(Adnkronos) - “Gli italiani hanno una percezione distorta della filiera degli oli minerali usati: pensano che siano in parte bruciati, in parte smaltiti impropriamente o raccolti in modo spontaneo dalle officine, ma la realtà è un’altra. L’Italia è un’eccellenza in Europa: raccoglie e rigenera la quasi totalità (98%) dell’olio usato mentre la media dell’Unione si ferma intorno al 60%. Al centro di questo sistema c’è il modello consortile del Conou, che organizza in modo efficiente tutta la filiera. È un peccato che i cittadini non conoscano questi risultati: la consapevolezza dell’efficacia dell’economia circolare italiana può rafforzarne il successo, anche grazie al ruolo attivo dei cittadini”. Queste le parole di Riccardo Piunti, presidente Conou, in occasione dell’Ecoforum 2025, organizzato a Roma da Legambiente, Nuova Ecologia e Kyoto Club.
(Adnkronos) - Nell’attuale ridisegno dei confini del commercio internazionale, quasi tutti i paesi occidentali, in un modo o nell’altro, tendono ad ispirarsi al principio del friend shoring, enunciato nel 2022 dall'allora segretario del Tesoro USA Janet Yellen, che significa indirizzarsi verso paesi anche lontani, ma comunque amici, con l’obiettivo di minimizzare l’esposizione del sistema produttivo alle rappresaglie economiche di paesi rivali, migliorare e diversificare le catene di approvvigionamento globali, aumentando la trasparenza delle informazioni commerciali, la diversificazione delle fonti, l’aumento della sicurezza e della sostenibilità delle catene di approvvigionamento. In questo senso, l’Asia Centrale sta divenendo un’area sempre più interessante per le aziende italiane ed europee: i rapporti diplomatici ed economici con la Regione hanno dato origine ai diversi forum economici organizzati con l’Uzbekistan (nel giugno 2023), con il Kazakhstan nel gennaio di quest’anno, e con il Tagikistan nello scorso aprile, piuttosto che all’ultimo summit tenutosi a Roma dove, oltre ai paesi citati, erano presenti anche Kyrgyzstan, Tagikistan e Turkmenistan. I gruppi internazionali che fanno temporary management si muovono anch’essi in questa direzione. In particolare, all’interno del gruppo IMW Interim Management Worldwide, operante oggi in 30 paesi e 6 continenti, il partner dell’Asia Centrale Kontakt (già presente in Kazakhstan) ha recentemente aperto una nuova sede in Uzbekistan. Abbiamo chiesto a Yulia Zabazarnykh, Partner di Kontakt, e a Maurizio Quarta – Managing Partner di Temporary Management & Capital Advisors (che del gruppo IMW è stato uno dei fondatori 20 anni fa) di darci alcune indicazioni sulle prospettive del paese. Secondo Zabazarnykh e Quarta, "l’Uzbekistan sta attivamente riformando la propria economia, attirando investitori stranieri e sviluppando settori chiave come l’energia, l’informatica, il turismo e l’industria di processo. Il governo è focalizzato su una crescita sostenibile, sulla digitalizzazione e sulla responsabilità ambientale, rendendo il paese sempre più attraente per gli affari e gli investimenti internazionali. Si prevede che il Pil dell’Uzbekistan crescerà del 6% nel 2025, raggiungendo i 110 miliardi di dollari, con un obiettivo di 200 miliardi entro il 2030. I principali motori della crescita includono l’industria (+6,1%), l’agricoltura (+4,1%) e il settore dei servizi (+14,5%)". Quest’ultimo comparto, proseguono Zabazarnykh e Quarta, “crescerà fino a 82 miliardi di dollari, con particolare riguardo per IT, finanza, turismo, istruzione e sanità, con la creazione di 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro”. Aziende occidentali hanno già una significativa presenza nel paese: i francesi di Orano, in collaborazione con la compagnia statale Navoiyuran e la giapponese Itochu corporation, stanno sviluppando il progetto di estrazione di uranio a South Djengeldi; gli inglesi di Cross Works stanno elaborando un piano urbanistico per espandere la città di Tashkent di 25.000 ettari, con un aumento del 33% dei ricavi; gli americani di Franklin Templeton (USA) gestiscono il Fondo nazionale per gli investimenti dell’Uzbekistan (UzNIF) da 1,7 miliardi di dollari, con piani per quotare gli asset sui mercati internazionali entro il 2026. Sono poi presenti aziende russe (Rosatom per la costruzione di centrali nucleari) e cinesi e coreane (per impianti di valorizzazione energetica dei rifiuti). Piani