(Adnkronos) - Tensione a Napoli. Nonostante il primo posto in classifica, la dirigenza azzurra è al centro delle critiche per un mercato invernale che ha deluso tifosi e allenatore, con Antonio Conte che non ha mai nascosto il proprio malcontento. A tappare il buco lasciato dall'addio di Kvicha Kvaratskhelia direzione Psg è arrivato, nell'ultimo giorno di mercato, Noah Okafor in prestito con diritto di riscatto dal Milan. Non abbastanza per la piazza. Per provare a buttare acqua sul fuoco, il direttore sportivo Giovanni Manna è intervenuto in conferenza stampa, puntando il dito proprio verso Kvaratskhelia: "Noi lo ringraziamo per quello che ha fatto a Napoli in questi anni, per tutto quello che ha dato alla città. Abbiamo provato a rimediare a una situazione diventata complicata a luglio, poi di nuovo a novembre e a dicembre. Siamo stati costretti a cederlo in questa sessione di mercato perché ci siamo trovati non dico ricattati, ma quasi. Non è vero che la cessione di Kvara serviva per risanare il bilancio, perché fino a 20 giorni prima stavamo trattando il rinnovo, poi il mercato e la volontà del giocatore ci hanno portato a prendere una strada diversa". Le accuse di Manna si aggiungono a un ragionamento complessivo che vuole spiegare, o almeno provarci, un mercato deludente: "Penso sia oggettivo che è andato via un giocatore importante, e noi abbiamo provato a intervenire sul mercato per sostituirlo. Lui era probabilmente il miglior giocatore della rosa, per status e qualità, e non siamo riusciti a finalizzare alcune trattative perché a gennaio ci sono parametri diversi ed è spesso difficile che calciatori forti decidano di sportarsi", ha spiegato il direttore sportivo, "ci siamo trovati di fronte a valori non congrui con le nostre valutazioni e parametri, soprattutto salariali".
(Adnkronos) - "La Puglia ha una grande quantità di export verso gli Usa, a partire dal settore agroalimentare. Pasta, mozzarelle, burrate, ci sono tantissimi prodotti che esportiamo negli Usa. Ma non solo: ci sono anche aziende farmaceutiche che producono i loro prodotti qui e lì esportano in Usa. Ma con l'eventuale applicazione di dazi del 25% è chiaro che questi prodotti non sarebbero più competitivi. E sarebbe un danno enorme per questi settori, ma anche per tutti quelli a loro collegati. Pensiamo ad esempio ai macchinari per fare la pasta, alla logistica per le spedizioni, al packaging". E' preoccupato Sergio Fontana, presidente di Confindustria Puglia, interpellato da Adnkronos/Labitalia, sui possibili effetti che l'imposizione di dazi da parte di Trump sui prodotti europei avrebbero sull'export pugliese. Secondo Fontana, "gli unici dazi da applicare dovrebbero essere quelli verso i Paesi che non rispettano l'ambiente e i diritti dei lavoratori, e non quelli sulle merci indistintamente". E per l'industriale nel caso di dazi Usa la risposta dovrebbe essere unitaria da parte dell'Europa. "Se Trump dovesse mettere davvero dei dazi ai prodotti italiani ed europei vorrei che le stesse tasse venissero messe, non da una singola nazione ma dall'intera Europa, agli Stati Uniti. Questo è quello che vorrei, ma si tratta del libro dei sogni", sottolinea amaro Fontana. E allora il consiglio per gli imprenditori, dice, è "di cercare di avere prodotti che hanno sempre più valore aggiunto, essere sempre competitivi sulla qualità dei prodotti per fare sì che anche se il prodotto viene a costare di più, si riesce comunque a continuare a vendere anche in determinati mercati". "Mettere innovazione e ricerca in tutto quello che facciamo, aggiungendo valore aggiunto ai nostri prodotti, è l'unica strategia che posso indicare ai nostri imprenditori", conclude.
