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(Adnkronos) - Un attore dalla presenza magnetica, capace di rendere iconico anche il silenzio. La sua eleganza fredda del Nord e i suoi lineamenti duri si fanno espressione, gesto, cinema. Lui è Mads Mikkelsen, che oggi, 22 novembre, taglia il traguardo dei 60 anni. Classe 1965, nato a Copenaghen da papà Henning, bancario, e mamma Bente, un'infermiera, Mads Dittman Mikkelsen non arriva subito al cinema. Da giovane si allenava per diventare un ginnasta, poi la danza ha incrociato il suo cammino. Ha studiato all'accademia di ballo di Göteborg, lavorando poi come ballerino per dieci anni prima di abbandonare quest'attività e iniziare a studiare recitazione alla scuola teatrale di Aarhus. Il debutto sul grande schermo è stato con 'Pusher' di Nicolas Winding Refn. Un film che segna l’inizio di una carriera di outsider (di successo) che decolla rapidamente, diventando uno dei volti più riconoscibili e amati del cinema, sia dal grande pubblico che dalla critica. La pellicola sancisce anche il sodalizio artistico con il regista danese. Dopo 'Pusher', ha recitato in 'Bleeder', 'Pusher II - Sangue sulle mie mani' e 'Valhalla Rising - Regno di sangue'. Un attore, fin dall'inizio della carriera, capace di incarnare la complessità morale senza bisogno di molte parole. Dal villain glaciale di 'Casino Royale' (21esimo film di James Bond) al cannibale colto e raffinato della serie 'Hannibal', fino ai protagonisti tormentati del cinema d’autore scandinavo: la sua filmografia oscilla con naturalezza tra film d'autore e grandi franchise. La prima grande produzione hollywoodiana ad aver bussato alla sua porta è stata 'King Arthur' in cui ha interpretato Tristano, uno dei mitici Cavalieri della Tavola Rotonda. La consacrazione internazionale arriva come protagonista di 'Dopo il matrimonio' della regista danese Susanne Bie e a 'Casino Royale'. Ma anche con 'Il sospetto', con la regia di Thomas Vinterberg, che lo vede nei panni dell’insegnante d’asilo Lucas. Il regista danese lo ha diretto anche in 'Un altro giro', che fa un ritratto della società danese così apparentemente perfetta e fredda ma così bisognosa di contatto umano. Un bisogno che sfocia in modi disperati per appagarlo. Ed è per questo film che Mikkelsen si è svestito dell'interpretazione di uomini freddi e forti per calarsi nei panni di un uomo di mezza età - che gli è valso un European Film Award - alle prese con una crisi personale in cui l'alcol diventa il suo fedele compagno. Nel corso della sua carriera ha fatto un salto nel mondo del 'fantastico'. Ha interpretato il villain Kaecilius nel film del Marvel Cinematic Universe 'Doctor Strange'. Nello stesso periodo è arrivato sul grande schermo nei panni dell'ex scienziato imperiale Galen Erso nel film 'Rogue One: A Star Wars Story'. Inoltre, ha portato la sua eleganza inquieta nel ruolo del mago oscuro Gellert Grindelwald, prendendo il posto di Johnny Depp, in 'Animali fantastici - I segreti di Silente' (terzo capitolo dell'omonima saga spin-off di 'Harry Potter') e in quello del diabolico scienziato nazista Jürgen Voller nel film 'Indiana Jones e il quadrante del destino'. È stato anche doppiatore. Ha prestato la sua voce a Kiros, il crudele capo di un branco di leoni bianchi chiamati gli 'Emarginati' nel film 'Mufasa - Il re leone' di Barry Jenkins. Dal cinema alla musica e ai videogiochi. Ha partecipato come guest star nel video musicale di 'Bitch Better Have My Money' di Rihanna e si è aggiudicato il premio alla miglior performance ai The Game Awards del 2019 per la sua interpretazione dell'enigmatico Clifford Unger in 'Death Stranding', videogioco di Hideo Kojima. Mads Mikkelsen è molto più di un attore: un vero e proprio riferimento culturale, un artista che continua a scegliere storie sfidanti, a muoversi tra blockbuster e cinema d’autore, tra Europa e Stati Uniti, senza mai rinunciare alla sua identità.
