, quando durante spettacoli comici o in vignette veniva fatta una parodia del popolare presentatore, gli si faceva pronunciare la fatidica frase "L'ho inventato io...." riferita a comici, cantanti o showgirl di successo. Direttore artistico e presidente del Teatro Stabile di Catania, nonché direttore artistico della Rai, Pippo Baudo non è stato mai tentato dalla politica, nonostante le ripetute insistenze, ad esempio, dal 1976 in poi, della Democrazia Cristiana. Nel 2005 declina l'invito del centrosinistra siciliano a rappresentare il candidato a governatore dell'isola per le elezioni regionali del 2006 (candidatura che accetterà poi Rita Borsellino). Anche nel 2012 il centrosinistra offre a Baudo la candidatura alla presidenza della Regione Siciliana in vista delle elezioni anticipate dell'autunno dello stesso anno, ma il conduttore catanese rifiuta per una seconda volta. In un'intervista si è dichiarato da sempre sostenitore del centrosinistra dopo la caduta della Prima Repubblica durante la quale, invece, votava per la Dc. In occasione delle elezioni politiche del 2001 sostenne apertamente il partito Democrazia Europea fondato dall'ex sindacalista della Cisl Sergio D'Antoni. Nel corso della sua carriera, Pippo Baudo si è cimentato anche a scrivere canzoni tra le quali "Donna Rosa" portata al successo da Nino Ferrer e non ha disdegnato di recitare piccoli ruoli per puro divertimento ha indossato, ad esempio, i panni del dottor Azzecca-garbugli e del padre di Lucia (Pennellone) nella parodia dei Promessi sposi del Trio Solenghi-Marchesini-Lopez (1990). Tra le tante apparizioni baudiane, resta memoriale quella durante il Festival di Sanremo del 1968 quando tolse la tromba al leggendario jazzista Louis Armstrong mentre stava iniziando a suonare la seconda canzone (al cantante era concessa una sola canzone). Ugualmente memorabile è una serata del Festival di Sanremo del 1995 da lui condotto quando salvò un uomo che minacciò il suicidio; molti, però, furono i dubbi riguardanti l'autenticità del fatto, sempre sostenuta dal presentatore. Baudo ha sempre detto di restare fedele alle amicizie. Il 12 settembre 2009 partecipa al funerale del collega e amico Mike Bongiorno, tenutosi nel duomo di Milano, portando in spalla la bara e tenendo un breve discorso funebre in memoria del popolare conduttore insieme a personalità quali Fiorello e Fabio Fazio. Il 17 aprile 2010 partecipa al funerale dell'attore e amico Raimondo Vianello, tenutosi nella chiesa di Dio Padre a Milano 2, tenendo un breve discorso funebre invitando la vedova Sandra Mondaini e tutti i presenti a chiamare per nome il defunto, scandendo a gran voce "Raimondo! Raimondo!". (di Paolo Martini)
(Adnkronos) - Castelli da fiaba, dimore aristocratiche, palazzi maestosi, fortezze inespugnabili, circondati da rigogliosi parchi e da foreste a perdita d’occhio. Sono oltre tremila in Boemia, tanto che la Repubblica Ceca è chiamata anche il ‘Paese dei castelli’. Si possono trovare al centro di borghi pittoreschi, arroccati su pendii boscosi, in riva a fiumi, tutti pieni di storia e di storie da raccontare. Un’occasione per visitarli in una maniera inconsueta sarà la ‘Notte dei castelli e dei palazzi’, che si celebra il 23 agosto. Più che una visita, una vera e propria esperienza. La maggior parte di questi straordinari edifici storici, infatti, si trasforma per una sera in un luogo magico. Ad attendere i visitatori un ricco programma fatto di visite guidate notturne, passeggiate al lume di candela, rappresentazioni teatrali, concerti di musiche tradizionali. Nelle antiche cucine dei palazzi si potrà in qualche caso persino degustare manicaretti dell’epoca. Dunque, una visita d’eccezione che porta là dove di solito non si può entrare. Protagonisti i castelli con le loro decorazioni del barocco ceco, gli arredi originali, i giardini fioriti. In ognuno una guida pronta a raccontare