(Adnkronos) - Fabio Romito, il consigliere della Regione Puglia, della Lega, uscente e ricandidato alle elezioni del 23 e 24 novembre prossimi, ha pubblicato una foto sulla sua pagina Facebook che lo ritrae con una persona che ha una somiglianza marcata con il conduttore di Report. "Anche Sigfrido Ranucci, a cui va la mia solidarietà, vota per noi. In realtà è il mio amico Pino di Corato, che gli assomiglia assai". Dietro la coppia il manifesto di propaganda elettorale dello stesso Romito che è stato un possibile candidato alla presidenza della Regione e che l'anno scorso fu sconfitto nel ballottaggio, dove correva per il centrodestra, valevole per la carica di sindaco di Bari. A qualche commento critico Romito ha risposto che si tratta di "ironia e non di fake news".
(Adnkronos) - Una buona idea e un pitch accattivante non bastano più per attrarre investimenti. In un ecosistema sempre più competitivo, oggi gli investitori richiedono soprattutto preparazione, tenacia e trasparenza. A sostenerlo è Nova Ventures, il polo italiano composto da oltre 1000 piccoli investitori raccolti negli anni, che punta su startup in fase pre-seed con un approccio selettivo e quasi chirurgico: al centro, le persone. Ma non tutte. "Troppi founder pensano che basti raccogliere qualche decina di migliaia di euro per considerarsi imprenditori. Non è così. E' necessario prima di tutto saper gestire quel denaro, ma anche coltivare e mantenere vivo il legame con chi ha creduto in te. Purtroppo, l’amara verità è che tanti, una volta chiuso il primo round, spariscono letteralmente dai radar", racconta Lorenzo Ferrara, ceo di Nova Ventures. "Fortunatamente - sottolinea - nella nostra storia di oltre 50 investimenti, abbiamo avuto un solo caso simile perché siamo molto selettivi nella scelta delle startup, ma so che questo comportamento è diffuso e, oltre a minare la fiducia degli investitori, rovina la credibilità di un intero ecosistema". Il messaggio è chiaro: serve una nuova generazione di imprenditori in grado di far crescere il Paese con tenacia, preparazione e onestà. Nova Ventures nasce proprio per rispondere a questa esigenza: selezionare, formare e accompagnare solo quelle startup che dimostrano da subito una maturità imprenditoriale reale. "Non ci serve - avverte Ferrara - l’ennesima idea brillante: cerchiamo founder capaci di costruire una macchina operativa che funzioni, anche prima di avere il prodotto sul mercato". "A volte - fa notare - capita che le startup si trovino in difficoltà. Non c’è nulla di cui vergognarsi, fa parte del gioco. Ma nascondersi non è mai la risposta. Abbiamo già affrontato situazioni in cui un confronto tempestivo con i founder ha permesso di salvare realtà promettenti. In questi casi, gli investitori possono rappresentare una risorsa, un aiuto concreto nelle emergenze. Avere una base di oltre 1000 soci ci consente di attivare rapidamente una massa critica attenta e motivata a tutelare la startup e il proprio investimento". Il portfolio attuale di Nova Ventures è la dimostrazione di questa filosofia: oltre 20 startup nate con una visione solida e strutturata, capaci di parlare con i numeri già nei primi mesi e costruire fiducia giorno per giorno. Non promesse, ma progressi. Vale la pena ricordare che in 10 anni di attività, i fondatori di Nova Ventures (Seed Money e Open Seed) hanno collezionato anche diverse exit come Premoneo, Corobotics, CleanBnB, Genuino, Gasgas, Fitprime, Cupsolidale e altri, dando prova di grande lungimiranza e capacità di scelta. Secondo Tommaso Baldissera Pacchetti, founder e ceo di Crowdfundme, "uno dei problemi che ultimamente ha segnato l’ecosistema italiano è stato proprio la scarsa accountability. In Italia abbiamo investitori insoddisfatti perché troppi founder hanno dimostrato poco senso di responsabilità. Come piattaforma di crowdfunding, da sempre facciamo sottoscrivere alle aziende in raccolta un documento in cui si impegnano a inviare aggiornamenti trimestrali a tutti gli investitori. Siamo molto intransigenti su questo punto perché onestà, trasparenza e puntualità nelle comunicazioni sono alla base di un patto reciproco di fiducia. Oggi, chi vuole fondare una startup deve partire con lo stesso rigore con cui si gestisce una società quotata, nel pieno rispetto di chi ti ha dato fiducia e capitali". L’obiettivo di Nova Ventures è contribuire alla crescita di un nuovo modello di founder: preparato, credibile, etico. "Puntiamo- afferma Ferrara - su founder con caratteristiche precise: sognatori sì, ma anche professionisti dell’innovazione. Perché l’intuizione non basta, bisogna studiare. I founder che vogliono crescere e giocare in mercati internazionali devono partire con la freddezza di un analista e la determinazione di un maratoneta. L’epoca dei pitch pieni di buzzword e delle exit sognate al primo anno è finita. Il mercato premia chi ha i piedi per terra, la testa lucida e la capacità di meritarsi ogni centesimo raccolto. Sono queste le regole del gioco". Per sostenere l’innovazione italiana e puntare su startup che hanno questi requisiti, Nova Ventures ha in corso una campagna su crowdfundme. I fondi raccolti verranno investiti in giovani aziende che operano in quattro verticali ben definiti e dall’elevato ritorno economico: proptech, creative Ia, lifetech, impact investing.