(Adnkronos) - Dieci sessioni di approfondimento tecnico, oltre sessanta esperti e più di un centinaio di iscrizioni per la partecipazione in presenza. Sono partiti questa mattina i lavori della conferenza 'Il Fattore economia sociale' promossa dall’Inapp in collaborazione con Sapienza Università di Roma e Consorzio Idee in Rete. Dal welfare generativo all’economia circolare, dalle cooperative alle organizzazioni mutualistiche fino alle imprese sociali che promuovono inclusione, innovazione e sostenibilità, l’economia sociale può diventare, anche in collaborazione con le amministrazioni pubbliche e con gli attori profit, una leva significativa per creare sviluppo e rinforzare gli obiettivi di coesione territoriale. Se in tutti i Paesi dell’Unione Europea il settore impiega complessivamente più di 11,5 milioni di persone, in Italia ci sono circa 400mila organizzazioni che operano in questo campo con 1,5 milioni di addetti e 4,6 milioni di volontari. Il settore rappresenta circa l’8% delle organizzazioni dell’economia privata, spaziando dalle attività artistico, sportive e culturale (58%) fino ai servizi sanitari e socioassistenziali (11,8%), che da soli assorbono oltre un terzo dell’occupazione, e con la performance di un segmento specifico - la cooperazione sociale - che in meno di un quinquennio ha incrementato quasi del 5% il proprio volume di addetti. Un’economia, sottolinea l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, che finalmente ha un piano d’azione predisposto dal ministero dell’Economia e delle Finanze che definisce, per la prima volta, un quadro unitario delle politiche pubbliche dedicate a questo comparto, in linea con la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 27 novembre 2023. Proprio il Piano, che è stato sottoposto nei giorni scorsi ad una consultazione pubblica, è al centro dei lavori degli incontri del 'Fattore economia sociale' che proseguiranno domani al centro congressi della Sapienza. Il documento programmatico del Governo, che individua azioni per rafforzare l’accesso al credito, sostenere la transizione verde e digitale, e promuovere la partecipazione democratica e la misurazione dell’impatto sociale, si articola in 4 assi strategici e operativi: coordinamento istituzionale e governance (creazione di un’architettura unitaria di coordinamento tra le amministrazioni competenti, per assicurare coerenza nelle politiche e monitoraggio delle azioni); regimi di aiuto e fiscalità di settore (si propone inoltre l’armonizzazione delle discipline regionali, con l’obiettivo di garantire uniformità e semplificazione); misure di sistema e incentivi settoriali (azioni per favorire l’autonomia finanziaria, la digitalizzazione, l’innovazione sociale e la rendicontazione di sostenibilità) e infine politiche di coesione e sviluppo territoriale: il Piano infatti riconosce il ruolo dell’economia sociale nelle strategie di coesione, proponendo l’introduzione di riserve di destinazione nei programmi finanziati da fondi europei (Fesr, Fse+, Feasr). Viene valorizzato il partenariato economico e sociale a livello regionale e locale, con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze e promuovere modelli di welfare comunitario. Per il presidente dell’Inapp Natale Forlani, “l’Italia si conferma tra i Paesi europei più avanzati nel riconoscere l’economia sociale come leva strategica capace di coniugare sviluppo economico e benessere collettivo e il Piano d’azione predisposto dal governo va in questa direzione". "Il nostro Istituto con i suoi ricercatori e la sua struttura può garantire il necessario supporto nel monitoraggio e nella valutazione delle politiche pubbliche assicurando una produzione sistematica di indicatori qualitativi e quantitativi, di analisi comparate e di rapporti valutativi. Un supporto che diventa tanto più strategico in relazione al nuovo quadro finanziario europeo 2028-2034”, conclude.
(Adnkronos) - “Il modello italiano del riciclo è virtuoso. Il nostro paese è sicuramente da prendere ad esempio”. Così, Letizia Moratti (Mep Commissione Itre), all’evento organizzato da Conai, in collaborazione con il Corriere della Sera, presso la Borsa di Milano, dal titolo ‘Il futuro della sostenibilità tra sfide emergenti e transizione competitiva’. “L'Italia ha già superato i target del 2025 e nel 2024 siamo arrivati ad un 76,7% di riciclo, quindi un modello che deve essere preso in considerazione dall'Europa e da altri paesi. Per far questo - prosegue Moratti - il vecchio continente deve semplificare le regole, orientarle al risultato, puntare sull'innovazione di processo e prodotto, favorendo quindi gli investimenti. Deve fare in modo che le procedure per le autorizzazioni, per esempio quelle ambientali, siano più rapide. Inoltre bisogna superare il concetto di rifiuto in modo tale che ci sia in Europa un'armonizzazione che non porti un paese a pensare ad un rifiuto in un certo modo e un paese a classificarlo in un modo diverso”.