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(Adnkronos) - Sarà la magistratura a stabilire se, nel caso del primario dell'ospedale Sant'Eugenio di Roma Roberto Palumbo, arrestato con l'accusa di aver dirottato pazienti in centri privati in cambio di soldi, ci siano state dialisi anticipate rispetto a possibili alternative o scoraggiate, se a domicilio (di minore impatto per il malato), per favorire i centri accreditati. Insomma, se ci sono state indicazioni cliniche inappropriate "lo valuterà l'inchiesta. Di sicuro si tratta di una vicenda isolata e i pazienti possono stare tranquilli perché la nefrologia, oggi, va in una direzione totalmente contraria. Ovvero: si punta a tardare il più possibile la dialisi. Non solo. La prospettiva, non troppo lontana, è di mandare in soffitta questo tipo di terapia puntando su alternative che meglio si conciliano con la qualità della vita", spiega all'Adnkronos Salute Luca De Nicola, presidente della Società italiana di nefrologia (Sin) e docente di Nefrologia all'università della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli. Oggi, ricorda De Nicola, rispetto alla dialisi classica "abbiamo altri strumenti, altre terapie che sostituiscono la funzione renale, come la dialisi peritoneale a domicilio e, in seconda battuta, il trapianto da vivente. E sono procedure da incentivare perché noi attualmente per la dialisi peritoneale siamo al 9% della popolazione dializzata, e in Europa al 20-30%. Noi abbiamo 300 trapianti da vivente all'anno, che rappresentano il 15% dell'attività trapiantologica; in Europa sono esattamente al doppio, al 30%", dice lo specialista. Per l'esperto i pazienti si devono sentire rassicurati: "La Società italiana di nefrologia sta perseguendo una strada che contempla la prevenzione, per rallentare l'evoluzione della malattia attraverso un'identificazione precoce del paziente; sta perseguendo la domiciliarità del trattamento dialitico; sta perseguendo il trapianto da vivente. Stiamo lavorando a un percorso virtuoso per questi pazienti, che non è rappresentato dalla sola emodialisi". L'evoluzione di questi trattamenti - che "è dietro l'angolo, non in un futuro lontano" - si sviluppa per la Sin su tre azioni "che hanno come fine ultimo quello di evitare la dialisi o tardarla il più possibile", evidenzia De Nicola. La prima è "creare la rete con la medicina generale per poter identificare subito la malattia renale, che nelle fasi iniziali è asintomatica, attraverso un progetto di screening. Stiamo lavorando con la società dei medici di famiglia Simg per questo, con un'attività formativa nazionale, e abbiamo alla Camera un disegno di legge sullo screening della malattia renale cronica nella medicina generale. Questo è fondamentale perché se noi identifichiamo i pazienti precocemente si possono mettere in atto tutte le terapie disponibili per rallentare la malattia". La seconda azione è "la dialisi peritoneale, che oggi ha avuto un miglioramento netto da un punto di vista tecnologico" e migliora la qualità della vita del paziente. Infine il trapianto da vivente", che è l'altra azione importante". Quindi "se faccio prevenzione, poi passo per la dialisi peritoneale e arrivo al trapianto, il paziente non va in dialisi o ci andrà anche 20 anni dopo", sintetizza il presidente Sin. Tutto questo è tanto più importante a fronte del fatto che "la malattia renale cronico-degenerativa ha grande impatto - rimarca De Nicola - Abbiamo 5 milioni di pazienti in Italia, 850 milioni in tutto il mondo. E la mortalità che sta crescendo velocemente, perché come peggiora la funzione renale così aumenta il rischio cardiovascolare. E poi, come ha dimostrato anche questo caso di cronaca, è una malattia che costa tantissimo: arrivare in dialisi significa far spendere allo Stato 50mila euro per paziente l'anno". Oggi però la "prospettiva sta enormemente cambiando. E con essa anche i rischi che il malaffare - seppure la nefrologia italiana è sana, come è sana anche la maggioranza del privato sanitario - possa insinuarsi in tutto questo. Mettendo assieme la terapia tradizionale e la terapia innovativa, oggi si riesce a rimandare la dialisi anche di 20 anni se non ad evitarla".
