(Adnkronos) - Sale ancora la tensione tra Usa e Venezuela. Con l'arrivo nel mar dei Caraibi della portaerei USS Gerald R. Ford, la più grande e avanzata del mondo, che ieri si è unita a una decina di navi da guerra Usa e 15mila soldati già dispiegati nella regione, gli Stati Uniti sembrano sempre più pronti all'attacco per quella che il Pentagono ha definito l'Operazione 'Southern Spear' che mira a "sconfiggere e smantellare le reti criminali" in linea con le direttive del presidente Donald Trump. Dall'inizio di settembre, ricorda la Nbc, almeno 80 persone sono state uccise in 20 attacchi americani a piccole imbarcazioni accusate di trasportare droga nei Caraibi e nell'Oceano Pacifico orientale. Ora il presidente degli Stati Uniti sta valutando una campagna potenzialmente più ampia, che potrebbe includere attacchi terrestri all'interno del Venezuela o un tentativo di rovesciare il presidente Nicolss Maduro, nota la Cnn. Il segretario all'Esercito degli Stati Uniti, Dan Driscoll, ha dichiarato alla Cbs che l'esercito statunitense "è pronto, se richiesto, a intervenire" in Venezuela. "Il presidente e il segretario alla Guerra hanno dedicato molto tempo a riflettere su quale fosse la cosa migliore da fare per il popolo americano. E posso parlare dal punto di vista dell'esercito, che ha un notevole addestramento in quella parte del mondo. Stiamo riattivando la nostra scuola nella giungla a Panama. Saremo pronti ad agire su qualsiasi cosa il presidente e il segretario alla Guerra abbiano bisogno", ha dichiarato Driscoll. Tra le opzioni per le possibili operazioni militari in Venezuela illustrate da alti funzionari Usa al presidente Trump, come riferiscono quattro fonti ben informate alla Cnn, ci sono attacchi aerei contro strutture militari o governative del Venezuela e rotte del narcotraffico. O un tentativo diretto di eliminare il presidente venezuelano Maduro, con molti rischi oltre che benefici. Dopo i briefing il presidente americano avrebbe preso una decisione: "So cosa fare". Due, in particolare, gli incontri durante i quali Trump ha esaminato gli obiettivi. Il primo, quello ristretto di mercoledì, con un piccolo gruppo tra cui il capo del Pentagono Pete Hegseth e il Capo di Stato Maggiore Congiunto, il generale Dan Caine. Il secondo, il giorno dopo, giovedì, con un team più ampio per la sicurezza nazionale, tra cui il segretario di Stato Marco Rubio e altri alti funzionari che hanno incontrato Trump nella Situation Room. Secondo le fonti della Cnn, durante gli incontri Trump si è mostrato cauto nell'ordinare azioni che potrebbero rivelarsi un fallimento o mettere a rischio le truppe Usa. "In un certo senso ho già preso una decisione, sì. Voglio dire, non posso dirvi quale decisione, ma in un certo senso l'ho già presa", ha detto Trump venerdì ai giornalisti a bordo dell'Air Force One. Ma secondo la Cnn è anche possibile che Trump decida di rinunciare a qualsiasi azione. Il presidente americano, infatti, a ottobre aveva dichiarato di aver autorizzato la Cia a operare in Venezuela, ma la scorsa settimana funzionari dell'Amministrazione hanno spiegato che Washington non aveva una giustificazione legale per attacchi contro obiettivi terrestri. Inoltre Trump ha detto alla Cbs di non prendere in considerazione attacchi in Venezuela, nonostante in precedenza si fosse mostrato aperto all'idea. Comporterebbe ''un rischio elevato'' e ''un impegno serio'' da parte americana, ad esempio, ''un cambio di regime in Venezuela'', nota la Cnn, anche se estromettere Maduro potrebbe dare a Trump e al suo team il merito di qualcosa che non è riuscito a numerose amministrazioni statunitensi. Se Trump estromettesse Maduro, quindi, potrebbe vantare importanti vittorie: l'uscita di scena di un uomo forte e l'ingresso di un leader eletto, la possibilità di una maggiore collaborazione sui flussi di droga e sulle migrazioni e potenziali accordi sul petrolio. Ma se Trump ordinasse attacchi all'interno del Venezuela, il rischio sarebbe affrontare elementi di un'opposizione frammentata e un esercito pronto a insorgere. In un discorso da Caracas, Maduro ha avvertito che un intervento militare statunitense potrebbe gettare le basi per "un'altra Gaza", un "nuovo Afghanistan" o "di nuovo il Vietnam".
