(Adnkronos) - Il 2025 è stato un anno difficile per gli agricoltori italiani e più in generale europei. Molte ombre si sono addensate e poche luci hanno rischiarato il settore agroalimentare. E la grande manifestazione del 18 dicembre a Bruxelles, con migliaia di allevatori e contadini in piazza, è stata la prova tangibile di un grande disagio, espresso al colmo dell'esasperazione contro le politiche di Ursula von der Leyen che, a loro dire, mirano a smantellare la Pac 2023-2027 con un fondo unico e un consistente taglio delle risorse, ma non solo, i trattori sono scesi anche contro la proposta di accordo di libero scambio con il Mercosur. Una protesta che ha avuto come primo risultato il congelamento dell’accordo con i Paesi del Sud America all’inizio del nuovo anno. Un rinvio strategico per consentire di operare una revisione a garanzia di maggiori tutele al settore agricolo, ovvero la cosiddetta reciprocità sull’import agroalimentare, più volte invocata, a fronte del divario tra gli standard produttivi europei e quelli in vigore nei Paesi del Sud America. A fine anno poi è arrivata anche una nuova ‘mannaia’ dalla Cina, con l'aumento dei dazi sui prodotti lattiero caseari europei, a partire dal 23 dicembre. Con un vero e proprio blitz infatti Pechino ha stabilito di raddoppiare le tariffe, dal 21,9% sono passati al 42,7%, laddove le vendite di formaggi italiani in Cina hanno raggiunto nel 2024 un valore di 71 milioni di euro, con un aumento del 207% rispetto al 2020, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat. I dazi cinesi sui formaggi freschi sono provvisori e antidumping ma va detto che si aggiungono alla già difficile situazione per l’export agroalimentare made in Italy, colpito duramente quest'anno dalle tariffe statunitensi, imposte da Trump al 15%, con un’ulteriore penalizzazione per la pasta italiana al +107% a causa di una misura protezionistica su alcuni marchi. Tuttavia, non sono tutte ombre ad aver contrassegnato il 2025. Una buona notizia è giunta pochi giorni fa da Nuova Delhi quando l’Unesco ha incoronato la cucina italiana come Patrimonio immateriale dell’Umanità. Un riconoscimento che, oltre al prestigio, potrebbe tradursi in una maggiore leva economica per l’export di cibo e bevande made in Italy e, non ultimo, per incentivare il turismo enogastronomico sempre più apprezzato dai connazionali e dagli stranieri. Il settore agroalimentare, tra l'altro, secondo alcune stime, si appresta a segnare nuovi record nel 2025. L’export dovrebbe superare i 70 miliardi di euro, traguardo già raggiunto nel 2024. Gli agricoltori e gli allevatori italiani poi guardano al prossimo futuro con fiducia ed estrema attenzione in attesa del disegno di legge Coltivaitalia, fortemente voluto dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, in fase di approvazione in Parlamento. Sarà una boccata d’ossigeno in quanto stanzia 1 miliardo di euro per il settore. In particolare, 300 milioni sono destinati al Fondo di sovranità alimentare per stimolare le colture strategiche, 300 milioni per incrementare l’auto approvvigionamento nazionale di carni rosse e sostenere il comparto zootecnico e altri 300 milioni sono destinati al Piano olivicolo nazionale, finalizzato al rilancio dell’olivicoltura, in grave crisi negli ultimi anni, per la Xylella, la siccità e la concorrenza sleale delle importazioni di olio. Buone prospettive si profilano per gli imprenditori agricoli più innovativi, specialmente tra le nuove generazioni, sempre più confidenti nelle biotecnologie ovvero le Tea (Tecnologie di Evoluzione Assistita), grazie al risultato raggiunto nel 2025 con l'accordo raggiunto tra Parlamento e Consiglio. Queste tecniche sono promettenti per il miglioramento genetico delle piante, senza essere equiparabili agli Ogm, e possono ridurre l’uso di agrofarmaci. Un passo importante anche se il negoziato è ancora aperto. L’Italia comunque è la prima nazione europea ad aver avviato una sperimentazione in campo delle Tea. Nel bilancio annuale l'agroalimentare può annoverare altre misure di rilievo portate avanti con il Pnrr agricolo che ha superato 8,5 miliardi di euro, focalizzandosi su digitalizzazione, transizione ecologica e sostenibilità. Una misura chiave è rappresentata dal Parco Agrisolare, con una potenza installata di 1.700 Mw e un totale di 3,2 miliardi di euro messo a disposizione. Inoltre, sempre nel 2025 il governo ha aumentato il sostegno ai contratti di filiera, con lo sblocco di oltre 2 miliardi di euro per ammodernare e aumentare la qualità delle produzioni. E a fine 2025, un'altra importante novità è stata introdotta dal governo con il disegno di legge di tutela dei prodotti alimentari (o agroalimentari) italiani, volta a contrastare l'italian sounding, migliorare la tracciabilità e la sicurezza alimentare, con nuove norme penali come il reato di "agropirateria" e sanzioni amministrative più severe. (di Cristina Armeni)
