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(Adnkronos) - La procura di Milano chiude le indagini per Chiara Ferragni. L'influencer, indagata per truffa aggravata per la vicenda dei panettoni e delle uova di Pasqua, rischia il processo. La procura ha notificato l'avviso di chiusura indagini, oltre che per l'imprenditrice digitale, anche per l'ex braccio destro Fabio Damato, la manager Alessandra Balocco e l'imprenditore Francesco Cannillo per i reati di "truffa continuata e aggravata" in relazione alle operazioni commerciali 'Pandoro Balocco Pink Christmas, Limited Edition Chiara Ferragni' (Natale 2022) e 'Uova di Pasqua Chiara Ferragni - sosteniamo i Bambini delle Fate (Pasqua 2021 e 2022)'. Le indagini "hanno permesso di ricostruire la pianificazione e diffusione di comunicazioni di natura decettiva, volte a indurre in errore i consumatori in ordine al collegamento tra l'acquisto dei prodotti pubblicizzati e iniziative benefiche" si legge nella nota della procura. La chiusura indagini è l'atto che precede l'eventuale richiesta di processo. "Chiara Ferragni ha fiducia nel lavoro della magistratura e che la sua innocenza venga acclarata quanto prima" dicono i difensori di Chiara Ferragni, gli avvocati Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana. "Riteniamo che questa vicenda non abbia alcuna rilevanza penale e che i profili controversi siano già stati affrontati e risolti in sede di Agcm. Avvieremo al più presto un confronto con i pubblici ministeri e confidiamo in una conclusione positiva della vicenda". La procura di Milano contesta alla sola Chiara Ferragni un ingiusto profitto di circa 2,2 milioni di euro. In particolare, nell'atto di chiusura firmato dall'aggiunto di Milano Eugenio Fusco e dal pm Cristian Barilli, si contesta un "ingiusto profitto conseguito dalle società Tbs Crew srl e Fenice srl e per il loro tramite anche dalle persone fisiche, pari a 1.075.000 euro più Iva. Ingiusto profitto conseguito da Balocco spa Industria Dolciaria e per il suo tramite anche dalla persona fisica, consistito nella vendita al pubblico di almeno 362.577 pandori 'Balocco Pink Christmas, Limited Edition Chiara Ferragni' mediante lesione della libertà contrattuale. Tutti conseguivano, inoltre, - si legge nel provvedimento - profitto non patrimoniale derivante dal ritorno di immagine legato alla prospettata iniziativa benefica". Per le altre due operazioni, invece, "ingiusto profitto conseguito dalle società Sisterhood srl e Fenice srl per il loro tramite anche dalle persone fisiche, pari a 400.000 euro più Iva. Ingiusto profitto conseguito da Cerealitalia-ID spa e per il suo tramite anche dalla persona fisica, pari a 5.665.177,24 conseguito mediante lesione della libertà contrattuale. Ingiusto profitto conseguito dalle società Tbs Crew srl e Fenice srl e per il loro tramite anche dalle persone fisiche, pari a 750.000 euro più Iva". Anche in questo caso il ritorno d'immagine non è quantificato. "La chiusura dell’inchiesta su Chiara Ferragni per la vicenda Balocco apre la strada ai rimborsi in favore dei circa 290mila consumatori che avevano acquistato il pandoro “Pink Christmas” afferma il Codacons, associazione dalle cui denunce era scaturita sia la sanzione dell’Antitrust, sia l’indagine della Procura di Milano. "Se si arriverà a processo l’influencer sarà chiamata a restituire 1,65 milioni di euro agli acquirenti del pandoro griffato Ferragni – spiega il Codacons -. Somma calcolata sugli oltre 290mila pandori venduti nel 2022 (su un totale di 362.577 pezzi commercializzati) e pari alla differenza tra il prezzo del pandoro “normale” Balocco (3,68 euro) e quello griffato Ferragni (9,37 euro), incremento di valore che, complici i post dell’influencer, avrebbe fatto ritenere che la maggiorazione di prezzo di 5,69 euro fosse il valore della donazione in solidarietà dei singoli acquirenti". "A oggi migliaia di consumatori che avevano acquistato il pandoro hanno presentato attraverso il Codacons formale atto di costituzione di parte offesa nell’indagine della Procura – aggiunge l’associazione –. Se si aprirà un processo, sarà possibile per costoro, e per gli acquirenti coinvolti che non si sono già attivati, chiedere la costituzione di parte civile e avanzare domanda di rimborso verso i soggetti che saranno ritenuti responsabili di illeciti".