di sviluppo così ambiziosi devono però fare i conti, come già succede per il vicino Kazakhstan, con una carenza strutturale di management: secondo Zabazarnykh e Quarta “c’è una crescente domanda di manager qualificati nel paese. Le aziende uzbeke si trovano sempre più nella necessità di adottare pratiche manageriali moderne, avviare la trasformazione digitale e impegnarsi nella pianificazione strategica. Questo crea opportunità significative per temporary manager di cultura occidentale, in particolare per coloro che hanno esperienza in multinazionali, nei settori della produzione industriale, dell’e-commerce, della finanza, dell’IT e delle telecomunicazioni”. Attenzione: “non basta che siano bravi, si richiede che sappiano trasferire le loro competenze a manager e collaboratori locali, impegnandosi anche nel loro upskilling e/o reskilling”. E le aziende italiane? Nel corso dei diversi summit a livello governativo, multilaterali e bilaterali, tenutisi sino ad ora, le maggiori opportunità evidenziate sono relative a progetti nei settori delle infrastrutture, dell’agricoltura, dei macchinari e dell’energia con una dimensione regionale. Per l’Uzbekistan in particolare le opportunità di investimento più interessanti sono state identificate nei comparti farmaceutico, tessile, lavorazione del cuoio, energia, infrastrutture e trasporti, produzione di materiali da costruzione e l’intera filiera dell’agroalimentare. Per 'mettere a terra' tutti I diversi accordi macro di cui sopra, è opportuno muoversi anche a livello locale: è quanto sta facendo proprio in questi giorni la Regione Lombardia con una missione dedicata nel paese. Alcuni dei macrotemi sopra evidenziati sono stati declinati in maniera più puntuale e operativa al fine di dare indicazioni concrete, e relative supporto, alle aziende lombarde interessate: ci si è concentrate quindi sulla modernizzazione industriale dei settori agricolo e manufatturiero, lo sviluppo di cluster agroindustriali incentrati su automazione e tecniche di coltivazione all’avanguardia, oltre al supporto alla diversificazione industriale locale attraverso la formazione di joint venture con gruppi italiani in comparti chiave come quello farmaceutico e dei materiali da costruzione. In particolare, il governo uzbeko ha voluto approfondire il modello lombardo delle zis (zone di innovazione e sviluppo), concepito per promuovere la cultura dell’innovazione, favorendo lo scambio di conoscenze tra università, centri di ricerca, aziende e mercati. Area questa dove, secondo Quarta, “il supporto di manager italiani potrebbe rivelarsi utile e determinante per avviare la fase sperimentale che la Presidenza uzbeka intende avviare a stretto giro”. Edilizia, arredamento e tessile tre settori in costante crescita e nel mirino del sistema produttivo lombardo: nel settore edile operano oggi circa 10.000 imprese, per lo più pmi, sull’onda di una sostenuta domanda di materiali da costruzione. Nell’arredamento, in Uzbekistan sono state create oltre 900 imprese nel solo 2024. La Regione Lombardia si è poi ulteriormente spinta muovendosi a livello di territori, arrivando alla firma di un memorandum d’intesa con la Regione di Samarcanda, di cui richiamiamo i punti salienti: attrazione di investimenti; sanità, agricoltura (esempio per sperimentazione varietà colturali, macchinari e tecnologie agricole, genetica animale). Il tutto lavorando anche sulla parte di ecosistema, operando su tutti i temi dell’import-export e del supporto alle pmi nello sviluppo di strategie di internazionalizzazione.
(Adnkronos) - La transizione ecologica è un pilastro centrale per l’economia italiana. Fa bene all’ambiente, al clima, alle aziende, all’occupazione e fa risparmiare i cittadini. La conferma arriva dal nuovo sondaggio Ipsos “L’Italia e la sostenibilità” realizzato per la XII edizione dell'“Ecoforum nazionale sull’economia circolare” di Legambiente, Kyoto Club, Nuova Ecologia e presentato oggi a Roma. Per il 79% degli intervistati la transizione ecologica porta con sé benefici ed elementi positivi. In particolare, per il 34% è fondamentale per la salvaguardia del pianeta; per il 24% è utile per abbassare il costo dell’energia/le bollette per famiglie e imprese; per il 22% è il futuro, le aziende che non lo comprendono prima o poi saranno fuori mercato, e porterà ad avere prodotti