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Prima alla Scala, domani un 7 dicembre "clamoroso" con Lady Macbeth

(Adnkronos) - Il Teatro alla Scala si prepara a un 7 dicembre ad alta tensione emotiva. Domani con 'Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk', Dmitrij Šostakovič irrompe nella Prima come un faro sulla modernità, tra la passione febbrile del direttore d'orchestra Riccardo Chailly ...

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Agricoltura, 'The Good Farmer Award': i vincitori della II edizione

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Prima alla Scala, domani un 7 dicembre "clamoroso" con Lady Macbeth

(Adnkronos) - Il Teatro alla Scala si prepara a un 7 dicembre ad alta tensione emotiva. Domani con 'Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk', Dmitrij Šostakovič irrompe nella Prima come un faro sulla modernità, tra la passione febbrile del direttore d'orchestra Riccardo Chailly e l’energia da eroina del soprano Sara Jakubiak, che avverte il pubblico: "Allacciatevi le cinture". Il sovrintendente Fortunato Ortombina non ha dubbi: sarà una serata “clamorosa”. L’approdo di Sostakovic sul palcoscenico del Piermarini, nel cinquantesimo anniversario della sua scomparsa, non è solo un omaggio ma una presa di posizione chiara: “La Lady Macbeth è tra le opere più clamorose e importanti del ’900, per me una delle più importanti di sempre” ribadisce Ortombina. E aggiunge: “Sono convinto che anche Šostakovičsia sulla buona strada per diventare un profeta nel tempo come Mozart e Verdi”. Per il sovrintendente, alla sua prima inaugurazione del 7 dicembre dopo l’era Meyer, il titolo scelto ha una forza simbolica innegabile: “È di capitale importanza, di spettacolarità straordinaria e il rapporto con la cultura russa fa parte della storia di questa città”. Non teme polemiche legate alla scelta di un altro titolo russo, dopo il 'Boris Godunov' che nel 2022, con la guerra in Ucraina appena iniziata fece scorrere fiumi di inchiostro. E infatti puntualizza: “Sappiamo tutto della censura. Toscanini ha fatto qui la prima scaligera di Tchaikovsky: i rapporti tra Russia e Scala sono sempre stati importanti e hanno trasceso qualunque momento di crisi politica europea e globale, e questo continuerà per tanto tempo”. Sul lavoro creativo, Ortombina sottolinea lo sforzo del team guidato dal regista Vasily Barkhatov, dal direttore musicale Riccardo Chailly e dal soprano Sara Jakubiak: “Se vediamo sorridere questa bravissima interprete è perché è veramente una cantante straordinaria, così come straordinari sono anche gli altri elementi del cast. La forza di questo soggetto sta nella primordialità delle forze che Šostakovič è andato a indagare”. Il direttore musicale Riccardo Chailly parla con passione quasi febbrile dell’opera: “Portare in scena la Lady Macbeth credo non debba essere preso come un atto di coraggio ma come un atto dovuto di riconoscimento a un gigante del ’900”. L’opera, ricorda, "ha sofferto per anni e deve recuperare il tempo perduto, di una qualità assoluta e alla quale partitura bisogna dare il valore che merita”. Chailly stesso confessa la propria soggezione: “Ne ero vittima per la grandezza, l’audacia e la modernità”. E parla del giovane Šostakovič come di un rivoluzionario: quando scrisse l’opera, “un soggetto scabroso che chiedeva coraggio a un compositore di 24 anni”. Sul fronte musicale, il maestro non risparmia elogi a cast, coro e orchestra: “Tutti i cantanti sono uno più bravo dell’altro. Il coro ha trovato una difficoltà forte nella ritmica e nella sillabazione, che richiede una bravura forte. Abbiamo fatto lavoro eccellente con il coro della Scala. Anche l’orchestra… affronta le mostruosità tecniche in maniera formidabile”. Il soprano Sara Jakubiak, al debutto scaligero, è la figura forse più “spremuta” - letteralmente - dell’intero progetto. “E' vero, mi sento un po’ come un’arancia spremuta” sorride, riprendendo le parole di Chailly. Il maestro, infatti, ha riconosciuto la sua bravura “nonostante sia stata spremuta come un’arancia” da una partitura che mette a dura prova qualsiasi interprete. Jakubiak descrive Katerina come un personaggio estremo: “Mi ricorda una McLaren capace di passare da zero a cento in meno di un minuto”. E lancia un messaggio al pubblico per il 7 dicembre: “L’unica cosa che posso dire è: allacciatevi le cinture”. Il regista Vasily Barkhatov, firma una 'Lady Macbeth' che vuole scavare a fondo nella psiche umana. “E' in fondo una storia semplice: quella di una donna che si vota con tutte le sue forze alla libertà e alla felicità umana, ma lo fa in maniera violenta e drammatica”. Per Barkhatov, classe 1983 e al debutto scaligero, il primo passo è stato liberare l’opera dai suoi stereotipi sedimentati: “Titoli così frequentati generano spesso dei cliché… Il nostro obiettivo è stato ‘togliere la polvere’ e concentrarci sugli aspetti psicologici di Katerina”. Per questo, l’azione non è più ambientata in un villaggio rurale, ma “in una capitale del secolo scorso”. L’operazione