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(Adnkronos) - Clarissa Burt è il primo concorrente eliminato dal Grande Fratello 2024-2025. Nella puntata di giovedì 3 ottobre, finita dopo la mezzanotte, il televoto finale ha salvato Amanda Lecciso e ha decretato l'uscita di Clarissa Burt. "Sto bene così, è stato un gran viaggio. Tutti mi hanno dato qualcosa, spero di aver lasciato qualcosa. Sto benissimo", ha detto l'attrice dopo il verdetto. Il primo round del televoto aveva salvato gli altri 2 concorrenti in nomination, Iago e Mariavittoria. Nella puntata, Clarissa Burt ha ricordato la sua storia d'amore con Massimo Troisi. "Ci sono storie e poi ci sono amori", ha detto l'attrice. "Ci siamo conosciuti in una cena, era novembre. Faceva freddo. Il giorno dopo lui, per corteggiarmi, mi ha mandato la legna per il camino", ha detto commossa. "Ho ancora il suo anello di fidanzamento", ha confessato. Troisi, negli ultimi giorni di vita, ha cercato di contattare l'ex compagna, che però negli Usa non ha ricevuto i messaggi. "Il fatto che io non ci sia stata per lui mi fa molto male, mi dispiace. Sono arrivata a Roma il giorno in cui è volato in cielo. So cosa voleva dirmi, ma non c'ero. E ora lui non c'è", ha detto ancora. "Massimo era divertente, era molto riservato. Mi diceva che avere successo non significava andare sui rotocalchi. Io ho dovuto imparare l'italiano e il napoletano con lui, mi ricordo che dava del voi a suo papà... Lo amo ancora".
(Adnkronos) - Un quadro sconfortante. E' quello che traccia un’indagine demoscopica, promossa da Inca Cgil e realizzata dalla Fondazione Di Vittorio, che Adnkronos/Labitalia ha potuto visionare in anteprima, sul rapporto tra italiani e procedure digitali nella pubblica amministrazione. Secondo la ricerca, su un campione di 6.000 persone intervistate, sufficientemente rappresentativo della popolazione residente in Italia, in tema di welfare state, gli italiani fanno molta fatica ad accedere e a farsi riconoscere le diverse misure (indennità, pensioni, sussidi, ecc.) ricorrendo ad una procedura online. Infatti, la quasi totalità (92%) degli intervistati ha dichiarato di “non essere in grado di svolgere pratiche digitali con la pubblica amministrazione”. Solo l’8% è certo di farcela, di cui il 53% uomini e il 47% donne. (VIDEO) Entrando maggiormente nel dettaglio e disaggregando i dati per fascia di età, quello che colpisce è la percentuale di persone con una età tra i 35 e i 55 anni, quelli che per età ed esperienze hanno più occasioni di interloquire con la PA, che dichiarano apertamente la propria incapacità (60% del campione). Un risultato che si riflette su quanti hanno avuto un qualche rapporto con una qualsiasi amministrazione: solo il 56%, di cui il 41% uomini e 59% donne e su quanti non c’hanno neppure mai provato: il 53% uomini e il 47% donne. Tra quanti hanno avviato una pratica digitale (56% del campione), solo il 26% dichiara di essere riuscito facilmente ad “ottenere quello che voleva”, mentre: il 48% è riuscito ad ottenere le risposte con grandi difficoltà; il 12% solo dopo avere chiesto aiuto ad un parente; l’8% solo dopo avere chiesto aiuto ad un patronato; il 6% non è riuscito. Questo quadro generale, che segnala un ritardo nell’apprendimento delle procedure online, non migliora, sottolinea l'indagine Inca-Fdv, quando le domande si fanno più specifiche sui rapporti con Inps e Inail. Se il 47% del campione complessivo dichiara di aver avuto rapporti con l’Inps (57% uomini e 43% donne), soltanto il 16% dichiara di essere riuscito facilmente ad ottenere quello che voleva, mentre il 41% sì, ma con grande difficoltà, il 18% ha dovuto chiedere aiuto ad un familiare e l’8% si è dovuto rivolgere ad un patronato. Il 17% comunque dichiara di non esserci riuscito. Colpisce il 65% di coloro, con un’età tra i 35 e il 55 anni, che dichiara di non esserci riuscito, ma anche il 59% di coloro che si sono rivolti ad un patronato. Per quanto riguarda