(Adnkronos) - Robert Prevost sta imparando il tedesco utilizzando la piattaforma Duolingo. A darne notizia è La Repubblica, che racconta come Papa Leone utilizzi il suo account personale e sia stato identificato da alcuni utenti, che avevano notato come un certo Robert si collegasse da Roma intorno alle 3 di notte, avendo poi il Pontefice utilizzato lo stesso nome utente che aveva scelto per il suo account su X prima di diventare vescovo di Roma, @drprevost. Tanto che alcuni utenti gli avrebbero addirittura scritto: "Santo Padre, sono le tre del mattino, cosa sta facendo?". A confermare l'autenticità dell'account ci ha pensato il fratello del Santo Padre, John Prevost: "Non ne dubito, attualmente sta studiando il tedesco". Leone parla correntemente inglese, spagnolo, italiano, francese e un po' di portoghese. Robert Prevost "si alza ancora prima delle sei. So che se si sveglia nel cuore della notte, gioca a 'Words with Friends' e io gli dico: 'Cosa ci fai a giocare a questo alle tre?'. Non riuscivo a dormire", racconta ancora il fratello del Papa. Leone, grande sportivo, sta anche pensando di installare alcune apparecchiature sportive all'interno del Palazzo Apostolico per continuare l'attività fisica, che a Castel Gandolfo lo vede giocare a tennis.
(Adnkronos) - Negli ultimi anni l’Italia è stata colpita da terremoti, alluvioni, frane e altri eventi estremi che hanno causato perdite miliardarie per il tessuto produttivo. Un’analisi dell’istituto mUp Research riferita all’autunno 2024 ha rilevato che più di 278 mila imprese hanno subito danni legati a calamità naturali nell’anno precedente, con perdite stimate in circa tre miliardi di euro. Nel nostro Paese il tessuto economico maggiormente esposto a questo tipo di rischi e con poche tutele è quello delle piccole medie imprese, che rappresentano la maggioranza delle aziende. Segue un’analisi degli esperti di Partner d’Impresa, – realtà che supporta la crescita e la sicurezza delle imprese attraverso un team interdisciplinare di professionisti. La legge di Bilancio 2024 ha introdotto, con una norma specifica del 30 dicembre 2023 n. 213 (art. 1 commi 101‑111), un obbligo assicurativo per trasferire sulle assicurazioni private una parte del rischio che finora è gravato solo sui fondi pubblici, andando a promuovere nelle imprese una cultura della prevenzione. Tutte le aziende con sede legale in Italia, escluse quelle agricole, sono obbligate a stipulare una polizza assicurativa che copra i potenziali danni causati da terremoti, frane, alluvioni, inondazioni ed esondazioni. L’azienda deve quindi assicurare terreni, impianti, attrezzature e beni in locazione salvo che questi siano già coperti da polizze analoghe. Infine, il decreto attuativo n. 18/2025 (DM 30 gennaio 2025) ha specificato che l’obbligo non si estende ai beni in costruzione, agli immobili abusivi, alle scorte, ai mobili d’ufficio o ai veicoli iscritti al Pra (Pubblico registro automobilistico). La norma nasce dall’esigenza di ridistribuire il rischio: lo Stato non può più sobbarcarsi integralmente i costi delle ricostruzioni e dei ristori dopo i disastri. Se le grandi imprese (con oltre 250 dipendenti) sono state coinvolte nella normativa già da marzo 2025 e per le medie imprese (con 50-250 dipendenti) l’obbligo è scattato col mese di ottobre, per le pmi e le micro-imprese la scadenza prevista è quella del 31 dicembre 2025. Sarà fatta una proroga per i comparti della pesca e dell’acquacoltura: per queste imprese l’obbligo scatterà sempre il 31 dicembre 2025. "Per l’impresa inadempiente non sono previste sanzioni pecuniarie ma sarà automaticamente esclusa da contributi, sovvenzioni e agevolazioni pubbliche di qualsiasi natura, oltre a vedersi precluso l’accesso alla garanzia statale sui finanziamenti, vale a dire al Fondo di garanzia per le pmi. Si tratta dunque di una forma di sanzione di tipo interdittivo, che rafforza l’obbligo attraverso il meccanismo del vincolo premiale", spiega il legale Fabio Speranza del network nazionale di professionisti Partner d’impresa. Il rispetto dell’obbligo diventa infatti condizione necessaria per partecipare a una vasta gamma di misure agevolative. Tra queste figurano i contratti di sviluppo disciplinati dal D.M. 9 dicembre 2014, i programmi Smart & Start Italia per le startup innovative, le misure per l’economia circolare introdotte dal nrr, i fondi per la salvaguardia occupazionale e le iniziative di venture capital per la transizione ecologica ed energetica. La disposizione non è autoapplicativa: ogni amministrazione pubblica dovrà integrare nei propri bandi le clausole di esclusione per le imprese sprovviste di polizza. “Il ministero delle Imprese e made In Italy, inoltre, intende precludere l’accesso ai propri incentivi alle imprese inadempienti, ma l’efficacia scatterà solo dopo che le singole misure saranno adeguate. Questo