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Mattarella: "Minacciare l'uso di armi nucleari è un crimine contro l'umanità"

(Adnkronos) - Minacciare l'uso di armi nucleari è un crimine contro l'umanità. Ad affermarlo il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della cerimonia per lo scambio di auguri di fine anno con il Coro diplomatico. "Ottanta anni or sono, la ...

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Maurizio Quarta: "Ecco la proposta di legge per favorire l'incontro tra pmi e Temporary Management"

(Adnkronos) - Nel Festival del management, tenutosi quest'anno a Napoli, è stato ancora una volta posto l’accento sulla crescente esigenza da parte delle pmi italiane di accrescere le proprie competenze manageriali: il Temporary Management (TM) è ...

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Il futuro dell'Italia? Solo il 22% è ottimista

(Adnkronos) - Il 46% degli italiani (quasi uno su due) è pessimista sul futuro del Paese e solo il 22% immagina un’Italia migliore nei prossimi dieci anni. Un giudizio severo che si affianca a un paradosso evidente: il 79% degli italiani, soprattutto i più giovani, dichiara di pensare al domani, ma ...

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Mattarella: "Minacciare l'uso di armi nucleari è un crimine contro l'umanità"

(Adnkronos) - Minacciare l'uso di armi nucleari è un crimine contro l'umanità. Ad affermarlo il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della cerimonia per lo scambio di auguri di fine anno con il Coro diplomatico. "Ottanta anni or sono, la comunità internazionale si è ricostituita intorno a valori sanciti solennemente dalla Carta delle Nazioni unite. La cristallizzazione intorno a equilibri di forze contrapposte ha congelato, per un lungo periodo, parte delle potenzialità delle indicazioni del testo. Eppure, in questo arco di tempo, molto si è visto di positivo nella vita internazionale". Lo ha affermato "Numerosi popoli - ha ricordato il capo dello Stato - hanno conquistato la loro indipendenza. L’umanità ha vissuto amplissimi progressi sul terreno della eguaglianza. Cause comuni hanno saputo unire il pianeta intorno a obiettivi fondamentali: la lotta alla fame, la promozione della salute, la difesa delle risorse e dell’ambiente della Terra, il riconoscimento dei diritti delle donne, per citarne solo alcuni. Il controllo della corsa agli armamenti, in particolare di armi di distruzione definitiva, come quelle nucleari, aveva conosciuto risultati significativi. Nel contesto attuale, si rende necessario ribadire con forza -ha affermato quindi Mattarella- che l’uso o anche la sola concreta minaccia di introdurre nei conflitti armamenti nucleari appare un crimine contro l’umanità". "Un protagonista della comunità internazionale, la Federazione Russa, ha, sciaguratamente, scelto di travolgere questo percorso ripristinando, con la forza, l’antistorica ricerca di zone di influenza, di conquista territoriale, di crudele prepotenza delle armi. Le generazioni globali che lottarono contro il nazifascismo in Europa, contro il colonialismo, contro i totalitarismi per rivendicare libertà e diritti, spesso anche a costo della vita, ricercando un progetto di collaborazione sfociato nella creazione dell’Onu –il più ambizioso tentativo nella storia dell’umanità di dare una cornice di