(Adnkronos) - L'ultima è Angelina Mango, che ha annunciato un periodo di riposo per la sua voce, ma la lista di cantanti che si sono fermati 'ai box' è lunga "perché loro possono incorrere nella malattia professionale di cui soffrono anche gli insegnanti: chi lavora tanto con la voce. I francesi dividono la disfonia in due gruppi: alterazioni della voce causate da un abuso (surmenage) o da un uso scorretto (malmenage) del sistema vocale. Tra i fattori di rischio, che spesso è sottostimato, c'è anche il reflusso gastroesofageo. Basta il riposo? Sì se siamo di fronte al surmenage, ma spesso dietro a certi episodi c'è una cattiva educazione vocale. Oppure la presenza di noduli". A fare il punto per l'Adnkronos Salute è Stefano Di Girolamo, direttore Unità operativa Otorinolaringoiatria del Policlinico Tor Vergata di Roma. E' un problema anche dei cantanti lirici? "Questi artisti vanno meno incontro ai noduli perché hanno una voce impostata, tanti anni di scuola e usano molto bene il diaframma - risponde Di Girolamo - Purtroppo serve molto allenamento per non incorrere in certe problematiche della voce. Parliamo di una malattia professionale e, se fai un lavoro per cui la voce è sotto stress, ogni giorno i rischi aumentano e l'organo di ammala". Quando è necessario operarsi? "Quando il nodulo vocale supera certe dimensioni - conclude il chirurgo -. C'è proprio una specialità che è la fonochirurgia e si va a rimuovere l'inspessimento della corda vocale". La scelta di Angelina Mango è "giusta - afferma quindi all'Adnkronos Salute Francesco Mozzanica, direttore dell'Unità operativa di Otorinolaringoiatria dell'Ospedale San Giuseppe-MultiMedica di Milano - perché fermarsi vuol dire riposare la voce e non sforzarla perché altrimenti si peggiora la disfonia". La corretta 'manutenzione' degli organi fonatori non è una questione solo di cantanti o attori. La malattia professionale che colpisce la voce riguarda insegnanti, speaker radiofonici, personale di front office, operatori di call-center, venditori e istruttori di fitness, "chi parla in modo intenso e continuativo per diverse ore al giorno - spiega Mozzanica - Si stima che circa il 20% della popolazione generale sperimenti almeno un episodio di disfonia, ossia un'alterata qualità della voce". Secondo lo specialista, professore all'università Statale di Milano, "gli attori e i cantanti sono obbligati ad atletismi fonatori che non sono propri della popolazione generale, frutto di anni di allenamento, e hanno comunque a disposizione vocal coach e anche un foniatra-otorino per qualsiasi intervento - rimarca - Ma può non bastare. Non è infrequente che un cantante ad altissimo livello possa avare un problema di disfonia o un nodulo e questo, rispetto alla popolazione generale che non si accorge di alterazioni microscopiche, può avere un effetto importante sulla performance. Un problema alla corda vocale altera il prodotto vocale, una cantante magari si accorge di non arrivare più ad alcune note e questo modifica la performance. In conclusione, se canti male non lo fai e ti fermi". In questi casi cosa occorre fare? "L'attore o cantante si deve fermare, curarsi e riguardarsi. La scelte della Mango è corretta - risponde Mozzonica - Si procede con una diagnosi, può anche esserci l'approccio chirurgico e in questi casi si interviene sul bordo della corda vocale che poi genera la nota e modifica il risultato fonatorio". Esistono poi alcune "'regole di igiene vocale' che possono aiutare a mantenere la voce in salute aiutando a prevenire quei disturbi la cui progressione porta verso la disfonia organica", sottolinea l'esperto. Eccole: 1) Evitare gli agenti irritanti quali fumo, anche passivo, e polvere; 2) Limitare l'assunzione di alcol e caffeina; 3) Tenere sotto controllo un eventuale reflusso gastroesofageo; 4) Ridurre l'inquinamento acustico nell'ambiente in cui si lavora (più rumore ci porta a forzare e ad affaticare ulteriormente le corde vocali); 5) Favorire una buona qualità dell'aria, che è la benzina della voce, aprendo periodicamente le finestre, tenendo puliti i filtri dei condizionatori e mantenendo un adeguato livello di umidità; 6) Non dimenticare la propria idratazione, bevendo spesso; 7) Avere cura della propria igiene orale; 8) Cercare di prevenire le patologie dell'apparato respiratorio che possono infiammare la laringe; 9) Dare il giusto riposo agli organi fonatori se li sentiamo stanchi, non solo concedendoci pause di silenzio, ma anche con alcune strategie da attuare mentre si parla, soprattutto se sopraggiunge la sensazione di 'fame d'aria', dando più spazio alla respirazione, rallentando il ritmo dell'eloquio e modulandone l'intensità; 10) Fare attenzione anche alla postura che si assume: può aiutare a preservare la voce, ad esempio, per l'operatore di call-center, una posizione del collo in linea con la schiena o leggermente reclinata in avanti, non all'indietro.
