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(Adnkronos) - Il mondo corre veloce, forse troppo. E di fronte alle sfide dell'Intelligenza Artificiale, della connessione 24h ad un mondo virtuale, l'antidoto è una connessione reale, quella con la Natura. Parola dell'editore del celebre almanacco Barbanera Luca Baldini che, in un'intervista con l'Adnkronos in occasione dell'uscita del prezioso almanacco 2026, rivela impagabili consigli contenuti nel libro per affrontare la giostra del mondo. "Bisogna cercare di restare fedeli al ritmo della natura -spiega Baldini, barba bianca, eleganza misurata e saggezza negli occhi- La nostra velocità è un po' fuori ritmo rispetto al modo in cui da millenni si muove il mondo intorno a noi. Ricentrarci con quei ritmi ci fa sentire in armonia con le cose, e probabilmente anche più in armonia tra gli uomini". Ma cosa è l'Almanacco intitolato all'astronomo ed erudito Barbanera, vissuto a Foligno nel '700 e divenuto il più celebre d'Italia? "E' un calendario nato nel 1762, un modo di scandire l'anno attraverso dodici capitoli -spiega Baldini- in cui si affronta tutto ciò che è legato a quel mese. Perché la prima cosa che ci piace dire ai lettori è che il nostro mondo è meravigliosamente ricco. La riscoperta della bellezza che abbiamo intorno a noi è la prima mossa e la seconda è quella di costruire quello che sentiamo più vicino ai nostri desideri". Consigli pratici, piccole chicche quotidiane, idee creative e talvolta geniali accompagnano il lettore nel corso dell'anno. "Il primo dei consigli viene dalla luna: c'è un lunario che ci dice per ogni giorno quali sono le attività consigliate", scandisce l'editore. Dalla semina delle piante alle ricette per il sistema immunitario, fino al taglio dei capelli e delle unghie, passando per piccole perle di saggezza emotiva. Un consiglio per gennaio? "Si può prevedere il tempo che sarà da come guardare le nuvole, gli animali, la luna -sorride Baldini- E se i capelli si indeboliscono e cadono immergiamo tre rametti di rosmarino in tre bicchieri di acqua bollente per venti minuti. Filtriamo e spruzziamo ogni sera sulle radici dei capelli, massaggiando. L'ideale è fare questo con la luna crescente nel segno dei gemelli il 28 e il 29 di gennaio". Mentre prendiamo nota, osserviamo che questi consigli sembrano proprio quelli delle nostre nonne. "Il calendario regala momenti in cui ritroviamo le nostre radici e che ci legano al territorio, alla terra, alla nostra cultura, le nostre tradizioni che cerchiamo di tramandare -conferma Baldini- Il valore di conservare e saper utilizzare la certezza di ciò che si è tramandato è fondamentale". Consigli e tradizioni che difficilmente, anche trovandoli sul web, ci danno la stessa sicurezza. "La rete ci offre tantissime opportunità ma non quella della affidabilità di ciò che leggiamo -dice all'Adnkronos l'editore dell'almanacco Barbanera- Abbiamo bisogno di restare ancorati a qualcosa che sentiamo come profondamente vero. E quel vero viene dalla tradizione". C'è insomma più di un motivo se l'Unesco nel 2015 ha inserito il celebre calendario nella 'memoria del mondo' rendendolo patrimonio dell'Umanità. Un orgoglio per l'Almanacco realizzato a Spello, nel cuore dell'Umbria, che quest'anno è dedicato ad una fauna selvatica e sorprendente, che restituisce il senso di identità e di appartenenza. "L'almanacco sicuramente è uno degli strumenti che unisce le persone in nome di una identità tradizionale che ci caratterizza come popolo e come esseri umani", asserisce Baldini. A questo punto vogliamo saperlo: come sarà il 2026? "La frase di apertura del Barbanera è da sempre 'un anno di felicità' -dice l'editore- Significa vedere il bicchiere mezzo pieno, e che non c'è un anno in cui non valga la pena di volgere lo sguardo verso quella parte bella che il futuro ci riserva". Un bell'incoraggiamento per li giovanissimi, sempre più spesso chiusi nella bolla dei social. "Abbiamo visto che i lettori giovani si avvicinano sempre di più alla lettura dell'almanacco, per il bisogno che hanno di ritrovare un rapporto più semplice con le persone, con la natura, con gli animali -chiosa Baldini- E a loro diciamo che le due cose possono coesistere, basta avere occhi sufficienti per tutta la meraviglia del mondo". (di Ilaria Floris)
