(Adnkronos) - Quasi un milione di euro. E' questa la somma totale richiesta delle parti civili a Matteo Salvini come risarcimento nel processo Open Arms. Una vicenda in cui il ministro avrebbe tenuto "una condotta disumana", "un atteggiamento marcatamente politico ed elettorale", "Ha sacrificato la dignità dei naufraghi". Sono parole pesanti, quelle usate ieri dagli avvocato di parte civile contro l'imputato 'eccellente', il vicepremier e ministro accusato di sequestro di persona e di rifiuto di atti d'ufficio per avere impedito, nell'agosto del 2019, lo sbarco di 147 migranti soccorsi nei giorni precedenti dalla ong spagnola. Parlano tutti, per una ventina di minuti ciascuno, i legali di parte civile, che rappresentano alcuni degli stessi naufraghi, associazioni, Legambiente, Arci, Giuristi democratici, Sud Sud e altre. Tutti chiedono un congruo risarcimento al vicepremier, che anche non si è presentato in aula, perché impegnato a Budapest. Solo l'ong Open Arms chiede la somma di 380 mila euro. Gli altri dai 30 ai 50 mila euro. Circa un milione di euro. "Da parte dell'imputato Matteo Salvini c'è stata una condotta di disumanità. E' giusto ricordare le storie di alcuni dei naufraghi che si trovavano a bordo della Open Arms", attacca l'avvocato Fabio Lanfranca, legale di parte civile di Mediterranea Saving Humans. "Come il sedicenne, orfano di padre, che ha subito violenze e torture", ricorda il legale. Che parla di "terrificanti violenze a cui venivano sottoposti in Libia i migranti che da lì passano per provare ad avere una vita". "Non vi era alcuno motivo per negare il Pos, cioè il porto sicuro, non vi erano problemi di terroristi a bordo, non c'erano problemi di ordine pubblico. Quello dell'imputato era un atteggiamento marcatamente politico ed elettorale, e prima ancora mediatico, fino a sacrificare la dignità dei naufraghi, è stato un tradimento delle norme". Sono, invece, le parole dell'avvocato Gaetano Pasqualino, parte civile di alcuni migranti a bordo dell'Osservatorio Noureddine. "La nave non poteva considerarsi un pos temporaneo - dice il legale - sia per le condizioni della imbarcazione, per la situazione igienico sanitaria, per l'assenza dei farmaci a bordo, per le condizioni di salute dei migranti". E aggiunge: "La condotta dell'imputato ha prodotto effetti pregiudizievoli alla sfera giuridica dei migranti soccorsi". "Tutte le parti civili si sono riportate alle richieste che la Procura ha fatto in modo molto argomentato sia sulla ricostruzione dei fatti, sia sulle disposizioni giuridiche che sono state violate dell'imputato. Noi confidiamo sulla pronuncia del Tribunale, riteniamo che ci siano tutte le condizioni per affermare la responsabilità penale dell'allora ministro dell'Interno". Sono le parole dell'avvocato Arturo Salerni, legale di parte civile di Open Arms, parlando con i giornalisti durante una pausa del processo. "Sono emerse anche le vicende terribili di chi è stato ostaggio sulla nave per tanti giorni in condizioni disumane, persone che venivano da realtà infernali nei loro percorsi migratori soprattutto dai campi libici che sono luoghi di tortura - dice -. In Italia si sono ritrovati ad aspettare per quello che era un atto dovuto come prevedono le convenzioni internazionali e la legge italiana". "Il leitmotiv della difesa è stato quello di avere esercitato una azione politica volta a difendere i confini della patria. Qui non è minimamente in discussione un azione politica ma una condotta attiva e omissiva che nulla a che fare con l'azione politica e con quello che ne discende", dice l'avvocato Giorgio Bisagna, legale di parte civile per Cooperazione Internazionale Sud Sud. "A monte quello che è mancato è stato l'esercizio di una azione politica - dice - E questo lo vediamo da un punto di vista tecnico. Come detto dalla Procura quello che è mancato è stato qualunque forma di rispetto. No solo delle norme sovranazionali e principi costituzionali, ma è anche mancato il rispetto minimo di tutte le norme a presidio del principio di legalità e il principio di