ENTRA NEL NETWORK |
ENTRA NEL NETWORK |
(Adnkronos) - Con la sentenza numero 204 del 2025 la Corte Costituzionale ha respinto le censure statali sull’intera legge regionale toscana numero 16 del 2025, in tema di aiuto al suicidio, ma ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di diverse sue disposizioni. La Corte -spiega una nota della Consulta- ha ritenuto che nel suo complesso la legge regionale sia riconducibile all’esercizio della potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute e persegua la finalità di "dettare norme a carattere meramente organizzativo e procedurale, al fine di disciplinare in modo uniforme l’assistenza da parte del servizio sanitario regionale alle persone che –trovandosi nelle condizioni stabilite da questa Corte nella sentenza n. 242 del 2019, così come ulteriormente precisate nella sentenza n. 135 del 2024– chiedano di essere aiutate a morire". "Numerose sue disposizioni hanno però illegittimamente invaso sfere di competenza riservate alla legislazione statale. Più precisamente, la Corte ha dichiarato incostituzionale l’articolo 2, che direttamente individua i requisiti per l’accesso al suicidio medicalmente assistito facendo espresso rinvio alle sentenze n. 242 del 2019 e n. 135 del 2024. Secondo la sentenza, la disposizione viola la competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile e penale, in quanto alle Regioni è "precluso cristallizzare nelle proprie disposizioni principi ordinamentali affermati da questa Corte in un determinato momento storico –in astratto, peraltro, anch’essi suscettibili di modificazioni– e oltretutto nella dichiarata attesa di un intervento del legislatore statale". "La legislazione regionale, infatti, in riferimento a delicati bilanciamenti, "che attengono essenzialmente alla materia dell’ordinamento civile e penale, non può pretendere di agire in via suppletiva della legislazione statale, per così dire 'impossessandosi' dei principi ordinamentali individuati da questa Corte". L’articolo 4, comma 1, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo limitatamente alle parole "o un suo delegato", in quanto, consentendo la presentazione dell’istanza anche a quest’ultimo, "deroga vistosamente al quadro normativo fissato dalla legge numero 219 del 2017, nel quale la procedura medicalizzata di assistenza al suicidio è stata inquadrata dalla giurisprudenza di questa Corte". "Incostituzionali -spiega ancora la Consulta- sono stati dichiarati anche gli articoli 5 e 6, in tutte le parti in cui prevedono stringenti termini per la verifica dei requisiti di accesso al suicidio medicalmente assistito e la definizione delle relative modalità di attuazione. Ferma rimanendo la necessità di una sollecita presa in carico dell’istanza del richiedente, la Corte ha ritenuto che questa disciplina invada la competenza legislativa statale in materia di ordinamento civile, in quanto coinvolge scelte che necessitano di uniformità di trattamento sul territorio nazionale. Inoltre, la fissazione di termini stringenti contrasta con i principi fondamentali desumibili dalla legge numero 219 del 2017, che invece "valorizza e promuove la cosiddetta alleanza terapeutica", per cui deve essere "sempre consentita la possibilità di svolgere tutti quegli approfondimenti clinici e diagnostici che la Commissione, multidisciplinare e coinvolgente diverse competenze (tra cui quelle psichiatriche, palliative, psicologiche, medico legali, eccetera), ritenga appropriati", anche "attraverso la concreta messa a disposizione di cure palliative efficaci", "nella prospettiva di prevenire e ridurre in misura molto rilevante la domanda di suicidio assistito". "È stato dichiarato incostituzionale anche l’articolo 7, comma 1, che, disciplinando il supporto al suicidio medicalmente assistito, impegna le aziende unità sanitarie locali ad assicurare il supporto tecnico e farmacologico nonché l’assistenza sanitaria per la preparazione all’autosomministrazione del farmaco autorizzato. Nel confermare quanto stabilito dalla sentenza n. 132 del 2025, la Corte ha ritenuto che la disposizione regionale viola la competenza concorrente in materia di tutela della salute, in quanto "non si pone come attuazione nel dettaglio di preesistenti principi fondamentali rinvenibili nella legislazione statale, ma come una illegittima 'determinazione' degli stessi da parte della legislazione regionale". La dichiarazione di incostituzionalità ha anche riguardato i commi 2, primo periodo, e 3, del medesimo articolo 7. Il primo in quanto "facendo esplicito riferimento a un livello di assistenza sanitaria ulteriore, evoca comunque e illegittimamente, dal punto di vista dell’assetto costituzionale delle