migliori, più sicuri per la salute. Resta alta l’attenzione sui green jobs: il 40% degli intervistati ritiene che aumenteranno (la percentuale sale al 61% tra chi conosce l’economia circolare), mentre il 14% pensa che diminuiranno. Sull’energia rinnovabile i cittadini hanno le idee chiare. Per il 47% degli intervistati, il Governo deve incentivare l’impiego delle fonti pulite, mentre per il 36% del campione intervistato le amministrazioni devono semplificare l’iter autorizzativo degli impianti di energie rinnovabili. Il campione boccia pesantemente il ritorno del nucleare in Italia. La stragrande maggioranza del campione, il 91%, non vuole centrali nelle vicinanze: il 39% non le vuole per niente, mentre il 29% le vuole almeno a 100 km di distanza, il 23% ad almeno 50 km. E i potenziali benefici della produzione di energia dall’atomo sarebbero troppo tardivi (per il 37% degli intervistati potrebbero arrivare in 20 anni), mentre il 25% ritiene che non ci saranno mai, perché i costi sono incalcolabili. C’è, infine, una percezione sbagliata sulla leadership italiana a proposito di circolarità delle produzioni. Solo il 16% del campione ritiene giustamente che le prestazioni italiane sull’economia circolare siano superiori alla media europea, mentre il 37% pensa erroneamente che il Paese sia sotto agli standard dell’Europa. L’Ecoforum è stata anche l’occasione per fare tre proposte al Governo Meloni per un Clean Industrial Deal made in Italy davvero competitivo e che metta al centro l’economia circolare. In sintesi, 1) occorre velocizzare gli iter di autorizzazione e realizzazione degli interventi previsti dal PNRR - Missione 2, Componente 1, Misura 1, dalle strutture a servizio del miglioramento della raccolta differenziata agli impianti di riciclo, 2) semplificare l’iter tortuoso di approvazione dei decreti End Of Waste (EOW), fondamentali per garantire il recupero di materie prime seconde in un nuovo ciclo produttivo, inserendo sistemi di consultazione maggiormente accessibili. 3) potenziare i controlli ambientali completando l’approvazione dei decreti attuativi della legge 132 del 2016 che ha istituito il Sistema nazionale di protezione ambientale, per prevenire l’illegalità nel ciclo dei rifiuti e fermare la concorrenza sleale delle aziende furbe nei confronti di quelle rispettose della legge. “L’economia circolare italiana – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - continua a rappresentare un’eccellenza a livello europeo, ed è strategica per lo sviluppo di filiere industriali innovative e competitive. Produzioni circolari, energia da fonti rinnovabili, transizione ecologica sono un motore anche per la nuova occupazione verde e per abbassare la bolletta sempre più pesante per i bilanci di famiglie e imprese. Il sondaggio Ipsos presentato oggi all’Ecoforum dimostra che le cittadine e i cittadini del nostro Paese sono pronti a giocare questa sfida e non ne vogliono sapere di nuove centrali nucleari in Italia. Puntiamo sulle produzioni pulite, senza perdere tempo con soluzioni irrealizzabili e che sono state messe fuori mercato per gli elevati costi. Solo così rafforzeremo le basi del Clean Industrial Deal made in Italy”. "L'economia circolare e più in generale quella che chiamiamo green economy sembrano non godere di buona salute a leggere i giornali, le dichiarazioni di certi politici e persino gli atti della stessa Commissione Europea che dopo avere lanciato il Green Deal ora tentenna e dubita persino di procedere con la Direttiva Green Claims, quella che dovrebbe servire a contrastare il fenomeno del greenwashing. Ma la realtà continua a marciare invece nella direzione giusta: le imprese che partecipano al nostro Forum rappresentano al meglio quel pezzo del sistema economico italiano che ha consentito al nostro Paese di vantare molti record europei in questo settore, quelle imprese che continuano a essere in piena salute, a crescere negli investimenti e nella realizzazione degli impianti necessari per l'economia circolare, a offrire occupazione e attenzione ai territori in cui sono insediate. La migliore dimostrazione che il 'green' non solo fa bene ma conviene anche". Così commenta Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club. Tornando al sondaggio Ipsos, commissionato da Legambiente, Kyoto Club, Conou, Editoriale Nuova Ecologia, per quanto