trasparenza della buona amministrazione. L'atto politico è una atto amministrativo. Qui sono mancati atti di politica, anche alta, atti amministrativi e qualunque parvenza di procedimento, non sono formalismi". "Perché quando si verte in materia di tutela dei diritti umani o quando, come sostenuto dalla difesa, si parla di ordine e sicurezza pubblica, le norme a presidio dell'esercizio dei poteri autoritativi dei poteri dello Stato, sono estremamente rigorose e come tali devono essere rispettate", spiega ancora Bisagna. "Qui abbiamo assistito a condotte che hanno saltato qualunque norma procedimentale- aggiunge il legale - E' mancato qualunque provvedimento amministrativo o qualunque atto che avesse un minimo di parvenza di legalità. E mi riferisco a quello che accade dal momento che c'è l'ordinanza del Tar che sospende il decreto di interdittiva di transito e sbarco. Da qual momento in poi non assistiamo nell'esercizio, nel rispetto, dei paletti dell'azione politica/amministrativa finalizzata a garantire l'ordine e la sicurezza pubblica. Assistiamo a condotte scomposte che avevano come unico obiettivo dichiarato, impedire ai migranti di mettere piede in Italia. Sono condotte, sono fatti sganciati da qualunque forma di esercizio legale del potere autoritario dello Stato, questo è il nodo principale della vicenda". "Non è stata una semplice irregolarità. Non c'è stato nulla. Le comunicazioni erano per sms, whatsapp, addirittura il vulnus si percepisce quando in relazione alla procedura di eventi sar, che come sappiamo fino al 2019 era codificata in maniera corretta, perché vi era un riparto di competenze fra organi di varie amministrazioni. La Guardia costiera aveva la competenza del coordinamento del soccorso in mar, l'attività di assegnazione del Pos, veniva concertata con un organo tecnico, come il dipartimento delle Libertà civili e immigrazione del Viminale. Il movente politico non esiste", conclude il legale di Sud Sud, l'avvocato Giorgio Bisagna. "Una volta soccorso dall'Ong, Musa ha trascorso 17 giorni a bordo della Open Arms prima di poter sbarcare per decisione del Tribunale dei Minori. 17 giorni che sono stati un inferno, senza possibilità di avere un supporto psicologico, senza poter provvedere a cure mediche o all'igiene personale". Così l'avvocata Serena Romano, legale di Musa, uno dei 147 naufraghi soccorsi dalla Open Arms nell'agosto del 2019. Il giovane all'epoca aveva 15 anni. E oggi è venuto, per la prima volta, in aula. "Al tempo Mussa aveva 15 anni, viaggiava solo, senza familiari, su una barca piccolissima di legno, di 12 metri per 2 di larghezza, con 55 persone sopra. Il motore dell'imbarcazione era in avaria. Questa barca imbarcava acqua, era inclinata sul davanti: come abbiamo avuto modo di vedere nelle udienze precedenti si trattava di una barca a rischio altissimo di ribaltamento sulla quale oltre a Musa viaggiavano 20 minori e 2 neonati - dice la legale - Il ragazzo ha lasciato il paese a 12 anni, è arrivato in Libia con suo zio, che è poi venuto a mancare. La tutrice ci ha detto che le sue condizioni non erano buone: aveva cicatrici in tutto il corpo. È stato ripetutamente colpito con bastoni sulla pianta dei piedi fino a rompergli le ossa". "Una volta arrivato, Musa voleva giocare a calcio, ma le fratture fatte nei campi di concentramento libici glielo impedivano. Ha cicatrici sulle mani dovute all'applicazione degli elettrodi, si è trovato in una stanza, a sentire le urla per la tortura sapendo che poi sarebbe toccato a lui. Ha vissuto per 3 anni in Libia in queste condizioni. Musa ha terrore del mare: perché ha rischiato di morire- ha detto ancora Romano - È stato costretto dalle decisioni dell'imputato a restare 17 giorni, ingiustificati, in mare con la paura di essere riportato in Libia. Oltre alle richieste fatte precedentemente, chiedo anche che l'imputato provveda a un risarcimento economico". "Siamo di fronte a una guerra non dichiarata. Sono morti 30 mila migranti negli ultimi lustri e qui l'imputato parla di difesa dei confini, quasi fossimo di fronte