significa che senza polizza non sarà possibile accedere a contratti di sviluppo, fondi per startup, incentivi per economia circolare o energie rinnovabili. E' evidente, dunque, come la stipula della polizza non rappresenti soltanto un adempimento formale, ma una vera e propria condizione di accesso a strumenti fondamentali di sostegno allo sviluppo imprenditoriale”, aggiunge Speranza.Un aspetto particolarmente rilevante riguarda il trattamento fiscale dei premi assicurativi. Quelli corrisposti dall’azienda per coperture inerenti l’attività d’impresa rientrano infatti tra i costi deducibili. Ciò vale sia ai fini Ires, con aliquota al 24%, sia ai fini Irap, con aliquota ordinaria al 3,9%, salvo le differenziazioni regionali. Gli effetti pratici, tuttavia, non sono omogenei. “Per le grandi imprese, che saranno le più esposte a premi assicurativi rilevanti, la deducibilità fiscale rappresenta un parziale alleggerimento, ma non elimina l’impatto economico. In pratica, se il costo della polizza riduce la base imponibile, resta comunque un esborso significativo in termini di liquidità, capace di comprimere i margini e incidere sui flussi di cassa. La questione diventa quindi di equilibrio: quanto vale la protezione assicurativa rispetto al peso che esercita sul conto economico?”, sottolinea la fiscalista del network Partner d’impresa Simona D’Alessandro. Diverso il discorso per pmie microimprese. Qui i premi saranno più contenuti, ma proporzionalmente più gravosi in rapporto al fatturato. “La deducibilità fiscale, pur utile, rischia di non essere sufficiente a compensare la pressione sul flusso di cassa. Per realtà imprenditoriali a bassa capitalizzazione, poi, la polizza rischia di ridurre la capacità di autofinanziamento e di rallentare gli investimenti programmati”, conclude D’Alessandro. Così come strutturata la legge presenta certamente delle criticità. Innanzitutto una riflessione riguarda i costi elevati e le disparità che la norma apporterà tra gli imprenditori in funzione delle aree territoriali in cui ha sede la loro impresa. “In molte aree ad alto rischio sismico o idrogeologico, infatti, i premi potranno risultare molto onerosi e a questi si sommeranno i costi di perizia per determinare il valore a nuovo dei beni” sottolinea la fiscalista D’Alessandro. L’obbligo normativo, poi, fa riferimento a una copertura parziale, ovvero riguarda solo le immobilizzazioni materiali: scorte, automezzi, beni mobili e merci non sono assicurati. Le imprese devono quindi valutare l’acquisto di garanzie accessorie per una protezione completa. Non va trascurato infine l’aspetto inerente ai rapporti tra proprietario e utilizzatore. Per i beni in locazione o leasing l’obbligo ricade sull’utilizzatore; è quindi consigliabile stabilire contrattualmente chi sostiene il premio e come si ripartiscono i rischi. In ultima analisi, secondo la fiscalista, vi è incertezza sull’effettiva applicazione delle sanzioni. “Le sanzioni sono solo indirette (esclusione dai bandi), ma la loro efficacia dipende dai provvedimenti attuativi delle singole amministrazioni. Le imprese temono che la frammentazione dei criteri possa creare incertezza sull’accesso a incentivi e finanziamenti”. Considerando le opportunità va considerato che, In un contesto in cui i parametri esg stanno assumendo crescente importanza nelle valutazioni creditizie e nelle politiche di erogazione del credito, la stipula di una copertura assicurativa contro i rischi naturali può essere interpretata come un segnale di gestione consapevole del rischio giocando un ruolo positivo nei rating creditizi. “Le banche e gli investitori istituzionali, sempre più sensibili al rischio climatico, potrebbero considerare la stipula di una polizza catastrofale come un segnale positivo di gestione aziendale. Ciò trasformerebbe un obbligo normativo in un vantaggio reputazionale, capace di incidere favorevolmente sul rating bancario, facilitare l’accesso al credito e, in prospettiva, ridurre il costo del finanziamento”, spiega Simona D’Alessandro. Inoltre, l’obbligo può essere trasformato in un vantaggio competitivo che garantisca all’impresa, in caso di evento catastrofale, le risorse necessarie per riprendere rapidamente la produzione. “Non va trascurato anche il fattore della riduzione dei premi attraverso la prevenzione. Il decreto prevede che i premi siano modulati in base alle misure di mitigazione adottate. Investimenti in adeguamenti antisismici, sistemi di drenaggio o piani di emergenza possono ridurre sensibilmente il costo della polizza” aggiunge la fiscalista. Ancora, sempre secondo la consulente, vanno considerati i vantaggi collegati alla possibilità di stipulare polizze collettive e convenzioni. Le associazioni di categoria stanno negoziando convenzioni con le compagnie per abbattere i costi per andare incontro alle necessità di micro e piccole imprese.
