(Adnkronos) - Il patient journey di un paziente con multimorbidità - nel caso abbia problematiche metaboliche come il diabete, cardiologiche e nefrologiche, che quindi oltre al diabetologo ha bisogno anche del cardiologo e dell'esperto di patologie renali - "non è altro che il percorso che deve fare nella sua presa in carico di salute. Questo vuol dire che dovrà vedere più specialisti, con più prescrizioni, con più analisi da fare, con più visite. Il patient journey vuole normalizzare questo processo, fare in modo che il paziente riesca" a fare tutto ciò che serve per la sua salute contando su "una collaborazione digitale degli specialisti, tra di loro, con un miglioramento nei tempi della visita, ma anche nell'interazione tra le loro competenze. In questo, i software di intelligenza artificiale ci potranno aiutare moltissimo perché eviteranno ripetizioni e soprattutto eviteranno le interazioni fra farmaci di cui spesso non siamo assolutamente consapevoli e questa è la vera innovazione da un punto di vista medico e scientifico". Lo ha detto Anna Maria Colao, professore ordinario di Endocrinologia e Malattie del metabolismo all'università Federico II di Napoli e consigliera Fism, Federazione società medico scientifiche italiane, all'Adnkronos Salute oggi a Milano, partecipando a 'L'Ai Week', evento dedicato all'intelligenza artificiale. "Noi chiamiamo intelligenza artificiale un insieme di nuove tecnologie che si basano anche sulla costruzione di algoritmi - spiega Colao - Il machine learning, cioè il fatto che la macchina può imparare da ciò che noi inseriamo, ci rende ovviamente partecipi di questo processo. Se non inseriamo i dati in modo pulito, attento, accurato, porteremo l'algoritmo ad andare verso direzioni che potrebbero anche nel medio futuro diventare errate e portarci in direzioni sbagliate. Quindi abbiamo tutti una grandissima responsabilità: quella di essere super accurati quando inseriamo il dato all'interno del sistema, sperando che nel futuro il sistema riesca a correggere noi e se stesso, riconoscendo gli errori di digitazione o l'errore di inserimento". In questo contesto "c'è bisogno ancora di grande formazione, di educazione - sottolinea l'esperta - perché noi ci rivolgiamo a una popolazione oggi di età molto ampia e c'è una larga fascia che non è nativo digitale. Le persone che hanno superato i 60 anni, che non vivono in grandi città, che non hanno accesso a tutti questi software digitali, hanno grandi difficoltà a prendere questi mezzi come reali nella loro vita quotidiana. Abbiamo bisogno di fare formazione e in questo le società scientifiche, ma anche proprio i mezzi a disposizione dei ministeri, della macchina dello Stato, potranno aiutare. C'è ancora un gap da risolvere anche nella parte medica, degli infermieri, personale amministrativo. Ci auguriamo che questi anni servano a diventare più veloci".
(Adnkronos) - Oggi, 11 maggio, è la Festa della mamma, ricorrenza che si celebra nella seconda domenica di maggio. Quando e dove è nata questa festa e perché si celebra a maggio? La storia di questa ricorrenza, ricorda 'Focus', è lunga e affascinante perché risale addirittura al mondo greco-romano: allora si festeggiavano le mamme durante le feste legate alle divinità femminili nelle quali si celebrava la fertilità. In epoca medioevale e rinascimentale furono sostituite dalle feste religiose legate alla maternità della Madonna: 'Madre di Dio', Theotokos, è il titolo attribuito ufficialmente a Maria nel V secolo, esattamente nel Concilio di Efeso del 431, ma affermatosi nella devozione del popolo cristiano già a partire dal III secolo. La festa di Maria, madre di Dio, era in un certo senso la festa di tutte le mamme, anche se loro non erano affatto festeggiate. La Festa della Mamma (e non la festa delle mamme) come la intendiamo ai giorni nostri fu introdotta soltanto tra l'800 e il '900 in due momenti diversi. Il primo risale agli Anni '60 e '70 dell'800 ed è merito di una pacifista americana, Ann Reeves Jarvis e di sua figlia Anna. Al termine della Guerra civile americana, Jarvis aveva promosso una serie di feste per favorire l'amicizia tra le madri di Nordisti e Sudisti. Si trattava soprattutto di picnic e di altri incontri conviviali. Sempre in quel periodo, nel 1870, la poetessa americana Julia Ward Howe scrisse la 'Mother's day proclamation', nella quale esortava le donne e le madri ad assumere un ruolo attivo nel processo di pacificazione tra gli Stati americani. Il secondo momento risale ai primi anni del '900: Anna Jarvis, figlia di Ann Reeves Jarvis, raccoglie il testimone