(Adnkronos) - Si chiamava Hekuran Cumani il 23enne italiano di origini albanesi, accoltellato a morte alle 4.30 di questa notte nel parcheggio dell'università di Matematica, a Perugia, dove era stata segnalata una lite tra più persone. Dai primi accertamenti e dalle parole dei testimoni, è emerso che a seguito di una rissa per futili motivi un ragazzo, al momento non ancora identificato, lo avrebbe accoltellato colpendolo al torace. Il 23enne è morto poco dopo. Cumani era nato e viveva a Fabriano ed era andato a Perugia con gli amici, come già tante volte in precedenza, per passare la serata, chiusa a quanto pare al caffè che si affaccia sul parcheggio dell'ateneo, dove si è consumata la tragedia. Un bravo ragazzo con la passione per la palestra e i tatuaggi: un ragazzo "tranquillo e dal cuore d’oro, che non cercava casini", lo descrive il cugino a Umbria24. "Era un bravo ragazzo, rispettoso, davvero una persona d'oro" lo descrive, parlando con l'Adnkronos Mirko Qato. "Abitavamo in due paesi vicini e ci siamo conosciuti a Senigallia, dove Hekuram lavorava l'estate. Da quel momento abbiamo stretto un bellissimo rapporto, stavo veramente bene quando ero con lui", dice. "Hekuram amava uscire con gli amici, andava in palestra, viaggiava e gli piacevano i tatuaggi", conclude Mirko commosso, tanto che avrebbe dovuto farsene uno nuovo il 22 di questo mese. La descrizione data dall'amico del ragazzo è confermata anche da un altro conoscente, che lo ricorda come "un ragazzo dolce, tranquillo e socievole". Hekuram "non aveva mai litigato con nessuno, mi pare che non avesse mai avuto una rissa in vita sua", spiega l'amico all'Adnkronos. Una testimonianza confermata anche dai numerosi commenti che appaiono in queste ore sotto l'ultima foto postata dal ragazzo sulla piattaforma Instagram. Secondo quanto raccontato dal familiare, il 23enne passava spesso le serate a Perugia, di frequente in compagnia di amici. "Venivano a divertirsi, è sempre andato a Perugia ma non è mai successo niente, perché appunto non era uno che andava a cercare rogna" ricordano. Al momento non aveva un’occupazione stabile, ma d'estate lavorava per la stagione turistica a Senigallia in un ristorante di famiglia.
(Adnkronos) - "I dati Inps sono incoraggianti, con un mercato del lavoro positivo, grazie a una situazione economica favorevole e politiche lungimiranti e concrete del ministero del Lavoro. E' un lavoro anche buono, in gran parte stabile, e che sta coinvolgendo classi tradizionalmente ai margini come giovani e donne. Si sta affrontando il tema del Neet, dei giovani che non lavorano e non studiano. Quindi un quadro incoraggiante però non si tratta solo di creare posti di lavoro ma renderli qualificati e capaci di sostenere il benessere delle famiglie. E il benessere del lavoratore non nasce solo da un salario giusto ma anche da una partecipazione e da una continuità di crescita di carriera". Lo ha detto Valeria Vittimberga, direttore generale Inps, intervenendo al convegno 'Il benessere del lavoratore:dalla questione salariale alla sicurezza nei luoghi di lavoro'. Vittimberga ha ricordato che "Inps è uno strumento nelle mani del decisore politico, a cui ha dati da mettere a disposizione. L'Istituto è attore del sistema del welfare, ma è anche un termometro della situazione che credo oggi stia dando dati positivi. E' anche presenza dello Stato 'amico' sul territorio, con un ruolo sempre più proattivo, che speriamo possa contribuire al miglioramento del sistema", ha concluso.
(Adnkronos) - "Oggi non possiamo non mettere al centro del Green Deal la parola autonomia strategica, sarebbe velleitario continuare ad attuare il Green Deal dipendendo da autocrazie sempre più pericolose e non mettendo i soldi che servono". Così Carlo Corazza, direttore dell’Ufficio del Parlamento europeo in Italia, intervenendo all’appuntamento Adnkronos Q&A, 'Sostenibilità al bivio', questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma. "Il Green Deal non è piovuto dall’alto, è stato approvato dal legislatore", premette Corazza. "Il Green Deal è nato nel 2019, quindi un'era geologica fa, c'è stato il Covid, c'è stata l'aggressione russa all'Ucraina, la crisi energetica, l'inflazione, il 7 ottobre, Trump, i dazi, la Cina che è diventata ancora più dominante in tutta una serie di tecnologie e di materie prime; è evidente che ci dobbiamo interrogare se il Green Deal del 2019 è ancora il Green Deal che serve all'Unione europea", osserva. "Su una cosa sono tutti d'accordo: tu non puoi fare una transizione di quel tipo che è una transizione di politica industriale senza metterci i soldi. L'Europa ha messo molto poco e non mi sembra che da questo punto di vista la Commissione europea stia cambiando rotta. Questo secondo me è un punto nevralgico", sottolinea. "Readiness 2030 non è solo più armi, più cybersicurezza o più spazio, è anche più industria, una base industriale più solida, così come il Green Deal, senza un'industria forte e innovativa, non si attua perché è l'industria che fa l'innovazione, è l'industria che trova le risposte - rimarca - Noi abbiamo ancora delle filiere dove possiamo avere una leadership tecnologica - nucleare, carbon storage, forse lo stoccaggio con l'idroelettrico - su tante altre cose purtroppo siamo in ritardo e sarà molto difficile recuperare. Oggi non possiamo non mettere al centro del Green Deal la parola autonomia strategica, sarebbe velleitario continuare ad attuare il Green Deal dipendendo da autocrazie sempre più pericolose e non mettendo i soldi che servono". "Questo è un momento in cui o l'Europa trova delle risposte unitarie, anche sul debito comune e sulla difesa, oppure rischia veramente di cedere la sua sovranità non a Bruxelles, ma a qualche autocrazia", conclude.