regole alle relazioni internazionali– rischiano di vedere infranti, oggi, i loro sacrifici", ha datto ancora Mattarella. "Un sistema, costruito per assicurare garanzie di pace e di convivenza -riflesso di equilibri lungamente discussi e negoziati– entra in crisi ha aggiunto il Capo dello Stato- quando qualche protagonista della vita internazionale lo infrange, ritenendo che non sia più funzionale alla prevalenza dei propri interessi, talvolta ondivaghi, e che questi debbano prevalere sui valori condivisi e sulle esigenze degli altri Paesi. Entra in crisi quando si accampano presunte –e spesso fallaci- esigenze di sicurezza per alterare la bilancia strategica". "Il principio -ha quindi sottolineato il capo dello Stato - non può essere muovere guerra per fare la pace: è paradossale. Appare insensata la pace evocata da parte di chi, muovendo guerra, pretende in realtà di imporre le proprie condizioni. Un principio rimane fondamentale e insuperabile: gli interessi nazionali o particolari non possono prevalere rispetto alla tutela del valore universale della persona umana, fondamento sostanziale di ogni altro diritto e conquista del nostro tempo". "È il quarto Natale di guerra per il popolo ucraino. Si moltiplicano gli attacchi russi alle città e alle infrastrutture civili ed energetiche. Le vittime civili sono sempre più numerose L’Europa e l’Italia restano saldamente al fianco dell’Ucraina e del suo popolo, con l’obiettivo di una pace equa, giusta e duratura, rispettosa del diritto internazionale, dell’indipendenza, della sovranità, dell’integrità territoriale, della sicurezza ucraine", ha ricordato. "Cosa è accaduto, cosa sta accadendo se protagonisti di primo piano del 'vecchio' ordine internazionale si propongono, con i loro comportamenti, di dare vita a un 'nuovo ordine', basato su sopraffazione con ogni mezzo, violenza, guerra, conquista, competizione tra gli Stati per l’accaparramento di risorse, tentando, così, di perpetuare diseguaglianze tra i popoli ? Va respinta l’ipotesi che possano essere questi i valori intorno a cui costruire un 'nuovo ordine'. Con il corollario del ritorno dei 'soldati di ventura', di mercenari chiamati a guerreggiare, per conto terzi, in Paesi lontani, senza motivazioni che non siano, appunto, quelle della prepotenza verso i civili e verso i Paesi meno strutturati a opporvisi, meno capaci di difendersi", ha affermato ancora Mattarella. "Il decano, Nunzio apostolico, ha ricordato l’alta esortazione di Papa Leone XIV per una pace disarmata. Il venir meno dell’equilibrio nella vita internazionale - ha aggiunto il capo dello Stato - è sempre stato l’anticamera della guerra perché induce alla tentazione della prevaricazione, di fronte alla quale si pone l’alternativa: assecondarla e inchinarvisi, scelte che conducono alla guerra o all’asservimento, ovvero contrastarla e ripristinare l’equilibrio per scongiurare la guerra". "Sono la prevalenza del diritto, il rispetto delle regole che la comunità si è data, a scongiurare il conflitto, a favorire il superamento delle diseguaglianze. È stata - ha ribadito - la strada intrapresa, pur tra tante contraddizioni, per molti anni. È l’orizzonte indicato dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Era –e rimane- la speranza del mondo e, nei primi due decenni di questo millennio, pensavamo di poterla conseguire".