rispecchia la poetica del compositore: “Šostakovič ha cercato la bellezza nei personaggi strani, ambigui, crudeli. Noi abbiamo cercato di fare lo stesso…E abbiamo un cast meraviglioso che ci permette di farlo”. La presenza alla Scala per il 7 dicembre è per Barkhatov “un grande onore”. “Ho seguito molte Prime in streaming e ritrovarmi finalmente in sala è un’emozione speciale”. E sul lavoro con Chailly: “Questa partitura richiede un dialogo molto stretto… Abbiamo attraversato un processo di collaborazione durato due anni”. Lo scenografo Zinovy Margolin racconta una scenografia concepita come contrasto permanente: “Abbiamo iniziato a lavorare un anno fa discutendo l’idea di scegliere un ambiente completamente diverso dalle consuete ambientazioni della provincia russa”. La scelta è ricaduta sulla città in cui Šostakovič ha vissuto. “La capitale permette un forte contrasto visivo e simbolico: da un lato l’ambiente sfarzoso del ristorante, dall’altro la povertà dei luoghi in cui lavorano i personaggi”. La 'Lady Macbeth del distretto di Mcensk' - libretto dello stesso Šostakovič dal romanzo di Leskov - doveva essere la prima parte di un trittico dedicato alla condizione femminile nella storia russa. La vicenda di Katerina Izmajlova, ambientata negli anni 1860, è un vortice di violenza, desiderio e ribellione: avvelenamenti, omicidi, passioni proibite, soprusi familiari. La doppia prima del 1934 a Leningrado e Mosca fu un successo travolgente, “un clamoroso succès de scandale” per la crudezza sociale e l’inedito realismo delle scene erotiche. Šostakovič, abbandonando la satira surreale de Il naso, si avvicinò a Musorgskij con una potenza drammatica che conquistò il pubblico: 200 rappresentazioni in due anni. L'opera racconta la vicenda di Katerina Izmajlova, giovane donna costretta a un matrimonio infelice con un possidente debole e sottomessa alle angherie del suocero. La passione proibita per il garzone Sergej sfocia in una scia di omicidi, vendette e tragedia, culminando in un finale di disperazione e morte. Šostakovič, autore anche del libretto, concepì il lavoro come prima parte di un trittico dedicato alla condizione della donna nelle diverse epoche della storia russa, ma la crudezza del racconto e il realismo spietato dei personaggi portarono l'opera rapidamente nel mirino del regime di Stalin. Dopo la doppia prima a Leningrado e Mosca nel gennaio 1934, l'opera riscosse un successo clamoroso: duecento rappresentazioni in due anni e l'entusiasmo del pubblico, conquistato dalla modernità della scrittura musicale e dalla combinazione di folklore russo e innovazione orchestrale. Tuttavia, come ricorda la celebre cantante Galina Vishnevskaya nelle sue memorie, la situazione politica stava cambiando rapidamente. I compositori legati all'ex-Proletkult, precedentemente criticati da Šostakovič, avevano assunto posizioni chiave nell'Unione dei Compositori, mentre Ždanov, nuovo responsabile della cultura del Partito Comunista, impose direttive di ottimismo, eroi positivi e finali lieti. Nel gennaio 1936 Stalin assistette personalmente a una rappresentazione dell'opera e, poco dopo, un articolo della "Pravda" decretò la condanna di "Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk", imponendo la sua rimozione dal repertorio ufficiale per "pornofonia". Il compositore fu costretto a subire un lungo periodo di ostracismo, durato fino agli anni di Krusciov, quando accettò di curare una versione emendata intitolata "Katerina Ismailova", andata in scena a Mosca nel 1963. In questa versione, le scene di erotismo più esplicite furono soppresse e il linguaggio musicale rese più dolce e accessibile, privando l'opera della sua tensione originaria e della violenza emotiva che la caratterizzava. Il ritorno alla Scala rappresenta dunque non solo un omaggio al genio compositivo di Šostakovič, ma anche un recupero della sua libertà artistica, violata dal regime sovietico. Riccardo Chailly, alla sua dodicesima inaugurazione di stagione al Piermarini, racconta il suo legame personale con il compositore: "Tutto cominciò nel 1972, quando avevo 19 anni. Assistetti alle prove e alle rappresentazioni de Il naso di Šostakovič dirette da Bruno Bartoletti, con la regia di Eduardo De Filippo. Rimasi stordito per giorni. Mi colpì enormemente la modernità, il coraggio di affrontare un testo di Gogo' in quel modo". La partitura di "Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk" si distingue per contrasti drammatici e straordinaria complessità orchestrale. Da una parte, l'uso sapiente della politonalità e la capacità di fondere melodie popolari russe con elementi mitteleuropei, come la citazione dell'Abschied dal Lied von der Erde di Gustav Mahler nel quarto atto, conferiscono profondità psicologica alla protagonista, alla quale Šostakovič riesce a dare un'umanità tormentata e contemporanea. Dall'altra, la presenza del grottesco e dell'umorismo nero emerge in passaggi come il canto del prete dopo l'avvelenamento di Boris, che richiama quasi un'atmosfera da operetta tragica e satirica.