(Adnkronos) - Nel 2024, 50 centraline in 25 città su 98 hanno superato i limiti giornalieri di Pm10. In cima Frosinone (Scalo) con 70 giorni di sforamenti e Milano (Marche) con 68, seguite da Verona (Borgo Milano), 66, e Vicenza (San Felice), 64. Rispetto ai nuovi target europei previsti al 2030, situazione ancora più critica: sarebbero oltre i limiti il 71% delle città per il Pm10 e il 45% per l’NO2. È quanto emerge dal nuovo report di Legambiente 'Mal'Aria di città 2025' che l’associazione ambientalista lancia oggi, a Milano, nel giorno di avvio della sua campagna itinerante 'Città2030, come cambia la mobilità' che, fino al 18 marzo, attraverserà le città italiane per capire quanto manca alle aree urbane per avere un sistema di trasporto sostenibile, efficiente, accessibile e che renda le strade più sicure, a partire da pedoni e ciclisti. Il report Mal’Aria ha analizzato nei capoluoghi di provincia i dati relativi alle polveri sottili (Pm10) e al biossido di azoto (NO2). Nel 2024, 25 città, su 98 di cui si disponeva del dato, hanno superato i limiti di legge per il Pm10 (35 giorni all'anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo), con 50 stazioni di rilevamento, dislocate in diverse zone dello stesso centro urbano. In cima alla classifica Frosinone (Frosinone scalo) per il secondo anno di fila con 70 giorni oltre i limiti consentiti, seguita da Milano (centralina di via Marche) con 68. Nel capoluogo lombardo, anche le centraline di Senato (53), Pascal Città Studi (47) e Verziere (44) hanno superato il tetto massimo. Al terzo posto si posiziona Verona, con Borgo Milano a quota 66 sforamenti (l’altra centralina, Giarol Grande, si è fermata a 53), seguita da Vicenza-San Felice a 64. Anche altre centraline vicentine hanno superato i limiti: Ferrovieri con 49 giorni e Quartiere Italia con 45. Segue Padova, dove la centralina Arcella ha registrato 61 sforamenti e Mandria 52, mentre a Venezia via Beccaria ha toccato quota 61. Nel capoluogo veneto altre quattro centraline hanno superato i limiti: via Tagliamento con 54 giorni, Parco Bissuola con 42, Rio Novo con 40 e Sacca Fisola con 36. Stando al report, non si sono salvate neanche le città di Cremona, Napoli, Rovigo, Brescia, Torino, Monza, Treviso, Modena, Mantova, Lodi, Pavia, Catania, Bergamo, Piacenza, Rimini, Terni, Ferrara, Asti e Ravenna. Una situazione di picco, quella dello sforamento del limite giornaliero di Pm10, che in molti casi ha riguardato molte centraline della stessa città. Un quadro, che secondo Legambiente, "rivela come l'inquinamento atmosferico sia un problema diffuso e strutturale, ben più esteso di quanto amministratori locali e cittadini vogliano ammettere". Se per le medie annuali di Pm10 e NO2 nessuna città supera i limiti previsti dalla normativa vigente, lo scenario cambierà con l’entrata in vigore della nuova Direttiva europea sulla qualità dell'aria, a partire dal 1° gennaio 2030. Per il Pm10, sarebbero infatti solo 28 su 98 le città a non superare la soglia di 20 µg/mc, che è il nuovo limite previsto. Al 2030, 70 città sarebbero oltre la soglia prevista. Tra le città più indietro, che devono ridurre le concentrazioni attuali tra il 28% e il 39%, si segnalano Verona, Cremona, Padova e Catania, Milano, Vicenza, Rovigo e Palermo. Il quadro non migliora con il biossido di azoto (NO2): oggi, il 45% dei capoluoghi (44 città su 98) non rispetta i nuovi valori di 20 µg/m3. Le situazioni più critiche si registrano a Napoli, Palermo, Milano e Como, dove è necessaria una riduzione compresa tra il 40% e il 50%. "Con soli cinque anni davanti a noi per adeguarci ai nuovi limiti europei al 2030, dobbiamo accelerare drasticamente il passo - dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente - È una corsa contro il tempo che deve partire dalle città ma richiede il coinvolgimento di Regioni e governo. Servono azioni strutturali non più rimandabili: dalla mobilità, con un trasporto pubblico locale efficiente e che punti drasticamente sull’elettrico e più spazio per pedoni e ciclisti, alla riqualificazione energetica degli edifici, fino alla riduzione delle emissioni del settore agricolo e zootecnico, particolarmente critico nel bacino padano. Le misure da adottare sono chiare e le tecnologie pronte: quello che manca è il coraggio di fare scelte incisive per la salute dei cittadini e la vivibilità delle nostre città”. "I dati del 2024 confermano che la riduzione dell’inquinamento atmosferico procede a rilento - spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente - con troppe città ancora lontane dagli obiettivi target. Le conseguenze non si limitano all’ambiente, ma coinvolgono anche la salute pubblica e l’economia. Alla luce degli standard dell'Oms, che suggeriscono valori limite molto più stringenti rispetto a quelli di legge attuali e che rappresentano il vero obiettivo per salvaguardare la salute delle persone, la situazione diventa è ancora più critica: il 97% delle città monitorate supera i limiti dell'Oms per il Pm10 e il 95% quelli per l'NO2. L'inquinamento atmosferico, infatti, è la prima causa ambientale di morte prematura in Europa, con circa 50.000 morti premature solo in Italia".