(Adnkronos) - Il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'Agenzia europea del farmaco Ema ha espresso parere positivo per un nuovo dosaggio dell'anti-obesità semaglutide, che promette "una perdita di peso ancora maggiore". La nuova dose, 7,2 mg, ha prodotto nei trial "una perdita di peso media a 72 settimane del 21% in persone con obesità senza diabete: un risultato che si aggiunge ai benefici già consolidati di semaglutide 2,4 mg sulle complicanze correlate al peso, tra cui la significativa riduzione del rischio di eventi cardiovascolari maggiori, come infarto e ictus, e la riduzione del dolore causato dall'osteoartrite del ginocchio", spiega Novo Nordisk in una nota. Il parere positivo - si legge - si basa sui risultati degli studi clinici Step Up e Step Up T2D, condotti su persone con obesità rispettivamente senza e con diabete di tipo 2. In particolare, nelle persone con obesità e senza diabete, un terzo dei partecipanti trattati con semaglutide 7,2 mg ha ottenuto una perdita di peso pari o superiore al 25% a 72 settimane, con un profilo di sicurezza e tollerabilità in linea con la dose già approvata di semaglutide 2,4 mg. Inoltre, i dati mostrano che la maggior parte del peso perso dai partecipanti era dovuto alla perdita di massa grassa (84%) e i test condotti hanno confermato che è stata preservata la funzione muscolare. Il nuovo dosaggio è attualmente in approvazione nel Regno Unito e in diversi altri Paesi, riferisce Novo Nordisk. Negli Stati Uniti l'azienda danese ha ottenuto per il prodotto il Commissioner's National Priority Voucher (Cnpv), il nuovo programma che offre un percorso di approvazione accelerato a farmaci che rispondono a priorità sanitarie nazionali. Novo Nordisk ha sottomesso la richiesta di autorizzazione per semaglutide 7,2 mg alla Fda a novembre. Con il programma accelerato, la valutazione da parte dell'agenzia regolatoria americana è prevista entro 1-2 mesi dall'accettazione della domanda.
(Adnkronos) - Anche l'Inca, il patronato della Cgil, domani partecipa allo sciopero generale proclamato contro la legge di Bilancio del governo Meloni. "Il quadro complessivo della manovra - dice in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, Michele Pagliaro, presidente Inca - mostra un Paese sempre più sbilanciato: si innalza ulteriormente l’età pensionabile, si comprimono salari e pensioni reali, si restringono gli spazi di welfare, mentre prosegue una crescita dello stanziamento per il riarmo, con scarse risorse destinate a istruzione, sanità, servizi pubblici e politiche industriali. Scelte che si inseriscono in un contesto segnato da instabilità internazionale, compressione del diritto internazionale e un clima globale in cui la guerra rischia di tornare strumento di politica ordinaria". (VIDEO) "In questo scenario - spiega - Inca Cgil richiama con forza il quadro dei diritti costituzionali che dovrebbe orientare le scelte economiche del Paese. L’Italia è vincolata a principi che impongono non solo il ripudio della guerra, ma anche la promozione della giustizia sociale, della pace e dell’eguaglianza sostanziale, attraverso politiche economiche coerenti con tali finalità. Quando questi valori vengono disattesi, l’ordine costituzionale stesso viene indebolito". "La legge di bilancio - afferma - interviene ancora una volta sul sistema previdenziale, peggiorando la condizione di milioni di lavoratrici e lavoratori. Una condizione già complessa, come abbiamo modo di constatare ogni giorno con le nostre operatrici e i nostri operatori in tutta Italia. L’aumento dell’età pensionabile coinvolgerà la quasi totalità della platea, azzerando ogni forma di flessibilità in uscita. Per l'Inca il rischio non è solo la compressione del diritto a un pensionamento dignitoso, ma anche l’aggravamento di condizioni sociali già critiche". "Nel mondo del lavoro - avverte - la precarietà è in crescita. I giovani si trovano spesso nelle condizioni di dover emigrare all’estero per avere un’opportunità. E chi resta a lavorare in Italia subisce contratti fragili e intermittenza occupazionale. E' evidente la progressiva espulsione dei lavoratori più anziani dai settori produttivi. Elevare i requisiti senza rafforzare le garanzie di stabilità, salute e sicurezza sul lavoro significa scaricare sui cittadini un costo sociale insostenibile. Al contrario, occorrerebbe agire su tre direttrici chiare: blocco dell’aumento automatico dell’età pensionabile, maggiore flessibilità in uscita e introduzione di una pensione contributiva di garanzia per precari e discontinui". "Le scelte della manovra - chiarisce il presidente Pagliaro - si manifestano come la punta di un iceberg. Solo che sotto quella punta, invece di un solido blocco di ghiaccio, c’è un involucro vuoto. Queste decisioni mostrano una grave assenza di investimenti strategici nei servizi essenziali. Il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è