(Adnkronos) - Con l’avvicinarsi della fine del 2025 si chiude anche un altro anno di comunicazione politica sui social network. Un terreno che non conosce vere pause, ma che può comunque essere analizzato per capire chi, e soprattutto come, sia riuscito a intercettare l’attenzione digitale. Il report “Audience digitale dei ministri”, realizzato da Arcadia (società di comunicazione guidata da Domenico Giordano) in collaborazione di Adnkronos, fotografa le performance social degli account dei membri del governo Meloni da gennaio a dicembre 2025, misurando coinvolgimento, interazione ai post, crescita dei follower e presidio delle piattaforme. Il primo elemento che emerge con chiarezza riguarda la natura dell’audience che cresce di più. Su tutte e tre le piattaforme monitorate – Facebook, Instagram e X – sono soprattutto gli account riconducibili a una narrazione di law and order a registrare gli incrementi più consistenti in termini assoluti di nuovi follower. In questo gruppo rientrano Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che nel solo 2025 ha guadagnato 81 mila nuovi follower su Facebook, Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, con 38 mila nuovi follower sulla stessa piattaforma, Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, con 48 mila, e Guido Crosetto, ministro della Difesa, che su X guida la classifica della crescita assoluta con 16 mila nuovi follower. Accanto a questa tendenza strutturale, il 2025 segna anche un cambio di passo netto per alcuni profili che nei primi due anni di governo avevano faticato a conquistare una quota significativa di audience. È il caso di Marina Calderone, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, di Alessandro Giuli, ministro della Cultura – che al momento del subentro a Gennaro Sangiuliano non disponeva di account pubblici – e di Paolo Zangrillo, ministro per la Pubblica amministrazione. I numeri lo confermano: Giuli registra su Facebook una crescita percentuale dei follower del 500%, mentre Zangrillo segna un +153% su Instagram, uno dei dati più alti dell’intero monitoraggio. Sul fronte opposto, il report certifica anche alcune conferme rispetto ai due anni precedenti. Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, e Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, mantengono una crescita costante dei fandom. Valditara, ad esempio, chiude l’anno con oltre 16 mila nuovi follower su Instagram e una crescita del 147% sulla piattaforma, confermando una relazione stabile con il proprio pubblico digitale. Su Facebook si segnalano le buone performance di Eugenia Roccella, ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, che rientra nella top ten per interazione al post. Su Instagram emergono Anna Maria Bernini, ministro dell’Università e della Ricerca, e Daniela Santanchè, ministro del Turismo, entrambe presenti nella classifica dei profili con maggiore crescita assoluta di follower nel 2025. Resta centrale il podio del coinvolgimento complessivo, che premia Alessandra Locatelli, ministro per le Disabilità. I suoi contenuti risultano in assoluto i più coinvolgenti: il suo account Instagram chiude l’anno con un engagement del 23% e un’interazione al post dell’8,1%, valori che la collocano stabilmente ai vertici delle classifiche di gradimento. Se il coinvolgimento premia la qualità dei contenuti, la quantità ha invece un vincitore netto. La palma di “superpostatore” spetta a Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, che dal 1° gennaio al 15 dicembre 2025 ha pubblicato 1.584 post su Facebook e 1.568 su Instagram, risultando il ministro più attivo in assoluto sulle due principali piattaforme. Accanto ai profili iper-attivi, il report segnala anche alcune curiosità significative. Una riguarda Carlo Nordio, ministro della Giustizia: la sua pagina Facebook è attiva, ma l’ultimo post risale al 25 ottobre 2022. Nonostante ciò, i follower continuano a crescere: oltre 17.900 nuovi seguaci in tre anni, un dato che gli analisti collegano alla forte polarizzazione sul tema della riforma della giustizia. Infine, si confermano anche nel 2025 gli a-social, ovvero i ministri completamente assenti dalle piattaforme digitali. Si tratta di Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze, e di Orazio Schillaci, ministro della Salute, che per il terzo anno consecutivo non dispongono di account social attivi. Nel complesso, l’audience digitale dei ministri nel 2025 racconta una politica sempre più stratificata: trainata dai temi di sicurezza e ordine pubblico, attraversata da recuperi tardivi ma significativi, e segnata da scelte consapevoli di presenza o assenza. Un ecosistema in cui la visibilità non è più solo una questione di numeri, ma di narrazione, coerenza e contesto politico.
