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(Adnkronos) - La donna più forte del mondo è "biologicamente un uomo" e viene privata del titolo conquistato a Arlington, in Texas. A trionfare nel concorso Strongwoman è stata la statunitense Jammie Booker, che ha battuto la 43enne britannica Andrea Thompson dopo le prove in programma: dal sollevamento di un tronco a quello di un'enorme pietra, dall'ordinario stacco all'alzata di un pesantissimo sacco di sabbia. Gli organizzatori dell'evento, riferisce la stampa britannica, hanno rivelato di aver "squalificato" Booker. L'atleta statunitense si è presentata come transgender. I responsabili della manifestazione, però, hanno adottato provvedimenti. "Sembra che una atleta biologicamente uomo e che ora si identifica come donna abbia gareggiato nella categoria Open Femminile. I responsabili ufficiali dello Strongman non erano a conoscenza di questo fatto prima della competizione e da quando ne siamo stati informati stiamo indagando con urgenza. È stato fatto un tentativo di contattare la concorrente coinvolta, ma non abbiamo ricevuto risposta", prosegue il comunicato. L'organizzazione ha aggiunto che se i dirigenti fossero stati a conoscenza della presunta identità di genere di Booker "a questa atleta non sarebbe stato permesso di competere nella categoria Open Femminile". In realtà, la presenza di Booker aveva scatenato proteste sin dall'inizio dell'evento. Thompson, seconda classificata, è scesa dal podio dopo l'annuncio del vincitore: "Questa è una stronzata", ha sibilato mentre Booker festeggiava sul gradino più alto. Rebecca Roberts, tre volte vincitrice del World's Strongest Woman, ha preso posizione con un post: "Il mio messaggio è semplice. Le persone transgender hanno il loro posto nello sport, ma le categorie femminili devono rimanere riservate esclusivamente a chi nasce biologicamente donna". Booker, che subito dopo l'evento aveva celebrato la vittoria con un post, si era congratulata con le avversarie: "Siete tutte donne incredibilmente toste, ed è stato un onore anche solo condividere il palco con voi ed essere lì a tifare per voi ed essere tifata da voi". Dopo la bufera, il profilo dell'atleta su Instagram è diventato privato.
(Adnkronos) - Il Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro accoglie con favore il disegno di legge di 'Delega al Governo per la riforma della disciplina degli ordinamenti professionali', giudicandolo un passo decisivo verso l’ammodernamento e l’armonizzazione di un sistema atteso da molti anni. Il Ddl valorizza il ruolo sociale delle professioni regolamentate, riafferma l’indipendenza e l’autonomia intellettuale del professionista e riconosce le competenze specifiche degli iscritti agli albi, garantendo al cittadino prestazioni qualificate e adeguate. È quanto precisato oggi da Rosario De Luca, presidente del Consiglio nazionale dell’ordine e di ProfessionItaliane, l’associazione che raggruppa 23 ordini e collegi professionali, nel corso dell’audizione sul testo presso la commissione Giustizia del Senato. Apprezzata anche la scelta di definire con chiarezza l’oggetto di ciascuna professione, stabilendo che tutte le attività non riservate siano liberamente esercitabili dai professionisti iscritti. Positivi gli interventi sull’accesso alla professione tramite esame di Stato, l’uso esclusivo del titolo professionale, le specializzazioni, l’ammodernamento dei sistemi elettorali, la disciplina più snella dei procedimenti deontologici e l’introduzione di regole sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle prestazioni professionali. Di rilievo, secondo la categoria, anche le norme introdotte per favorire il principio dell’equo compenso, le convenzioni assicurative collettive, maggiori tutele sociali e la revisione delle Società tra Professionisti. Alla luce della complessità della riforma e dell’impatto trasversale che questa avrà sui diversi ordinamenti professionali, il Consiglio Nazionale ha ribadito l’esigenza di istituire una Cabina di regia permanente con i tre Ministeri vigilanti sottoscrittori, al fine di garantire una maggiore uniformità applicativa, il coordinamento delle competenze, il monitoraggio dei decreti attuativi e una gestione condivisa delle innovazioni introdotte. “Il Ddl rappresenta una riforma necessaria e molto attesa: ora serve una cabina di regia stabile per assicurare coerenza, qualità e piena operatività delle nuove norme”, ha sottolineato in conclusione De Luca.