vita e gesta delle famiglie nobiliari che in questa parte di Europa centrale hanno vissuto il loro massimo splendore. Alberi genealogici che si perdono nella notte dei tempi a scandire i secoli d’oro della Boemia, quando i nobili si costruivano dimore sfarzose e residenze di caccia non da meno, che poi, con il passare degli anni, passavano di mano in mano ai discendenti o ai nuovi pretendenti. Storie che si intrecciano con la storia del paese, custodite nelle stanze che un enorme lavoro di restauro e di recupero ha riportato alla luce - dopo il periodo buio del dominio sovietico durante il quale molti castelli, tranne poche eccezioni, furono abbandonati o trasformati in depositi o abitazioni - restituendo al pubblico di cittadini e turisti la possibilità di conoscerli. Una parte della Boemia particolarmente ricca di castelli è la regione che ruota attorno alla città di Pilsen, a Ovest, verso il confine con la Germania. Percorrendo le stradine che attraversano pianure e boschi, in tutte le direzioni, si trovano castelli barocchi, monasteri medievali, riserve nobiliari di caccia, torri di avvistamento diventate punti panoramici. Andando a Nord di Pilsen, si incontra il Castello di Manetin, un gioiello barocco che si apre al centro del paese che porta il suo stesso nome. Vi si accede da un terrazzamento, dove si affaccia anche la Chiesa di Santa Barbara, collegata all’edificio da un corridoio interno che veniva utilizzato dai proprietari per andare a sentire le funzioni religiose. Monumentale la scalinata principale che porta al piano nobile, affrescata e decorata con le statue allegoriche. La storia dell’edificio è legata a quella della dinastia aristocratica dei Lažanský, che lo fecero costruire nella prima metà del XVIII secolo. E sono numerosi i ritratti dei membri della famiglia, soprattutto delle ultime quattro generazioni, conservati all’interno. Motivo prevalente è la caccia, con esposizione di armi da fuoco risalenti alla metà del XIX secolo e mobili decorati con motivi venatori. Mentre a testimoniare gli interessi culturali della nobiltà dell’epoca è una enorme sala Biblioteca, con otto librerie originali in quercia vetrate, che conta oltre 5mila volumi. Alle spalle del Castello un vasto giardino all’inglese, dove si trova anche l’Orangerie, ultima parte del complesso ad essere stata, di recente, restaurata. Percorrendo una manciata di chilometri tra campi e boschi, si arriva alla spianata dove sorge l’imponente monastero cistercense di Plasy. Fondato nel XII secolo, è un complesso enorme riprogettato dall’architetto ceco di origini italiane Jan Blažej Santini Aichel, a cui si deve quel mix di gotico e barocco che rende uniche queste architetture. Ma soprattutto fu lui a inventare quella soluzione ingegneristica unica nel suo genere che vuole l’edificio poggiare, anziché su fondamenta in calcestruzzo, su oltre cinquemila palafitte di quercia che affondano in un suolo paludoso: il legno immerso nell’acqua assicura, infatti, una maggiore stabilità, a patto che questo stato di umidità venga mantenuto costante. Un sistema che il visitatore può vedere personalmente scendendo la scala che porta al piano seminterrato. Di questo enorme complesso, non ancora totalmente restaurato, si può visitare il convento, la torre dell’orologio, la cappella barocca, la Galleria Stretti, e la Chiesta di San Venceslao, con il cimitero dove riposa il principe Metternich e la sua famiglia. A pochi chilometri da Pilsen, il Castello di Nebilovy è rinato dopo decenni di abbandono e distruzione e il suo restauro ancora non è terminato. L’aspetto attuale si deve alla casata dei Czernin che nel XVIII secolo trasformò il castello rinascimentale originario in una residenza aristocratica moderna per l’epoca. Il complesso si compone di due edifici gemelli uno di fronte all’altro, separati da un cortile con fontana. Gli interni sono arredati con mobili del