allo sbarco in Normandia. Il richiamo all'articolo 52 della Costituzione è incongruente e offensivo. C'è un carico di intenzionalità da parte dell'imputato fuori le righe dei comportamenti politici". Sono le parole dell'avvocato Armando Sorrentino, legale dell'associazione Giuristi italiani. Durante una pausa l'avvocata Giulia Bongiorno, legale di Salvini, ci tiene a dire: "Bisogna condannare con fermezza qualsiasi tipo di invettiva, minaccia e aggressione. E' ovvio che da parte mia c'è la solidarietà nei confronti dei magistrati che ricevono minacce", dopo le minacce arrivate ai tre pm del processo. "La reiterazione del decreto sarebbe stato un assurdo giuridico evidente e impraticabile. Le condizioni della imbarcazione Open Arms erano difficili, con le condizioni di oltre 140 persone che si trovavano in uno spazio ristretto, con servizi igienici che sempre di più diventavano inabili rispetto alla possibilità di svolgere la loro funzione, con persone a bordo che scappavano dalle loro realtà, dalle condizioni di prigionia in Libia con le sofferenze che ci sono state descritte. Sofferenze di carattere fisico e psichico e personale. Di fronte a queste persone, sguarnite di ogni difesa, ammucchiate in quel caldo agostano in condizioni disperate, si erge l'autorità di pubblica sicurezza, nel suo vertice, la quale, al di fuori di ogni previsione normativa, in chiara violazione anche dell'articolo 13 della Costituzione, decide di privare della libertà le persone che si trovavano in quella condizioni", dice in aula l'avvocato Arturo Salerni, "Siamo di fronte all'esercizio di un potere che contrasta con i principi fondamentali del nostro ordinamento, con le garanzie delle persone alla tutela del bene primario della libertà della persona, oltre che in quella condizione di grave contrapposizione al diritto umanitario contenuto anche nelle convenzioni del diritto del mare". Il processo è stato rinviato al 18 ottobre per le arringhe difensive. Poi il Presidente Roberto Murgia indicherà un'altra data per le eventuali repliche e la Camera di consiglio. Tra fine ottobre e inizio novembre. (di Elvira Terranova)
(Adnkronos) - Permettere ai lavoratori di analizzare la propria situazione previdenziale e scegliere il fondo pensione più adatto. Questo l'obiettivo del comparatore online di fondi pensione lanciato dalla startup Ciao Elsa, che opera nell’ambito di previdenza integrativa e che si può definire il primo player pensiontech italiano. Il comparatore, basato sui dati ufficiali Covip, basato su parametri come anzianità lavorativa, livello di retribuzione, contratto di lavoro e propensione al rischio, offre una panoramica completa di tutti i fondi disponibili in Italia, considerando rendimenti, costi e vantaggi del contributo datoriale, il tutto in maniera indipendente e trasparente. E la startup Ciao Elsa nasce con l'obiettivo di colmare il gap di conoscenza del sistema previdenziale italiano, rendendo accessibili ai più temi complessi come il Tfr, i fondi pensione e contributo datoriale, argomenti spesso trattati con un linguaggio tecnico e burocratico. Attraverso un linguaggio chiaro e accessibile ha acceso l’interesse per la tematica sui social, grazie al proprio profilo Instagram seguito da oltre 100.000 persone, e coinvolgendo oltre 10.000 lavoratori che sono già stati protagonisti di sessioni di formazione di gruppo, individuali o in azienda. Se la consapevolezza è la base, è necessario però fornire ai lavoratori anche degli strumenti semplici ed efficaci per passare all’azione. E per questo motivo la startup ha lanciato il comparatore, che è disponibile gratuitamente sul sito di Ciao Elsa, al link https://comparatore.ciaoelsa.com/. “Indipendenza, trasparenza e chiarezza sono i valori fondamentali di CiaoElsa -afferma Anna Vinci, co-founder e ceo- spieghiamo facilmente le cose difficili su previdenza e TFR, educando e informando i nostri utenti per aiutarli a prendere decisioni finanziarie informate e consapevoli. Abbiamo finora lavorato moltissimo sulla divulgazione e sul dare gli strumenti basilari di conoscenza ai lavoratori per iniziare a preoccuparsi del proprio futuro. Ora con il comparatore di fondi pensione, diamo uno strumento per agire prendendo una decisione concreta”, conclude.
