(Adnkronos) - José Mourinho è stato nominato nuovo allenatore del Benfica oggi, giovedì 18 settembre. Uno dei primi impegni del tecnico portoghese sarà contro il suo vecchio club, il Chelsea. Il club di Lisbona si è affidato al 62enne dopo aver esonerato Bruno Lage a seguito della sconfitta interna in Champions League contro il Qarabag, in Azerbaigian. Il club portoghese ha annunciato di aver "raggiunto un accordo con l'allenatore José Mário dos Santos Mourinho Félix per firmare un contratto di lavoro sportivo valido fino alla fine della stagione sportiva 2026/27". "Si segnala inoltre che, 10 giorni dopo l'ultima partita ufficiale della stagione sportiva 2025/26, alle stesse condizioni, sia il Benfica che l'allenatore potrebbero decidere di non rinnovare il contratto per la stagione sportiva 2026/27", si legge ancora nel comunicato. Mourinho torna al Benfica dopo una breve esperienza alla guida del club 25 anni fa. Da allora ha ottenuto grandi successi al Porto, prima di trasferirsi al Chelsea, dove ha vinto tre Premier League in due periodi. Ora sarà accolto di nuovo a Stamford Bridge quando il Benfica affronterà il Chelsea in Champions League il 30 settembre. È arrivato al Chelsea nel 2004, l'estate dopo l'acquisizione del club da parte del miliardario russo Roman Abramovich. Mourinho si autoproclamò "Special One" e guidò i Blues alla conquista di due titoli di Premier League, una FA Cup e due Coppe di Lega nel primo periodo, conclusosi nel 2007. Il 2 giugno 2008 Mourinho viene chiamato sulla panchina dell'Inter dal presidente Massimo Moratti, club con cui ha vinto il 'Triplete'. In Italia ha anche allenato la Roma, con cui ha vinto la Conference League nel 2022. Poche settimane fa aveva chiuso la sua ultima esperienza al Fenerbahce, in Turchia, con l'esonero.
(Adnkronos) - Il 22° Convegno Nazionale del CoDAU, la Conferenza dei Direttori Generali delle Amministrazioni Universitarie, si è aperto oggi a Milano con un’edizione storica: per la prima volta ospitato in collaborazione tra l’Università Bocconi e l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Al centro dei lavori, il tema della competizione e della collaborazione tra atenei, essenziale per il sistema universitario italiano in un’epoca di trasformazioni digitali e geopolitiche. Riccardo Taranto, Consigliere Delegato dell’Università Bocconi, ha espresso grande apprezzamento per l’evento, sottolineando l’importanza di un approccio sinergico per superare le sfide contemporanee. “Il convegno è stato un bello sforzo organizzativo, un piacere poter ospitare a Milano per la prima volta il CoDAU insieme all’Università Bocconi e all’Università Cattolica, e è molto importante l’argomento: la competizione come le università e il sistema universitario debbano da un lato competere ma dall’altro collaborare”, ha dichiarato Taranto. “Nella realtà di oggi questo è indispensabile, fondamentale. Senza uno sforzo congiunto non ci si possono permettere gli impegni che dobbiamo affrontare: le sfide dell’intelligenza artificiale, la sfida dell’internazionalizzazione e la sfida di un cambiamento geopolitico molto evidente, che permette forse di avere anche delle opportunità in questo senso”. Le parole di Taranto evidenziano come la competizione non debba essere intesa come rivalità fine a se stessa, ma come un motore per l’innovazione, integrato da collaborazioni strategiche che permettano agli atenei di affrontare temi critici come l’AI e l’internazionalizzazione. In un contesto post-PNRR e di calo demografico, questa sinergia diventa cruciale per cogliere opportunità geopolitiche e mantenere la competitività del sistema universitario italiano a livello globale. Il CoDAU 2025, con oltre 300 partecipanti tra direttori generali, dirigenti e rappresentanti accademici, rappresenta un’occasione unica per delineare strategie condivise che rafforzino il ruolo delle università come pilastri dello sviluppo nazionale, promuovendo un equilibrio tra competizione e alleanze per un futuro sostenibile e innovativo.
