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(Adnkronos) - Tommy Cash con la sua 'Espresso Macchiato' è uno dei protagonisti più attesi dell'Eurovision Song Contest. Conosciuto come visual artist capace di creare e interpretare le tendenze globali in chiave originale e umoristica, il concorrente estone si è fatto conoscere in tutto il mondo per il suo immaginario stravagante e ironico. All'anagrafe Tomas Tammemets, è nato a Tallin nel 1991. A 33 anni, è uno dei rapper più popolari in Estonia. Dopo aver debuttato nei primi anni 2010, Tommy Cash ha pubblicato due album intitolati 'Euroz Dollaz Yeniz' (2014) e 'Yes' (2018) e collaborato con artisti come Charli XCX e Diplo. L'Eurovision Song Contest è solo l'ultima tappa della sua carriera: Tommy Cash ha fatto tournée negli Stati Uniti, in Cina e in Europa, e si è esibito in festival come Glastonbury nel Regno Unito, Sziget a Budapest e Roskilde in Danimarca. Ama anche le collaborazioni musicali: si è esibito con Charlie xcx, Diplo e Bones. Il brano 'Espresso Macchiato' ha fatto il giro del mondo: ha già conquistato il vertice della classifica Viral 50 italiana di Spotify e la Top 50 dell’Airplay radiofonico italiano, è da settimane in trend su TikTok e continua a macinare milioni di stream. "Penso che ogni artista speri che la sua canzone esploda, ma non sai mai a che livello. Certo, lo adoro, ma non pensavo arrivasse a livello globale, tipo notizie della BBC o che i governi ne parlassero. È stato un successo enorme, una benedizione. Sono super felice", ha detto Tommy Cash alla stampa italiana. Poi ha aggiunto: "Penso anche che uno degli elementi principali è che la canzone funziona. È orecchiabile. Se ascolti 30 canzoni di fila, ti ricordi 'Macchiato'. È una benedizione. Tutto il resto - la danza, la performance - funziona insieme. È come una macchina ben oliata". Tommy Cash è stato però anche inondato dalle polemiche per gli stereotipi sugli italiani: il brano mescola italiano e inglese, entrambi maccheronici, e ci infila un po’ di tutto (ovviamente il caffè, ma anche la mafia, i limoni e gli immancabili spaghetti). Per questo il Codacons ha inviato un ricorso all’European Broadcasting Union (Ebu), organizzatore dell'Eurovision Song Contest. "C’è sempre ironia e provocazione nella mia arte, perché non prendo la vita così sul serio. Beh, la prendo sul serio, ma con un pizzico di sale", ha detto il cantante alla stampa italiana. Rispetto alle polemiche suscitate dal brano, soprattutto in Italia, ha affermato: "Voglio che la gente si faccia domande guardando la mia arte. Ma non voglio assolutamente offendere nessuno, non è mai stata mia intenzione. Io amo profondamente l’Italia". Alla stampa italiana ha spiegato che "ci sono tantissime canzoni italiane che amo. In particolare, mentre stavamo creando 'Espresso Macchiato', cercavo di immaginare le reference italiane che avevo. Guardavo Pavarotti, mi ricorda quando ero piccolo, in famiglia lo ascoltavamo tanto. Penso che sia un modello e magari un giorno Tommaso potrà essere anche solo il 5% di ciò che è stato lui, sarebbe un sogno".
(Adnkronos) - Oggi, 11 maggio, è la Festa della mamma, ricorrenza che si celebra nella seconda domenica di maggio. Quando e dove è nata questa festa e perché si celebra a maggio? La storia di questa ricorrenza, ricorda 'Focus', è lunga e affascinante perché risale addirittura al mondo greco-romano: allora si festeggiavano le mamme durante le feste legate alle divinità femminili nelle quali si celebrava la fertilità. In epoca medioevale e rinascimentale furono sostituite dalle feste religiose legate alla maternità della Madonna: 'Madre di Dio', Theotokos, è il titolo attribuito ufficialmente a Maria nel V secolo, esattamente nel Concilio di Efeso del 431, ma affermatosi nella devozione del popolo cristiano già a partire dal III secolo. La festa di Maria, madre di Dio, era in un certo senso la festa di tutte le mamme, anche se loro non erano affatto festeggiate. La Festa della Mamma (e non la festa delle mamme) come la intendiamo ai giorni nostri fu introdotta soltanto tra l'800 e il '900 in due momenti diversi. Il primo risale agli Anni '60 e '70 dell'800 ed è merito di una pacifista americana, Ann Reeves Jarvis e di sua figlia Anna. Al termine della Guerra civile americana, Jarvis aveva promosso una serie di feste per favorire l'amicizia tra le madri di Nordisti e Sudisti. Si trattava soprattutto di picnic e di altri incontri conviviali. Sempre in quel periodo, nel 1870, la poetessa americana Julia Ward Howe scrisse la 'Mother's day proclamation', nella quale esortava le donne e le madri ad assumere un ruolo attivo nel processo di pacificazione tra gli Stati americani. Il secondo momento risale ai primi anni del '900: Anna Jarvis, figlia di Ann Reeves Jarvis, raccoglie il testimone della madre e inizia a organizzare numerosi eventi dedicati alle madri, con sempre maggiore seguito, finché il presidente americano Woodrow Wilson ufficializzò la festa nel 1914. Fu proprio il presidente Wilson a stabilire che la festa venisse celebrata la seconda domenica di maggio (visto che in quel periodo dell'anno era morta Ann Jarvis), data che venne poi adottata da molti altri Paesi. La Festa della Mamma arriva in Italia soltanto nel 1933, durante il fascismo, quando il 24 dicembre viene celebrata la "Giornata della madre e del fanciullo". Da quel momento, ogni vigilia di Natale, le mamme vennero festeggiate per motivi propagandistici: erano l'espressione della politica natalista del regime fascista e in tale occasione venivano premiate quelle più prolifiche. Soltanto nel dopoguerra, anche in Italia, la Festa della mamma ha assunto un carattere meno propagandistico. E nella seconda metà degli Anni '50 del '900 iniziarono a diffondersi due feste della mamma: una organizzata dal parroco di una frazione di Assisi per motivi religiosi, per celebrare la maternità nel suo valore cristiano; l'altra in Liguria, per motivi commerciali, promossa dai fiorai. Entrambe erano festeggiate a maggio, mese dedicato alla Madonna nella religione cattolica, e mese della primavera e periodo ricco di fiori da regalare. Dal 1959 la festa prese piede e si è celebrata per vari anni l'8 maggio, per poi passare alla seconda domenica di maggio.
