(Adnkronos) - La ricerca italiana compie un passo avanti nella lotta all'Alzheimer, aprendo a nuove possibilità di diagnosi precoce e di cura. Scienziati dell'Istituto superiore di sanità, dell'Irccs San Raffaele di Roma e del Consiglio nazionale delle ricerche hanno svelato un nuovo meccanismo molecolare alla base della perdita della memoria e delle capacità cognitive che caratterizzano le demenze. Al centro della scoperta c'è una proteina che all'interno dei neuroni ha il compito di riparare i danni al Dna. Lo studio, pubblicato su 'Embo Reports' - comunica l'Iss - aggiunge nuovi importanti tasselli di conoscenza in una patologia che riguarda in Italia circa 2 milioni di persone (1,1 milione con demenza e 900mila con un disturbo cognitivo lieve), e in futuro potrebbe fornire un nuovo biomarcatore di malattia. Per un test in grado di intercettarla prima. La ricerca - riporta l'Iss - dimostra per la prima volta che l'enzima Dna-PKcs, una proteina chinasi coinvolta nei meccanismi di riparazione del Dna all'interno delle cellule nervose, è localizzata nelle sinapsi, cioè nel punto di contatto funzionale al livello del quale avviene la trasmissione delle informazioni tra i neuroni. Gli autori hanno osservato che nelle sinapsi la Dna-PKcs è responsabile della fosforilazione (una particolare modificazione della struttura di una molecola) di PSD-95, una proteina responsabile dell'organizzazione delle sinapsi, della loro struttura e di conseguenza anche della trasmissione dei segnali. "La modificazione di PSD-95 da parte della Dna-PKcs rende PSD-95 stabile all'interno delle sinapsi e non suscettibile di degradazione, come avviene per esempio nell'Alzheimer", spiega Daniela Merlo, dirigente di ricerca del Dipartimento di Neuroscienze e direttrice della Struttura interdipartimentale sulle Demenze dell'Iss, coordinatrice dello studio. Nel 2016 lo stesso gruppo di scienziati aveva scoperto che l'attività dell'enzima Dna-PKcs viene inibita dalla beta-amiloide, la proteina che tipicamente si accumula nel cervello dei pazienti con Alzheimer. Nel cervello dei malati, infatti, è stata osservata la diminuzione dei livelli e dell'attività di Dna-PKcs. E la mancata riparazione dei danni al Dna che deriva dall'inibizione di Dna-PKcs è implicata nella morte dei neuroni osservata in diverse malattie neurodegenerative, tra cui appunto l'Alzheimer. "Questa nuova scoperta dimostra che la Dna-PKcs ha un ruolo fondamentale nella memoria e nei deficit cognitivi che caratterizzano l'Alzheimer e le demenze", sottolineano Cristiana Mollinari, ricercatrice dell'Istituto di Farmacologia traslazionale del Cnr, e Leonardo Lupacchini, ricercatore del San Raffaele Roma, primi autori dell'articolo. "Pertanto - evidenzia Merlo - questo studio propone un nuovo scenario in cui nella malattia di Alzheimer, ma non solo, la ridotta attività enzimatica della Dna-PKcs, mediata dall'accumulo di beta-amiloide, provoca la riduzione dei livelli di PSD-95 nelle sinapsi dovuta alla sua mancata fosforilazione, e di conseguenza la disfunzione delle sinapsi. Che è alla base della perdita di memoria". "La mancata fosforilazione di PSD-95 nelle patologie neurodegenerative caratterizzate da deficit cognitivo potrebbe rappresentare un nuovo biomarcatore per la diagnosi precoce e per il monitoraggio nel tempo della malattia", prospetta Merlo. "Questo studio - commenta Enrico Garaci, presidente del Comitato tecnico scientifico dell'Irccs San Raffaele Roma - ha identificato nuove vie cellulari che possono essere modulate farmacologicamente, e quindi strategie terapeutiche mirate a regolare l'attività della Dna-PKcs e l'integrità di PSD-95 potrebbero avere un importante impatto terapeutico sulla perdita delle sinapsi e quindi sui deficit cognitivi in diverse malattie neurologiche". "La malattia di Alzheimer e le demenze hanno un impatto considerevole in termini socio-sanitari e rappresentano una delle maggiori cause di disabilità nella popolazione generale e in quella anziana in particolare, rappresentando uno dei problemi più rilevanti in termini di sanità pubblica", afferma Massimo Fini, direttore scientifico dell'Irccs San Raffaele Roma.