della madre e inizia a organizzare numerosi eventi dedicati alle madri, con sempre maggiore seguito, finché il presidente americano Woodrow Wilson ufficializzò la festa nel 1914. Fu proprio il presidente Wilson a stabilire che la festa venisse celebrata la seconda domenica di maggio (visto che in quel periodo dell'anno era morta Ann Jarvis), data che venne poi adottata da molti altri Paesi. La Festa della Mamma arriva in Italia soltanto nel 1933, durante il fascismo, quando il 24 dicembre viene celebrata la "Giornata della madre e del fanciullo". Da quel momento, ogni vigilia di Natale, le mamme vennero festeggiate per motivi propagandistici: erano l'espressione della politica natalista del regime fascista e in tale occasione venivano premiate quelle più prolifiche. Soltanto nel dopoguerra, anche in Italia, la Festa della mamma ha assunto un carattere meno propagandistico. E nella seconda metà degli Anni '50 del '900 iniziarono a diffondersi due feste della mamma: una organizzata dal parroco di una frazione di Assisi per motivi religiosi, per celebrare la maternità nel suo valore cristiano; l'altra in Liguria, per motivi commerciali, promossa dai fiorai. Entrambe erano festeggiate a maggio, mese dedicato alla Madonna nella religione cattolica, e mese della primavera e periodo ricco di fiori da regalare. Dal 1959 la festa prese piede e si è celebrata per vari anni l'8 maggio, per poi passare alla seconda domenica di maggio.
(Adnkronos) - L’intelligenza artificiale (Ia) è ormai parte integrante della nostra vita quotidiana, ma l’interazione umana sotto forma di intelligenza emotiva ed empatia rimane ancora, per certi aspetti, insostituibile. È quanto emerge dalla nuova ricerca del Pulsee Luce e Gas Index, osservatorio sulle abitudini sostenibili e sulle percezioni degli italiani in merito ai temi dell’energia, sviluppato da Pulsee Luce e Gas in collaborazione con NielsenIq. Se il 73% degli intervistati ammette di farne uso con frequenza (il 47% quotidianamente o diverse volte alla settimana), le finalità sono tendenzialmente personali e ricreative (68%) e si scontrano con un minore apprezzamento quando l’Intelligenza artificiale diventa un interlocutore a cui si richiedono servizi di assistenza o un supporto per esigenze concrete. “La persona con cui ho parlato è stata estremamente gentile e comprensiva delle mie richieste. Credo che l’interazione umana sia un valore aggiunto”; è solo una delle svariate recensioni Trustpilot su Pulsee Luce e Gas che confermano questo aspetto: l’interazione con una persona reale permane come importante per la grande maggioranza degli intervistati (83%), soprattutto nell’ambito del customer care. Per quasi 9 italiani su 10, infatti, l’Ia non riesce a interpretare le necessità quanto un operatore umano e per quasi un italiano su due offre una comprensione e un supporto inferiore. Come conseguenza, nel caso dei servizi di assistenza, infatti, quasi il 90% del campione dichiara di aver abbandonato una conversazione con l’Ia, per diverse ragioni: incomprensione della richiesta (37%), mancanza di proposte utili per la risoluzione di un problema (22%) e frustrazione per la tipologia di conversazione intrapresa (17%). Nel confronto tra intelligenza artificiale e umana, la prima è considerata superiore per velocità di calcolo e analisi dei dati (82% delle preferenze) e automazione di compiti complessi (70%). La seconda si posiziona al di sopra dell’Ia nella capacità di comprendere emozioni e sentimenti (83% degli intervistati), interazione sociale e comunicazione empatica (75%), etica e moralità (72%). I più ottimisti credono che l’Ia colmerà il divario con l’empatia umana, ma non prima di 15 anni. In ogni caso, c’è una certa apertura verso modelli ibridi, quali servizi clienti che combinano un operatore umano con l’Ia (53%), mentre una quota ridotta degli italiani (4%) dichiara di volere un servizio clienti totalmente automatizzato. Un altro tema critico riguarda la fiducia: solo un italiano su dieci si fida a condividere dati personali con l’Ia. Analogamente, in una prospettiva di miglioramento del servizio clienti, la maggior parte (59%) preferisce aziende che puntano sulle persone rispetto all’automazione. Oltre al tema assistenza, tuttavia, l’Ia viene considerato uno strumento utile per semplificare alcune attività della vita quotidiana, anche in termini di sostenibilità e risparmio: il 61% degli intervistati la vede come una risorsa funzionale all’ottimizzazione dei consumi, grazie al contributo di assistenti virtuali, sistemi di domotica intelligente e app di gestione energetica.