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(Adnkronos) - I pagamenti elettronici sono sempre più diffusi ma il contante 'deve sopravvivere'. Mentre la possibilità di pagare cash figura fra i desideri della popolazione, anche in Svizzera si registra una propensione a utilizzare strumenti alternativi. È quanto emerso dalla tavola rotonda sul tema organizzata dall'’Amministrazione federale delle finanze (AFF) da cui è scaturita una serie di principi volti a consentire anche in futuro l'accesso al contante. Il tema rimane di attualità a tutte le latitudini. In Italia, nel dibattito sulla Manovra è compreso un emendamento che introduce un'imposta di 500 euro su ogni pagamento per l'acquisto di beni o servizi effettuato in denaro contante per un importo compreso tra 5.001 e 10.000 euro. Secondo una nota dell'AFF, le cifre parlano chiaro: se nel 2017 in Svizzera oltre il 70% dei pagamenti avveniva in contanti, nel 2024 la quota si è ridotta a circa il 30%. Negli ultimi due anni sono state constatate sempre maggiori limitazioni all'accettazione del contante, per esempio nel commercio al dettaglio, nel settore delle attività artistiche e di intrattenimento, così come nei trasporti pubblici. Al contempo è diminuito il numero di distributori automatici di banconote, sportelli bancari e uffici postali. Nel corso della tavola rotonda, organizzata dall'AFF assieme alla Banca nazionale svizzera (BNS), cui hanno partecipato circa 50 persone in rappresentanza di cantoni, banche, imprese di trasporto valori, commercianti al dettaglio, fornitori di servizi - come la Posta - e associazioni economiche e di consumatori, sono state presentate le linee guida per gli operatori dell'infrastruttura di gestione del contante volte a garantire l'accesso a questo mezzo di pagamento anche in presenza di un calo nell'utilizzo e a evitare un ridimensionamento non coordinato di tale infrastruttura. Gli esperti si concentrano su come sviluppare la rete di accesso al contante. La Borsa e la Posta hanno recepito le conclusioni degli esperti e hanno avviato uno studio finalizzato a valutare la possibilità di un utilizzo condiviso dei punti di accesso al contante da parte di diversi operatori ("pooling"). Circa i trasporti pubblici - un tema scottante visto che sempre più società tendono a limitare l'uso del contante - il settore prevede che, in futuro, fino al 90% dei viaggiatori acquisterà i propri biglietti in modalità digitale. Questa evoluzione si traduce in una riduzione delle possibilità di pagamento in contante. Tuttavia, in quanto parte integrante del servizio pubblico, bus e treni devono rimanere accessibili a tutti. Per questo le imprese stanno pensando a soluzioni concrete per garantire l'accesso ai trasporti pubblici anche a coloro che non possiedono uno smartphone o una carta di credito. Con l'adesione ai principi, gli istituti rappresentati nel gruppo di esperti si impegnano a predisporre un'infrastruttura di gestione del contante adeguata per la popolazione e le imprese nel limite delle loro possibilità economiche e tenendo conto di considerazioni di sicurezza. L'intento? Contrastare un ridimensionamento eccessivo di detta infrastruttura. Tali principi, che non hanno carattere vincolante, offrono agli operatori che gestiscono il contante una base per le decisioni di politica aziendale. La rete dei punti d'accesso rilevanti - filiali bancarie, uffici postali e i distributori automatici di banconote - è concepita per offrire alla popolazione la possibilità di prelevare in particolare banconote per i propri pagamenti. Le imprese devono poter prelevare denaro da usare come resto e versare sul proprio conto le eccedenze. Più un servizio - leggi: prelievi e versamenti di banconote e monete in franchi - è utilizzato, più i punti di accesso che lo forniscono devono essere raggiungibili. La raggiungibilità è misurata in base al tempo di percorrenza impiegato dalla popolazione e dalle imprese, con veicoli a motore privati o con mezzi di trasporto pubblici. La restrizione degli orari di accesso motivata da considerazioni di sicurezza da parte degli operatori è possibile. Questa tavola rotonda, la seconda del genere, si è tenuta a pochi mesi dalla votazione dell'8 marzo 2026 sull'iniziativa popolare "Sì a una valuta svizzera indipendente e libera con monete o banconote (Il denaro contante è libertà)" e il relativo controprogetto diretto "Decreto federale concernente l'unità monetaria svizzera e l'approvvigionamento in numerario". L'iniziativa, lanciata dal Movimento svizzero per la libertà, chiede di modificare l'articolo 99 della Costituzione federale affinché il denaro contante sia sempre disponibile in quantità sufficiente e che la sostituzione del franco con un'altra moneta sia sottoposta al voto del popolo e dei cantoni. Il Consiglio federale ha deciso di contrapporre a questa proposta un controprogetto diretto, poiché riconosce l'importanza delle monete e delle banconote per l'economia e la società. L'iniziativa è però considerata poco precisa, da qui l'idea di contrapporre un altro testo che ha raccolto i favori della maggioranza del plenum.