(Adnkronos) - "In merito alle figure professionali più richieste e alla domanda prevista nel settore del turismo, l’estate ha finora confermato le previsioni del nostro osservatorio Assolavoro Datalab. Dopo la leggera frenata rispetto agli anni precedenti, registrata tra luglio e agosto, le stime più accreditate danno una risalita del turismo già a partire da settembre. Tale risalita impatterà favorevolmente l’occupazione delle figure professionali usuali quali, per esempio, l’accoglienza (nei porti, nelle stazioni, negli aeroporti, nelle strutture ricettive e così via), la ristorazione (chef, camerieri, barman), l’intrattenimento e la comunicazione (animatori, organizzatori di eventi, social media manager, social media account e così via)". E' l'analisi sull'andamento del mercato del lavoro nel settore del turismo di Francesco Baroni, presidente di Assolavoro, l’associazione nazionale delle agenzie per il lavoro che aggrega e rappresenta oltre l’85% del settore, intervistato da Adnkronos/Labitalia. Nel mercato del lavoro del turismo "ci sono tre nuove tendenze da evidenziare. Cresce l’attenzione per la sostenibilità e, quindi, per gli impatti che gli spostamenti e i consumi hanno sull’ambiente; l’innovazione, con tutto quanto ne consegue in termini di semplificazione e di servizi aggiuntivi derivanti da un uso sapiente dei nuovi strumenti digitali e la comunicazione personalizzata e tempestiva. Si tratta di fenomeni che impattano sulla maggior parte delle figure professionali coinvolte nel settore. In questo scenario, le difficoltà a recuperare personale e competenze resta alto; si può stimare che, almeno una opportunità di lavoro su due, sia difficile da incrociare con una persona in cerca di occupazione". Per Baroni, "inoltre, la continua crescita della percentuale di turisti stranieri determina la necessità di avere sempre più personale capace di parlare bene una o meglio due o più lingue diverse dall’italiano. L’auspicio è che, complice anche il rinnovo del Contratto collettivo nazionale del settore, il turismo acquisisca ancora maggiore appetibilità e che si affermi sempre di più come lavoro di lavoro di qualità e soddisfazione". "Infatti, per quanto nel suo insieme sia, ovviamente, un settore sano e trainante rispetto all’economia del nostro paese, il turismo -conclude- resta anche uno dei settori maggiormente esposti a forme di lavoro con basse tutele o irregolari. La qualificazione del personale e l’utilizzo sempre più diffuso dei contratti a maggiore tutela sono leve competitive fondamentali sia per le singole persone, che per le aziende che operano nel settore e per l’intero sistema Paese. Le Agenzie, anche in questo caso, favoriscono e possono supportare percorsi formativi di eccellenza, strumenti di welfare molto competitivi e processi di ricerca e selezionare particolarmente efficaci per ogni singola occasione di lavoro", conclude il presidente di Assolavoro.
(Adnkronos) - "Il progetto che presentiamo oggi nella sede di Rea Dalmine è un ottimo esempio di cooperazione tra imprese, A2A e il gruppo Green Thesis proprietario del termovalorizzatore e di buona amministrazione perché ci sono diversi comuni coinvolti che hanno saputo coordinarsi per consentire un attraversamento della nostra infrastruttura di teleriscaldamento in una delle zone più antropizzate d'Europa. Non era semplice portare i sei chilometri di condutture dalla Rea Dalmine fino alla città di Bergamo". Lo ha detto all’Adnkronos l’Amministratore Delegato di A2A Renato Mazzoncini in occasione della presentazione del progetto di sviluppo della rete di teleriscaldamento da Dalmine a Bergamo. "È un progetto molto importante – ha spiegato Mazzoncini - perché il teleriscaldamento di quarta generazione, che consente di utilizzare il calore di scarto, è il futuro: consente di portare calore decarbonizzato alle abitazioni. Siamo automaticamente compatibili con la direttiva europea ‘Case Green’. La direttiva prevede, entro un periodo che va tra il 2035 e il 2040, che anche le abitazioni riducano il loro impatto di CO2. Questo si può fare ovviamente in maniera passiva, con cappotti e serramenti, oppure decarbonizzando la sorgente di energia, ed è quello che stiamo facendo". La rete di Bergamo "oggi è una rete di 87 chilometri e l'estensione prevista è di 22. Questo dà l'idea della quantità di calore che si riesce a portare – sottolinea Mazzoncini - L'efficienza dell'impianto di Rea Dalmine, che già produceva energia elettrica, passa dal 27% all'80%. A dimostrazione di quanto sia importante in questi impianti il recupero di energia elettrica e del calore. Il recupero del calore è particolarmente importante nelle città del Nord Italia, come appunto Dalmine o Bergamo, che durante l'inverno hanno bisogno di molto calore ed è tra l'altro il periodo dell'anno in cui abbiamo meno rinnovabili, poiché il sole d'inverno spinge di meno. Quindi è un bel progetto di cui siamo molto orgogliosi".