(Adnkronos) - EY-Parthenon rinnova il sostegno al 'Premio Claudio Dematté Private Equity of the Year', iniziativa di AIfi che dal 2004 valorizza il ruolo del Private Equity e del Venture Capital nella crescita delle imprese italiane. Il premio riconosce le eccellenze che guidano l’evoluzione del settore, promuovendo competitività e innovazione. Il private equity si conferma leva strategica per l’innovazione e la competitività del tessuto produttivo e imprenditoriale. Non solo un semplice strumento finanziario, ma un acceleratore della competitività e dell’internazionalizzazione delle imprese. Lo dimostra la XXII edizione del 'Premio Claudio Dematté Private Equity of the Year', organizzato da Aifi con il supporto di EY-Parthenon, che dal 2004 celebra le operazioni di successo nel settore. Il 18 dicembre, a Milano, sono state premiate 19 realtà finaliste, selezionate da una giuria composta da esperti industriali, finanziari e accademici. Le aziende, attive in settori che spaziano dall’alimentare al farmaceutico, condividono una forte vocazione alla crescita: circa la metà ha compiuto il salto da player regionale a protagonista nazionale o internazionale, confermando il ruolo del private equity come acceleratore di sviluppo e innovazione. Il Premio Demattè fotografa anche le nuove tendenze: attenzione crescente alle Pmi innovative e alle imprese tra 20 e 50 milioni di fatturato, oltre a un interesse in espansione verso Centro e Sud Italia, territori ricchi di storie imprenditoriali ad alto potenziale. Marco Ginnasi, Private Equity Leader EY-Parthenon, Italia, commenta: “Le operazioni premiate dal Dematté dimostrano come il private equity sia in grado di trasformare imprese locali in player nazionali e internazionali. Nel 2025 il 45% dei player è rappresentato da fondi e il 48% delle operazioni è avvenuto tramite portfolio companies: partnership solide e investimenti mirati hanno accelerato crescita, innovazione e passaggi generazionali". “Per gli operatori di private capital, il premio Dematté rappresenta molto più di un indicatore di performance: è la conferma di un approccio che mette al centro la costruzione di valore reale e duraturo. Non si premia solo il successo finanziario, ma la capacità di trasformare le aziende, rafforzarne la cultura, accelerarne l’apertura verso nuovi mercati e nuove competenze. Questo riconoscimento racconta l’evoluzione di un settore in cui gli investitori non sono più semplici fornitori di capitale, ma catalizzatori di crescita, innovazione e visione imprenditoriale”, afferma Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI. Secondo l’EY-Parthenon Bulletin, nel 2025 i fondi di private equity e infrastrutturali hanno partecipato a 615 operazioni su target italiane, per un valore complessivo di 23,5 miliardi di euro. Non solo capitale: i fondi portano competenze strategiche, digitalizzazione e sostenibilità, trasformando il private equity in una partnership di lungo periodo. “Il private equity è oggi una leva fondamentale per la competitività del sistema produttivo che, oltre a fornire risorse finanziarie, porta competenze e capacità di accelerare processi di trasformazione che altrimenti richiederebbero anni. È un catalizzatore di crescita per l’economia reale”, dichiara Umberto Nobile, Private Equity Leader EY Italia. Leggi l’articolo completo.
(Adnkronos) - Il Consorzio Erp Italia, uno dei principali Sistemi Collettivi senza scopo di lucro attivi in Italia per la gestione dei Raee (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) e dei rifiuti di pile e accumulatori, ha realizzato l’indagine Swoa – Survey Waste & Opportunities Awareness – con l’obiettivo di misurare il livello di conoscenza, percezione e comportamento degli italiani rispetto al riciclo dei rifiuti elettronici. La fotografia emersa dalla ricerca, condotta su un campione rappresentativo di oltre 1.200 cittadini tra i 20 e i 60 anni, restituisce un quadro chiaro: il tema dei Raee è ancora poco conosciuto, nonostante la crescente attenzione verso la sostenibilità. Il 73% degli italiani si considera preparato, ma più della metà (56%) non sa cosa significhi l’acronimo Raee, e solo il 44% lo collega correttamente ai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Anche i comportamenti dichiarati raccontano di un’Italia a due velocità: il 41% afferma di riciclare correttamente i Raee, ma tra questi una parte significativa li conferisce in modo scorretto – il 25% nell’indifferenziato e il 22% tramite operatori non ufficiali. Il 36% conserva dispositivi elettronici a casa perché non sa dove portarli. Un dato che evidenzia come la volontà di fare bene ci sia, ma sia spesso frenata dalla mancanza di informazioni pratiche o dalla difficoltà di accesso ai punti di raccolta.Accanto a questi ostacoli culturali e logistici, l’indagine evidenzia una domanda latente di servizi più vicini ai cittadini. Tra le proposte più condivise spiccano l’introduzione di contenitori condominiali dedicati (65%), la raccolta porta a porta anche per i Raee (60%) e più campagne informative sui canali tradizionali e digitali (55%).