(Adnkronos) - Il digitale non è più solo tecnologia, è un laboratorio sociale. Lo dimostra il progetto di EY Italia, in collaborazione con l’Istituto italiano di tecnologia e l’università La Sapienza, che ha esplorato come gli ambienti virtuali possano favorire relazioni e superare pregiudizi. L’esperimento, condotto nel Padiglione Italia virtuale di Expo 2025 Osaka, ha coinvolto circa 200 visitatori immersi in scenari popolati da avatar di diverse etnie. I risultati parlano chiaro: la prossemica fisica si riproduce anche nel mondo digitale e le differenze culturali restano evidenti. I giapponesi, ad esempio, mantengono distanze più ampie rispetto agli italiani, riflettendo codici sociali radicati. Inoltre, attrattività e affidabilità degli avatar influenzano la distanza percepita. Secondo quanto rilevato da EY, per ogni punto di incremento dell’attrattività, la distanza si riduce di 0,27 cm; per l’affidabilità, di 0,17 cm. Segnali che confermano come il virtuale sia un nuovo spazio di socializzazione, capace di rinegoziare confini culturali e creare fiducia. Queste sperimentazioni anticipano il ruolo centrale del digitale all’Expo 2030 di Riad, dove innovazione e realtà immersiva promettono di ridefinire le relazioni interculturali e immaginare comunità più inclusive. Un futuro in cui la tecnologia non sarà solo progresso, ma anche ponte tra i popoli. Qui il link ai risultati della ricerca.
(Adnkronos) - Uno strumento avanzato per misurare e ridurre l’impatto ambientale delle imprese italiane con 250 dataset relativi ai settori come allevamento, frutta, legumi e olio d’oliva ma anche fonderie d’alluminio, carta tissue e cartongesso. È uno dei risultati degli studi del Gruppo di ricerca Grins dedicato alla sostenibilità delle imprese e coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dall’Università Bocconi. I team di lavoro, che hanno visto oltre 100 ricercatori del partenariato Grins impegnati in tre anni di progetto Pnrr, iniziano a presentare i risultati per identificare, misurare e valutare le strategie aziendali e le azioni necessarie per affrontare le sfide della sostenibilità, con particolare attenzione agli aspetti ambientali e ai percorsi verso l’economia circolare. “Abbiamo adottato un approccio olistico e multidisciplinare, combinando la prospettiva della finanza sostenibile con quella dei processi produttivi e gestionali a livello d’impresa e integrando al tempo stesso le dimensioni del consumo, dei prodotti e delle catene globali del valore, fino alla gestione del fine vita dei beni - spiega Marco Frey, professore ordinario della Scuola Superiore Sant’Anna e coordinatore del gruppo di ricerca Grins - L’attività ha portato alla creazione di due strumenti principali: database e configuratori. I database sviluppati riguardano dati di survey sulle abitudini e le scelte ‘green’ dei consumatori, come essi reagiscano a messaggi social e digitali di imprese che comunicano il loro impegno verso la sostenibilità e dataset di inventario dei principali settori produttivi italiani”. In particolare, i dataset di inventario (Life Cycle Inventory - Lci) nazionali e regionali riguardano i principali sistemi produttivi italiani, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza nella gestione circolare delle risorse lungo l’intera catena del valore. Si sono analizzati gli impatti ambientali di filiere strategiche come quella agroalimentare (allevamento, frutta, legumi, olio d’oliva) e industriale (fonderie di alluminio e carta tissue), promuovendo modelli di simbiosi industriale e soluzioni innovative e sostenibili. L’inventario, sviluppato secondo la metodologia Life Cycle Assessment (Lca) e integrato con sistemi Gis, raccoglie dati da fonti statistiche, monitoraggi territoriali e indagini dirette, fornendo così solide fondamenta su cui prendere delle