(Adnkronos) - Da obbligo a strumento di customer care ad alto valore aggiunto. Il settore del corporate gifting e gift marketing non è più una nicchia: nel 2023 ha raggiunto un valore mondiale stimato in 765 miliardi di dollari e, secondo le previsioni, supererà i 920 miliardi entro il 2025, con una crescita costante che porterà la spesa a oltre un trilione entro fine decennio. Un dato che racconta innanzitutto una trasformazione culturale. Sempre più aziende non considerano più il regalo come un gesto dovuto o di cortesia, ma come uno vero e proprio strumento strategico per fidelizzare clienti, rafforzare le relazioni e differenziarsi. A confermarlo sono anche i dati sull’impatto dei doni aziendali ben calibrati. Secondo le ricerche, l’80% delle aziende ritiene che i regali aziendali abbiano un impatto positivo nel rafforzare le relazioni con clienti e dipendenti. Non solo: queste iniziative contribuiscono ad aumentare la fidelizzazione dei clienti del 43%, mentre oltre la metà delle imprese (52%) registra un incremento delle vendite dopo l’introduzione di programmi strutturati di gifting. A conferma del valore strategico del dono, il 65% delle aziende dichiara di ottenere un ritorno positivo dagli investimenti in questo ambito e il 55% dei destinatari manifesta un maggiore coinvolgimento nei confronti del brand mittente. Giuseppe Carlucci, co-founder di QuBox, spiega che “i classici regali aziendali, su tutti il cesto gastronomico, sono ormai estremamente inflazionati e hanno perso gran parte della loro efficacia. Sono così diffusi e standardizzati, soprattutto tra imprenditori e manager, da rendere impossibile distinguersi e farsi ricordare”. Da questa riflessione nasce QuBox, realtà italiana interamente dedicato al gift marketing esperienziale con focus esclusivo sul settore premium, le cui esigenze non sono spesso soddisfatte dai regali aziendali convenzionali. Fondata a Matera, l’impresa si rivolge proprio ad aziende medio-grandi e professionisti di settori ad alto valore aggiunto (come consulenza, finanza, tecnologia, real estate e servizi premium) che desiderano distinguersi attraverso regali aziendali esclusivi. L’obiettivo? Interpretare il regalo aziendale come un investimento strategico per fidelizzare clienti, stimolare passaparola e rafforzare l’immagine del brand. “Oggi più che mai - osserva Carlucci - è fondamentale per un brand considerare i doni aziendali come uno strumento di relazione, fidelizzazione, referral, riattivazione e branding. Ogni regalo aziendale può diventare uno strumento unico per amplificare l’identità del brand e sorprendere il destinatario dimostrandogli cura ed attenzione. Un risultato possibile grazie alla personalizzazione del packaging (sostenibile, design sartoriale e cura dei dettagli come nastri, sigilli, tag, lettere) e dei prodotti. Non solo la classica gastronomia, ma un equilibrio tra gusto, oggetti funzionali e di design, il tutto all’insegna della massima coerenza con l’identità del brand e della massima attenzione verso il destinatario”.
(Adnkronos) - Il Gruppo Agsm Aim, tramite la controllata Agsm Aim Power, ha perfezionato l’acquisizione di due impianti fotovoltaici a terra. L’operazione - spiega Agsm Aim in una nota - si inserisce nel programma di investimenti previsto dal Piano Industriale 2025-2030 che, con oltre 500 milioni di euro allocati per lo sviluppo di impianti da fonti rinnovabili, punta a posizionare il Gruppo Agsm Aim quale player protagonista di una transizione energetica sostenibile e diffusa su scala nazionale. Situati nel comune di Sarmato in provincia di Piacenza, gli impianti fotovoltaici acquisiti da Agsm Aim Power sviluppano rispettivamente una potenza installata di 7,61 MW e di 7,41 MW. La produzione annua di energia elettrica pulita, stimata in circa 25.000 MWh, è in grado di coprire il fabbisogno energetico di oltre 9mila famiglie, abbattendo circa 6mila tonnellate di CO2 equivalente all’anno. Grazie a questa operazione M&A sale a 179 MW la capacità da fonti rinnovabili gestita dal Gruppo Agsm Aim, offrendo un efficace contributo al raggiungimento degli obiettivi del Piano Industriale che, entro il 2030, punta a raggiungere il 70% di potenza installata da fonti rinnovabili. In quest’ottica nel luglio di quest’anno, era stata firmata l’acquisizione di altri 22 impianti fotovoltaici in Veneto, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio e Campania. “Con questa nuova acquisizione si concretizza un passo importante nello sviluppo del nostro Piano Industriale e si conferma la visione con cui il Gruppo Agsm Aim intende cogliere le sfide della transizione energetica. Capillarizzare la nostra presenza sull’intero territorio nazionale significa consolidare un asset strategico ma, in particolare, partecipare attivamente alla costruzione di un modello energetico sostenibile e accessibile a una platea sempre più estesa di persone”, ha affermato Federico Testa, presidente di Agsm Aim. “L’obiettivo del 70% di potenza elettrica installata da fonti rinnovabili, fissato dal nostro Piano Industriale, oggi è un po' più vicino. L’operazione di acquisizione di due nuovi impianti fotovoltaici ratifica la capacità del Gruppo Agsm Aim di tradurre in azione la propria visione di futuro e racconta le modalità con cui intendiamo cogliere le opportunità di un’economia a basse emissioni, operando scelte che ci consentano di esprimere qualità produttiva, affidabilità e sicurezza, per diventare protagonisti riconoscibili e coerenti della transizione energetica e ambientale nazionale”, ha dichiarato Alessandro Russo, consigliere delegato di Agsm Aim.