 
      (Adnkronos) - Il Mali è di nuovo sull'orlo del collasso. Alcune zone della capitale Bamako sono ormai paralizzate da settimane a causa dell'assedio economico imposto dal gruppo jihadista Jama'at Nusrat al-Islam wal Muslimin (Jnim), affiliato ad al-Qaeda, che ha bloccato le principali rotte utilizzate dai camion cisterna. L'obiettivo è mettere in ginocchio la giunta militare al potere dal 2021, privando il Paese del carburante, e innescare un effetto domino nell'Africa occidentale. Secondo quanto riportato da Al Jazeera, il prezzo della benzina è schizzato del 500% - da 25 a oltre 130 dollari al litro - mentre davanti ai pochi distributori ancora operativi si formano lunghe file di veicoli. Il Jnim, attivo nel Mali centrale e settentrionale, ha annunciato il blocco a settembre in risposta alla decisione del governo di vietare la vendita di carburante nelle aree rurali per impedire ai miliziani di rifornirsi. Da allora, i jihadisti hanno bruciato camion di carburante e interrotto i collegamenti con la Costa d'Avorio e il Senegal, da cui dipendono gran parte delle importazioni. Le conseguenze sono pesanti: scuole e università resteranno chiuse fino al 10 novembre, come ha annunciato il ministro dell'Istruzione, Amadou Sy Savane, mentre la carenza di elettricità compromette anche le operazioni delle forze armate, impegnate nel tentativo di scortare i convogli e proteggere le infrastrutture critiche. Diverse compagnie aeree hanno sospeso i voli da e per Bamako. La crisi del carburante - una vera e propria "guerra economica" secondo Le Monde - ha eroso ulteriormente la legittimità della giunta militare, già sotto pressione per la recrudescenza degli attacchi jihadisti in tutto il Paese. Oltre al Jnim, nel Mali operano anche cellule legate allo Stato Islamico, rendendo sempre più precario il controllo del territorio da parte dello Stato. La situazione ha spinto Stati Uniti e Regno Unito a ritirare il personale non essenziale dalle rispettive ambasciate. Washington ha invitato i cittadini americani a "lasciare immediatamente il Mali con voli commerciali", avvertendo che le strade verso i Paesi confinanti "non sono sicure" per il rischio di attacchi terroristici. Londra ha confermato il ritiro temporaneo di parte del proprio staff diplomatico da Bamako. Due giorni fa anche la Farnesina ha sconsigliato di effettuare viaggi in Mali, esortando i connazionali presenti a lasciare quanto prima il Paese. La tensione nel Sahel si estende oltre i confini del Mali. In Niger, dove si è da poco conclusa la visita dei ministri Antonio Tajani e Matteo Piantedosi, è stato confermato il rapimento di un cittadino americano nella regione di Tillaberi, area instabile al confine con il Mali e teatro di frequenti attacchi di gruppi jihadisti affiliati ad al-Qaeda e all'Isis. Le autorità locali, secondo fonti di sicurezza, ritengono che il sequestro sia opera di miliziani del Jnim, ma non è escluso il coinvolgimento di bande criminali che operano lungo le rotte del traffico di migranti. L'episodio ha contribuito a innalzare ulteriormente la tensione in una zona già segnata da instabilità e conflitti. Proprio da Niamey, Tajani ha ribadito che "l'Italia conta moltissimo sul ruolo del Niger per garantire stabilità nell'area subsahariana", sottolineando l'impegno di Roma a "lavorare fianco a fianco" con le autorità nigerine nella lotta contro terrorismo e immigrazione irregolare. Piantedosi ha evidenziato come "i transiti di migrazioni illegali si incrociano con la minaccia jihadista", chiedendo di rafforzare la cooperazione di polizia per contrastare i traffici illegali. La crisi maliana minaccia di contagiare altri Paesi dell'Africa occidentale, non solo il Niger. In Guinea-Bissau, l'esercito ha annunciato di aver sventato un tentativo di colpo di Stato alla vigilia delle elezioni di novembre, segno della fragilità politica diffusa nella regione. Il Jnim, inoltre, ieri sera - con un video su Telegram - ha rivendicato l'uccisione di un soldato nella Nigeria centrale, in quello che è il suo primo attacco noto nel Paese.