riguarda il corretto smaltimento dei rifiuti, quasi 8 italiani su 10 ritengono che quando cambiano l’olio motore ad un proprio mezzo di trasporto, l’olio usato venga smaltito in modo corretto, portato dal meccanico in un centro di raccolta oppure ritirato da un soggetto autorizzato. Per il 44% del campione l’olio rigenerato ha la stessa qualità di quello ottenuto direttamente dal petrolio. La filiera italiana degli oli minerali usati, rappresentata dal consorzio Conou, conferma la sua leadership nel mercato europeo. Nel 2024 ne sono state raccolte 188mila tonnellate contro le 183mila del 2023 (e le 181mila nel 2022): la rigenerazione si conferma al 98%, in un contesto dove la media Ue si ferma al 61%, con un impatto economico totale pari a 73,4 milioni di euro e un impatto occupazionale pari a 1.850 posti di lavoro. Sul fronte riciclo degli imballaggi, si conferma il primato italiano. Gli ultimi dati Conai sono più che positivi: nel 2024 il riciclo degli imballaggi ha raggiunto il 76,7% dell’immesso sul mercato. La rigenerazione si conferma al 98%, in un contesto dove la media Ue si ferma al 61%, con un impatto economico totale pari a 73,4 milioni di euro e ha dato lavoro a 1.850 persone. “Il rafforzamento dell’economia circolare passa necessariamente da investimenti mirati e da una stretta collaborazione tra imprese, istituzioni, associazioni e cittadini – spiega Fabio Costarella, vicedirettore generale Conai – I risultati del riciclo degli imballaggi in Italia dimostrano che il sistema è solido, ma i prossimi anni saranno decisivi per colmare i divari territoriali e garantire qualità sempre maggiore alle raccolte differenziate. Serve sostenere la diffusione dell’ecodesign e incentivare forme di contributo ambientale modulato che premino la reale riciclabilità degli imballaggi. È necessario, infatti, consolidare i risultati già raggiunti e sostenere con efficacia la competitività industriale italiana in chiave green”. Sul biometano, si sottolinea ancora, è necessario implementare la rete impiantistica in quelle regioni che oggi ancora sono costrette ad esportare i rifiuti organici per mancata capacità di trattamento sul loro territorio; un maggiore investimento in tecnologie innovative per migliorare l'efficienza degli impianti di produzione di biometano; è necessario, inoltre, valorizzare e integrare maggiormente la produzione di compost con la realizzazione di impianti combinati di biometano e compostaggio. Circa il riciclo dei prodotti assorbenti per la persona, si evidenzia che la mancanza di impianti di riciclo specializzati è una delle principali barriere che si sta tentando di colmare in Italia grazie ai fondi del PNRR, ma è importante dare continuità allo sviluppo di queste tecnologie anche dopo la fine del PNRR, prevedendo l’integrazione di nuovi fondi dedicati oltre a quelli già previsti; approvare definitivamente il decreto "end of waste" per permettere agli impianti che si realizzeranno di poter operare fin da subito in maniera coerente con le nuove disposizioni normative; è necessario prevedere un EPR per questo tipo di prodotti (PAP) in maniera da garantire la sostenibilità economica agli operatori del settore, incrementando contestualmente la consapevolezza dei cittadini sull'importanza del riciclo dei pannolini e migliorandone la raccolta differenziata. Quanto alla raccolta dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) "è ancora lontana dagli obiettivi UE, per questo è necessario migliorare la rete di raccolta e degli impianti di trattamento, anche per raggiungere gli obiettivi previsti dal Critical Raw Materials act che punta a soddisfare il 25% del consumo di materie prime critiche a livello europeo da attività di riciclo". Sul riciclo dei materiali tessili, poi, è importante migliorare la tracciabilità dei tessuti e garantire la trasparenza lungo tutta la filiera produttiva; è necessario investire nella formazione per sviluppare competenze specifiche in sostenibilità e innovazione tecnologica; incrementare e diffondere in maniera capillare le pratiche di prevenzione, preparazione per il riutilizzo, riuso per dare uno sbocco reale all’obbligo di raccolta del tessile da parte dei comuni che ad oggi stenta a decollare. Anche in questo settore, oltre l’implementazione della rete impiantistica occorre quanto prima prevedere un sistema EPR.