(Adnkronos) - Più caldo e, insieme, una riduzione media delle precipitazioni entro la fine del secolo in tutto il bacino del Mediterraneo e in Italia dove questi cambiamenti saranno accompagnati da un marcato incremento della frequenza degli eventi estremi con temporali intensi e alluvioni improvvise soprattutto durante la stagione autunnale sulle Alpi. È quanto emerge da uno studio Enea. “Abbiamo utilizzato proiezioni climatiche regionali ad altissima risoluzione (fino a 5 km) che, come una lente di ingrandimento, ci hanno permesso di conoscere con estrema precisione gli impatti attesi al 2100, soprattutto in relazione agli eventi estremi e ai fenomeni locali - spiega la coordinatrice dello studio Maria Vittoria Struglia, ricercatrice del Laboratorio Enea Modelli e servizi climatici - Le proiezioni climatiche regionali sono uno strumento estremamente utile per stimare in modo più affidabile gli impatti del cambiamento climatico su scala locale. Consentono inoltre di progettare strategie di adattamento mirate, che tengano conto delle specificità territoriali e stagionali”. Il team Enea ha realizzato simulazioni sia per il clima passato (1980-2014), utili a quantificare le variazioni già in atto, sia per il clima futuro (2015-2100), utilizzando tre scenari socioeconomici e climatici di riferimento. Gli scenari spaziano da quelli in cui vengono attuate politiche di sostenibilità ambientale a quelli in cui le politiche di decarbonizzazione non sono centrali nei modelli di sviluppo. Sulla base di queste proiezioni, sono stati stimati gli effetti del cambiamento climatico sulla temperatura superficiale e sulle precipitazioni in Italia. Secondo lo studio, nelle aree montuose si prevede un aumento delle temperature estive con punte fino a +4,5 °C e fino a +3,5 °C in autunno nello scenario a più elevato impatto. Si tratta di un riscaldamento significativo che, in queste zone, non è riprodotto dai modelli globali a bassa risoluzione. Sul fronte delle precipitazioni il clima tenderà a diventare generalmente più secco in tutte le stagioni, in particolare durante l’estate. Tuttavia, nei due scenari più critici, ci si attende un aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi soprattutto sull’Italia settentrionale e, in particolare, nelle zone alpine e subalpine. Entrando nel dettaglio delle elaborazioni Enea, alla fine del secolo (2071-2100), in inverno si potrebbe verificare un aumento dell’intensità delle precipitazioni soprattutto nelle Alpi occidentali, a differenza delle Alpi orientali dove si registra una lieve diminuzione; mentre nell’Italia meridionale l’intensità diminuirà, con un calo particolarmente marcato sui rilievi principali della Sicilia. In primavera il quadro è simile a quello invernale, ma con un aumento più diffuso dell’intensità sull’intero arco alpino. In estate viene rilevata una diminuzione generalizzata dell’intensità delle precipitazioni estreme, soprattutto lungo le coste tirreniche. In autunno, nello scenario più severo, infine, si registra un aumento significativo dell’intensità delle piogge estreme su gran parte del territorio italiano, con incrementi più marcati nelle aree in cui gli impatti climatici previsti risultano già più intensi (Nord Italia). La simulazione regionale ad alta risoluzione mostra un cambiamento delle precipitazioni diverso - e in alcune aree persino opposto - rispetto a quanto previsto dal modello globale a bassa risoluzione. “Negli ultimi anni, lo sviluppo di tecnologie sempre più potenti ha reso possibile proiezioni climatiche regionali molto più dettagliate che hanno permesso di valutare gli impatti locali del cambiamento climatico e dei rischi connessi al clima, nonché supportare politiche di adattamento e mitigazione. Questo rappresenta un progresso significativo per la regione mediterranea, un hotspot climatico caratterizzato da una morfologia fortemente eterogenea (un bacino semi-chiuso circondato da rilievi montuosi alti e complessi), che richiede analisi ad alta risoluzione. La regione è infatti particolarmente vulnerabile agli impatti di fenomeni meteorologici estremi su scala locale, che possono influenzare in modo significativo il benessere e l’economia delle comunità locali”, conclude Struglia.