(Adnkronos) - Non una neoplasia rara, ma una malattia che fa registrare in Italia oltre 15mila nuovi casi l'anno. E' il tumore gastrico, patologia oncologica molto insidiosa, ma che risulta essere ancora sottovalutata. Tuttavia, esistono nuove e importanti prospettive di cura per i pazienti. Infatti, in 12 anni (dal 2007 al 2019) sono stati evitati oltre 42mila decessi grazie al miglioramento delle terapie e dei trattamenti. Però, al momento, solo un caso su cinque viene individuato in fase precoce. Per tutti questi motivi l'associazione Odv 'Vivere senza stomaco si può' lancia oggi una nuova campagna nazionale di sensibilizzazione rivolta a pazienti, clinici, istituzioni, nonché all'intera popolazione. L'obiettivo è sensibilizzare tutti, cittadini e medici, per individuare tempestivamente la neoplasia e potersi avvalere del miglior percorso di cura. Il progetto, presentato oggi a Roma e realizzato con il contributo incondizionato di Astellas, prevede una serie di iniziative che hanno come testimonial Massimiliano Ossini. Il conduttore Tv è protagonista di uno spot per YouTube e presta il suo volto a una attività di affissione manifesti che saranno esposti nelle stazioni metropolitane di Milano e Roma l'ultima settimana di novembre. Viene poi avviata un'importante campagna sui social media e sono state promosse tre survey tra gli specialisti (oncologi, genetisti e chirurghi). Per pazienti e caregiver è realizzato e distribuito il booklet 'Mangiare bene per vivere meglio', una guida che sostiene i pazienti nel ritrovare, dopo l'intervento, il piacere al 'mangiare'. In questo volumetto - riferisce una nota - sono raccolte le indicazioni di esperti nella nutrizione del paziente gastroresecato nelle diverse fasi. Infine sul portale web viveresenzastomaco.org è attivata una speciale sezione in cui sono raccolte 10 storie di pazienti, caregiver e medici che hanno vissuto da diverse prospettive il tumore allo stomaco. "Intendiamo aumentare la consapevolezza generale della popolazione coinvolta direttamente o indirettamente con il carcinoma gastrico - afferma Claudia Santangelo, presidente di Vivere senza stomaco - Ogni diagnosi oncologica rappresenta un indelebile punto di svolta nella vita di una persona. Con la nostra nuova campagna vogliamo far comprendere quanto sia una malattia difficile, ma con la quale è possibile convivere e lo faremo anche attraverso le parole di chi ha vissuto in prima persona l'esperienza. Al tempo stesso vogliamo supportare malati e caregiver con consigli utili e pratici su come affrontare il cancro. Infine, è nostra priorità sollecitare tutte le istituzioni sanitarie sia locali che nazionali affinché il paziente con carcinoma gastrico possa avvalersi di una organizzazione omogenea su tutto il territorio nazionale. L'impegno infatti è che siano costruiti, con il nostro coinvolgimento, i Pdta (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) in modo da garantire al paziente la miglior cura possibile e in grado di uniformare il livello delle cure". Sempre oggi a Roma sono stati presentati anche i risultati delle indagini condotte tra specialisti del tumore dello stomaco ereditario legato alle varianti patogenetiche dei geni Cdh1 e Ctnna1. "Sono due mutazioni estremamente rare e che sono associate a forme aggressive di carcinoma sia gastrico che mammario - sottolinea Antonio Russo, professore ordinario di Oncologia medica presso l'Università di Palermo - Più in generale, fino all'8% di tutti i casi presenta delle mutazioni che aumentano il rischio d'insorgenza di malattia. Queste possono essere trasmesse dai genitori ai figli e condivise con altri familiari ed è perciò necessaria un'accurata gestione della diagnosi e il follow-up dei pazienti e anche dei consanguinei sani. La survey evidenzia effettivamente alcune lacune nella presa in carico preventiva e nel relativo iter gestionale". Secondo la ricerca - dettaglia la nota - il 45% dei centri oncologici interpellati effettua regolarmente i test genetici ai pazienti under 50. Tuttavia, solo un terzo si occupa anche della gestione dei portatori sani di varianti patogenetiche. L'80% delle strutture sanitarie è collegato a centri di genetica oncologica e garantisce un supporto essenziale. Però solo nel 27% dei casi vi è un iter strutturato per la presa in carico delle persone risultate positive a mutazioni nei geni Cdh1 o Ctnna1. "E' assolutamente necessario standardizzare sull'intero territorio nazionale i vari