(Adnkronos) - Cresce la desertificazione oceanica a causa del riscaldamento globale. In poco più di vent’anni è quasi raddoppiata l’area delle regioni oceaniche già povere di nutrienti e con scarsa biodiversità, passando dal 2,4 al 4,5% dell’oceano globale. Si tratta di un fenomeno che comporta una grave carenza di nutrienti e che potrebbe avere conseguenze significative sulla salute degli oceani e sul clima globale. È questo uno dei principali risultati emersi da uno studio internazionale condotto dal Laboratorio Enea Modelli e Servizi Climatici, in collaborazione con l’Istituto di Scienze Marine Ismar-Cnr e il laboratorio cinese State Key Laboratory of Satellite Ocean Environment Dynamics (Soed), pubblicato sulla rivista scientifica ‘Geophysical Research Letters’. Lo studio si concentra, in particolare, sull’analisi dei cambiamenti del fitoplancton, l’insieme di quei microrganismi che sono alla base della catena alimentare marina (sono il cibo di zooplancton, pesci e altri organismi) e contribuiscono a mitigare i cambiamenti climatici rimuovendo la CO2 atmosferica attraverso la loro attività fotosintetica. “Questo fenomeno risulta molto evidente nell’Oceano Pacifico settentrionale dove la superficie coinvolta cresce a un ritmo di 70mila km2 l’anno. Ma la desertificazione interessa in modo crescente diverse regioni oceaniche, con una particolare vulnerabilità nelle aree tropicali e subtropicali, dove la diminuzione dei nutrienti disponibili può avere importanti impatti sulla produttività e la diversità biologica. Questo accade a causa del riscaldamento globale, che fa sì che l’acqua calda, più leggera, resti in superficie, impedendo il mescolamento con l’acqua più fredda e ricca di nutrienti che si trova in profondità. Meno mescolamento significa quindi meno ‘cibo’ che arriva alla superficie per sostenere la crescita del fitoplancton e, di conseguenza, dell’intera catena alimentare”, spiega Chiara Volta, ricercatrice Enea del Laboratorio Modelli e Servizi Climatici. Dallo studio emerge inoltre che è in diminuzione la quantità di clorofilla, un indicatore chiave della salute e della produttività del fitoplancton. In pratica, una maggiore presenza di clorofilla indica una maggiore abbondanza di fitoplancton. “Tuttavia, secondo lo studio, questo calo potrebbe non indicare una riduzione della popolazione fitoplantonica, ma un adattamento di questi organismi alle nuove condizioni di crescita imposte dal cambiamento climatico, quali ad esempio l’aumento della temperatura e la riduzione della disponibilità di nutrienti”, sottolinea la ricercatrice di Enea. Per realizzare questo studio i ricercatori hanno esaminato le serie temporali di dati satellitari di clorofilla e di fitoplancton tra il 1998 e il 2022 nei cinque principali vortici oceanici della Terra (gyres subtropicali) situati nell’Atlantico settentrionale e meridionale, nel Pacifico settentrionale e meridionale e nell’Oceano Indiano. Si tratta di sistemi di correnti caratterizzati da un movimento anticiclonico dell’acqua che si sviluppano tra l’Equatore e le zone subtropicali di alta pressione, e la cui formazione dipende da una complessa interazione tra venti, rotazione terrestre e distribuzione delle terre emerse. “Negli ultimi due decenni, in concomitanza con il riscaldamento degli oceani, molti studi satellitari hanno documentato un’espansione di questi sistemi oceanici e una conseguente riduzione di clorofilla, destando serie preoccupazioni sulle possibili implicazioni per il clima globale e la salute dei nostri oceani. Tuttavia, i nostri risultati mostrano che, nonostante la diminuzione della clorofilla osservata nella zona più povera di nutrienti dei vortici subtropicali, la biomassa fitoplantonica è rimasta sostanzialmente stabile nel tempo. Tenuto conto che, per loro natura, i dati satellitari si limitano a fornire una descrizione di ciò che avviene sulla superficie oceanica, i prossimi passi da compiere saranno quelli di studiare i cambiamenti della comunità fitoplantonica lungo la colonna d’acqua e quantificare il loro impatto sulla produttività oceanica a scala regionale e globale”, conclude Chiara Volta.