(Adnkronos) - “Heineken celebra 50 anni di produzione della birra in Italia, il segreto è la passione e la capacità di produrre birre eccellenti e di raccontarle nel modo migliore”. Lo ha sottolineato Alfredo Pratolongo, Corporate Affairs Director Heineken Italia, intervenuto alle celebrazioni dei 50 anni dell'azienda in Italia che si sono svolte a Milano. “Heineken ha impattato nella cultura birraria del paese su due aree: quella di birra e cibo, contribuendo a rendere la birra parte della cultura alimentare del Paese, e quella della socializzazione, con i grandi eventi di tanti anni fa come l'Heineken Jammin’ Festival, il trofeo Birra Moretti, partecipando all'evoluzione del mercato birrario in Italia. L'ultima fase, la più importante, è quella della varietà delle ricette, delle birre proposte e degli investimenti sui marchi italiani, come Birra Moretti e Birra Messina” Più green, leggera e sociale, questa è la birra di domani che chiedono i consumatori secondo lo studio di Future Concept Lab. “Heineken Italia è l'azienda che ha fatto la prima campagna dedicata al consumo responsabile 20 anni fa – ha spiegato Pratolongo - e ha portato avanti un programma di campagne con messaggi chiari, inequivocabili e aspirazionali. Parliamo di responsabilità, di moderazione, ma c’è anche l’alternativa delle birre analcoliche, che oggi sono molto più buone.” Tra le tendenze del futuro tracciate dal primo produttore del Paese assieme a Future Concept Lab anche consumi sempre più green e attenti ai processi e agli ingredienti. La birra si distinguerà per la propria «naturalità» e processi di produzione sempre più attenti alla sostenibilità. “La sostenibilità è un tema chiave e noi abbiamo obiettivi e azioni dal punto di vista aziendale di primo ordine. Per esempio abbiamo l’obiettivo di arrivare entro il 2030 a zero emissioni di CO2 nei nostri birrifici in Italia” ha concluso Pratolongo.
(Adnkronos) - “Le aziende agroalimentari sono sempre più sotto pressione per adattarsi alle numerose sfide poste dal cambiamento climatico”. Così Thijs Geijer, Senior Sector Economist, Food&Agri, Ing, introduce un’analisi di Ing, banca di origine olandese presente in 40 Paesi, in cui sono stati presi in esame Spagna, Italia e Portogallo come casi di studio chiave. “Il loro status di fornitori chiave è a rischio. L'Agenzia Europea dell'Ambiente ritiene che i rischi del cambiamento climatico per la produzione agricola siano più urgenti e gravi nell'Europa meridionale - spiega - Per identificare le tendenze a lungo termine e i cambiamenti nella produzione e nel consumo, utilizziamo una serie di database sulla produzione di sei importanti colture nella regione (grano, uva da vino, olive, pomodori, arance e fragole), sulle aree di produzione, sul commercio, sul consumo delle famiglie e sui modelli meteorologici”. Da qui le cinque lezioni chiave emerse dall'analisi. La prima: cambiamenti climatici, volatilità dei raccolti e rese agricole, non è tutto negativo. “Il cambiamento climatico agisce come catalizzatore di eventi meteorologici estremi, che potrebbero portare a maggiori oscillazioni della produzione. Tuttavia, la nostra analisi mostra che le fluttuazioni delle rese non sono aumentate per la maggior parte delle colture se si confrontano serie di anni su un arco temporale di 50 anni. Per noi, questo è un segno che, in generale, gli agricoltori sono stati in grado di adattare i loro sistemi di produzione. Tuttavia, gli eventi meteorologici estremi sono spesso regionali e le differenze di resa tra le regioni possono essere significative, soprattutto in Paesi geograficamente diversi come Spagna e Italia. L'approvvigionamento da più regioni o la presenza di impianti di produzione in più regioni è un modo per ridurre questi rischi”, spiega. Seconda lezione: gli agricoltori fanno il possibile per rendere i loro terreni resilienti al clima. “Nell'Europa meridionale, in