(Adnkronos) - Un bronzo alle Olimpiadi o la Juventus che vince la Champions? Il dilemma, per alcuni, ha una risposta piuttosto semplice. Simone Cerasuolo, appena conquistato l'oro nei 50 rana, ha risposto a una particolare domanda: "Preferiresti vincere un bronzo, non l'oro, alle prossime Olimpiadi di Los Angeles 2028 oppure che la Juventus vince la Champions League?", "la Juve che vince la Champions, senza dubbio", ha risposto il nuotatore ai microfoni di Sky Sport. "Perché vuoi andare a prendere l'oro, giustamente, per il bronzo non firmi", continua il giornalista, "no no, sempre Juventus. La Juve viene prima di tutto", ribadisce Cerasuolo, che si rivela così un tifosissimo bianconero. Con l'oro conquistato a Singapore, in ogni caso, il 22enne di Imola è diventato il primo campione iridato italiano di sempre nella specialità dei 50 rana. L'Italia festeggia invece la quinta medaglia di sempre nella rana dopo il bronzo di Domenico Fioravanti (Fukuoka 2001) e gli argenti di Fabio Scozzoli (Shanghai 2011) e Nicolò Martinenghi (Budapest 2022 e Doha 2024).
(Adnkronos) - "L’accordo ha una sua ragione d’essere perché evita l’applicazione di dazi doppi rispetto a quelli concordati. Per una valutazione più ponderata serve approfondirne i dettagli, capire fino a che punto inciderà sulle nostre esportazioni. Per quanto riguarda l’area napoletana e il Mezzogiorno in generale, i settori su cui l’intesa impatterà maggiormente saranno certamente il farmaceutico e l’agroalimentare. Bisognerà vedere, caso per caso, fino a che punto i dazi colpiranno concretamente le imprese esportatrici o potranno essere riversati, in termini di aumento dei prezzi, sui consumatori americani". Così, con Adnkronos/Labitalia, Costanzo Jannotti Pecci, presidente dell'Unione industriali Napoli, commenta l'intesa tra Usa e Ue sui dazi al 15%. "Tenendo conto che nel chimico-farmaceutico sono colpite anche aziende Usa attive in Europa, che solo con investimenti enormi e probabilmente non convenienti potrebbero rilocalizzare le loro produzioni nel loro Paese", sottolinea. "Ci attendiamo naturalmente -continua- che l’Unione europea e il Governo italiano, per la loro parte, definiscano misure di sostegno per chi sia stato particolarmente danneggiato dall’aumento delle tariffe. Ad aggravare la situazione c’è la svalutazione del dollaro nei confronti dell’euro, già in atto ma che potrebbe aumentare sensibilmente se la Fed, eventualmente dopo la sostituzione di Powell, dovesse ridurre il costo del denaro. Secondo autorevoli stime, l’esposizione dell’area Ue verso gli Stati Uniti si aggira sui duemila miliardi di dollari. La politica monetaria americana può scaricare sulle aziende europee parte dei costi di un’inflazione non più tenuta a freno. La Bce dovrà in tal caso adottare contromisure adeguate e tempestive", conclude il leader degli industriali napoletani.
(Adnkronos) - Il 24 luglio 2025 è l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui l’umanità esaurisce il budget ecologico annuale del Pianeta. A calcolarla ogni anno è il Global Footprint Network sulla base dei National Footprint and Biocapacity Accounts gestiti dalla York University. Il Wwf, con la sua campagna Our Future, chiede a tutti di "imparare a vivere nei limiti di un solo Pianeta, oggi più che mai". Secondo i calcoli del Global Footprint Network, infatti, attualmente, la popolazione globale consuma l’equivalente di 1,8 pianeti Terra ogni anno, un ritmo che supera dell’80% la capacità rigenerativa degli ecosistemi terrestri. Questo squilibrio è alla base delle crisi ambientali della nostra epoca: la perdita di biodiversità, la deforestazione, il degrado del suolo, l’esaurimento delle risorse (crisi idrica, collasso di stock ittici) fino all’accumulo di gas serra. Uno sfruttamento di risorse che è aumentato nel tempo, tanto che la data dell’Overshoot si è spostata da fine dicembre, nel 1970, a luglio, nel 2025. Il risultato? Un debito cumulativo nei confronti del Pianeta di 22 anni. In pratica, se il sovrasfruttamento ecologico fosse completamente reversibile, ci vorrebbero 22 anni di piena capacità rigenerativa del Pianeta per ripristinare l'equilibrio perduto. "Un calcolo, però - ricorda il Wwf - solo teorico perché ad oggi non tutta la capacità rigenerativa è più intatta (abbiamo perso intere foreste, eroso i suoli, impoverito i mari…) e alcuni danni che abbiamo provocato sono ormai irreversibili (come le specie che si sono estinte o i ghiacciai sciolti). Inoltre, la crisi climatica in corso aggrava ulteriormente la capacità del Pianeta di rigenerarsi". “Non solo stiamo vivendo 'a credito' ogni anno, ma abbiamo anche accumulato un enorme debito nei confronti del sistema Terra. Ripagare questo debito, in termini ecologici, è quasi impossibile se continuiamo a ignorarne le conseguenze - afferma Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf Italia - Si tratta di una chiamata urgente all’azione per cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo, prima che il danno diventi definitivamente irreparabile”. La rotta - avverte l'associazione - può essere invertita: "Per riportare l’umanità in equilibrio con le risorse terrestri (ovvero far coincidere l’Overshoot Day con il 31 dicembre), dobbiamo ridurre l’impronta ecologica globale di circa il 60% rispetto ai livelli attuali". Per il Wwf, è possibile spostare la data dell’Overshoot agendo in cinque settori strategici: "Transizione energetica (passare a fonti rinnovabili ed eliminare i combustibili fossili); economia circolare (riciclare, riutilizzare, azzerare gli sprechi); alimentazione sostenibile (diminuire il consumo di carne e preferire cibi biologici, locali e stagionali); mobilità green (favorire trasporti pubblici, biciclette e veicoli elettrici); politiche globali (accordi internazionali più stringenti per la tutela ambientale)". Così, "se riuscissimo a spostare l’Overshoot Day di 5 giorni all’anno, entro il 2050 torneremmo in equilibrio con le risorse del Pianeta. Si tratta di una media realistica che combina: tecnologia (efficienza energetica, rinnovabili), comportamenti individuali (dieta, trasporti, stile di vita) e politiche globali (accordi climatici, economia circolare)". “Un nodo cruciale è il nostro modello economico, fondato sulla crescita illimitata dei consumi materiali - di energia, risorse, materie prime - che è semplicemente incompatibile con un Pianeta dalle risorse finite. Non dobbiamo puntare all’aumento quantitativo, ma a un progresso qualitativo, fatto di conoscenza, relazioni umane, diritti e tutela della Natura da cui dipendiamo. È fondamentale sostituire il Pil come unico indicatore di sviluppo con indicatori più complessi, che considerino la salute degli ecosistemi, il benessere psicologico e la coesione sociale”.