percorsi di gestione di pazienti che devono essere considerati ad alto rischio - evidenzia Bernardo Bonanni, direttore della Divisione di Prevenzione e Genetica oncologica dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano - I test genetici germinali rappresentano un'importante risorsa per la prevenzione e la personalizzazione delle cure di molte forme di cancro. Ciò vale anche per un tumore, come quello allo stomaco, che è molto complesso da un punto di vista biologico. Gli esami genetici possono essere salvavita e migliorare le opportunità dei pazienti. Devono essere svolti ed interpretati preferibilmente in centri oncologici altamente specializzati, soprattutto quando bisogna individuare mutazioni rare e predisponenti a rischio multi-organo come quella in Cdh1, che può determinare alto rischio di tumori dello stomaco ma anche della mammella". Infine, sempre secondo la survey, solo nel 15% dei centri di chirurgia oncologica interpellati esiste un percorso completo diagnostico e terapeutico comprendente chirurgo, genetista e anatomo patologo dedicato con possibilità di analisi molecolari. "E' un altro dato che evidenzia quanto lavoro ci sia ancora da fare per migliorare l'assistenza anche per i pazienti colpiti dalla forma ereditaria di tumore gastrico - conclude Giovanni Corso, chirurgo dell'Ieo e ricercatore universitario dell'Università Statale di Milano - La chirurgia al momento rimane ancora il trattamento più importante nella maggior parte dei casi. L'intervento col bisturi può essere efficace, ma si tratta di un'operazione molto complessa da affrontare ed è cruciale rivolgersi solo in strutture sanitarie che possiedono il giusto expertise".
(Adnkronos) - "Quando si parla di qualcosa di eccellente, automaticamente ciò che affiora alla mente è un nome, un brand o l'autore di quella realizzazione e la marca ne è la sintesi. La marca è il modo con cui l'italianità può andare nel mondo. Noi non vendiamo un prodotto all'estero, come sistema Paese, ma uno o tanti marchi, per questo siamo diventati importanti e stiamo continuando a crescere. Ciò, infatti, contribuisce in modo attivo e proattivo alla ricchezza anche della nostra bilancia commerciale". Con queste dichiarazioni, Francesco Mutti, presidente di Centromarca, a margine dell’evento di presentazione delle evidenze della ricerca ‘La Marca crea valore per l’Italia’, promossa da Centromarca e condotta da Althesys sul valore condiviso dell’industria di marca sul sistema Paese. "Stiamo parlando, infatti, di oltre 87 miliardi di euro di Valore Condiviso. Questi sono i dati che la ricerca di Althesys ci ha appena comunicato. Si tratta di un valore di filiera, quindi con ricadute sia sulle aziende, ma anche sul mondo agricolo, sul mondo della logistica, della trasformazione, della distribuzione e sulle persone che lavorano all'interno del sistema del mondo Marca - spiega - in quanto lo studio di Althesys illustra che l'analisi sulla crescita dei salari dal 2019 al 2023, seppur in un momento in cui il Paese ha sofferto di un incremento di inflazione importante, è stata, però, fortemente più che controbilanciata da una crescita di oltre il 17% e questo rappresenta un modello positivo di sviluppo”. Il presidente Mutti, prosegue poi, illustrando la visione di Centromarca sulla tassazione sui consumi: “Noi vediamo la tassa sui consumi come un ostacolo. Pertanto, è necessario vivere questa filiera come una generatrice di valore e di risorse, stando attenti, al contempo, alle tasse sui consumi. Essi, infatti, ricadono sul carrello della spesa dei nostri consumatori, riducendo la loro capacità di acquisto - sottolinea - Di conseguenza, a nostro avviso si tratta di una tassazione sbagliata e verso la quale cerchiamo di opporci strenuamente. Non dev'essere, infatti, attraverso le tasse che si cambiano le abitudini di consumo dei nostri consumatori”. “Con il passare del tempo emerge sempre di più come la dimensione media delle nostre aziende sia incompatibile con un mercato che si sta allargando. Quando, ad esempio, facciamo un focus nel mondo dell'alimentare, ci rendiamo conto che oltre il 50% delle esportazioni sono fatte dallo 0,2% delle aziende italiane. Ciò significa che abbiamo un bacino di aziende che, purtroppo, dimensionalmente sono troppo piccole per riuscire a competere sul mercato domestico e non solo, soprattutto quando affrontiamo in modo sistemico e sistematico i mercati internazionali - continua Mutti - Pensiamo anche a tutti i