(Adnkronos) - Una fotografia aggiornata e complessa dell’agricoltura campana, tra criticità strutturali e potenzialità di sviluppo, è quella emersa dalla ricerca condotta da Nomisma su incarico dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania, presentata nell’ambito del progetto 'Agricoltura in Campania e nuovi scenari evolutivi'. Lo studio, sviluppato lungo nove direttrici tematiche, ha costituito la base di indagine scientifica per i lavori dei nove tavoli di confronto dell’evento Campania Mater, in corso il 17 e 18 settembre a Napoli. Al centro dell’analisi, il tema cruciale di suolo e acqua, risorse fondamentali ma sotto forte pressione. In Campania il consumo di suolo ha raggiunto nel 2023 i 143mila ettari, pari all’11% del territorio, con Napoli che da sola concentra oltre un terzo delle superfici compromesse. Una criticità aggravata dalla vulnerabilità ai nitrati: 316mila ettari risultano classificati come zone a rischio, coinvolgendo il 72% delle aree agricole e quasi la metà della popolazione regionale. A ciò si aggiunge la cronica scarsità idrica, che negli ultimi decenni ha registrato indici di deficit tra i più elevati in Europa. Altro fronte di indagine quello delle comunità rurali e delle aree interne, segnate da spopolamento e difficoltà economiche. Tra il 2019 e il 2024 la Campania ha perso il 4% della popolazione, con punte del -5,8% a Napoli e del -5,1% a Benevento. Un calo che si riflette sulla vitalità dei territori e sulla disponibilità di forza lavoro agricola, aggravato dalla contrazione della Superficie Agricola Utilizzata (-10% tra 2010 e 2020). L’indagine approfondisce poi il rapporto tra cibo e salute, con consumi alimentari in trasformazione: calano i volumi acquistati di frutta e carne, cresce la spesa per oli e grassi. Segnali positivi arrivano dall’agricoltura biologica, che ha visto quintuplicare le superfici coltivate in dieci anni, raggiungendo nel 2023 il 20% della Sau regionale. Un capitolo specifico riguarda i cambiamenti climatici: la temperatura media in Italia è cresciuta di 1,3°C negli ultimi decenni, con conseguenze dirette sulla stabilità dei raccolti. La Campania, sottolinea lo studio, dovrà rafforzare pratiche resilienti, gestione efficiente dell’acqua e diversificazione colturale per mantenere competitività. In controtendenza, il comparto agroalimentare campano mostra segnali di forte dinamismo. La cosiddetta Dop Economy rappresenta uno dei punti di forza del Made in Campania: nel 2024 l’export ha raggiunto i 5,7 miliardi di euro, +111% rispetto al 2014, con un saldo commerciale positivo di 1,5 miliardi. Ortofrutta trasformata, prodotti da forno e lattiero-caseari trainano le vendite, confermando l’identità internazionale delle filiere certificate. Un focus riguarda anche il mare e la pesca, con una flotta che rappresenta l’8,6% del totale nazionale e una produzione annua di oltre 5mila tonnellate. Un settore di nicchia ma strategico, integrato nella filiera agroalimentare regionale. La ricerca affronta inoltre i temi dello spreco alimentare (quasi metà della frutta campana resta in campo), dell’innovazione e della formazione: il 60% dei conduttori agricoli ha un titolo di studio non superiore alla licenza media, ma cresce la formazione continua e aumenta il numero di istituti agrari (+55% iscritti dal 2015). Ampio spazio infine ai giovani e alle donne in agricoltura: le aziende condotte da under 40 sono in calo (-24% dal 2019 al 2024), ma la Campania resta tra le prime regioni italiane per imprese giovanili e si distingue per la forte presenza femminile (38,8% delle aziende agricole). Dal quadro emerge un sistema agroalimentare che deve affrontare sfide complesse — consumo di suolo, spopolamento, scarsità idrica e invecchiamento imprenditoriale — ma che al tempo stesso esprime punti di forza solidi, dall’export alla multifunzionalità delle aziende, fino alla crescita del biologico e delle certificazioni di qualità. Le conclusioni di Nomisma indicano una strada chiara: integrare tutela ambientale, innovazione, sostegno ai giovani e alle donne, riduzione dello spreco e rafforzamento delle comunità rurali. Solo così, sottolinea la ricerca, sarà possibile garantire competitività, sostenibilità e inclusione, facendo dell’agricoltura campana non solo un settore produttivo, ma un motore di coesione e sviluppo per l’intero territorio.