(Adnkronos) - "Guardare all’Arabia Saudita oggi significa guardare al futuro dell’imprenditoria europea". A dirlo all'Adnkronos/Labitalia Gianni Gallucci, direttore generale di Gallucci e segretario generale di Yes for Europe, in occasione della sua partecipazione al Biban Forum 2025 e in vista della prossima missione istituzionale organizzata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale il 25 e 26 novembre. Dopo anni segnati da crisi geopolitiche, conflitti e instabilità dei mercati, Gallucci sottolinea la necessità di diversificare i propri orizzonti commerciali e di esplorare nuovi scenari di crescita. "L’aumento dei dazi - spiega Gallucci - imposti dagli Stati Uniti e l’incertezza legata ai rapporti commerciali transatlantici stanno mettendo sotto pressione molte filiere produttive europee. In questo contesto, il Medio Oriente e in particolare l’Arabia Saudita, rappresenta un mercato strategico per bilanciare il rischio Paese, aprendo nuove rotte di collaborazione economica e culturale che permettono alle imprese di rafforzare la propria presenza globale". "Le difficoltà - sottolinea - che il mondo della moda e del manifatturiero stanno attraversando, unite alle tensioni nei rapporti commerciali internazionali, ci spingono a guardare verso mercati più dinamici, solidi e aperti alla collaborazione. L’Arabia Saudita oggi rappresenta esattamente questo: una piattaforma per costruire valore nel lungo periodo". Grazie alla Vision 2030, il Regno Saudita sta trasformando la propria economia, investendo in innovazione, design, turismo, sostenibilità, cultura e formazione. "E' un Paese - prosegue Gallucci - che sta ridefinendo la propria identità economica e culturale e che guarda con grande interesse all’esperienza e alla qualità del Made in Italy. I clienti non cercano solo prodotti, ma storie, competenze e partnership: un terreno ideale per le imprese europee che vogliono crescere e innovare" La storia della Gallucci, azienda calzaturiera di famiglia dal colore arancio che affonda le proprie radici centenarie nel distretto marchigiano, riflette pienamente questo spirito di adattamento e visione strategica. Oggi, accanto alla produzione di calzature per bambini, l’azienda distribuisce anche una linea di scarpe da adulto di alta qualità, scelta che nasce proprio dalla volontà di diversificare i mercati e i segmenti di prodotto di fronte a un contesto globale sempre più complesso. Attualmente, l’azienda distribuisce principalmente in Europa, Russia e Nord America. Nel corso degli anni, la qualità delle calzature e degli accessori in pelle 100% Made in Italy ha conquistato clienti d’eccellenza: la famiglia reale svedese, la famiglia reale belga, celebrità internazionali come Madonna, Jennifer Lopez, Sarah Jessica Parker, e sportivi di fama mondiale come Klay Thompson, Stephen Curry e Kevin Durant. Nel 2017, Gallucci ha avviato una partnership con la NBA (National Basketball Association), realizzando prodotti esclusivi per gli atleti in occasione dell’All Star Game, e nel 2020 ha fornito le calzature ai giocatori del Cagliari Calcio per celebrare il centenario della società. Attraverso Yes for Europe, che riunisce le associazioni dei giovani imprenditori di oltre venti Paesi europei, Gianni Gallucci porta avanti la stessa visione di apertura e collaborazione internazionale, promuovendo progetti e scambi che favoriscano la nascita di nuove reti imprenditoriali euro-mediterranee. “Il nostro obiettivo -sostiene - è creare ponti e non confini. L’Arabia Saudita è oggi una delle destinazioni più attrattive per chi vuole connettere tradizione e modernità, visione e concretezza. E' il momento per le imprese europee di esserci, insieme, con fiducia e strategia".