cicli di innovazione ai quali saremo esposti: quando parliamo di intelligenza artificiale, un conto è andare ad applicarla su un’azienda di dimensioni medio grandi, ma stiamo parlando di aziende relativamente piccole, non di grandi multinazionali. Quando l'azienda è troppo piccola, queste innovazioni rischiano solamente di indebolirla. Noi oggi dobbiamo fare una riflessione profonda affinché questo tessuto industriale importantissimo non vada sprecato, ma ci siano sistemi per migliorare e agevolare l'aggregazione e la capacità di creare dei campioni a livello nazionale, che possano sostenere tutta la singola filiera”. “L'ecosistema nel quale si sviluppano le aziende è la capacità di creare l'habitat ideale affinché le singole aziende possano prosperare, generando ricchezza per i lavoratori e posti di lavoro, non solo come unità, ma come qualità, in termini retributivi e di valore di lavoro svolto. Quindi, è necessario che i singoli governi creino opere condivise affinché, una volta determinata in modo chiaro una direzione, si possa continuare. Una tra le caratteristiche più importanti delle imprese è poter godere di una tranquillità temporale - illustra - Quindi, è necessario prendere alcune direzioni che possano essere mantenute. Oggi, quando si parla di capacità competitiva del sistema Paese, la prima parola che viene in mente è energia. Tuttavia l'Italia, oggi, dal punto di vista energetico, ha dei costi non sostenibili e la capacità di migliorare da questo punto di vista sarebbe un grande successo da parte del governo”. Infine, Mutti riassume dove indirizzare gli investimenti volti alla crescita delle aziende: “Come Centromarca oggi abbiamo portato una serie di proposte a costo zero. Uno tra gli elementi su cui continuiamo costantemente a batterci è quello della legalità: le aziende che non rispettano la legalità sono aziende che svolgono una competizione scorretta, che non si basa sulla capacità del saper fare, ma si basa viceversa sul non rispetto delle norme e delle leggi e quindi una competizione sleale. Dal punto di vista degli investimenti, siamo contro le tassazioni sui consumi e siamo, invece, molto favorevoli a politiche fiscali di incentivazione, affinché la taglia media della dimensione italiana delle aziende possa crescere e creare dei campioni nazionali, che possano aprire a tutta la filiera dei mercati internazionali e portare l'eccellenza, che è rappresentata dal marchio del Made in Italy, nel mondo”, conclude.
(Adnkronos) - Il secondo report di sostenibilità del brand consolida e struttura un percorso, quello di #Viviamosostenibile, con cui Penny intende e vive il business ogni giorno: ossia un concreto impegno valoriale verso le comunità in cui opera e l'ambiente, anche attraverso lo sviluppo di prodotti sostenibili. E' quanto fa sapere Penny in una nota. Il nuovo documento, e i suoi contenuti digitali - si legge - sono presentati alla stampa e ai partner di sostenibilità oggi 17 ottobre, a Milano, in una conferenza stampa dedicata. Il Bilancio di Sostenibilità 2022-23 è la seconda edizione di reportistica di sostenibilità per Penny Italia. I percorsi di valore riportati fanno riferimento al periodo compreso tra il 1° gennaio 2022 e 31 dicembre 2023. A fini comparativi sono stati inseriti, laddove disponibili, anche i dati relativi al 2021 e, quando significativi, sono stati inseriti dei focus su progettualità sviluppate nel corso del 2024. Per la redazione del Bilancio di Sostenibilità, Penny si è avvalsa di un gruppo di lavoro interno che ha coinvolto il top management e le diverse funzioni aziendali, le quali hanno contribuito attivamente alla definizione dei temi materiali e alla raccolta dei dati e di tutte le informazioni necessarie alla redazione del reporting. Le informazioni presentate nel Bilancio sono state definite assumendo come riferimento metodologico i 'Gri Sustainability Reporting Standards', aggiornati al 2021, emanati dalla Global Reporting Iniziative (Gri), associazione internazionalmente riconosciuta che si occupa dello sviluppo di standard di reporting di sostenibilità. "Abbiamo introdotto il nostro modello di governance della sostenibilità - dice Paola Monica Dimaggio, Sustainability Manager per Penny - con l’obiettivo di rafforzare e rendere ancora più trasparente l'imprescindibile legame tra l'impegno alla sostenibilità e le strategie di business, in un percorso sempre più concreto che riguarda tutti noi e che ci tocca sempre più da vicino”.