destinato a scendere nel 2028 sotto il 6% del Pil, il livello più basso degli ultimi decenni. La stessa logica di sottofinanziamento colpisce scuola, assistenza agli anziani, non autosufficienza, diritto alla casa e trasporto pubblico: pilastri fondamentali per la coesione sociale e per la parità di opportunità. L’assenza di investimenti non è neutra: aumenta le disuguaglianze, spinge verso la privatizzazione di fatto dei diritti, scarica sulle famiglie costi insostenibili e frantuma l’universalità dell’accesso ai servizi". "L’elenco di ciò che manca - rimarca - è, purtroppo, lungo, in un contesto dove l’occupazione cresce, ma solo tra gli over 50: la manovra non prevede vere politiche industriali, dopo anni di deindustrializzazione, non affronta il nodo della precarietà, non interviene sul lavoro povero, nero e sommerso, non sostiene la transizione ambientale e digitale e non contiene una strategia credibile per il Mezzogiorno". "E poi - continua - c’è la questione fiscale, ridotta a un dibattito sulla patrimoniale, di cui tanti si scandalizzano, ma su cui manca una riflessione seria e contestualizzata da parte del Governo. Negli ultimi tre anni lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati hanno pagato 25 miliardi di euro di tasse in più a causa della mancata indicizzazione dell’Irpef: questa, nei fatti, è una forma silenziosa ma pesantissima di drenaggio fiscale che ha colpito solo e soltanto i redditi fissi. Non chi opera in flat tax, non le rendite finanziarie, non i grandi patrimoni". "Questa situazione - dice - mette in discussione il principio costituzionale di progressività. Di fatto, nel Paese esiste già una patrimoniale impropria, che grava più che sui patrimoni sui redditi da lavoro bassi e medi. Con una pressione fiscale reale che nel 2025 raggiungerà il 42,8% e con l’87% dell’Irpef pagata da lavoratori e pensionati, lo Stato appare sempre più come un 'socio di maggioranza' che trattiene molto e restituisce sempre meno in termini di servizi: meno scuola, meno sanità, meno trasporto pubblico, meno sicurezza sul lavoro". "Ciò che si auspica è la reintroduzione di un modello di tassazione realmente progressivo, capace di redistribuire ricchezza e finanziare politiche pubbliche all’altezza dei bisogni reali del Paese", conclude.
(Adnkronos) - Il Gruppo Agsm Aim, tramite la controllata Agsm Aim Power, ha perfezionato l’acquisizione di due impianti fotovoltaici a terra. L’operazione - spiega Agsm Aim in una nota - si inserisce nel programma di investimenti previsto dal Piano Industriale 2025-2030 che, con oltre 500 milioni di euro allocati per lo sviluppo di impianti da fonti rinnovabili, punta a posizionare il Gruppo Agsm Aim quale player protagonista di una transizione energetica sostenibile e diffusa su scala nazionale. Situati nel comune di Sarmato in provincia di Piacenza, gli impianti fotovoltaici acquisiti da Agsm Aim Power sviluppano rispettivamente una potenza installata di 7,61 MW e di 7,41 MW. La produzione annua di energia elettrica pulita, stimata in circa 25.000 MWh, è in grado di coprire il fabbisogno energetico di oltre 9mila famiglie, abbattendo circa 6mila tonnellate di CO2 equivalente all’anno. Grazie a questa operazione M&A sale a 179 MW la capacità da fonti rinnovabili gestita dal Gruppo Agsm Aim, offrendo un efficace contributo al raggiungimento degli obiettivi del Piano Industriale che, entro il 2030, punta a raggiungere il 70% di potenza installata da fonti rinnovabili. In quest’ottica nel luglio di quest’anno, era stata firmata l’acquisizione di altri 22 impianti fotovoltaici in Veneto, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio e Campania. “Con questa nuova acquisizione si concretizza un passo importante nello sviluppo del nostro Piano Industriale e si conferma la visione con cui il Gruppo Agsm Aim intende cogliere le sfide della transizione energetica. Capillarizzare la nostra presenza sull’intero territorio nazionale significa consolidare un asset strategico ma, in particolare, partecipare attivamente alla costruzione di un modello energetico sostenibile e accessibile a una platea sempre più estesa di persone”, ha affermato Federico Testa, presidente di Agsm Aim. “L’obiettivo del 70% di potenza elettrica installata da fonti rinnovabili, fissato dal nostro Piano Industriale, oggi è un po' più vicino. L’operazione di acquisizione di due nuovi impianti fotovoltaici ratifica la capacità del Gruppo Agsm Aim di tradurre in azione la propria visione di futuro e racconta le modalità con cui intendiamo cogliere le opportunità di un’economia a basse emissioni, operando scelte che ci consentano di esprimere qualità produttiva, affidabilità e sicurezza, per diventare protagonisti riconoscibili e coerenti della transizione energetica e ambientale nazionale”, ha dichiarato Alessandro Russo, consigliere delegato di Agsm Aim.