(Adnkronos) - Donald Trump sta per riconoscere lo Stato di Palestina? Alla vigilia della partenza del presidente Usa per la sua missione in Arabia Saudita, arrivano rivelazioni riguardo alla possibilità che il grande annuncio sul Medio Oriente a cui ha fatto riferimento lo stesso Trump sarebbe una dichiarazioni di riconoscimento dello Stato palestinese. La notizia, pubblicata dal sito specializzato The Media Line che cita fonti diplomatiche del Golfo, viene oggi ripresa dalla stampa israeliana. "Il presidente Trump farà una dichiarazione riguardo allo Stato di Palestina e al riconoscimento americano e sul fatto che sarà creato uno stato palestinese senza la presenza di Hamas", afferma la fonte per la quale "se questo annuncio sarà fatto, sarà la più grande dichiarazione che cambierà gli equilibri e più Paesi si uniranno agli accordi di Abramo". Lo stesso sito, però, cita un ex diplomatico del Golfo, Ahmed al-Ibrahim che è scettico su questa possibilità, affermando di non aspettarsi che l'annuncio anticipato da Trump riguarderà la Palestina. "Il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi e il re giordano Abdullah II non sono stati invitati, sono i Paesi più vicini alla Palestina e sarebbe importante la loro presenza in un evento del genere", argomenta riferendosi al summit tra Paesi del Golf e Usa che si svolgerà a Riad durante la visita di Trump, che parte per la regione il 13 maggio. Secondo l'ex diplomatico l'annuncio riguarderà più probabilmente "importanti accordi" commerciali, "simili a quelli che si ebbero in occasione del summit del 2017, quando ci furono accordi con i sauditi per oltre 400 miliardi". Anche l'analista politico saudita, Ahmed Boushouki, è di questo avviso: "si tratta di importanti accordi economici che avranno luogo in Arabia Saudita - ha detto interpellato sempre da Media Line - forse Trump si riferiva a questo quando ha detto agli americani "comprate ora azioni, prima del mio grande annuncio nei prossimi due giorni'".
(Adnkronos) - "La salita al soglio di Pietro di un pontefice statunitense rappresenta una svolta epocale capace di rafforzare enormemente il legame tra le due sponde dell'Atlantico. Le sue prime parole pronunciate dalla Loggia delle Benedizioni sono un potente richiamo all'umanità sui valori della pace, della fratellanza e della responsabilità, particolarmente sentiti nella difficile era che stiamo vivendo in cui siamo chiamati ad affrontare sfide di portata globale". Così, con Adnkronos/Labitalia, Simone Crolla, managing director di AmCham Italy, la Camera di Commercio Americana in Italia, sull'elezione di Papa Leone XIV. "Da sempre il commercio ha promosso concordia tra i popoli e portato benessere a coloro che ne beneficiano e può a buon titolo considerarsi uno strumento di armonia e dialogo. La stagione di speranza e vicinanza tra le genti che si apre con questo pontificato, radicato nel solco dell'eredità spirituale di Papa Francesco, può rendere ancora più efficace l'azione di tale strumento, contribuendo così al ristabilimento di quella concordia di cui tutti percepiamo il bisogno. AmCham Italy rivolge pertanto le più sentite congratulazioni a Sua Santità Papa Leone XIV per la sua elezione e augura ogni successo nel suo operato", conclude.
(Adnkronos) - Cresce la desertificazione oceanica a causa del riscaldamento globale. In poco più di vent’anni è quasi raddoppiata l’area delle regioni oceaniche già povere di nutrienti e con scarsa biodiversità, passando dal 2,4 al 4,5% dell’oceano globale. Si tratta di un fenomeno che comporta una grave carenza di nutrienti e che potrebbe avere conseguenze significative sulla salute degli oceani e sul clima globale. È questo uno dei principali risultati emersi da uno studio internazionale condotto dal Laboratorio Enea Modelli e Servizi Climatici, in collaborazione con l’Istituto di Scienze Marine Ismar-Cnr e il laboratorio cinese State Key Laboratory of Satellite Ocean Environment Dynamics (Soed), pubblicato sulla rivista scientifica ‘Geophysical Research Letters’. Lo studio si concentra, in particolare, sull’analisi dei cambiamenti del fitoplancton, l’insieme di quei microrganismi che sono alla base della catena alimentare marina (sono il cibo di zooplancton, pesci e altri organismi) e contribuiscono a mitigare i cambiamenti climatici rimuovendo la CO2 atmosferica attraverso la loro attività fotosintetica. “Questo fenomeno risulta molto evidente nell’Oceano Pacifico settentrionale dove la superficie coinvolta cresce a un ritmo di 70mila km2 l’anno. Ma la desertificazione interessa in modo crescente diverse regioni oceaniche, con una particolare vulnerabilità nelle aree tropicali e subtropicali, dove la diminuzione dei nutrienti disponibili può avere importanti impatti sulla produttività e la diversità biologica. Questo accade a causa del riscaldamento globale, che fa sì che l’acqua calda, più leggera, resti in superficie, impedendo il mescolamento con l’acqua più fredda e ricca di nutrienti che si trova in profondità. Meno mescolamento significa quindi meno ‘cibo’ che arriva alla superficie per sostenere la crescita del fitoplancton e, di conseguenza, dell’intera catena alimentare”, spiega Chiara Volta, ricercatrice Enea del Laboratorio Modelli e Servizi Climatici. Dallo studio emerge inoltre che è in diminuzione la quantità di clorofilla, un indicatore chiave della salute e della produttività del fitoplancton. In pratica, una maggiore presenza di clorofilla indica una maggiore abbondanza di fitoplancton. “Tuttavia, secondo lo studio, questo calo potrebbe non indicare una riduzione della popolazione fitoplantonica, ma un adattamento di questi organismi alle nuove condizioni di crescita imposte dal cambiamento climatico, quali ad esempio l’aumento della temperatura e la riduzione della disponibilità di nutrienti”, sottolinea la ricercatrice di Enea. Per realizzare questo studio i ricercatori hanno esaminato le serie temporali di dati satellitari di clorofilla e di fitoplancton tra il 1998 e il 2022 nei cinque principali vortici oceanici della Terra (gyres subtropicali) situati nell’Atlantico settentrionale e meridionale, nel Pacifico settentrionale e meridionale e nell’Oceano Indiano. Si tratta di sistemi di correnti caratterizzati da un movimento anticiclonico dell’acqua che si sviluppano tra l’Equatore e le zone subtropicali di alta pressione, e la cui formazione dipende da una complessa interazione tra venti, rotazione terrestre e distribuzione delle terre emerse. “Negli ultimi due decenni, in concomitanza con il riscaldamento degli oceani, molti studi satellitari hanno documentato un’espansione di questi sistemi oceanici e una conseguente riduzione di clorofilla, destando serie preoccupazioni sulle possibili implicazioni per il clima globale e la salute dei nostri oceani. Tuttavia, i nostri risultati mostrano che, nonostante la diminuzione della clorofilla osservata nella zona più povera di nutrienti dei vortici subtropicali, la biomassa fitoplantonica è rimasta sostanzialmente stabile nel tempo. Tenuto conto che, per loro natura, i dati satellitari si limitano a fornire una descrizione di ciò che avviene sulla superficie oceanica, i prossimi passi da compiere saranno quelli di studiare i cambiamenti della comunità fitoplantonica lungo la colonna d’acqua e quantificare il loro impatto sulla produttività oceanica a scala regionale e globale”, conclude Chiara Volta.