XVIII e XIX secolo. Il tema dominante è il fiore, decorazione tipica del barocco ceco. Decorazioni che culminano nei muri e soffitti della grande sala da ballo, affrescata da Antonín Tuvora alla fine del XVIII secolo, raffigurando una giungla tropicale, con alberi ad alto fusto, uccelli, farfalle, paesaggi orientali. Spostandosi verso Sud, si trova Kozel, una tenuta di caccia in stile neoclassico, costruita attorno a un cortile su un piano solo e con un enorme parco circostante, curato con ogni specie di piante, che scende fino al torrente. Decori floreali e arredi originali si susseguono nelle stanze dalle mille sfumature pastello, spesso precedute da un vestibolo con un’originale parete divisoria per assicurare la privacy dell’ambiente principale. La visita segue in senso circolare la forma della struttura, fino ad arrivare a un vero e proprio gioiello: il teatro ‘di corte’, con pochissimi posti nelle panche frontali e il palcoscenico con scenografie originali tuttora semimoventi. Il maniero è famoso per essere location prescelta per matrimoni da favola, che si possono celebrare sfruttando anche l’ampio dehors. Ancora più a Sud, nei dintorni di Klatovy si trova il castello di Svihov, circondato da acqua, immerso in un’atmosfera da fiaba, tanto che qui è stato girato il film di Cenerentola. In estate ospita una tappa del Festival musicale che attraversa i Castelli della Boemia. Alle porte della cittadina di Susice, invece, si può visitare lo Château-Hotel Hrádek, un palazzo nobiliare oggi trasformato in albergo a quattro stelle. Il ristorante occupa le sale rinascimentali del piano terra con volte affrescate e quadri d’epoca. Anche le camere non sono da meno, su tutte quella riservata agli sposi con ingresso indipendente. Gli ospiti possono ripercorrere la storia dei proprietari passando da una stanza all’altra, fino alla Cappella annessa all’edificio. Dove una volta si trovavano le stalle oggi ha trovato posto una moderna Spa. Il giardino dell’hotel è aperto anche agli esterni e si articola in diversi spazi che si estendono anche al di fuori del perimetro della proprietà, con un parco dove svetta l’Orangerie, adibita a serra per piante esotiche. Ci sono poi rovine di castelli e torri che sono dei punti panoramici naturali e privilegiati per ammirare la città di Pilsen e la regione che la circonda. E’ il caso del Castello di Radyne, una torre sentinella costruita da Carlo IV intorno al 1356. Resta solo un rudere, che tuttavia è visitabile all’interno negli orari di apertura. Per arrivarci bisogna arrampicarsi su un sentiero che parte da uno spiazzo all’interno di un bosco, dove si trova un parcheggio, un punto ristoro e informativo. Esperienza simile si fa se si vuole arrivare alla torre Bolfanek, costruita nel 1726, che originariamente faceva parte della chiesa barocca di San Volfango ma fu trasformata in una torre di osservazione nel 1845. E’ immersa nella foresta e raggiungibile attraverso sentieri segnalati e facili. Tra questi boschi si apre anche l’Americka Zahrada, un giardino fondato nel 1842 che custodisce oltre 200 specie di alberi e arbusti provenienti dall’America, ma anche dall’Europa e dall’Asia. Accessibile liberamente tutto l’anno, è un luogo dove immergersi nella natura e nel silenzio. Un altro punto panoramico a Sud di Pilsen, che guarda alla Selva boema, è la Torre Svatobor, di cui si ha traccia dalla fine dell’Ottocento, sebbene sia stata poi ricostruita negli anni Trenta. Sorge su una collina a 854 metri ed è alta 31,6 metri. Salendo 182 gradini, si può arrivare sulla sommità della sua struttura cilindrica e ammirare la vista a 360 gradi. E ripercorrere così con lo sguardo tutte le storie che la regione di Pilsen con i suoi castelli ha da raccontare. Per tutte le informazioni si possono visitare i siti web della città www.visitpilsen.eu, della regione www.turisturaj.cz e nazionale www.visitczechia.com.
