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(Adnkronos) - Per molti "i risultati di queste elezioni sono già scritti, ma la mia e la nostra storia dimostra che niente è già scritto, quando si decide di combattere davvero. Noi siamo nati per stravolgere i pronostici, e lo vogliamo fare anche in Toscana”. Così Giorgia Meloni dal palco di Firenze, per la chiusura della campagna elettorale del candidato alle regionali in Toscana del centrodestra, Alessandro Tomasi. La presidente del Consiglio al suo ingresso sul palco è stata subissata dagli applausi e dai cori: "Grazie, siete meravigliosi, solo per l’amore che ho per voi, riesco a fare la vita che sto facendo", dice appena arriva. Quindi inizia a elencare i successi incassati contro ogni previsione. "Hanno detto che non potevamo rivincere nelle Marche e che sarebbe stata l’inizio della” loro “riscossa”, ‘daremo al governo di centrodestra, daremo a Meloni la spallata', e l'hanno presa loro. Secca. Allora poi si sono lanciati nella Calabria, dove hanno detto ‘centrodestra non può rivincere in Calabria’ e si sono giocati proprio il tutto per tutto schierando il padre del reddito di cittadinanza, pensando di poter ancora intortare la gente del Sud con i sussidi. Siamo passati dal ‘graduidamente’ al ‘qualunquemente’ senza passare dal via, e sappiamo come è andata. Perché? Perché gli italiani - scandisce - sono un po' più svegli di come li fa la sinistra. Gli italiani sono un po' più intelligenti. Gli italiani capiscono quando qualcuno li umilia cercando di comprare il loro voto con promesse facili. E capiscono ancora di più quando la politica li tratta da imbecilli". "In questi giorni - prosegue la premier - qualcuno aveva scritto che noi saremmo andati a caccia di una piazza per la chiusura della campagna elettorale in Toscana. Forse pensavano che non avremmo avuto il coraggio di venire in piazza, ma noi possiamo permetterci di scendere in piazza e di guardare la gente negli occhi. Noi siamo cintura nera di capacità di smentire le bugie della sinistra". "Dopo tre anni - rivendica Meloni - sempre più italiani decidono di darci fiducia, una cosa che non ha precedenti, almeno da quando esistono i sondaggi che però dimostra davvero quando gli italiani guardino al merito delle cose". Quindi rivendica l'unità del centrodestra. “Ci vedete qui uniti in un palco a combattere insieme un’altra volta, fieri di stare uno a fianco all’altro, a differenza di quello che succede nella sinistra in cui si fanno gli accordi di palazzo, ma non hanno il coraggio di farsi vedere insieme. Hanno un solo collante che li tiene insieme: l’odio verso di noi”, attacca. “Sono uniti solo per cercare di mandare a casa Meloni ma non dicono che cosa vogliono fare. Potete spiegare cosa ci volete fare con il governo della nazione una volta che ci arrivate? – aggiunge -. Non hanno le idee molto chiare, si sa che sono disposti a fare qualsiasi patto per tornare a gestire il potere. E’ per quello che non li vedete sullo stesso palco”.
(Adnkronos) - Sono quelli che programmano i codici che oggi sono alla base di tantissime nostre azioni quotidiane, dall’usare il pc o il telefonino fino alla lavatrice e altri elettrodomestici. Ma anche usare l’auto, prendere un ascensore e tantissime altre azioni. Sono i programmatori che operano nelle ‘fabbriche dei software’, un comparto che oggi in Italia conta tra le 1.500 e le 2mila aziende, come racconta ad Adnkronos/Labitalia Pierfrancesco Angeleri, presidente di Assosoftware, che aderisce al sistema Confindustriale ed è l’associazione delle aziende che sviluppano e commercializzano prodotti software in Italia, e non solo. “Il software -afferma- oggi è dappertutto, in qualsiasi oggetto che tocchiamo c’è del software, anche nelle macchine, negli elettrodomestici. Praticamente oggi il software è qualcosa che è presente in tutte le componenti della vita delle persone, sia ‘aziendale’ che personale, famigliare. E’ invasivo e pervasivo. La stima sulle aziende che fanno primariamente lo sviluppo del software è tra le 1.500 e le 2mila in Italia. Noi riteniamo -continua- di rappresentare tra il 65 e il 70% del fatturato complessivo, in termini dimensionali, delle aziende che producono software in Italia. E’ un comparto che cresce ogni anno a doppia cifra, ci sono stati anni in cui è cresciuto del 20%, e quindi cresce molto più del Pil italiano”. E la crescita potrebbe essere molto più sostenuta. “Oggi ci lavorano secondo la nostra stima -spiega Angeleri- circa 150mila persone, ma si potrebbe arrivare a 500mila, puntando sul settore come volano di crescita economica, cosa che nessun governo finora ha fatto. La componente