(Adnkronos) - "Con una media di 24 alberi ogni 100 abitanti, calcolata sui capoluoghi italiani, l’Italia mostra nel 2024 una presenza di verde urbano ancora insufficiente. Anche i dati nel dettaglio indicano che occorre migliorare: solo otto su 93 capoluoghi, di cui si hanno dati aggiornati, superano la soglia dei 50 alberi ogni 100 abitanti e, tra questi, tre superano i 100 alberi ogni 100 residenti. All’opposto, 27 capoluoghi contano meno di 20 alberi ogni 100 abitanti e più della metà di questi non raggiunge nemmeno i 10". A scattare questa fotografia è Legambiente sulla base dei dati Ecosistema Urbano 2025, sottolineando "la distribuzione disomogenea del verde urbano nel Paese" e "l’importanza di attuare interventi mirati di forestazione nelle aree cittadine". "Un’importante opportunità arriva dalla legge n. 10/2013, che disciplina lo sviluppo degli spazi verdi urbani", osserva l'associazione in occasione del trentennale della Festa dell’Albero, la storica campagna dedicata alla messa a dimora di piante e arbusti, che quest’anno si terrà dal 21 al 23 novembre, in partnership con AzzeroCO2, Frosta, Inwit e Biorepack come partner tecnico. Nei giorni della Festa dell’Albero, che cade in concomitanza con la Giornata nazionale degli alberi (istituita proprio dalla legge n. 10/2013 e celebrata ogni anno il 21 novembre), si terranno in 14 regioni oltre 120 iniziative di forestazione urbana organizzate da Legambiente insieme a cittadini, scuole, aziende e amministrazioni uniti dallo slogan 'Gli alberi ci danno tanto, ora tocca a noi'. Sulla base delle informazioni raccolte attraverso i questionari di Ecosistema Urbano 2025 di Legambiente, elaborate su dati comunali relativi al 2024, l’associazione traccia un quadro complessivo sullo stato di attuazione della legge n. 10/2013, valutando l’applicazione delle principali misure previste: la pianificazione e regolamentazione del verde urbano, la redazione del bilancio arboreo alla fine di ogni mandato amministrativo e il censimento del verde urbano. Tra i 93 capoluoghi analizzati, 30 città (32%) dichiarano di aver adottato un Piano del Verde, mentre in 26 casi (28%) risulta attivo un Regolamento del Verde Urbano. La misura più diffusa è il censimento del verde urbano, realizzato in 75 capoluoghi su 93 (80%). Meno diffusa invece la pubblicazione del Bilancio Arboreo comunale: solo 44 città (47%) lo hanno reso disponibile al termine del mandato del sindaco uscente. “Un dato significativo emerso dall’analisi di Legambiente sull’applicazione della legge n. 10/2013 riguarda la Giornata nazionale degli alberi, promossa da quasi l’80% dei capoluoghi italiani, ben 74 su 93 - commenta Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente - Si tratta di una percentuale incoraggiante ma che rischia di rimanere un impegno simbolico se la gestione strutturale del verde urbano è marginale. Lo dimostrano, ad esempio, le percentuali relative al numero di città che non hanno ancora adottato un regolamento o un piano formale per la gestione del verde. Anche sul fronte della trasparenza, i dati mostrano come la diffusione del Bilancio Arboreo rimanga ancora limitata, ostacolando una visione chiara e condivisa delle politiche verdi messe in atto dalle amministrazioni comunali. Per questo motivo lanciamo un appello ai Comuni, invitandoli a un impegno più deciso e concreto nell’attuazione della legge n.10/2013”.