competenze, la categoria dei 'livelli essenziali di assistenza'", interferendo quindi su definizioni riservate al legislatore statale. Il secondo laddove prevede che la "persona in possesso dei requisiti autorizzata ad accedere al suicidio medicalmente assistito può decidere in ogni momento di sospendere o annullare l’erogazione del trattamento". "In caso di suicidio medicalmente assistito, infatti, "non vi è propriamente alcuna 'erogazione' di un trattamento che possa essere sospeso o annullato (come invece nelle ipotesi di eutanasia attiva, riconducibili nell’ordinamento italiano alla fattispecie di omicidio del consenziente), ma piuttosto un’assistenza dei sanitari a una persona che dovrà compiere da sé la condotta finale che direttamente causa la propria morte". Immuni da censure sono state invece ritenute le altre disposizioni contenute nella legge regionale. La Corte -conclude la nota- ha ritenuto che l’introduzione di una disciplina a carattere organizzativo e procedurale come quella impugnata non possa ritenersi preclusa dalla circostanza che lo Stato non abbia ancora provveduto all’approvazione di una legge che disciplini in modo organico, nell’intero territorio nazionale, l’accesso alla procedura medicalizzata di assistenza al suicidio. Infatti, nei limiti sopra precisati, i principi fondamentali della materia sono già desumibili dalla legislazione vigente, letta alla luce della sentenza della Corte.
(Adnkronos) - Da gennaio, Luca Palermo assumerà gli incarichi di amministratore delegato e direttore generale di Federlegno Arredo Eventi Spa, la società controllata al 100% da FederlegnoArredo e che organizza e gestisce, tra l’altro, il Salone del Mobile.Milano. A darne notizia è il presidente di FederlegnoArredo, Claudio Feltrin, che rivolge a Palermo i migliori auguri di buon lavoro per il nuovo incarico. "La sua esperienza manageriale, unita a una profonda conoscenza del sistema fieristico - commenta Claudio Feltrin - rappresenta un valore aggiunto importante per affrontare le sfide che ci attendono. Sono convinto che il suo ingresso potrà contribuire a consolidare i risultati raggiunti fino ad ora e a sviluppare nuove opportunità di crescita, rafforzando ulteriormente il ruolo strategico della Spa a servizio delle imprese della filiera legno-arredo". "Federlegno Arredo Eventi Spa è un asset centrale per la promozione internazionale del Made in Italy che trova la sua massima espressione nel Salone del Mobile.Milano. A nome mio e di tutto il CdA della società rivolgo i migliori auguri di buon lavoro al dottor Palermo e confermo la nostra piena collaborazione e impegno per un percorso condiviso di crescita", commenta Gianfranco Marinelli, presidente di Federlegno Arredo Eventi Spa. "Per Salone del Mobile.Milano l’ingresso di Luca Palermo rappresenta una scelta di continuità e, al tempo stesso, di visione, che ci vedrà lavorare insieme per consolidare il ruolo internazionale della manifestazione e il valore per l’intera filiera", sottolinea Maria Porro, presidente del Salone del Mobile.Milano. "Sono orgoglioso - spiega Luca Palermo - di intraprendere questa nuova sfida professionale e desidero ringraziare il presidente Feltrin, il presidente Marinelli, il Consiglio di amministrazione di Flae, il Consiglio di presidenza di Fla e la presidente del Salone del Mobile.Milano Maria Porro per la fiducia che mi è stata accordata. Affronto questo incarico con grande senso di responsabilità e con la volontà di mettere a disposizione esperienza, energia e visione, con l’obiettivo di guidare Flae in una fase di sviluppo e consolidamento strategico, rafforzandone il posizionamento in Italia e sui mercati internazionali e valorizzando l’heritage e il ruolo unico al mondo del Salone del Mobile.Milano quale piattaforma globale di riferimento". Laureato in Economia e Commercio presso l’Università di Pavia, Luca Palermo ha conseguito il General Management Program (Gmp) presso la Harvard Business School. Dirigente e imprenditore con oltre vent’anni di esperienza, ha ricoperto ruoli di Ceo e membro di Consigli di amministrazione in aziende dei settori dei servizi e della tecnologia. Dal 2023 ha avviato un percorso imprenditoriale e di advisory, ricoprendo incarichi di presidenza e partecipazione in realtà attive nella trasformazione digitale e nella smart logistics. Nel 2023 è stato insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana per meriti professionali. Dal 2020 al 2023 ha ricoperto il ruolo di Ceo e direttore generale del Gruppo Fiera Milano. In precedenza, dal 2017 al 2020, è stato Ceo di Edenred Italia. Dal 2008 al 2017 ha ricoperto il ruolo di Ceo di Nexive, dopo precedenti incarichi manageriali in Vodafone.