 
      (Adnkronos) - 92 miliardi di euro di ricchezza generata e 24 mila nuovi posti di lavoro in 10 anni. A dimostrare quanto la birra in Italia si sia evoluta da semplice bevanda estiva dissetante a vero e proprio pilastro per l’economia del Paese arriva l’ultimo studio realizzato da Osservatorio Birra, in collaborazione con Althesys strategic consultants. Il lavoro, che ha analizzato il valore condiviso generato dal settore birrario negli ultimi dieci anni, è stato presentato a Roma presso il Senato della Repubblica, in occasione del decennale di Fondazione Birra Moretti che, per prima, ha avviato il percorso di analisi e misurazione economica della filiera. Dallo studio emerge che, nonostante le crisi globali dell’ultimo decennio, il settore brassicolo pur confermandosi ciclico nel breve periodo si è dimostrato stabile e generatore di valore nel lungo termine. Dal 2015 al 2024 la filiera della birra ha infatti conosciuto uno sviluppo continuo, che ha portato il valore condiviso generato da 7,8 miliardi di euro a 10,4 miliardi annui, con un incremento del 33%. Questa crescita si riflette anche in altri indicatori: la produzione è aumentata del 20,5%, i consumi del 13,6%, mentre l’export ha registrato un balzo del 31%. Numeri che confermano la birra come uno dei settori più dinamici dell’agroalimentare italiano. Della ricchezza generata dal settore brassicolo non beneficiano solo i produttori, anzi. L’analisi mostra infatti quanto la birra sia un importante moltiplicatore di occupazione. Dal 2015 al 2024 ha generato oltre 24 mila nuovi posti di lavoro, portando il totale degli occupati del comparto da circa 88 mila a circa 112 mila (+27,5%). Ad oggi, ogni addetto alla produzione di birra genera 31 posti di lavoro lungo la filiera. Non sorprende quindi che la birra rappresenti lo 0,42% dell’occupazione nazionale. Anche sul fronte delle retribuzioni si registra un balzo: i salari lordi corrisposti lungo la filiera sono passati da meno di 2 miliardi nel 2015 a 3,2 miliardi nel 2024, raggiungendo l’1,8% del totale dell’industria manifatturiera. L’evoluzione del gusto e la crescente consapevolezza e curiosità degli italiani verso questa bevanda hanno trasformato la birra da prodotto unico e indifferenziato a universo di possibilità. Oggi si è passati “dalla birra alle birre”: un mondo variegato che spazia dalle classiche lager agli stili più caratteristici come Ale, IPA, Bock e Weiss, fino alle interpretazioni più local che esaltano gli ingredienti del nostro territorio - erbe aromatiche, spezie, riso, agrumi. La birra si è così affermata come un vero caleidoscopio di sapori, capace di incontrare le abitudini alimentari degli italiani e di inserirsi con naturalezza nella convivialità in abbinamento al cibo. A questa crescita culturale corrisponde anche la nascita di nuove professionalità qualificate: dai mastri birrai ai beer specialist, dai tecnologi alimentari ai sommelier della birra, testimoni di un comparto sempre più articolato, qualificato e connesso con la tradizione gastronomica italiana. “La birra oggi in Italia non è solo una bevanda, ma un simbolo di socialità e di convivialità. Grazie alla sua accessibilità, alla sua informalità e alla sua straordinaria versatilità negli abbinamenti, è ormai entrata a far parte delle abitudini di consumo degli italiani a tavola, accanto ai piatti della nostra tradizione. È questo il segno più evidente di una trasformazione profonda, che ha reso la birra una protagonista della quotidianità del nostro Paese”, afferma Alfredo Pratolongo, presidente di Fondazione Birra Moretti. “In questi dieci anni - continua - Fondazione Birra Moretti ha diffuso conoscenza sulla birra, sul suo consumo corretto, a pasto e responsabile. E ha dato importanza alla birra mettendo in luce la ricchezza generata dal comparto per il Paese”. Nel percorso di crescita della cultura birraria Fondazione Birra Moretti ha avuto un ruolo centrale. Nata nel 2015 con l’obiettivo di valorizzare la birra a tavola, la Fondazione ha accompagnato l’evoluzione del settore diffondendo conoscenza attraverso studi e ricerche e promuovendo, al tempo stesso, un consumo consapevole e responsabile. Ne è un esempio il progetto Responsibility in Education, rivolto agli studenti maggiorenni delle quinte classi degli istituti alberghieri: un’iniziativa che dalla sua nascita ha già coinvolto 39 scuole e oltre 6.600 studenti, con l’obiettivo di formare i futuri professionisti dell’ospitalità e della ristorazione come ambasciatori di una cultura del bere responsabile, in armonia con la tradizione gastronomica italiana. Per il futuro, Fondazione Birra Moretti si pone l’obiettivo di intercettare e interpretare sempre più le nuove tendenze del mercato, offrendo un punto fermo ai consumatori desiderosi di approfondire le proprie conoscenze su caratteristiche, qualità, servizio e degustazione delle birre, ma anche disorientati da un mercato in continua evoluzione. Non solo: attraverso ulteriori studi e ricerche, Fondazione Birra Moretti continuerà a intercettare tendenze, a dare visibilità all’impatto della birra sulla vita sociale ed economica del Paese, e ad accompagnare l’evoluzione della cultura di prodotto perché diventi sempre più una leva di crescita per tutto il comparto, capace di generare ricchezza e occupazione qualificata. “Nei prossimi anni - conclude Alfredo Pratolongo - l’abbinamento chiave della birra sarà l’informalità. L’informalità è il nuovo valore della convivialità italiana, un cambiamento che riflette la voglia crescente di libertà e autenticità espressiva nei momenti di socialità, dove la compagnia e il piacere di stare insieme superano la ricerca di una perfezione formale negli abbinamenti”.