l’Inail, la percentuale del campione che dichiara di aver avuto un qualche rapporto con l’Istituto scende al 21% (47% uomini e 53% donne), ma soltanto l’11% è riuscito ad ottenere quello che voleva; il 38%, si, ma con grande difficoltà; il 12% solo dopo avere chiesto aiuto ad un parente; il 24% solo dopo avere chiesto aiuto ad un patronato; il 15% afferma di non esserci riuscito. Fin qui le domande poste erano finalizzate a comprendere il livello di conoscenza della macchina digitale della Pubblica amministrazione genericamente intesa, per ottenere una qualsiasi informazione, anche solo di tipo formale. Ma quando al campione vengono sottoposte domande più incalzanti sulle richieste online per il riconoscimento di qualunque prestazione previdenziale e socioassistenziale, il quadro diventa ancor più complicato. Con l’Inps, per esempio, il 32% del campione complessivo non ha mai fatto una pratica attraverso un cellulare o un pc; mentre il 41% lo ha fatto utilizzando un pc e soltanto l’8% con un cellulare, nonostante tutti gli intervistati fossero dotati di smartphone, considerando che il questionario è stato somministrato telematicamente. Colpisce in questo caso il 77% degli intervistati, compresi nella fascia di età tra i 35 e 55 anni, che risponde “non so”. Tra quelli che hanno usufruito dei servizi online di Inps: solo il 4% ha ottenuto facilmente quello che voleva; il 56% ha ottenuto quanto desiderato con grande difficoltà; il 4% solo dopo avere chiesto aiuto ad un familiare; il 28% solo dopo avere chiesto aiuto ad un patronato; l’8% non ci è riuscito. Con l’Inail, il quadro non cambia: il 58% del campione complessivo dichiara di non aver mai fatto una pratica online all’Inail attraverso un cellulare o un pc; mentre tra quelli che lo hanno fatto (38% del campione complessivo): solo il 5% ha ottenuto facilmente quello che voleva; il 26% ha ottenuto quanto desiderato con grande difficoltà; il 16% solo dopo avere chiesto aiuto ad un familiare; il 38% solo dopo avere chiesto aiuto ad un patronato; il 15% non è riuscito.
(Adnkronos) - “Le aziende agroalimentari sono sempre più sotto pressione per adattarsi alle numerose sfide poste dal cambiamento climatico”. Così Thijs Geijer, Senior Sector Economist, Food&Agri, Ing, introduce un’analisi di Ing, banca di origine olandese presente in 40 Paesi, in cui sono stati presi in esame Spagna, Italia e Portogallo come casi di studio chiave. “Il loro status di fornitori chiave è a rischio. L'Agenzia Europea dell'Ambiente ritiene che i rischi del cambiamento climatico per la produzione agricola siano più urgenti e gravi nell'Europa meridionale - spiega - Per identificare le tendenze a lungo termine e i cambiamenti nella produzione e nel consumo, utilizziamo una serie di database sulla produzione di sei importanti colture nella regione (grano, uva da vino, olive, pomodori, arance e fragole), sulle aree di produzione, sul commercio, sul consumo delle famiglie e sui modelli meteorologici”. Da qui le cinque lezioni chiave emerse dall'analisi. La prima: cambiamenti climatici, volatilità dei raccolti e rese agricole, non è tutto negativo. “Il cambiamento climatico agisce come catalizzatore di eventi meteorologici estremi, che potrebbero portare a maggiori oscillazioni della produzione. Tuttavia, la nostra analisi mostra che le fluttuazioni delle rese non sono aumentate per la maggior parte delle colture se si confrontano serie di anni su un arco temporale di 50 anni. Per noi, questo è un segno che, in generale, gli agricoltori sono stati in grado di adattare i loro sistemi di produzione. Tuttavia, gli eventi meteorologici estremi sono spesso regionali e le differenze di resa tra le regioni possono essere significative, soprattutto in Paesi geograficamente diversi come Spagna e Italia. L'approvvigionamento da più regioni o la presenza di impianti di produzione in più regioni è un modo per ridurre questi rischi”, spiega. Seconda lezione: gli agricoltori fanno il possibile