(Adnkronos) - Panettoni, cioccolatini, biscotti e snack confezionati vengono prodotti in grandi quantità durante il periodo festivo per rispondere a una domanda concentrata in poche settimane, ma una parte consistente di questi prodotti resta invenduta. Dietro l’apparente successo delle vendite natalizie si nasconde infatti un tema strutturale: l’invenduto alimentare rappresenta un costo concreto per la filiera, con ricadute economiche e ambientali che coinvolgono produttori, distributori e retailer. Il fenomeno assume dimensioni globali: secondo uno studio di Ecr Retail Loss, organismo internazionale di ricerca nel settore della distribuzione e del retail, ogni anno oltre un miliardo di tonnellate di cibo viene sprecato, generando costi stimati superiori ai 90 miliardi di euro lungo la catena del valore. Un impatto che incide direttamente sulla redditività: se i retailer riuscissero anche solo a dimezzare questi costi nascosti nei propri conti economici, la maggior parte potrebbe incrementare i profitti di oltre il 20%. Nel settore dolciario, la concentrazione produttiva di dicembre amplifica ulteriormente la pressione: prodotti perfettamente idonei al consumo rimangono invenduti, generando costi aggiuntivi per sconti, redistribuzione, smaltimento e logistica, che possono arrivare fino all’1,8% del fatturato. A questo si aggiungono immobilizzazioni di capitale e inefficienze operative che pesano sulla redditività complessiva, oltre all’impatto ambientale legato al consumo di risorse, alle emissioni e alla gestione dei rifiuti. In questo scenario, appare chiaro come la gestione delle eccedenze non sia un tema marginale, ma una leva strategica per la competitività delle aziende della filiera alimentare. Sempre più operatori stanno adottando modelli industriali strutturati per affrontare il problema in modo continuativo e non emergenziale. Tra queste realtà si inserisce Regardia, player di riferimento in Italia nella circular economy, che opera nel recupero degli ex-prodotti alimentari trasformandoli in risorse utili attraverso processi industriali dedicati. Grazie a questo modello, più di 165.000 tonnellate all’anno di surplus alimentare e concentrato solubile di frumento vengono mediamente preservate nella filiera dei mangimi, evitando lo spreco di risorse ancora valorizzabili. Le eccedenze, anziché essere destinate allo smaltimento, vengono così selezionate, trattate e reintrodotte nel ciclo produttivo come materie prime per la mangimistica e come matrici per bioenergie, riducendo il ricorso a risorse vergini e alleggerendo i costi logistici e ambientali dell’invenduto. L’approccio consente alle aziende di ridurre le perdite economiche legate allo stock fermo, limitare i costi di gestione e trasformare un problema operativo in una risorsa gestibile e misurabile. “Oggi - spiega Paolo Fabbricatore, Group ceo di Regardia - il vero tema non è più se gestire l’invenduto, ma come farlo in modo strategico. Ogni prodotto fermo in magazzino rappresenta un costo finanziario, un rischio operativo e una perdita di valore. Approcci strutturati permettono di ribaltare questa logica: trasformare l’eccedenza in opportunità concreta genera benefici economici e ambientali lungo tutta la filiera. Ridurre gli sprechi significa intervenire direttamente sui margini, sull’efficienza operativa e sulla solidità del business”. La portata del tema diventa ancora più evidente se si confronta l’incidenza dell’invenduto con le dimensioni complessive del mercato dolciario globale. Secondo il report Confectionery Worldwide 2025 di Statista, il comparto genera 531 miliardi di euro di fatturato annuo, con i prodotti da forno e pasticceria come principale categoria, seguiti da cioccolato, dolciumi e gelati. L’Europa occidentale rappresenta circa un terzo del mercato mondiale, davanti al Nord America (22%) e all’Asia-Pacifico (14%). In un settore di questa scala, anche piccole percentuali di eccedenze hanno un impatto economico significativo, moltiplicandosi lungo tutta la filiera. Il divario tra il valore complessivo del mercato e i costi nascosti legati all’invenduto rende evidente come la gestione delle eccedenze non sia una questione marginale, ma un elemento strutturale dell’equilibrio del settore. In questo scenario, adottare modelli efficienti e sostenibili significa non solo ridurre gli sprechi, ma rafforzare la competitività e la resilienza dell’intera filiera. In risposta a questa sfida, le aziende stanno adottando strategie strutturate per recuperare valore dall’invenduto, trasformando eccedenze che altrimenti rappresenterebbero un costo in opportunità concrete per la filiera. La gestione intelligente dell’invenduto non riguarda più solo la riduzione dello spreco, ma si sta evolvendo in approcci integrati che combinano efficienza operativa, sostenibilità e innovazione. Tra i principali trend emergenti si possono individuare i seguenti aspetti. Mangimistica animale: i prodotti dolciari invenduti vengono selezionati e trasformati in ingredienti sicuri e nutrienti per mangimi, contribuendo a ridurre i costi delle materie prime e l’impatto ambientale della filiera. Donazioni a enti benefici: le eccedenze alimentari vengono ridistribuite a organizzazioni caritative, offrendo un vantaggio sociale e riducendo sprechi e costi di smaltimento. Reimmissione sul mercato: alcune aziende utilizzano canali alternativi come outlet o promozioni dedicate, trasformando i prodotti invenduti in vendite aggiuntive senza intaccare il prezzo pieno. Trasformazione in nuovi prodotti o ingredienti secondari: l’invenduto può essere convertito in nuove linee di prodotti o materie prime per altre produzioni, valorizzando risorse altrimenti perse. Conversione in compost o bioenergie: gli scarti non utilizzabili a fini alimentari e non declassabili ad uso zootecnico possono essere destinati a produzione di compost o energia rinnovabile, chiudendo il cerchio della circolarità e riducendo l’impatto ambientale complessivo.