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Innovazione: Opstart apre a lending crowdfunding senza wallet

(Adnkronos) - Opstart, private capital fintech hub italiano, compie un passo decisivo nel panorama fintech italiano: l’eliminazione definitiva dei portafogli virtuali grazie all’integrazione di Crowdlender (il portale di lending crowdfunding) all’interno della piattaforma e alla collaborazione con Banca Valsabbina. Una svolta che permette di investire in lending tramite un normale bonifico, senza aprire un wallet e senza passaggi intermedi. Una decisione che, come spiega il ceo Giovanpaolo Arioldi, "è molto più di un aggiornamento tecnico: è una scelta strategica che semplifica radicalmente l’esperienza dell’utente e abbatte una barriera che, per anni, ha frenato l’ingresso dei grandi investitori sul mercato del crowdfunding. Per me non è un punto di arrivo, ma il via a nuovi progetti perché l’innovazione è da sempre il nostro pane quotidiano". La nuova architettura digitale di Opstart riunisce equity, lending e debt crowdfunding in un solo ambiente, insieme a Crowdre per il real estate, alle operazioni proprietarie Crowdlisting e Crowdbridge e alla bacheca Crowdarena dedicata allo scambio di quote. Un ecosistema completo che rende Opstart l’unica realtà italiana in grado di offrire in un solo ambiente digitale, tutti gli strumenti per diversificare e raccogliere capitali tramite finanza alternativa. Il superamento dei wallet risolve una delle principali criticità del lending digitale: la complessità dell’infrastruttura degli istituti di pagamento. Con la nuova modalità, gli investitori ricevono interessi e capitale direttamente sul proprio conto corrente. Per investire è sufficiente un bonifico, senza ricariche o gestioni di portafogli virtuali. Arioldi sottolinea come questa evoluzione "ci permette di parlare finalmente la stessa lingua di istituti di credito e fondi di investimento. Questo apre le porte a investitori di calibro maggiore e ci consente di progettare strumenti di finanziamento più sofisticati per imprese strutturate, come operazioni di acquisition financing e Lbo (leveraged buy-out) mediante finanziamenti o minibond a supporto di processi di m&a (mergers and acquisitions)". La semplificazione riguarda anche le aziende che si finanziano tramite Opstart: i fondi arrivano direttamente sul conto corrente aziendale, dal quale partono poi i flussi di rimborso. Ciò consente di allineare le operazioni con la normale gestione di cassa, ricevere pagamenti da clienti e da enti pubblici e ridurre drasticamente i passaggi operativi richiesti dai wallet, che potevano essere ricaricati solo dall’azienda titolare. Con l’eliminazione dei wallet e la piena integrazione di Crowdlender, Opstart si posiziona come un vero e proprio private capital fintech hub, capace di connettere investitori, imprese e istituzioni in un ambiente regolamentato, efficiente e pronto a evolvere verso soluzioni sempre più avanzate della finanza alternativa in Italia.