particolare, le misure di adattamento al cambiamento climatico includono spesso l'irrigazione o, nel caso di pomodori e fragole, lo spostamento della produzione dai campi aperti alle serre. Negli ultimi 20 anni, la percentuale di superficie irrigata in Spagna è aumentata per la maggior parte delle colture oggetto della nostra analisi - prosegue - I vigneti (+19%) e gli oliveti (+12%) sono quelli che hanno subito il maggiore incremento nella percentuale di superficie irrigata tra il 2004 e il 2023. Una maggiore e migliore irrigazione può rappresentare una soluzione per gli agricoltori in alcune aree, ma da sola spesso non riesce a risolvere i problemi a lungo termine legati alla scarsità d'acqua. Ciò è dovuto in parte al fatto che le tecnologie che promuovono modi più efficienti di utilizzare una risorsa come l'acqua comportano un ‘effetto rimbalzo’. In pratica, tali tecnologie abbassano il costo della risorsa, consentendo alle aziende di espandere l'irrigazione a un numero maggiore di terreni, invece che ridurre il consumo complessivo di acqua”. Terza lezione: caldo e siccità spingono alcune produzioni verso aree più adatte. “Se da un lato spostare le coltivazioni in luoghi più favorevoli ha un senso a livello aziendale, dall'altro può anche trasferire problemi come la scarsità d'acqua invece di affrontarne le cause alla radice, soprattutto se si considera che il cambiamento climatico è un processo in corso - osserva Geijer - Quando aree agricole un tempo fertili e produttive vengono abbandonate, spetta anche agli attori della catena del valore alimentare e ai responsabili politici garantire soluzioni a lungo termine per rigenerare i terreni e gli ecosistemi, in modo da contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico”. Quarta lezione: le importazioni agiscono da riserva quando il clima estremo colpisce l'offerta nazionale. “I trasformatori e i distributori di prodotti alimentari devono anche affrontare eventi meteorologici sfavorevoli che possono ridurre l'offerta con breve preavviso. Per le colture e i prodotti agricoli, una delle strategie più comuni è quella di ricorrere alle importazioni per ridurre il divario tra l'offerta prevista e quella effettiva. L'aumento dei prodotti importati può comunque creare problemi operativi per i produttori alimentari, poiché i prodotti importati devono rispettare gli standard dell'Ue e spesso devono anche rispondere a determinate specifiche (come dimensioni, colore o sapore). Un'altra sfida operativa è rappresentata dal trasferimento ai consumatori dei costi aggiuntivi sui prezzi di vendita”, osserva. Infine, quinta lezione: l'aumento delle temperature modifica i modelli di consumo. Secondo lo studio, spiega Geijer, “l'effetto del cambiamento climatico sui modelli di consumo è più pronunciato per i prodotti ‘stagionali’ come le zuppe e i gelati. Alcuni produttori e distributori cercheranno alternative per evitare perdite di fatturato e prenderanno in considerazione azioni per rendere il loro portafoglio prodotti più ‘a prova di clima’. Allo stesso tempo, questo può essere un fattore di crescita per altri prodotti. Tuttavia, la crescita non è distribuita uniformemente nel corso dell'anno e i periodi con temperature estreme sono difficili da prevedere. Per questo, oltre ai modelli di previsione della domanda, i produttori e i distributori hanno bisogno di un certo livello di flessibilità per essere in grado di soddisfare una domanda aggiuntiva con breve preavviso”. Per concludere: “Se si considera l'impatto dei cambiamenti climatici sulla produzione alimentare in Spagna, Italia e Portogallo, è chiaro che vi sono rischi per l'agricoltura e la produzione alimentare, soprattutto quando gli agricoltori non sono in grado di adattarsi. Tuttavia, questi cambiamenti creano anche opportunità per l'innovazione e per le aziende di sfruttare il cambiamento dei modelli di consumo”.