(Adnkronos) - "Quello che emerge dal settimo rapporto è che le imprese ce la possono fare, specialmente le piccole imprese, se stanno in filiera. Non è solo un discorso di catena produttiva, ma è una circolazione di dati, mettere in comune delle competenze, lavorare insieme sulla conoscenza aumentata". Lo ha dichiarato Stefano Cuzzilla, presidente di 4.Manager, intervenuto oggi a Roma alla presentazione del settimo rapporto dell’Osservatorio 4.Manager, 'Le filiere produttive nell’era della conoscenza aumentata'. Cuzzilla ha evidenziato come l’evoluzione digitale renda necessario un investimento deciso sulle competenze manageriali e sull’innovazione delle piccole e medie imprese. "Per affrontare questa nuova era digitale - prosegue - servono anche delle competenze, perciò un lavoro importante su un reskilling di manager, un lavoro sulle piccole e medie imprese italiane che devono avere il supporto, ma nello stesso tempo devono stare più in rete perché ancora hanno paura di affrontare l'intelligenza artificiale che, invece, deve essere vista come una risorsa". Il presidente di 4.Manager ha richiamato la necessità di valorizzare il patrimonio di conoscenza del sistema produttivo italiano, mettendo in relazione imprese di dimensioni diverse: "Dobbiamo mettere a fattore comune tutti i nostri vantaggi, tutto il nostro sapere, la conoscenza che è la nostra forza: non solo dei prodotti, ma anche della gestione del dato. Dobbiamo costruire un dialogo sulla fornitura e sulle competenze per affrontare le sfide esterne perché il mondo fuori dall'Europa è sempre più competitivo. Tutto questo va fatto in un’ottica di sistema, perché dopo una crisi pandemica, una crisi energetica e una crisi bellica, un’impresa da sola, anche se forte, non ce la può fare ad affrontare le sfide future".
(Adnkronos) - Il 46% degli italiani (quasi uno su due) è pessimista sul futuro del Paese e solo il 22% immagina un’Italia migliore nei prossimi dieci anni. Un giudizio severo che si affianca a un paradosso evidente: il 79% degli italiani, soprattutto i più giovani, dichiara di pensare al domani, ma il 63% continua a sentirsi 'ancorato' al presente. Questa è la fotografia che emerge dal 'Barometro del Futuro', l’indagine demoscopica presentata oggi dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) e realizzata dall’Istituto Piepoli, nel corso dell’evento 'Un patto sul futuro, anche nell’interesse delle future generazioni', svoltosi all’Auditorium del Museo dell’Ara Pacis, in occasione della Giornata Mondiale dei Futuri dell’Unesco. L’incontro è stato l’occasione per presentare e discutere i primi risultati del progetto 'Ecosistema Futuro' (www.ecosistemafuturo.it), la partnership lanciata dall’ASviS un anno fa per mettere il futuro, o meglio 'i futuri', al centro della riflessione culturale, politica, economica e sociale del nostro Paese e che riunisce oltre 40 organizzazioni del mondo dell’istruzione, della cultura, dell’economia e dell’innovazione (tra cui i partner strategici Entopan, Intesa Sanpaolo, Iren, Randstad Research e Toyota Material Handling). “Come mostrato dall’indagine, gli italiani chiedono futuro, ma la gran parte di loro ritiene che nessuno se ne stia occupando seriamente, tanto meno i politici - ha commentato Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS - tant’è vero che solo il 25% degli intervistati pensa che i governi agiscono