direzioni più mirate e con minor rischi. Conforme agli standard dell’International Reference Life Cycle Data System (Ilcd) del Jrc, il database sarà ospitato sulla piattaforma Amelia di Grins e includerà oltre 250 dataset relativi ai settori analizzati, offrendo uno strumento avanzato per misurare e ridurre l’impatto ambientale delle imprese italiane. Un secondo filone strategico di ricerca e analisi riguarda l’impatto ambientale delle filiere e la valutazione della sostenibilità e resilienza delle Pmi italiane rispetto ai cambiamenti climatici. Su questo tema si è concentrato un team di lavoro composto da 30 ricercatori di cinque università italiane partners - Torino, Bologna, Ca’ Foscari Venezia, Roma Tor Vergata e Sant’Anna Pisa - insieme al Centro di ricerca Unioncamere Guglielmo Tagliacarne, coordinato da Vera Palea, Università di Torino. L’ampia indagine esamina il livello di percezione del rischio climatico, il grado di preparazione organizzativa e l’accesso ai finanziamenti verdi delle Pmi italiane, fornendo un quadro dettagliato delle dinamiche in atto. Ha coinvolto 9.630 imprese non quotate in 5 regioni (Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto, Lazio e Toscana), con attenzione al periodo 2021–2026, considerando anche gli investimenti previsti. I risultati delineano quattro profili di impresa: dalle ‘attendiste’, che non hanno ancora avviato investimenti di mitigazione, alle ‘proattive’, già impegnate nel percorso verso la sostenibilità. Colpisce il dato sulla percezione del rischio che evidenzia la scarsa consapevolezza: circa il 53% delle imprese ritiene che il cambiamento climatico non incida significativamente sulle proprie attività e il 45% rientra tra le aziende attendiste. Solo il 13% ha investito per ridurre il rischio fisico acuto, anche in aree colpite da eventi estremi come l’Emilia-Romagna. Gli interventi più diffusi sono di tipo protettivo - come le polizze assicurative - più che trasformativo. Circa il 25% delle imprese ha invece avviato investimenti di mitigazione, orientati alla riduzione delle emissioni. I risultati mostrano inoltre che le imprese più proattive sono anche quelle dotate di assetti organizzativi orientati alla sostenibilità: la presenza di un Csr manager, la redazione di un bilancio di sostenibilità, la formazione sui temi climatici e sulla normativa rilevante sono fattori determinanti. I risultati dell’indagine saranno disponibili in una dashboard interattiva all’interno della piattaforma Amelia di Grins, attualmente in fase di finalizzazione. La dashboard sarà accompagnata da uno strumento di benchmarking che consentirà alle imprese di confrontarsi con i propri pari per territorio o settore, valutando così il proprio posizionamento all’interno del sistema produttivo di riferimento. L’output di questo lavoro, assieme ai risultati dei gruppi di ricerca sui temi della finanza sostenibile e dell’innovazione circolare, è una delle attività strategiche di Grins. L’obiettivo è offrire una serie di servizi web-based per le Pmi italiane (Portale Imprese) per monitorare e accrescere la consapevolezza alla sostenibilità e fornire al contempo supporto al ministero dell'Economia e delle Finanze, al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica attraverso toolkit progettati per monitorare la sostenibilità territoriale nel tempo, con attenzione sia agli aspetti finanziari sia all'impatto materiale. “Oggi - sottolinea Vera Palea ordinaria di Economia Aziendale all’Università di Torino - siamo in grado di offrire un ulteriore configuratore che aiuta le imprese a valutare la propria capacità di adattarsi ai cambiamenti economici, ambientali e organizzativi. Il contesto sempre più competitivo crea infatti sfide complesse che solo con strumenti adeguati e una visione condivisa possiamo affrontare con successo”.