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Agricoltura, 'The Good Farmer Award': i vincitori della II edizione

(Adnkronos) - Il Gruppo Davines - azienda attiva nel settore della cosmetica professionale, B Corp dal 2016 - in collaborazione con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, autorevole centro studi sulla green economy in Italia, ha premiato oggi al Davines Group Village di Parma i vincitori della seconda edizione del 'The Good Farmer Award', iniziativa dedicata a giovani agricoltori under 35 che abbiano già avviato progetti ispirati ai principi fondamentali dell’agroecologia e dell’agricoltura biologica rigenerativa, intesa come insieme di pratiche ecocompatibili di gestione agricola, fortemente alternative all’agricoltura convenzionale. Questa seconda edizione del Premio ha coinvolto anche le aziende agricole-zootecniche, in particolare quelle attente al benessere animale, che utilizzano sistemi di allevamento estensivi e che adottano pratiche zootecniche rivolte al miglioramento degli agroecosistemi. I due agricoltori hanno ricevuto 10mila euro ciascuno per l’acquisto di materiali e per interventi finalizzati al miglioramento e allo sviluppo delle pratiche agroecologiche già avviate. Nel corso della cerimonia è stata letta una lettera di saluto inviata da Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, che ha espresso il proprio sostegno all’iniziativa. La Giuria che ha valutato e selezionato i progetti è composta da otto membri, fra professori universitari ed esperti in temi di agricoltura, agroecologia e sostenibilità a cui quest’anno si sono aggiunti due esperti di zootecnia. I VINCITORI - Alessia Mazzù (classe ’90), socia della Cooperativa Agricola Co.r.ag.gio - Cooperativa Romana Agricoltura Giovani, è stata premiata per aver trasformato una terra pubblica abbandonata in un luogo di rigenerazione ambientale e sociale. Alessia si è formata tra l’Italia e la Scozia, dove si è specializzata in sostenibilità e studi ambientali. La Cooperativa Agricola Co.r.ag.gio nasce nel 2011 da una vertenza politica per consentire ai giovani agricoltori l’accesso alle terre pubbliche abbandonate. Situata nel cuore del Parco di Veio a Roma, la Cooperativa pratica metodi biologico-rigenerativi, coltivando cereali rari, ortaggi e leguminose, e custodendo il 'frutteto della biodiversità' per recuperare antiche varietà frutticole. Co.r.ag.gio si distingue come modello di agricoltura sociale e multifunzionale, dedicandosi alla formazione, ai laboratori didattici e offrendo percorsi di inclusione a persone in condizioni di fragilità o svantaggio. Il premio servirà a realizzare un sistema integrato per la raccolta e la gestione dell'acqua piovana e atmosferica, per diversificare le fonti idriche e continuare a far evolvere la Cooperativa Agricola Co.r.ag.gio come laboratorio di rigenerazione ambientale e sociale. Luca Quirini (classe '94), fondatore dell’Azienda Agricola Quira, è stato premiato per il suo allevamento incentrato sul benessere animale e la salvaguardia del territorio ligure. L’azienda, situata a Borzonasca (Genova) nell’Appennino ligure, a ridosso di Portofino e le Cinque Terre, alleva 60 bovini di razza Cabannina, specie autoctona a rischio di estinzione. La formazione di Luca non è agricola: dopo essersi diplomato al liceo classico, intenzionato a conoscere meglio la sua Liguria, inizia a lavorare per un allevatore di vacche piemontesi nell’entroterra, esperienza che lo appassiona al punto da creare la sua azienda, che porta il nome della prima vacca che ha acquistato, Quira. La mandria pratica la transumanza spostandosi tra pascoli che si estendono dai 700 ai 1.400 metri di altitudine, evento che ha assunto il ruolo di un vero e proprio appuntamento culturale e turistico. Il sistema di allevamento rispetta i ritmi biologici degli animali: le Cabannine, allevate in libertà su circa 2.500 ettari di prati e boschi, pascolano liberamente, di