(Adnkronos) - Uno strumento avanzato per misurare e ridurre l’impatto ambientale delle imprese italiane con 250 dataset relativi ai settori come allevamento, frutta, legumi e olio d’oliva ma anche fonderie d’alluminio, carta tissue e cartongesso. È uno dei risultati degli studi del Gruppo di ricerca Grins dedicato alla sostenibilità delle imprese e coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dall’Università Bocconi. (VIDEO) I team di lavoro, che hanno visto oltre 100 ricercatori del partenariato Grins impegnati in tre anni di progetto Pnrr, iniziano a presentare i risultati per identificare, misurare e valutare le strategie aziendali e le azioni necessarie per affrontare le sfide della sostenibilità, con particolare attenzione agli aspetti ambientali e ai percorsi verso l’economia circolare. “Abbiamo adottato un approccio olistico e multidisciplinare, combinando la prospettiva della finanza sostenibile con quella dei processi produttivi e gestionali a livello d’impresa e integrando al tempo stesso le dimensioni del consumo, dei prodotti e delle catene globali del valore, fino alla gestione del fine vita dei beni - spiega Marco Frey, professore ordinario della Scuola Superiore Sant’Anna e coordinatore del gruppo di ricerca Grins - L’attività ha portato alla creazione di due strumenti principali: database e configuratori. I database sviluppati riguardano dati di survey sulle abitudini e le scelte ‘green’ dei consumatori, come essi reagiscano a messaggi social e digitali di imprese che comunicano il loro impegno verso la sostenibilità e dataset di inventario dei principali settori produttivi italiani”. In particolare, i dataset di inventario (Life Cycle Inventory - Lci) nazionali e regionali riguardano i principali sistemi produttivi italiani, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza nella gestione circolare delle risorse lungo l’intera catena del valore. Si sono analizzati gli impatti ambientali di filiere strategiche come quella agroalimentare (allevamento, frutta, legumi, olio d’oliva) e industriale (fonderie di alluminio e carta tissue), promuovendo modelli di simbiosi industriale e soluzioni innovative e sostenibili. L’inventario, sviluppato secondo la metodologia Life Cycle Assessment (Lca) e integrato con sistemi Gis, raccoglie dati da fonti statistiche, monitoraggi territoriali e indagini dirette, fornendo così solide fondamenta su cui prendere delle direzioni più mirate e con minor rischi. Conforme agli standard dell’International Reference Life Cycle Data System (Ilcd) del Jrc, il database sarà ospitato sulla piattaforma Amelia di Grins e includerà oltre 250 dataset relativi ai settori analizzati, offrendo uno strumento avanzato per misurare e ridurre l’impatto ambientale delle imprese italiane. Un secondo filone strategico di ricerca e analisi riguarda l’impatto ambientale delle filiere e la valutazione della sostenibilità e resilienza delle Pmi italiane rispetto ai cambiamenti climatici. Su questo tema si è concentrato un team di lavoro composto da 30 ricercatori di cinque università italiane partners - Torino, Bologna, Ca’ Foscari Venezia, Roma Tor Vergata e Sant’Anna Pisa - insieme al Centro di ricerca Unioncamere Guglielmo Tagliacarne, coordinato da Vera Palea, Università di Torino. L’ampia indagine esamina il livello di percezione del rischio climatico, il grado di preparazione organizzativa e l’accesso ai finanziamenti verdi delle Pmi italiane, fornendo un quadro dettagliato delle dinamiche in atto. Ha coinvolto 9.630 imprese non quotate in 5 regioni (Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto, Lazio e Toscana), con attenzione al periodo 2021–2026, considerando anche gli investimenti previsti. I risultati delineano quattro profili di impresa: dalle ‘attendiste’, che non hanno ancora avviato investimenti di mitigazione, alle ‘proattive’, già impegnate nel percorso verso la sostenibilità. Colpisce il dato sulla percezione del rischio che evidenzia la scarsa consapevolezza: circa il 53% delle imprese ritiene che il cambiamento climatico non incida significativamente sulle proprie attività e il 45% rientra tra le aziende attendiste. Solo il 13% ha investito per ridurre il rischio fisico acuto, anche in aree colpite da eventi estremi come l’Emilia-Romagna. Gli interventi più diffusi sono di tipo protettivo - come le polizze assicurative - più che trasformativo. Circa il 25% delle imprese ha invece avviato investimenti di mitigazione, orientati alla riduzione delle emissioni. I risultati mostrano inoltre che le imprese più proattive sono anche quelle dotate di assetti organizzativi orientati alla sostenibilità: la presenza di un Csr manager, la redazione di un bilancio di sostenibilità, la formazione sui temi climatici e sulla normativa rilevante sono fattori determinanti. I risultati dell’indagine saranno disponibili in una dashboard interattiva all’interno della piattaforma Amelia di Grins, attualmente in fase di finalizzazione. La dashboard sarà accompagnata da uno strumento di benchmarking che consentirà alle imprese di confrontarsi con i propri pari per territorio o settore, valutando così il proprio posizionamento all’interno del sistema produttivo di riferimento. L’output di questo lavoro, assieme ai risultati dei gruppi di ricerca sui temi della finanza sostenibile e dell’innovazione circolare, è una delle attività strategiche di Grins. L’obiettivo è offrire una serie di servizi web-based per le Pmi italiane (Portale Imprese) per monitorare e accrescere la consapevolezza alla sostenibilità e fornire al contempo supporto al ministero dell'Economia e delle Finanze, al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica attraverso toolkit progettati per monitorare la sostenibilità territoriale nel tempo, con attenzione sia agli aspetti finanziari sia all'impatto materiale. “Oggi - sottolinea Vera Palea ordinaria di Economia Aziendale all’Università di Torino - siamo in grado di offrire un ulteriore configuratore che aiuta le imprese a valutare la propria capacità di adattarsi ai cambiamenti economici, ambientali e organizzativi. Il contesto sempre più competitivo crea infatti sfide complesse che solo con strumenti adeguati e una visione condivisa possiamo affrontare con successo”.