(Adnkronos) - Oltre 110 milioni di euro di investimenti e spese delle aziende dei settori cemento e calcestruzzo per sicurezza ed ambiente nel 2024, in crescita del 16% rispetto al 2023. E’ quanto evidenzia il sesto Rapporto di sostenibilità di Federbeton. (Video) Il comparto continua a investire risorse e competenze per migliorare le proprie performance ambientali e accelerare il percorso verso la neutralità climatica al 2050. Lo scorso 24 settembre, presso la Camera dei Deputati, Federbeton ha presentato la propria Strategia di decarbonizzazione, che traccia un percorso chiaro di riduzione progressiva delle emissioni tramite leve strategiche. Nella definizione della strategia sono stati individuati interventi di breve e medio periodo che sfruttano tecnologie già mature come l’impiego di combustibili alternativi e l’utilizzo di materiali sostitutivi del clinker, il semilavorato componente prevalente del cemento - spiega la Federazione del settore - La leva chiave per la decarbonizzazione del settore, con uno sviluppo a lungo termine, è la cattura della CO2, una tecnologia che richiede ingenti investimenti e lo sviluppo di infrastrutture di trasporto e stoccaggio. La cattura è fondamentale perché nella produzione di cemento il 60-65% delle emissioni dirette di CO2 deriva dalle stesse reazioni chimiche di processo ed è quindi incomprimibile. “Cemento e calcestruzzo sono materiali straordinari e insostituibili, che garantiscono la sicurezza e la durabilità delle nostre case, scuole, ospedali. Sono fondamentali per le nostre infrastrutture e città, alimentano la crescita economica e sociale del Paese e contribuiscono concretamente alla rigenerazione urbana e allo sviluppo di infrastrutture sostenibili e durevoli - ha sottolineato Paolo Zelano, vicepresidente di Federbeton Confindustria - La nostra sfida è mantenere alta la competitività dell’industria italiana continuando a progredire sul fronte della sostenibilità, in particolare quella ambientale. Questo è possibile solo attraverso un impegno collettivo, rafforzando il legame tra industria, ambiente e società”. Il Rapporto di Sostenibilità di Federbeton, come ogni anno, mostra l’impegno, i risultati e gli ambiti di miglioramento della filiera. Emerge, fra l’altro, che il settore conferma la propria circolarità: l’industria del cemento utilizza da anni scarti di altri processi produttivi in sostituzione dell’8% delle materie prime necessarie; i produttori di calcestruzzo preconfezionato e manufatti riutilizzano in media il 29% delle acque di processo ed il 62% degli scarti di produzione, rispettivamente; inoltre, è in aumento la quota di energia elettrica da fonti rinnovabili, in parte autoprodotta dalle aziende stesse. Il Rapporto richiama l’attenzione anche su alcune criticità che non permettono all’industria di esprimere pienamente le proprie potenzialità: “Il tasso di sostituzione calorica dei combustibili fossili con combustibili alternativi nel settore del cemento resta fermo al 26%, lontano dalla media europea del 56%, principalmente a causa di iter amministrativi complessi e disomogenei sul territorio nazionale. I combustibili alternativi sono una soluzione già disponibile, ma al di là dello sforzo dell’industria, è necessario un intervento delle istituzioni al fine di ottenere un’applicazione omogenea sul territorio nazionale del processo di autorizzazione”. Un’altra criticità che emerge dal Rapporto è quella relativa “all’impiego di aggregati recuperati nella produzione di calcestruzzo. Nonostante le potenzialità del settore, questa pratica resta limitata per l’assenza di un mercato nazionale per prodotti conformi agli standard dei calcestruzzi strutturali. Anche in questo caso è necessaria un’azione di sistema che coinvolga produttori, utilizzatori e istituzioni”.