(Adnkronos) - I viaggiatori europei che visitano il Regno Unito senza visto dovranno presto pagare una tassa di esenzione di 10 sterline: in pratica, in base alle nuove regole, che entreranno in vigore nel corso del prossimo anno, il sistema di autorizzazione elettronica al viaggio (Eta) del Regno Unito, introdotto per la prima volta per i cittadini del Qatar, verrà ampliato per includere i viaggiatori di tutti gli altri Paesi, compresi i cittadini dell'Unione Europea. Secondo i piani annunciati dal Ministro degli Interni britannico Yvette Cooper, la tassa non rimborsabile si applicherà a tutti i visitatori del Regno Unito, compresi i neonati e i bambini, senza visto o permesso di residenza, per lavoro o studio. Attualmente, i cittadini di Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti devono richiedere un Eta prima di entrare nel Regno Unito. A novembre il programma sarà esteso alla maggior parte degli altri cittadini, compresi quelli statunitensi ma esclusi gli europei. Entro la prossima primavera, il programma sarà nuovamente ampliato per includere i cittadini europei: nello specifico, gli italiani potranno richiedere l'Eta a partire dal 5 marzo 2025 e si potrà utilizzare l'autorizzazione elettronica a partire dal 2 aprile 2025. "Una volta attuato completamente, il programma Eta colmerà l'attuale lacuna dei permessi anticipati e implicherà la possibilità di avere una conoscenza completa di coloro che si recano nel Regno Unito", ha aggiunto in un comunicato.
(Adnkronos) - “Le aziende richiedono più presenza fisica nel rispetto comunque di una flessibilità operativa, digitalizzazione sicura e nuovi metodi di gestione e monitoraggio delle performance. Al contempo, cercano anche di mantenere la cultura aziendale e di promuovere il coinvolgimento dei dipendenti. D'altra parte, i lavoratori chiedono flessibilità, supporto tecnologico adeguato, chiarezza nelle aspettative e un appropriato work/life balance, inclusa la salvaguardia del diritto alla disconnessione”. Lo dice in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia Francesco La Badessa, avvocato giuslavorista dello Studio Ichino Brugnatelli, facendo il punto sullo smart working. “E’ auspicabile - suggerisce - un aggiornamento normativo per lo smartworking. Le modalità di lavoro si sono evolute rapidamente e le normative devono riflettere questi cambiamenti, garantendo flessibilità e tutela dei diritti dei lavoratori. Un aggiornamento normativo è necessario per garantire ancora più spazio di manovra alle parti sociali e, soprattutto, alla contrattazione aziendale, unico strumento effettivamente in grado di recepire correttamente le esigenze di entrambi le parti contraenti di un rapporto di lavoro”. Il giuslavorista pone l’accento anche sulle criticità che “derivano principalmente da una cultura del controllo e dalla difficoltà di comunicazione a distanza, che possono minare la fiducia. Tuttavia, lo smart working offre anche benefici significativi, come maggiore autonomia, flessibilità e innovazione nelle pratiche manageriali, che possono rafforzare il rapporto fiduciario. In Italia, dove le relazioni personali sono fondamentali, bilanciare queste dinamiche è cruciale”. “Attualmente - ricorda - lo smart working è regolato da diverse normative. La principale è la Legge n. 81 del 2017, che ha introdotto il concetto di 'lavoro agile'. Durante la pandemia, il Decreto Legge n. 34 del 2020 ha semplificato le procedure per l'adozione dello smartworking. Da ultimo, la Legge n. 61 del 2023 ha prorogato temporaneamente alcune misure emergenziali. Inoltre, molti accordi aziendali e collettivi hanno definito ulteriormente le modalità di applicazione del lavoro agile. A quattro anni dalla pandemia, come si è evoluto da allora lo smartworking in Italia? “Lo smartworking in Italia - spiega - ha subito una notevole trasformazione, ancora in atto. Inizialmente adottato come misura emergenziale e poi diventato, nel biennio 22-23, pratica consolidata in molte aziende. Si è passati improvvisamente da una situazione in cui era limitato a poche realtà, a una sua diffusione massiccia, con molti datori di lavoro che hanno integrato modelli di lavoro ibrido, alternando giorni in ufficio e giorni di lavoro da remoto. Nel 2024, poi, qualcosa è cambiato". “In Europa - aggiunge Francesco La Badessa - l'adozione dello smartworking varia da paese a paese. Paesi come la Germania e i Paesi Bassi hanno normative più consolidate e flessibili, mentre altri hanno introdotto regolamentazioni più recentemente. Le criticità e i benefici sono simili a quelli italiani, ma le diverse culture lavorative influenzano il modo in cui lo smartworking viene percepito e applicato”.