(Adnkronos) - L'Italia rischia di perdere il 20% delle spiagge al 2050 e il 45% al 2100. Le case di 800mila persone sono a rischio per innalzamento dei mari, inondazioni temporanee o permanenti, erosione, pressione demografica e urbanistica. Lo rileva il XVII Rapporto ‘Paesaggi sommersi’ della Società Geografica Italiana, presentato questa mattina a Palazzetto Mattei a Roma con un ampio corredo di dati, evidenze, proiezioni e analisi. I territori più a rischio sono in primo luogo l’Alto Adriatico e, in misura minore, la costa pugliese intorno al Gargano, diversi tratti della costa tirrenica tra la Toscana e la Campania, le aree di Cagliari e Oristano, e molte altre. A rischio sono anche la metà delle infrastrutture portuali, diversi aeroporti, più del 10% delle superfici agricole, buona parte delle paludi, delle lagune e le zone costiere cosiddette 'anfibie', a cominciare dal Delta del Po e dalla Laguna di Venezia. La crisi climatica avrà un impatto enorme, ad esempio, sulle aree agricole costiere con un’accelerazione dei processi di salinizzazione, che imporranno pesanti strategie di adattamento, e sui litorali urbanizzati. Secondo stime inedite - spiega Società Geografica Italiana - sono 800mila le persone che vivono in territori sotto il livello del mare atteso e che rischiano processi di ricollocazione o che dovranno essere protetti da difese costiere artificiali sempre più pervasive. Basti pensare che la fascia costiera non è solo la zona in Italia con la maggior percentuale di suolo artificiale e urbanizzato ma è anche un’area dove il consumo di suolo prosegue incessante. Il Rapporto evidenzia che l’Italia rischia di perdere circa il 20% e il 45% delle proprie spiagge al 2050 e al 2100 rispettivamente, con punte in Sardegna, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Campania. "Bonifiche, urbanizzazione, infrastrutturazione, abusivismo: abbiamo trasformato la fascia costiera, un ambiente dinamico e instabile, in una linea di costa rigida e quindi fragile e vulnerabile. È ora indispensabile un cambiamento profondo dei regimi di gestione e pianificazione costiera, oltre che una ineludibile ma affatto scontata presa d’atto della centralità della ‘questione coste’ e della necessità di una sua ricomposizione a scala nazionale", fa sapere Stefano Soriani, professore di Geografia economico-politica all’Università Ca' Foscari Venezia, che ha partecipato alla redazione del Rapporto. In questo quadro la crisi climatica agirà come 'moltiplicatore di stress', rendendo i problemi ancora più gravi, sia dal punto di vista ambientale sia da quello socioeconomico - evidenzia Società Geografica Italiana - Ciò rende non più rinviabile un dibattito ampio tra forze politiche, sociali e scientifiche sulla gestione sostenibile delle nostre coste. "Il rischio non è solo la perdita di spiagge o l’inondazione dei litorali di costa bassa, urbanizzati o meno, ma una sempre più pervasiva artificializzazione della linea di costa, con profonde implicazioni paesaggistiche e di aggravamento della vulnerabilità. L’unica alternativa è fare il contrario di quanto fatto fin qui: rinaturalizzare i litorali, per sfruttare la loro capacità di adattamento. Un percorso irto di ostacoli socio-politici, oltre che strutturali ed economici", spiega Filippo Celata, professore di Geografia economica e politica all’Università di Roma La Sapienza, che ha partecipato alla redazione del Rapporto. "Da quasi vent'anni la Società Geografica Italiana realizza, con i suoi Rapporti, approfondite analisi dei problemi del territorio italiano. Cerchiamo di non alimentare allarmismi e catastrofismi; al contrario, proviamo a proporre ai decisori politici un quadro equilibrato e, su quella base, possibili interventi di mitigazione dei problemi", dichiara Claudio Cerreti, presidente della Società Geografica Italiana. I dati chiave del rapporto. Artificializzazione costiera - Quasi un quarto del territorio entro i 300 metri dalla costa è coperto da strutture artificiali, con picchi allarmanti in Liguria (47%) e nelle Marche (45%). Erosione accelerata - L'Italia rischia di perdere fino al 45% delle spiagge entro il 2100, mettendo a rischio un patrimonio naturale e turistico inestimabile. Difese costiere - Barriere artificiali proteggono ormai più di un quarto delle coste basse, ma aggravano l'erosione e la vulnerabilità e saranno sempre più costose e meno efficaci. Pressione turistica e impatto economico - I comuni costieri offrono il 57% dei posti letto turistici, ma questo sviluppo incontrollato sta esacerbando la crisi. Salinizzazione dei terreni agricoli - Nell'estate del 2023, il cuneo salino ha risalito il Delta del Po per oltre 20 chilometri, minacciando l'agricoltura e la disponibilità di acqua potabile. Aree protette vulnerabili - Le aree protette, cruciali per la biodiversità, tutelano il 10% delle acque e delle coste italiane, ma raramente dispongono di un piano di gestione adeguato. Porti a rischio - Porti e infrastrutture connesse si estendono per 2.250 km e rischiano di essere pesantemente compromesse con gravi effetti sulla qualità dei sistemi logistici.