per rendere i loro terreni resilienti al clima. “Nell'Europa meridionale, in particolare, le misure di adattamento al cambiamento climatico includono spesso l'irrigazione o, nel caso di pomodori e fragole, lo spostamento della produzione dai campi aperti alle serre. Negli ultimi 20 anni, la percentuale di superficie irrigata in Spagna è aumentata per la maggior parte delle colture oggetto della nostra analisi - prosegue - I vigneti (+19%) e gli oliveti (+12%) sono quelli che hanno subito il maggiore incremento nella percentuale di superficie irrigata tra il 2004 e il 2023. Una maggiore e migliore irrigazione può rappresentare una soluzione per gli agricoltori in alcune aree, ma da sola spesso non riesce a risolvere i problemi a lungo termine legati alla scarsità d'acqua. Ciò è dovuto in parte al fatto che le tecnologie che promuovono modi più efficienti di utilizzare una risorsa come l'acqua comportano un ‘effetto rimbalzo’. In pratica, tali tecnologie abbassano il costo della risorsa, consentendo alle aziende di espandere l'irrigazione a un numero maggiore di terreni, invece che ridurre il consumo complessivo di acqua”. Terza lezione: caldo e siccità spingono alcune produzioni verso aree più adatte. “Se da un lato spostare le coltivazioni in luoghi più favorevoli ha un senso a livello aziendale, dall'altro può anche trasferire problemi come la scarsità d'acqua invece di affrontarne le cause alla radice, soprattutto se si considera che il cambiamento climatico è un processo in corso - osserva Geijer - Quando aree agricole un tempo fertili e produttive vengono abbandonate, spetta anche agli attori della catena del valore alimentare e ai responsabili politici garantire soluzioni a lungo termine per rigenerare i terreni e gli ecosistemi, in modo da contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico”. Quarta lezione: le importazioni agiscono da riserva quando il clima estremo colpisce l'offerta nazionale. “I trasformatori e i distributori di prodotti alimentari devono anche affrontare eventi meteorologici sfavorevoli che possono ridurre l'offerta con breve preavviso. Per le colture e i prodotti agricoli, una delle strategie più comuni è quella di ricorrere alle importazioni per ridurre il divario tra l'offerta prevista e quella effettiva. L'aumento dei prodotti importati può comunque creare problemi operativi per i produttori alimentari, poiché i prodotti importati devono rispettare gli standard dell'Ue e spesso devono anche rispondere a determinate specifiche (come dimensioni, colore o sapore). Un'altra sfida operativa è rappresentata dal trasferimento ai consumatori dei costi aggiuntivi sui prezzi di vendita”, osserva. Infine, quinta lezione: l'aumento delle temperature modifica i modelli di consumo. Secondo lo studio, spiega Geijer, “l'effetto del cambiamento climatico sui modelli di consumo è più pronunciato per i prodotti ‘stagionali’ come le zuppe e i gelati. Alcuni produttori e distributori cercheranno alternative per evitare perdite di fatturato e prenderanno in considerazione azioni per rendere il loro portafoglio prodotti più ‘a prova di clima’. Allo stesso tempo, questo può essere un fattore di crescita per altri prodotti. Tuttavia, la crescita non è distribuita uniformemente nel corso dell'anno e i periodi con temperature estreme sono difficili da prevedere. Per questo, oltre ai modelli di previsione della domanda, i produttori e i distributori hanno bisogno di un certo livello di flessibilità per essere in grado di soddisfare una domanda aggiuntiva con breve preavviso”. Per concludere: “Se si considera l'impatto dei cambiamenti climatici sulla produzione alimentare in Spagna, Italia e Portogallo, è chiaro che vi sono rischi per l'agricoltura e la produzione alimentare, soprattutto quando gli agricoltori non sono in grado di adattarsi. Tuttavia, questi cambiamenti creano anche opportunità per l'innovazione e per le aziende di sfruttare il cambiamento dei modelli di consumo”.