(Adnkronos) - I cambiamenti climatici causati dall'uomo hanno aumentato la probabilità che la siccità provochi carenze idriche e perdite agricole devastanti in Sardegna e Sicilia del 50%. E' quanto emerge da uno studio di World Weather Attribution, condotto da 15 ricercatori, tra cui scienziati di università e agenzie meteorologiche di Italia, Svezia, Stati Uniti, Regno Unito e Paesi Bassi. Gli scienziati dell'organizzazione avvertono che siccità simili peggioreranno con ogni frazione di grado di riscaldamento in più, evidenziando l'urgente necessità di ridurre le emissioni a zero. L'analisi, in particolare, ha rilevato che: il calore persistente che fa evaporare l'acqua dai terreni, dalle piante e dai bacini idrici è alla base dell'aumento del rischio di siccità; senza gli effetti del riscaldamento causato dall'uomo, le siccità su entrambe le isole non sarebbero state classificate come 'estreme'; le isole italiane continueranno a sperimentare siccità più gravi con l'ulteriore riscaldamento indotto dai combustibili fossili, minacciando i raccolti di colture come il grano e le olive; una gestione efficace dell'acqua sarà fondamentale negli anni futuri con scarse precipitazioni. Per Mariam Zachariah, ricercatrice presso il Grantham Institute - Climate Change and the Environment dell’Imperial College di Londra, “la Sardegna e la Sicilia stanno diventando sempre più aride a causa dei cambiamenti climatici. Il caldo torrido e prolungato colpisce le isole con maggiore frequenza, facendo evaporare l'acqua dai terreni, dalle piante e dai bacini idrici. Per gli agricoltori e le città che hanno sopportato mesi di restrizioni idriche, questo studio è una conferma: il cambiamento climatico sta intensificando la siccità”. Secondo gli scienziati, dunque, i cambiamenti climatici causati dall'uomo hanno reso la siccità il 50% più probabile. L'evapotraspirazione, l'evaporazione dell'acqua dal suolo e dalle piante, sta determinando l'aumento delle condizioni di siccità, poiché i periodi di caldo estremo diventano più caldi e più lunghi su entrambe le isole. Sebbene non sia chiaro se le precipitazioni altamente variabili di Sardegna e Sicilia siano influenzate dai cambiamenti climatici, lo studio evidenzia che il caldo torrido sta trasformando gli anni con scarse precipitazioni in siccità devastanti. In base al sistema di classificazione del monitoraggio della siccità degli Stati Uniti, le siccità su entrambe le isole sono classificate come 'estreme'. Tuttavia, in un mondo più freddo di 1,3°C, senza cambiamenti climatici causati principalmente dalla combustione di combustibili fossili, sarebbero state meno intense e classificate come siccità 'gravi', secondo l'analisi. Se il mondo raggiungerà i 2°C di riscaldamento, cosa che potrebbe accadere già nel 2050, le siccità in Sardegna e Sicilia diventeranno ancora più intense e frequenti. Lo studio evidenzia inoltre come l'invecchiamento delle infrastrutture idriche stia aggravando la carenza d'acqua. Una gestione efficace dell'acqua - affermano i ricercatori - contribuirà a ridurre l'impatto delle future siccità, in particolare quando l'afflusso estivo di turisti aggiungerà ulteriore pressione ai bacini idrici durante i mesi più secchi dell'anno. “I bacini idrici si sono prosciugati - dice Maja Vahlberg, Climate risk consultant alla Red Cross Red Crescent Climate Centre - Le città hanno sopportato mesi di razionamento dell'acqua. Il lago di Pergusa è scomparso. Le colture sono appassite nei terreni aridi. Gli impatti di queste siccità sono stati scioccanti, ma purtroppo si stanno verificando con maggiore frequenza a causa dei cambiamenti climatici. Limitare le perdite d'acqua dovute all'invecchiamento delle tubature e aumentare la capacità di stoccaggio in Sardegna e in Sicilia contribuirà a ridurre simili carenze idriche negli anni di scarse precipitazioni”. Per Friederike Otto, Senior Lecturer in Climate Science at Grantham Institute - Climate Change and the Environment, Imperial College di Londra, "i cambiamenti climatici stanno rendendo la Sardegna e la Sicilia più calde, più secche e meno fertili. Le colture utilizzate per produrre la cucina simbolo dell'Italia, come il grano e le olive, stanno morendo a causa del caldo feroce, ben oltre i 40°C. Per evitare che la siccità peggiori ulteriormente, dobbiamo smettere di bruciare combustibili fossili”. Luigi Pasotti, dirigente responsabile al Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano (Sias) - Sicilia orientale, evidenzia: “In Sardegna, la siccità che ora classifichiamo come 'estrema' sarebbe stata classificata come 'grave' senza i cambiamenti climatici. Questo è ciò che dicono i risultati del nostro studio, inequivocabilmente. Ma ciò che è ancora più tragico è che se non smettiamo rapidamente di bruciare combustibili fossili, la frequenza e l'intensità di questo tipo di eventi estremi continuerà ad aumentare, con conseguenze inimmaginabili. In Sicilia, la siccità che oggi classifichiamo come 'estrema' diventerà 'eccezionale' se la temperatura globale aumenterà di soli 0,7 °C. Per questo sarà fondamentale sviluppare strategie di adattamento per proteggere settori vitali per la Sicilia e la Sardegna, come l'agricoltura e il turismo, ma sarà altrettanto importante per l'Italia rispettare gli accordi internazionali sulla riduzione delle emissioni”.