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Maurizio Quarta: "Ecco la proposta di legge per favorire l'incontro tra pmi e Temporary Management"

(Adnkronos) - Nel Festival del management, tenutosi quest'anno a Napoli, è stato ancora una volta posto l’accento sulla crescente esigenza da parte delle pmi italiane di accrescere le proprie competenze manageriali: il Temporary Management (TM) è stato da più parti indicato come uno strumento adatto a perseguire questo scopo, rappresentando un mezzo efficace per 'portare in casa' competenze di alto livello, per il tempo necessario e a costi variabili, in modo che alla fine di un progetto l’azienda sia in grado di fare le stesse cose meglio di prima o di farne di nuove. Prende spunto da queste considerazioni il crescente interesse da parte del legislatore di creare attraverso il costrutto normativo un terreno fertile per l’utilizzo dello strumento, come peraltro dimostrano alcuni buoni esempi del passato. Su questo Adnkronos/Labitalia ha intervistato l'esperto Maurizio Quarta, managing partner di Temporary Management & capital advisors e vp di Confassociazioni management, per capire come il legislatore ha affrontato questo problema. "Da diversi anni - afferma - i legislatori locali e nazionali hanno riconosciuto l’importanza di disporre di strumenti legislativi di supporto all’utilizzo del TM nelle pmi, quali elementi incentivanti e facilitanti di una conoscenza ed un apprezzamento del servizio in costante aumento. Ultimo e più recente 'prodotto' di questa linea di pensiero è la proposta di legge 2474, a firma di Letizia Giorgianni e altri, avente per oggetto 'Agevolazioni fiscali per l’assunzione di dirigenti temporanei e a progetto presso le piccole e medie imprese', attualmente in fase di lavorazione". Dal punto di vista delle formulazioni, il legislatore locale ha prodotto più e forse meglio di quello nazionale, sicuramente più vincolato da difficoltà di natura sostanzialmente politica. "Due - spiega - i punti chiavi affrontati in maniera diversa dai vari proponenti: da un lato i requisiti professionali del temporary manager (quali e come attestarli) e il suo legame con la figura del dirigente, dall’altro le modalità di finanziamento di un progetto. Il primo esempio di legge italiana che riconosce il TM e le società che lo forniscono è la legge n. 7193 del 12 novembre 1997 della Regione Umbria, cui va riconosciuto il merito di interpretarne nel giusto modo i principi (elevata seniority; interventi per innovazione e diversificazione, a livello di top management e funzionale; necessità di un progetto con obiettivi ben definiti; intervento anche attraverso società specializzate)". "Nel 2004 - ricorda - la Commissione Lavoro della Camera ha elaborato un disegno di legge (il 5421, definito Camo-Lettieri) che prevedeva agevolazioni fiscali per interventi nelle pmi. Il ddl partiva da corrette considerazioni sulla scarsa capacità competitiva delle imprese italiane, riconducibile alla struttura prevalente delle piccole imprese ed alla loro bassa capacità di finanziamento, alla quale si sommano le loro scarse capacità gestionali e la limitata presenza di manager in grado di organizzare e guidare l’azienda con metodo e coerenza". "La migliore articolazione fino ad oggi - assicura Maurizio Quarta - proviene dalla regione Friuli Venezia Giulia che, prima con il 'Documento strategico per il comparto manifatturiero' introduce il concetto di Temporary Management definendolo come la gestione di una o più attività aziendali da parte di manager professionisti, poi approva il 'Disegno di legge sullo sviluppo competitivo delle pmi', che, con la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Friuli Venezia Giulia del 4 marzo 2005, è diventato la legge n. 4, altresì nota come legge Bertossi dal nome del suo ispiratore. Finalità principale di questa legge è quella di superare i fattori tradizionali di debolezza competitiva, quali l’insufficienza dimensionale e i livelli di capitalizzazione, la scarsa apertura degli assetti di governo societario e l’inadeguatezza dei livelli di managerializzazione". "I destinatari degli incentivi - ricorda - sono le piccole e medie imprese, in qualsiasi forma costituite, singole ed associate, aventi sedi o almeno un’unità operativa nel territorio regionale, per l’utilizzo di