 
      (Adnkronos) - Prenderà il via a ottobre 2025 il progetto 'Climwater - Climate-resilient and mitigation actions for sustainable water management', finanziato da Regione Lombardia nell’ambito del bando Collabora & Innova, volto a promuovere progetti complessi di ricerca industriale e sviluppo sperimentale realizzati in collaborazione con Pmi, grandi imprese e organismi di ricerca. L'obiettivo è favorire investimenti strategici per lo sviluppo di innovazioni di prodotto e di processo. Climwater, che si è collocato al terzo posto in graduatoria su 100 progetti candidati, avrà una durata di 2 anni e 3 mesi e un budget complessivo di oltre 4,6 milioni di euro, di cui oltre 1,8 milioni assegnati a Gruppo Cap. La green utility che gestisce il servizio idrico della Città metropolitana di Milano avrà il ruolo di capofila di tre dei cinque Work Package previsti. Al fianco di Gruppo Cap ci saranno Acqua&Sole, Biochem Solution, REF Ricerche e Università di Pavia, Invernizzi Agri Lab di Sda Bocconi, oltre alla collaborazione esterna di Politecnico di Milano e Università degli Studi di Milano. Climwater nasce con l’obiettivo di investigare gli impatti del cambiamento climatico sul ciclo idrico integrato, con un focus sull’hinterland milanese, e proporre soluzioni innovative per accrescere la resilienza del sistema idrico, migliorare la sostenibilità dei sistemi e degli impianti di depurazione e contribuire alla neutralità emissiva ed energetica. Le tre macro-attività in cui è coinvolto Gruppo Cap sono: Resilienza dell’approvvigionamento idrico (Work Package 1); in collaborazione con Università di Pavia e Ref Ricerche verrà sviluppato un modello idrogeologico avanzato basato su machine learning, per realizzare analisi di rischio e strategie di adattamento climatico a supporto della pianificazione infrastrutturale. Monitoraggio delle emissioni climalteranti (Work Package 2); Gruppo Cap condurrà campagne di monitoraggio diretto delle emissioni di gas serra (Ghg) in almeno sei depuratori civili, prima e dopo gli interventi di manutenzione, per valutarne l’impatto e aggiornare gli indicatori aziendali di performance (Kpi) ambientale. Trattamento innovativo dei fanghi (Work Package 3); in collaborazione con Università di Pavia e Biochem Solution, saranno selezionati e testati ceppi fungini capaci di ridurre la quantità di fanghi prodotti, degradare microinquinanti e ottenere prodotti valorizzabili in agricoltura, come ammendanti e biostimolanti. "Climwater -spiega il presidente di Gruppo Cap, Yuri Santagostino- si inserisce appieno nella missione di Gruppo Cap di garantire un approvvigionamento idrico sicuro e sostenibile per il territorio metropolitano milanese, e rappresenta un tassello fondamentale nella nostra strategia di adattamento climatico e innovazione tecnologica. L’eccezionale risultato ottenuto in graduatoria conferma la qualità del progetto e l’impegno del Gruppo nel contribuire attivamente a costruire un sistema idrico più resiliente, sostenibile ed efficiente".