più importante in un’azienda di software è la ‘fabbrica’, e con questa intendo persone che sviluppano software, programmano e producono codici. I nostri prodotti sono applicazioni che girano sui computer, su degli apparecchi dedicati. Applicazioni dietro le quali ci sono delle linee di codici e dietro di esse c’è la componente programmazione che è quella più significativa in termini umani e di risorse ed è la ‘fabbrica’ del software. E poi tutto intorno c’è un mondo di persone che progetta il software, lo ‘assiste’, lo vende. Ma tutto ruota intorno alla ‘fabbrica’ che crea l’oggetto, dietro la quale ci sono persone che stanno dietro un computer e producono prodotto intangibile che è il software”, sottolinea Angeleri. Un prodotto, il software, che, secondo Angeleri, potrebbe fare la fortuna del nostro Paese, se solo a livello politico si decidesse di ‘puntare’ su di esso. “La potenzialità inespressa del settore -spiega- è grandissima, finora c’è sempre stata poca attenzione da parte di tutti i governi che si sono succeduti, nel pensare che questo settore potesse essere un volano per la crescita economica del Paese”. Oggi il ‘regno’ dello sviluppo dei codici dei software è l’India. “Lì ci sono più di 5 milioni di programmatori, noi come Paese non siamo mai stati attrattivi per diventare un luogo dove le grandi aziende del software, che non sono purtroppo quelle italiane, decidono di fare delle fabbriche. E questo nonostante Siamo un paese che ha delle eccellenti università, eccellenti università di informatica distribuite sul territorio, e con costi del personale assolutamente competitivi e agevolazioni anche importanti”, avverte. E allora oggi serve “fare diventare questo comparto uno dei cavalli di battaglia per la crescita di questo Paese nei prossimi 5-10 anni. Attiriamo il mondo delle aziende del software a venire a lavorare in Italia, perché in Italia ci sono tutti gli elementi corretti per poter avere successo”, sostiene. Ma per Angeleri serve anche una svolta nella visione delle aziende, pubbliche e private, sull’oggetto software. “Nessuno -spiega- parla di rottamazione del software. Abbiamo un patrimonio applicativo software nelle aziende, nella pubblica amministrazione, molto molto vecchio, molto più vecchio di tutta la tecnologia in termini di tempo. Ancora all'interno delle banche girano codici di programmazione che hanno quarant'anni. I software moderni, oltretutto, sono molto meno energivori, molto più efficienti e quindi oggi la grande battaglia da fare è quella della rottamazione del software”. Nel futuro delle aziende del software made in Italy per Angeleri è centrale l’intelligenza artificiale: “Per noi non costituisce assolutamente una minaccia, anzi, è una grandissima opportunità, perché ci permettere, ci permetterà di programmare molto più rapidamente, di rendere molto prodotti disponibili in tempi di sviluppo accorciati". "Molte delle aziende hanno già rilasciato delle applicazioni che utilizzano l'intelligenza artificiale, che è una grande opportunità per crescere, essere più rapidi, più efficaci, fornire più servizi”, conclude.
(Adnkronos) - "Il volontariato per Kpmg è uno strumento indispensabile che ci aiuta poi a trasformare, a creare sinergie, a parlare di sostenibilità nel modo più ampio possibile". Lo ha detto Sabrina Marsiglia, Csr manager di Kpmg, che questa mattina è intervenuta al panel 'Volontariato d'impresa: un'azione, tanti vantaggi' nell'ambito del Salone della Csr e dell’innovazione sociale, in corso dall’8 al 10 ottobre all’università Bocconi. "La sostenibilità in Kpmg viene fuori grazie alla campagna di volontariato di Kpmg Network, che si chiama 'Make a Difference Day'. Si comincia da poche giornate sino a oggi, dopo quasi 18 anni, ad arrivare a un anno di lavoro sul volontariato d'impresa. Leghiamo le esigenze degli enti con le nostre disponibilità e professionalità e andiamo a trovare il momento giusto per fare l'attività e produrre valore sul territorio. Questo è l'obiettivo", ha chiarito Marsiglia. Ascoltando i dipendenti e le loro sollecitazioni, il volontariato d'impresa è stato "per Kpmg il lancio per aprirsi a tutti i temi di responsabilità sociale di cui mi occupo con il mio ufficio. I nostri dipendenti sono coloro quelli che da vicino si occupano in alcuni casi anche di coordinarci, perché magari ci portano i contatti, ci fanno conoscere le associazioni sul territorio e ci portano a visitarle. Sono un gancio preziosissimo affinché l'azienda e gli enti del terzo settore sul territorio riescano ad avere un legame. E poi sono loro che stimolano i propri colleghi a partecipare", ha evidenziato la Csr manager di Kpmg.