manager a tempo che, a fronte di un business plan definito, le aiutino a gestire ad esempio, interventi crescita dimensionale (aggregazioni, fusioni e accordi interorganizzativi), processi di internazionalizzazione (creazione di reti commerciali all’estero, sviluppo strutturato di relazioni internazionali); razionalizzazione degli assetti gestionali e organizzativi; situazioni di successione generazionale, processi di ricapitalizzazione o di riordino degli assetti di governo societario anche attraverso l’apertura a terzi, fabbisogno manageriale temporaneo. In questa legge, infine, si presta molta attenzione al profilo del manager, alla valutazione della sua coerenza con il business plan, e alla sua capacità di trasferire competenze". "Nel 2010 - continua - Alessia Mosca, segretario della Commissione lavoro della Camera, e Giuliano Cazzola, vice presidente della stessa Commissione, hanno avviato un processo positivamente bipartisan per arrivare, in tempi anche rapidi, alla definizione di un testo di legge nazionale sul tema del Tman. Sono così nati, per motivi di opportunità politica, due disegni di legge sostanzialmente gemelli sulla materia: il primo, presentato da Alessia Mosca (ddl 3642 del 20 luglio 2010), il secondo, presentato da Giuliano Cazzola (ddl 3978 del 20 dicembre 2010). Le caratteristiche richieste al Tman: aver operato come dirigente per almeno dieci anni presso imprese con più di 10 dipendenti, per interventi di natura funzionale oppure almeno quindici anni presso imprese con più di 50 dipendenti, per interventi di natura gestionale complessiva. Tra i progetti ammissibili al finanziamento: crescita dimensionale dell’impresa; internazionalizzazione; razionalizzazione degli assetti gestionali e organizzativi dell’impresa; successione generazionale dell’impresa; processi di ricapitalizzazione o di riordino degli assetti di governo societario anche attraverso l’apertura a terzi; il trasferimento di know how e di competenze manageriali". In relazione alla nuova proposta di legge a firma Letizia Giorgianni, Quarta commenta: "L'incipit è inappuntabile: la proposta si propone, da una parte, di rafforzare la struttura organizzativa delle nostre pmi, dall’altra di creare un tessuto imprenditoriale favorevole all’affermazione di una nuova generazione di manager flessibili, dinamici e orientati al risultato. Nell’articolo 2, in sede definitoria, il dirigente temporaneo e a progetto è un professionista qualificato a cui sono attribuite, funzioni di amministrazione temporanea dell’intera azienda, di un suo ramo, di una specifica funzione o struttura ovvero di sviluppo e attuazione di un progetto determinato e delimitato nel tempo: a parte forse la necessità di chiarire per bene il legame con la figura del dirigente, sembra essere, in versione compatta, la definizione canonica del TM". "Un punto delicato di attenzione - avverte - emerge però nell’articolo 3 che pur parte dalla corretta premessa che il Temporary Manager deve avere una comprovata esperienza nella gestione aziendale. Scendendo nel dettaglio, si richiede infatti che il dirigente temporaneo e a progetto debba essere: a) un dottore commercialista, iscritto all’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, che abbia maturato un’esperienza professionale di almeno tre anni, anche non continuativi, nello svolgimento di funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso un’impresa, con almeno due incarichi nell’ultimo triennio in organi amministrativi o di controllo; b) un professionista in possesso del diploma di laurea magistrale in scienze economico-aziendali (classe LM-77), che non abbia superato il trentacinquesimo anno di età alla data della sua assunzione, e che abbia esercitato, anche in modo non continuativo, per un periodo complessivo non inferiore a tre anni, funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso un’impresa". "La formulazione della proposta di legge nella sua forma attuale -chiarisce - sembrerebbe molto restrittiva e limiterebbe in maniera rilevante il campo di applicazione. Abbiamo pertanto posto ad un panel di Tman e ad alcune associazioni manageriali la seguente domanda per mettere bene a fuoco il punto. Una pmi che utilizzi un direttore hr, un direttore industriale, un cfo o un dg (tutte casistiche reali), quindi un manager che non rientri