(Adnkronos) - Il 24 luglio 2025 è l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui l’umanità esaurisce il budget ecologico annuale del Pianeta. A calcolarla ogni anno è il Global Footprint Network sulla base dei National Footprint and Biocapacity Accounts gestiti dalla York University. Il Wwf, con la sua campagna Our Future, chiede a tutti di "imparare a vivere nei limiti di un solo Pianeta, oggi più che mai". Secondo i calcoli del Global Footprint Network, infatti, attualmente, la popolazione globale consuma l’equivalente di 1,8 pianeti Terra ogni anno, un ritmo che supera dell’80% la capacità rigenerativa degli ecosistemi terrestri. Questo squilibrio è alla base delle crisi ambientali della nostra epoca: la perdita di biodiversità, la deforestazione, il degrado del suolo, l’esaurimento delle risorse (crisi idrica, collasso di stock ittici) fino all’accumulo di gas serra. Uno sfruttamento di risorse che è aumentato nel tempo, tanto che la data dell’Overshoot si è spostata da fine dicembre, nel 1970, a luglio, nel 2025. Il risultato? Un debito cumulativo nei confronti del Pianeta di 22 anni. In pratica, se il sovrasfruttamento ecologico fosse completamente reversibile, ci vorrebbero 22 anni di piena capacità rigenerativa del Pianeta per ripristinare l'equilibrio perduto. "Un calcolo, però - ricorda il Wwf - solo teorico perché ad oggi non tutta la capacità rigenerativa è più intatta (abbiamo perso intere foreste, eroso i suoli, impoverito i mari…) e alcuni danni che abbiamo provocato sono ormai irreversibili (come le specie che si sono estinte o i ghiacciai sciolti). Inoltre, la crisi climatica in corso aggrava ulteriormente la capacità del Pianeta di rigenerarsi". “Non solo stiamo vivendo 'a credito' ogni anno, ma abbiamo anche accumulato un enorme debito nei confronti del sistema Terra. Ripagare questo debito, in termini ecologici, è quasi impossibile se continuiamo a ignorarne le conseguenze - afferma Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf Italia - Si tratta di una chiamata urgente all’azione per cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo, prima che il danno diventi definitivamente irreparabile”. La rotta - avverte l'associazione - può essere invertita: "Per riportare l’umanità in equilibrio con le risorse terrestri (ovvero far coincidere l’Overshoot Day con il 31 dicembre), dobbiamo ridurre l’impronta ecologica globale di circa il 60% rispetto ai livelli attuali". Per il Wwf, è possibile spostare la data dell’Overshoot agendo in cinque settori strategici: "Transizione energetica (passare a fonti rinnovabili ed eliminare i combustibili fossili); economia circolare (riciclare, riutilizzare, azzerare gli sprechi); alimentazione sostenibile (diminuire il consumo di carne e preferire cibi biologici, locali e stagionali); mobilità green (favorire trasporti pubblici, biciclette e veicoli elettrici); politiche globali (accordi internazionali più stringenti per la tutela ambientale)". Così, "se riuscissimo a spostare l’Overshoot Day di 5 giorni all’anno, entro il 2050 torneremmo in equilibrio con le risorse del Pianeta. Si tratta di una media realistica che combina: tecnologia (efficienza energetica, rinnovabili), comportamenti individuali (dieta, trasporti, stile di vita) e politiche globali (accordi climatici, economia circolare)". “Un nodo cruciale è il nostro modello economico, fondato sulla crescita illimitata dei consumi materiali - di energia, risorse, materie prime - che è semplicemente incompatibile con un Pianeta dalle risorse finite. Non dobbiamo puntare all’aumento quantitativo, ma a un progresso qualitativo, fatto di conoscenza, relazioni umane, diritti e tutela della Natura da cui dipendiamo. È fondamentale sostituire il Pil come unico indicatore di sviluppo con indicatori più complessi, che considerino la salute degli ecosistemi, il benessere psicologico e la coesione sociale”.