anche nell’interesse delle future generazioni e il 65% ritiene che in Italia non si parli abbastanza di futuro. Ecosistema Futuro intende invertire questa tendenza, in linea con il ‘Patto sul Futuro’ approvato dall’Onu un anno fa, portando l’educazione ai futuri nelle scuole e nei musei, promuovendo riforme politiche come la Valutazione d’Impatto Generazionale delle nuove leggi, valorizzando la ricerca orientata al futuro e dando maggiore spazio alle giovani generazioni nelle scelte politiche”. Il 'Barometro del futuro', presentato da Livio Gigliuto, presidente dell’Istituto Piepoli, evidenzia un divario profondo tra percezione personale e collettiva: il 37% degli italiani è ottimista riguardo al proprio futuro, ma il 34% percepisce un vuoto di visione sul futuro del Paese. La politica è considerata orientata al futuro solo dal 4% dei rispondenti, la scuola dal 7%, con un pessimismo più marcato nel Centro e nelle Isole, e più attenuato nel Nord Ovest. Tra le preoccupazioni principali emergono l’aumento del costo della vita e delle diseguaglianze (44%), l’intelligenza artificiale (36%), i rischi globali per la sicurezza e la pace (32%) e la crisi climatica (30%). La fiducia degli italiani si concentra nella scienza (80%), mentre scende drasticamente per istituzioni (29%), media tradizionali (24%) e social media (21%). Il Barometro evidenzia inoltre una chiara domanda di giustizia intergenerazionale: sette italiani su dieci chiedono una Legge sul Clima e quasi due su tre sostengono un’imposta sulle grandi ricchezze per finanziare i giovani. Nel corso dell’incontro, organizzato in collaborazione con Icom Italia, Officine Italia, Save the Children e la Fondazione Italiana per gli Studi sul Futuro nell’ambito delle celebrazioni giubilari, sono state presentate le principali linee di azione di Ecosistema Futuro. Il Barometro del Futuro mostra una richiesta chiara: per il 75% degli italiani è urgente introdurre un’educazione al futuro nel sistema scolastico: da qui la prima linea di azione che riguarda l’introduzione della Futures Literacy proposta dall’Unesco nelle scuole e nei percorsi universitari, lungo le linee contenute nel Future Paper presentato oggi nel corso dell’evento. La seconda concerne le politiche pubbliche, attraverso l’applicazione della nuova normativa che impone la Valutazione d’Impatto Generazionale (Vig) delle nuove leggi, così da orientare le decisioni in una prospettiva di lungo periodo. La terza riguarda la partecipazione civica, con l’avvio del percorso verso la prima Assemblea Nazionale sul Futuro nel 2027. Nel corso dell’evento è stata annunciata anche la creazione del 'Network dei Musei dei Futuri', realizzato nell’ambito di Ecosistema Futuro da Icom Italia, rappresentata da Michela Rota (architetta esperta di sostenibilità), un’iniziativa che coinvolge già oggi oltre 40 istituzioni culturali apripista, che nel 2026 realizzeranno attività dedicate ai futuri possibili, con l’obiettivo di trasformare musei e istituzioni culturali in spazi di immaginazione civica e alfabetizzazione ai futuri. L’obiettivo è anche quello di realizzare un 'Museo dei Futuri' italiano, fisico e digitale, sulla falsariga delle esperienze internazionali esistenti. "Attuare il Patto sul Futuro in Italia vuol dire trasformare il modo in cui il sistema Paese prende le decisioni - ha commentato Luca Miggiano, responsabile del progetto Ecosistema Futuro - Per realizzare tale obiettivo è necessario confrontarsi sull’Italia che vogliamo nel futuro, migliorare i processi politici e creare una cultura orientata al futuro per navigare la complessità del presente. Ecosistema Futuro è nato per contribuire a creare un Paese per giovani, dando voce a chi già oggi lavora concretamente sul futuro e alle giovani generazioni, schiacciate tra debito climatico, precarietà e incertezze economiche".