nella fattispecie dell’articolo 3 ai punti a) e b), potrebbe o meno accedere ai benefici della futura legge? Apparentemente no, dato che i Tman impegnati in tutti questi casi non avrebbero i requisiti richiesti in quanto non dottori commercialisti, parliamo sempre e solo ovviamente manager di lungo corso, e in quanto tutti ben over 50 (ovvero con almeno 15 anni di esperienza nel ruolo, come richiesto dalla tipologia di problemi da gestire). La risposta è stata praticamente sempre la stessa: la stragrande maggioranza degli incarichi realizzati sul mercato oggi per le pmi non troverebbe spazio per essere finanziata con l’attuale proposta di legge". "Peraltro - fa notare - anche in sede di Commissione, è stato sollevato lo stesso problema, in quanto tale requisito 'appare incongruente alla luce della realtà socio-economica del Paese, nella quale i dirigenti che si occupano di risorse umane spesso hanno conseguito un titolo di studio in ambiti diversi dall’economia e dal commercio'. Sempre in sede di Commissione, ecco la relativa controobiezione: gli spazi finanziari prospettati dal provvedimento non sembrano consentire un consistente allargamento della platea dei soggetti tra cui le imprese potranno scegliere i temporary manager". "Dalle interviste informali effettuate - riferisce - abbiamo cercato di estrapolare i più significativi suggerimenti per il legislatore.In primis, l’aspettativa è che una legge nazionale sul TM abbia un campo di applicazione il più ampio possibile, per tenere in adeguato conto quello che realmente avviene sui mercati italiano e internazionali. A titolo di cronaca, la nostra indagine internazionale del 2022 evidenziava un’età media di 53 anni con almeno 3 anni di esperienza come Tman (oltre all’esperienza pregressa come manager permanent/dirigente). Di conseguenza, per poter comprendere il mercato del tm nelle pmi nella sua totalità, si chiede di inserire tra le figure professionali dell’articolo 3 anche le seguenti categorie: manager funzionali con significativa esperienza gestionale (almeno 15 anni come dirigente apicale nella specifica funzione); dg e ceo sempre con significativa esperienza gestionale (almeno 10 anni nel ruolo). "Un punto che - sottolinea Maurizio Quarta - per il legislatore è importante è la possibilità di poter esibire dei titoli a sostegno di una possibile richiesta: per quanto riguarda il ruolo di dirigente, si ratta di uno status contrattuale facilmente provabile. Per il ruolo di dg e ceo, di fatto un sottoinsieme del precedente, basterebbe produrre le dichiarazioni delle aziende presso le quali il manager ha avuto questi ruoli per alcune figure professionali. In alcuni casi, si potrebbe anche fare riferimento alle certificazioni messe in campo da alcune associazioni manageriali, esempio per le risorse umane (Aidp) e per finanza amministrazione e controllo (Andaf), caratterizzate dalla certificazione di terza parte indipendente e dalla conformità con le regolamentazioni nazionali e internazionali in materia (prassi Uni Pdr 104:2021 per Andaf e norma Uni11803:2021 per Aidp). Come pure per l’attestato di qualità e qualificazione professionale di leading network, associazione non ordinistica riconosciuta dal Mimit". "Una volta risolto questo non banale nodo interpretativo - aggiunge - da più parti si è anche discusso sull’opportunità o meno di utilizzare lo strumento del credito d’imposta rispetto a forme più dirette di finanziamento (come nel caso di alcune leggi regionali), rilievo fatto anche in Commissione: mentre dal punto di vista puramente operativo le pmi, specie le più piccole, gradirebbero una forma di finanziamento a fronte spesso di un capitale circolante limitato per far fronte ai costi, comunque rilevanti, di un progetto di TM, il legislatore nazionale, anche in passato, ha dovuto 'obtorto' collo optare per la soluzione del credito d’imposta data l’oggettiva difficoltà a trovare le coperture finanziarie necessarie nell’altro caso". "In sintesi, il credito d’imposta non sarà certamente ottimale, ma perlomeno garantisce che una proposta di legge non venga bloccata sul nascere. In sintesi, la proposta di legge attualmente in discussione contiene senza dubbio una serie di punti interessanti, che potrebbero essere ulteriormente valorizzati in un contesto applicativo più ampio", conclude.