(Adnkronos) - Rifiuti abbandonati nei parchi urbani, una piaga che non si ferma. Secondo i dati della nuova indagine di Legambiente Park Litter, nel 2024 sono stati 20.757 i rifiuti raccolti e catalogati dai volontari nei 42 transetti eseguiti in 35 parchi urbani in 12 città: Ancona, Bari, Caltanissetta, Codigoro (FE), Firenze, Milano, Moncalieri (TO), Napoli, Perugia, Pineto (TE), Roma, Torino. Circa 5 rifiuti ogni metro quadrato monitorato. Tra i rifiuti più trovati si confermano al primo posto i mozziconi di sigaretta (11.077, il 53%), seguiti da tappi di bottiglia/barattoli e dalle linguette di lattine (1.436, il 7%). A segnalarlo l'associazione in vista dell'avvio ufficiale della 32esima edizione di Puliamo il Mondo (dal 20 al 22 settembre), la storica campagna di volontariato ambientale organizzata in Italia da Legambiente per ripulire dai rifiuti abbandonati aree verdi, strade, piazze, sponde di fiumi e spiagge. Migliaia gli eventi in programma dal nord al Sud del Paese e che anche quest’anno avranno come protagonisti cittadini di tutte le età, studenti, amministrazioni e aziende, impegnati per fare un gesto concreto per l’ambiente. Ad aprire il weekend di Puliamo il Mondo sarà domani 18 settembre, alle 10:30, l’anteprima organizzata a Napoli presso piazza Garibaldi. Un luogo simbolico, altamente frequentato, protagonista di un progetto di rigenerazione urbana e sociale che vedrà all’azione, muniti di guanti e sacchetti, i volontari e le volontarie di Legambiente e di 13 associazioni di volontariato aderenti all’iniziativa: Croce Rossa Italiana, Caritas, Dedalus cooperativa sociale, Erasmus Student Network, Azione Cattolica, i segni dei tempi, Un Ponte Per, Agesci, Focsiv, Centro Astalli, la comunità palestinese, Action Aid, Libera. Tutte insieme unite anche per lanciare un messaggio di pace. Raggruppati per categorie di materiali, i rifiuti dispersi nei parchi sono riconducibili per il 74% ai polimeri artificiali (plastiche) per un totale di 15.452 rifiuti, per l’8,6% al metallo (1.787 rifiuti), l'8% a carta e cartone (1.603), il 6% a vetro e ceramica (1.154). Segnala Legambiente: "La categoria 'altri oggetti in plastica identificabili ma non in lista' è costituita da coriandoli (1.101, il 5% del totale dei rifiuti), oggetti che si usano per festeggiare ma che si diffondono molto facilmente nell’ambiente, anche trasportati dal vento". Legambiente, inoltre, sottolinea che le principali zone di accumulo dei rifiuti nei parchi urbani restano perlopiù sotto o nelle vicinanze di panchine e tavoli da picnic e dei cestini. Il vento resta la principale causa della dispersione dei rifiuti nell’ambiente, unita al fatto che spesso i cestini sono privi di copertura. Solo in 19 transetti su 42 (46,3%) Legambiente ha trovato questa caratteristica utile a prevenire la dispersione di materiale. Rifiuti che, spesso, attraverso tombini e canali di scolo dai parchi urbani arrivano fino al mare. “In Italia non si arresta la piaga dei rifiuti abbandonati - dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente - Da 32 anni, con Puliamo il mondo, promuoviamo l’informazione e la sensibilizzazione sul tema dei rifiuti abbandonati e dispersi promuovendo strumenti e soluzioni per ridurne sempre di più la presenza e organizzando iniziative di cittadinanza attiva in difesa dell’ambiente, restituendo, grazie alle volontarie e ai volontari, alla comunità luoghi più puliti, accoglienti e anche più inclusivi. Infatti, con il motto 'Per un clima di pace', la campagna vuole farsi promotrice e sostenitrice di una società che promuove la pace e l’inclusione, secondo il principio che è cittadino di un luogo chi se ne prende cura, attraverso il rispetto della diversità, rifiutando la guerra, ogni forma di pregiudizio, violenza, di odio e discriminazione. Vi aspettiamo questo weekend, insieme possiamo fare la differenza".