(Adnkronos) - Mundys mette in campo una nuova società Benefit dedicata alla lotta al cambiamento climatico. Neya, questo il nome del nuovo asset controllato al 100%, sarà focalizzata sulla selezione e adozione di iniziative prevalentemente “nature based” per la rimozione del carbonio, con l’obiettivo di produrre crediti CO2 utili per la decarbonizzazione delle infrastrutture di trasporto nelle quali opera Mundys, a livello globale. Sono limitate, ad oggi, le società nate in Europa con l’obiettivo della rimozione di CO2; ciò ha motivato la scelta di Mundys di avviare questa iniziativa sperimentale, allo scopo di verificare la solidità di questa innovativa branca di business. Il valore del mercato internazionale dei crediti di carbonio nel 2024 è stato di circa 115 miliardi di dollari, per il 2030 le stime prevedono circa 300 miliardi di dollari, con possibilità di crescita fino a oltre 500 miliardi. E’ in questo contesto che Neya si inserisce con la propria missione per la rimozione permanente di CO2 dall’atmosfera, attraverso soluzioni come il rimboschimento e la gestione sostenibile di foreste e terreni agricoli, promuovendo la sostenibilità ambientale e sociale. Neya diventa immediatamente operativa in Madagascar con la promozione di un progetto di riforestazione per 500 ettari lungo le coste a Nord dell’isola (nelle zone di Sofia e Melaky). Il ripristino delle piantagioni in aree deforestate localmente negli ultimi decenni contribuirà alla rimozione di CO2, grazie alla particolare tipologia di piante prescelte. Le mangrovie, infatti, sono foreste costiere tropicali formate da alberi e arbusti capaci di vivere in acque salmastre tipicamente lungo le coste, le foci dei fiumi e le lagune. Hanno radici aeree che spuntano dal fango o dall’acqua e sono fondamentali perché proteggono le coste dall’erosione e dalle tempeste, ospitano molte specie di pesci, uccelli e crostacei, e immagazzinano grandi quantità di carbonio. Il progetto, denominato “Ma Honko”, si avvale di un’azienda locale che genererà occupazione sul territorio nello spirito di produzione di valore lungo la filiera, al centro della strategia di business sostenibile della visione di Mundys. L’attività detiene i requisiti per ottenere la certificazione Gold Standard, ente internazionale che attesta la qualità e la credibilità dei progetti che riducono le emissioni di gas serra, assicurando al contempo benefici sociali e ambientali misurabili. I crediti di carbonio generati, nel tempo, potranno così contribuire a compensare le emissioni delle infrastrutture di Mundys, a loro volta in corso di progressiva riduzione grazie all’esecuzione del framework di sostenibilità messo in campo dalla Capogruppo. Una strategia, quella ESG di Mundys, trasparente e responsabile e che le ha appena nuovamente fatto conseguire – per il terzo anno consecutivo – il livello A-list, massimo score rilasciato da CDP (ex Carbon Disclosure Project), rating internazionale di riferimento per la valutazione delle performance climatiche e ambientali su oltre 25.000 aziende. Lungo la roadmap di sostenibilità della Capogruppo sono molti i traguardi segnati fin qui, anche in termini di leadership innovativa, solco nel quale Neya sembra segnare il prossimo passo. Mundys è stata, infatti, tra le prime società in Italia a dotarsi di un Climate Action Plan per promuovere la transizione energetica e la decarbonizzazione delle attività economiche lungo tutta la catena del valore in ambito aeroportuale, autostradale e dei servizi di mobilità, ponendosi obiettivi chiari e concreti, tra i quali l’azzeramento delle emissioni nette dirette (Scope 1 & 2) entro il 2040.