(Adnkronos) - Incendio oggi in A14, dove, dalle 16, è chiuso il tratto compreso tra Val Vibrata e Giulianova, nel Teramano, in entrambe le direzioni a causa di un incidente avvenuto all'altezza del km 328. A comunicarlo è Autostrade per l'Italia. L'incidente ha visto coinvolti un'auto e un mezzo pesante, con quest’ultimo che ha preso fuoco dopo essersi ribaltato. Quattro i feriti. Ci sono 5 km di coda in aumento, in entrambe le direzioni. La circolazione è paralizzata. Sul posto sono intervenuti i soccorsi sanitari e meccanici, le pattuglie della polizia stradale, il personale della Direzione 7 Tronco di Pescara di Autostrade per l'Italia e i vigili del fuoco per spegnere il rogo. A coloro che sono bloccati in coda viene distribuita acqua. Agli automobilisti in transito diretti verso Pescara, dopo l’uscita obbligatoria a Val Vibrata, si consiglia di percorrere la viabilità ordinaria e rientrare in A14 a Giulianova. Percorso inverso per chi è diretto verso Ancona.
(Adnkronos) - ''Il ritiro degli emendamenti al decreto legge infrastrutture, che puntavano a introdurre la revisione ordinaria obbligatoria dei prezzi e regole più uniformi negli appalti di servizi e forniture, è una scelta che condanna al fallimento decine di aziende, con il conseguente rischio di perdita di migliaia di posti di lavoro, e minaccia la tenuta di settori cruciali per il funzionamento quotidiano del Paese''. È la denuncia della Consulta dei servizi, che riunisce 19 associazioni nazionali e 4 filiere, a seguito del ritiro delle proposte di modifica, nelle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera, ritenuti ''essenziali per garantire equità e continuità negli appalti pubblici''. ''Il settore dei servizi fatica a sostenere contratti pubblici che non riconoscono l’impatto reale dell’inflazione e dell’aumento dei costi'', spiega la Consulta dei servizi. La soglia del 5% per l’attivazione della revisione prezzi, abbassata correttamente al 3% per i lavori pubblici, ''è stata dimostrata come inefficace''. Inoltre, ''l’assenza di norme certe sulla revisione prezzi, per contratti pluriennali della durata di almeno 5 anni, in un comparto ad alta intensità di manodopera dove il costo del lavoro pesa in modo decisivo, ha un effetto diretto sulle politiche salariali''. ''Senza una revisione dei contratti in essere con la pubblica amministrazione, che tenga conto degli aumenti previsti dai rinnovi dei ccnl, si rischiano ricadute sul fronte occupazionale: o le imprese non saranno in grado di onorare gli appalti vinti e partecipare ai nuovi, o saranno costrette a ridurre drasticamente i costi, con effetti sulla qualità dei servizi e sulla dignità del lavoro'', spiega la Consulta dei servizi. ''Parlamento e Governo devono porre la giusta attenzione alle conseguenze che deriveranno dal vigente quadro normativo, che mette a rischio la tenuta economica e sociale di servizi pubblici essenziali, dalla ristorazione scolastica e ospedaliera alla vigilanza, dai servizi ambientali al welfare, dai quali dipende, per lo svolgimento di attività quotidiane di milioni di cittadini, la funzionalità stessa del Paese'', osserva la Consulta dei servizi. Si tratta di un settore che, spiega l'organismo, ''significa oggi 70 miliardi di euro, impiega un milione di persone ed è parte integrante della coesione sociale e del benessere dei cittadini. Ravvisiamo segnali allarmanti: si continua a chiedere ai servizi essenziali uno sforzo non più sostenibile, anche a costo di comprometterne la tenuta. Le ricadute sarebbero gravissime: riduzione della qualità dei servizi, perdita di posti di lavoro e chiusura di imprese qualificate''. ''Intendiamo proseguire con determinazione le nostre azioni di confronto attraverso l’interlocuzione istituzionale e pubblica'', assicura la Consulta. ''Ci rivolgiamo a Governo e Parlamento per richiamare l’attenzione sull’evidenza che, ogni giorno che passa senza una norma strutturale per la revisione dei prezzi, si consuma un danno economico e sociale. L’intera rappresentanza del comparto proseguirà nel portare in tutte le sedi istituzionali i rischi concreti che corre il sistema-sicurezza del Paese''. La Consulta auspica che il confronto con il Governo ''consenta di provvedere a correttivi non più rinviabili e costruire un quadro strutturale equo e sostenibile, capace di riconoscere il valore strategico dei servizi pubblici''.
(Adnkronos) - L’88% degli italiani ritiene importante integrare fonti rinnovabili nei propri sistemi di riscaldamento domestico. Un dato che conferma la crescente attenzione verso tecnologie capaci di coniugare rispetto ambientale, risparmio e comfort abitativo. Sono i dati della recente indagine Bva Doxa per Ariston, condotta su un campione rappresentativo di cittadini italiani tra i 25 e i 64 anni; analizzando le percezioni e le preferenze degli italiani riguardo agli impianti di riscaldamento. Secondo lo studio, in particolare, il 58% degli intervistati individua nelle pompe di calore e nei sistemi ibridi le soluzioni ideali, in sostituzione delle caldaie tradizionali, mentre il 68% identifica l’efficienza energetica come il criterio principale nella scelta di un nuovo impianto. Ulteriormente, il 37% si orienta verso i sistemi ibridi, apprezzandone la versatilità, mentre un aggiuntivo 21% predilige pompe di calore autonome. Scelte che dimostrano come il tema della sostenibilità sia ormai radicato nella nostra quotidianità, anche grazie a una forte fiducia nella tecnologia: l’86% reputa questi impianti affidabili, e il 77% è convinto che garantiscano un comfort superiore rispetto ai sistemi convenzionali. Ma l’interesse non si ferma al solo aspetto ambientale. L’innovazione è sempre più vista come un’opportunità di valorizzazione economica del proprio immobile: l’85% del campione riconosce che l’adozione di un impianto innovativo può accrescere il valore della casa. Un investimento consapevole, dunque, che riflette una nuova sensibilità verso l’efficienza energetica come leva concreta di risparmio e miglioramento della qualità della vita. Tuttavia, permangono alcune barriere: il costo iniziale elevato è percepito come ostacolo dal 66% degli italiani, seguito dalla difficoltà di installazione (32%) e dalla scarsa conoscenza degli incentivi disponibili (30%).