giorno e di notte, alimentate solo a erba e, in inverno, con fieno biologico locale. L’Azienda Agricola Quira ha adottato il pascolo razionale Voisin, un metodo che prevede la rotazione controllata dei pascoli, per favorire l’aumento della biodiversità. In questo modo, con la stessa superficie, è possibile nutrire un numero maggiore di capi, mantenere il terreno fertile e in equilibrio e contribuire alla rigenerazione del suolo e alla prevenzione degli incendi sui versanti montani. Il premio sarà utilizzato per il progetto della 'stalla nel bosco', una zona protetta con microclima equilibrato nei mesi invernali, e per l'acquisto di un furgone attrezzato a laboratorio polifunzionale mobile. Nel 2021 il Gruppo Davines ha investito 2 milioni di euro per realizzare a Parma, in partnership con il Rodale Institute, l’European Regenerative Organic Center (Eroc), primo centro di formazione e ricerca in Italia e in Europa nel campo dell’agricoltura biologica rigenerativa. Nel frattempo, il Gruppo ha continuato a investire sul progetto e il centro oggi è costituito da 188 parcelle sperimentali in cui vengono coltivate 22 differenti specie vegetali, tra cui frumento, mais, achillea, calendula, melissa e camomilla. Dopo tre anni di sperimentazione condotte su Eroc, guidate dal direttore di Ricerca Dario Fornara, sono stati raccolti dati sufficienti a dimostrare che i terreni gestiti secondo pratiche biologico rigenerative hanno raggiunto livelli di produttività paragonabili a quelli ottenuti con l’agricoltura convenzionale, confermando la solidità del modello sul piano delle rese. Gli studi hanno rilevato un netto incremento della biodiversità del suolo - sia per quanto riguarda il microbioma, sia per quanto riguarda il numero di lombrichi - e un miglioramento significativo della densità dei nutrienti nelle colture, in particolare dei sali minerali essenziali come magnesio, calcio e zinco. Nel 2025, Eroc ha rinnovato la propria certificazione Roc - Regenerative Organic Certified. Inoltre negli ultimi due anni il Gruppo Davines ha supportato attivamente 16 aziende agricole italiane nel percorso verso la certificazione Roc, che valuta in modo integrato la salute del suolo, il benessere animale e la tutela dei lavoratori. "Penso che questo premio, così come Eroc, siano esempi concreti del cosiddetto effetto risonanza, un’amplificazione positiva che fa bene a tutti - ha commentato Davide Bollati, presidente del Gruppo Davines - In Davines crediamo fermamente che il futuro del nostro pianeta sia strettamente legato alla salute del suolo, che è il nostro capitale più prezioso. Per questo, ‘The Good Farmer Award’ non è solo un riconoscimento, ma un investimento concreto nella prossima generazione di agricoltori. Alessia e Luca, i vincitori di quest’anno, ne sono un esempio: attraverso la loro dedizione all'agroecologia, alla tutela della biodiversità e al benessere animale, dimostrano come un'agricoltura responsabile possa non solo produrre eccellenza, ma anche generare un impatto sociale e ambientale positivo". “L'agricoltura biologica si basa su un metodo di coltivazione volto a produrre alimenti con sostanze e processi naturali, con l’esclusione di prodotti della chimica di sintesi. L’agricoltura rigenerativa si basa su un metodo di coltivazione che punta a mantenere e ripristinare la biodiversità del suolo e degli ecosistemi agricoli in modo che siano in grado di fornire beni e servizi ecosistemici di qualità e a lungo termine - ha dichiarato Edo Ronchi, presidente di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile - L’agricoltura biologica rigenerativa è un’evoluzione, in parte già prevista nelle pratiche agricole biologiche, in parte innovativa, per rendere l’agricoltura più resiliente alle sfide della crisi climatica e più attiva nel ripristino della natura per affrontare il degrado dei suoli e la perdita di biodiversità”.

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