(Adnkronos) - “Siamo onorati di ricevere questo riconoscimento che conferma il costante impegno di Eni nel costruire un modello di welfare aziendale di eccellenza. Collochiamo da sempre le persone al centro della nostra strategia di business, posizionandoci come una “caring company” e promuovendo un sistema di welfare aziendale in costante evoluzione che, partendo dall’ascolto delle necessità delle nostre persone, comprende un insieme di servizi, iniziative e strumenti volti a migliorare il benessere dei dipendenti e delle proprie famiglie lungo l’intero percorso lavorativo". Così Luca De Santis, responsabile Risorse Umane e Organizzazione di Eni, commentando l'assegnazione del premio Global Welfare, consegnato, nell'ambito del 'Global Welfare Summit' tenutosi a Villa Miani a Roma, dall'Osservatorio Italian Welfare, in collaborazione con la Fondazione Interuniversitaria Marchetti, alle aziende che si sono contraddistinte per global welfare score, sostenibilità sociale, inclusività ed educazione al welfare.
(Adnkronos) - “La sostenibilità è diventata centrale ma presenta una serie di contraddizioni evidenti, soprattutto nel contesto della nuova normativa europea, con la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), recepita in Italia da poco più di un mese. Una delle principali contraddizioni riguarda a mio parere proprio la crescente complessità: se da un lato la CSRD promuove la trasparenza e l’armonizzazione delle informazioni, dall’altro impone alle aziende un carico di lavoro significativo introducendo nuovi principi e nuovi indicatori per la rendicontazione, che richiedono competenze sempre più tecniche e specialistiche. Il rischio che intravedo è quindi che la sostenibilità venga percepita sempre più come un esercizio di conformità normativa, piuttosto che come un reale impegno per il cambiamento”. Così Mara De Donato (Responsabile Comunicazione e CSR - GORI Spa) in occasione del Salone della CSR svoltosi a Milano “Un’altra contraddizione che rilevo riguarda l’approccio "one-size-fits-all": sebbene la direttiva miri a uniformare i criteri di rendicontazione ESG (ambientale, sociale e di governance), non sempre tiene conto delle specificità di settori particolari, come il nostro, ossia la gestione del servizio idrico integrato. Qui le dinamiche operative sono complesse e gli investimenti infrastrutturali a lungo termine hanno un impatto diretto su tematiche come l’efficienza e la qualità del servizio idrico: aspetti, questi, che non sempre, o non ancora, trovano riscontro immediato nei parametri di sostenibilità previsti dalla normativa.” Continua De Donato. Come si sta organizzando Gori per superare queste contraddizioni? Prosegue De Donato: “In Gori, la gestione di un servizio di pubblica utilità come quello idrico ci colloca automaticamente in un ruolo di attore sociale primario. L'acqua è una risorsa fondamentale per il benessere delle comunità e per la sostenibilità del territorio, e la nostra missione non si limita alla fornitura efficiente e sicura del servizio, ma abbraccia una dimensione sociale più ampia e profonda. La "S" di ESG è per noi una componente intrinseca della nostra attività, che deve riflettersi nel nostro impegno quotidiano per garantire un servizio che non solo risponda ai bisogni infrastrutturali, ma che contribuisca attivamente al benessere e alla coesione sociale delle comunità locali. Per superare le contraddizioni, riteniamo dunque che l’ascolto continuo e il dialogo costante con i nostri stakeholder possa essere la corretta strategia. Operiamo in una porzione della regione Campania particolarmente articolata e complessa, distribuita su ben 75 comuni tra le province di Napoli e Salerno: una vastità geografica che implica una pluralità di esigenze, sfide e stakeholder, che richiedono un approccio personalizzato e inclusivo. Un approccio, quest’ultimo, che ci consente di rispondere non solo ai requisiti normativi imposti dalla CSRD, ma anche alle aspettative del territorio, in un’ottica di creazione continua di valore condiviso”. Come si comunica questa sfida e come lo fa Gori? “In un contesto in cui le aziende devono far fronte a nuovi obblighi normativi e rispondere a criteri sempre più stringenti, la comunicazione non può più essere considerata un accessorio o una funzione a valle delle attività operative. E quando parliamo di "sfidare le contraddizioni", ci riferiamo proprio alla capacità della comunicazione di navigare tra aspettative divergenti e obiettivi ambiziosi. Le aziende devono confrontarsi con una crescente domanda di trasparenza e con la necessità di dimostrare impatti concreti, mentre allo stesso tempo gestiscono la complessità delle regolamentazioni e l’impegno verso una trasformazione sostenibile. In questo scenario, una comunicazione ben strutturata non solo rende visibili gli sforzi dell'azienda, ma permette di creare consenso e generare fiducia. Oggi più che mai, dunque, ritengo che la comunicazione della sostenibilità debba essere un atto di ingaggio attivo degli stakeholder, creando una narrativa basata su fatti e risultati tangibili. La comunicazione autentica può creare attivismo: se gli stakeholder comprendono appieno un progetto perché ricevono informazioni chiare e trasparenti, supportate da dati solidi e verificabili, se ne appropriano e ne diventano ambasciatori, innescando così un processo virtuoso di diffusione e partecipazione attiva. E solo in questo modo il processo di transizione sostenibile potrà diventare effettivamente trasformativo” Conclude De Donato.