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Il futuro dell'Italia? Solo il 22% è ottimista

(Adnkronos) - Il 46% degli italiani (quasi uno su due) è pessimista sul futuro del Paese e solo il 22% immagina un’Italia migliore nei prossimi dieci anni. Un giudizio severo che si affianca a un paradosso evidente: il 79% degli italiani, soprattutto i più giovani, dichiara di pensare al domani, ma il 63% continua a sentirsi 'ancorato' al presente. Questa è la fotografia che emerge dal 'Barometro del Futuro', l’indagine demoscopica presentata oggi dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) e realizzata dall’Istituto Piepoli, nel corso dell’evento 'Un patto sul futuro, anche nell’interesse delle future generazioni', svoltosi all’Auditorium del Museo dell’Ara Pacis, in occasione della Giornata Mondiale dei Futuri dell’Unesco. L’incontro è stato l’occasione per presentare e discutere i primi risultati del progetto 'Ecosistema Futuro' (www.ecosistemafuturo.it), la partnership lanciata dall’ASviS un anno fa per mettere il futuro, o meglio 'i futuri', al centro della riflessione culturale, politica, economica e sociale del nostro Paese e che riunisce oltre 40 organizzazioni del mondo dell’istruzione, della cultura, dell’economia e dell’innovazione (tra cui i partner strategici Entopan, Intesa Sanpaolo, Iren, Randstad Research e Toyota Material Handling). “Come mostrato dall’indagine, gli italiani chiedono futuro, ma la gran parte di loro ritiene che nessuno se ne stia occupando seriamente, tanto meno i politici - ha commentato Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS - tant’è vero che solo il 25% degli intervistati pensa che i governi agiscono anche nell’interesse delle future generazioni e il 65% ritiene che in Italia non si parli abbastanza di futuro. Ecosistema Futuro intende invertire questa tendenza, in linea con il ‘Patto sul Futuro’ approvato dall’Onu un anno fa, portando l’educazione ai futuri nelle scuole e nei musei, promuovendo riforme politiche come la Valutazione d’Impatto Generazionale delle nuove leggi, valorizzando la ricerca orientata al futuro e dando maggiore spazio alle giovani generazioni nelle scelte politiche”. Il 'Barometro del futuro', presentato da Livio Gigliuto, presidente dell’Istituto Piepoli, evidenzia un divario profondo tra percezione personale e collettiva: il 37% degli italiani è ottimista riguardo al proprio futuro, ma il 34% percepisce un vuoto di visione sul futuro del Paese. La politica è considerata orientata al futuro solo dal 4% dei rispondenti, la scuola dal 7%, con un pessimismo più marcato nel Centro e nelle Isole, e più attenuato nel Nord Ovest. Tra le preoccupazioni principali emergono l’aumento del costo della vita e delle diseguaglianze (44%), l’intelligenza artificiale (36%), i rischi globali per la sicurezza e la pace (32%) e la crisi climatica (30%). La fiducia degli italiani si concentra nella scienza (80%), mentre scende drasticamente per istituzioni (29%), media tradizionali (24%) e social media (21%). Il Barometro evidenzia inoltre una chiara domanda di giustizia intergenerazionale: sette italiani su dieci chiedono una Legge sul Clima e quasi due su tre sostengono un’imposta sulle grandi ricchezze per finanziare i giovani. Nel corso dell’incontro, organizzato in collaborazione con Icom Italia, Officine Italia, Save the Children e la Fondazione Italiana per gli Studi sul Futuro nell’ambito delle celebrazioni giubilari, sono state presentate le principali linee di azione di Ecosistema Futuro. Il Barometro del Futuro mostra una richiesta chiara: per il 75% degli italiani è urgente introdurre un’educazione al futuro nel sistema scolastico: da qui la prima linea di azione che riguarda l’introduzione della Futures Literacy proposta dall’Unesco nelle scuole e nei percorsi universitari, lungo le linee contenute nel Future Paper presentato oggi nel corso dell’evento. La seconda concerne le politiche pubbliche, attraverso l’applicazione della nuova normativa che impone la Valutazione d’Impatto Generazionale (Vig) delle nuove leggi, così da orientare le decisioni in una prospettiva di lungo periodo. La terza riguarda la partecipazione civica, con l’avvio del percorso verso la prima Assemblea Nazionale sul Futuro nel 2027. Nel corso dell’evento è stata annunciata anche la creazione del 'Network dei Musei dei Futuri', realizzato nell’ambito di Ecosistema Futuro da Icom Italia, rappresentata da Michela Rota (architetta esperta di sostenibilità), un’iniziativa che coinvolge già oggi oltre 40 istituzioni culturali apripista, che nel 2026 realizzeranno attività dedicate ai futuri possibili, con l’obiettivo di trasformare musei e istituzioni culturali in spazi di immaginazione civica e alfabetizzazione ai futuri. L’obiettivo è anche quello di realizzare un 'Museo dei Futuri' italiano, fisico e digitale, sulla falsariga delle esperienze internazionali esistenti. "Attuare il Patto sul Futuro in Italia vuol dire trasformare il modo in cui il sistema Paese prende le decisioni - ha commentato Luca Miggiano, responsabile del progetto Ecosistema Futuro - Per realizzare tale obiettivo è necessario confrontarsi sull’Italia che vogliamo nel futuro, migliorare i processi politici e creare una cultura orientata al futuro per navigare la complessità del presente. Ecosistema Futuro è nato per contribuire a creare un Paese per giovani, dando voce a chi già oggi lavora concretamente sul futuro e alle giovani generazioni, schiacciate tra debito climatico, precarietà e incertezze economiche".

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