INFORMAZIONIAlessandro Agnati |
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(Adnkronos) - Dopo il successo delle passate edizioni, Walce (Women against lung cancer in europe) Aps rilancia per il biennio 2024-25 la campagna itinerante 'Esci dal tunnel. Non bruciarti il futuro' . L'associazione, da sempre in prima linea nella lotta contro le neoplasie polmonari, sceglie Padova come punto di partenza per questa nuova fase dell'iniziativa dedicata alla prevenzione e informazione sui rischi legati al fumo e alla sensibilizzazione e conoscenza del tumore del polmone, rivolta a cittadini, operatori sanitari, media e istituzioni, realizzata con il supporto non condizionato di AstraZeneca. La scelta di ripartire da Padova non è casuale: l'occasione è l'Open day che negli stessi giorni coinvolge i dipartimenti dell'Azienda ospedaliera-universitaria e lo Iov, l'Istituto oncologico veneto. L'obiettivo è rafforzare la sinergia tra strutture sanitarie e clinici impegnati su diversi fronti nella prevenzione del fumo e del tumore polmonare. Domani e domenica 22 settembre, la centrale Piazzetta Sartori - si legge in una nota - ospiterà un imponente stand a forma di sigaretta, lungo 14 metri e alto 3: un vero e proprio tunnel strutturato al suo interno secondo un percorso multimediale di conoscenza per step sui danni da fumo di sigaretta e sul tumore al polmone, con ingresso libero e gratuito dalle 10 alle 18. I visitatori, accolti da oncologi e pneumologi, oltre a informarsi attraverso i pannelli dell'installazione, potranno rivolgere agli specialisti domande sui danni del tabacco e sui percorsi di disassuefazione, sui fattori di rischio legati al tumore del polmone. Potranno inoltre sottoporsi a un test spirometrico e consultare materiale divulgativo realizzato da Walce Aps. Prevenzione e diagnosi precoce del carcinoma polmonare sono anche gli obiettivi del programma pilota attivo da 2 anni coordinato dalla Risp-Rete italiana screening polmonare, rivolto a tutti i cittadini tra i 55 e i 75 anni, forti fumatori o ex forti fumatori che possono accedere gratuitamente alla Tac spirale a basso dosaggio offerta in 18 centri italiani. "Parliamo tanto di medicina personalizzata, ma anche la prevenzione dovrebbe seguire lo stesso processo di capillarizzazione, arrivare cioè a tutti, perché è solo così che riusciamo a essere efficaci - afferma Silvia Novello, presidente Walce Aps - In questa prospettiva, attraverso questa campagna, dal 2015 abbiamo diffuso in numerose città messaggi e consigli di prevenzione primaria, a volte anche tornando dove eravamo già stati. Il gran numero di persone che hanno visitato il tunnel, un terzo delle quali giovani, il riscontro ottenuto sui media e sui canali social, le esperienze e le risposte che siamo riusciti a dare sono un importante risultato raggiunto, una tappa in un percorso complesso quale è quello di fare educazione in ambito sanitario e di prevenzione". Il fumo di tabacco - ricorda la nota - è la prima causa di morte in Europa, con 750mila vite perse ogni anno. In Italia fuma una persona su 4 (24%), percentuale che cresce tra i giovani (30,2%) che usano sigarette tradizionali, tabacco riscaldato o sigaretta elettronica. Circa 1 studente su 3 tra i 14 e i 17 anni ha fatto uso nell'ultimo anno di un prodotto a base di tabacco o nicotina. Consumi lievemente maggiori si riscontrano tra le ragazze. I centri antifumo sul territorio nazionale sono in calo, malgrado nel nostro Paese siano attribuibili al fumo di tabacco oltre 93mila decessi l'anno,con costi diretti e indiretti che superano i 26 miliardi di euro. Dal suo avvio nel 2015, la campagna 'Esci dal tunnel. Non bruciarti il futuro' ha raggiunto 11 principali capoluoghi italiani e 2 grandi capitali europee, accogliendo oltre 16mila visitatori e realizzando quasi 4mila spirometrie. I dati anonimi sui visitatori mostrano un interesse trasversale: i fumatori sono il 32,4%, il 30,3% gli ex-fumatori e il 36,8% i non fumatori, con una leggera prevalenza maschile (57%). Le domande più frequenti hanno riguardato i metodi per smettere di fumare, i rischi del fumo passivo e i tempi necessari per ridurre il rischio di tumore dopo aver smesso. Questi interrogativi testimoniano quanto il tema sia attuale e sentito, anche tra chi non ha mai fatto uso di tabacco. "L'iniziativa Open day ‘Via Salutis', coordinata dai due Dipartimenti Dsctv e Discog dell'Università di Padova, si inserisce in una progettualità più ampia dell'ateneo patavino, focalizzata alla prevenzione delle principali patologie neoplastiche e di altre patologie croniche derivate da uno scorretto stile di vita - dichiara Federico Rea, direttore divisione Chirurgia toracica e Centro trapianto polmone del Policlinico universitario di Padova - L'evento, in sinergia e con il patrocinio di Walce Aps., affronterà diverse tematiche riguardanti il benessere generale della popolazione e offrirà un panorama delle più innovative strategie terapeutiche per le malattie neoplastiche. In particolare, il tumore del polmone, che è sempre stato considerato un 'big killer', oggi è al centro di una rivoluzione terapeutica per i numerosi farmaci innovativi che offrono notevoli risultati in combinazione con la chirurgia. Allo stesso tempo è necessario promuovere una forte azione per smettere di fumare e quindi riteniamo che far coincidere la prima tappa a Padova della VII edizione della campagna 'Esci dal tunnel. Non bruciarti il futuro' con l'Open day rappresenti una perfetta sinergia di intenti". La campagna, tra settembre 2024 e maggio 2025, dopo la tappa iniziale di Padova raggiungerà altre 6 città: Milano (Mind), Pisa, Pescara, Messina, Taranto e Catanzaro.
(Adnkronos) - Il primo Contratto di lavoro multimanifatturiero siglato da Confimi Industria e da Confsal e p resentato oggi si articola in due parti. La parte prima raccoglie le norme di carattere generale che riguardano i principi contrattuali e i sistemi di tutela e benessere del lavoratore, i quali prescindono dalla natura dei singoli processi produttivi e sono applicabili a tutti i settori e in tutti i comparti configurandosi come norme universali. E la parte seconda, in continuità con la parte prima, raggruppa invece le norme di carattere settoriale, che disciplinano aspetti particolari di alcuni istituti contrattuali sulla base delle peculiarità dei diversi processi produttivi e anche delle prassi contrattuali che caratterizzano i vari settori economici. Le norme generali, contenute nella prima parte, si articolano in tre sezioni principali. La sezione I disciplina l'articolazione e funzione della contrattazione collettiva di lavoro, le relazioni sindacali e in particolare la partecipazione dei lavoratori, la libertà e l’attività sindacale. La sezione II costituzione, svolgimento e risoluzione del rapporto di lavoro disciplina le varie tipologie contrattuali norme specifiche per i quadri, la classificazione e inquadramento del personale, la struttura del trattamento economico le esternalizzazioni, norme di comportamento e disciplinari. La sezione III riguarda il sistema di tutela e benessere dei lavoratori disciplinando in particolare la contrattazione come politica attiva del lavoro, bilateralità’ e sistema di welfare contrattuale i congedi, permessi e aspettative; la tutela della maternità e della genitorialità; la tutela contro le discriminazioni e limiti ai poteri datoriali; la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il patto di responsabilità sociale aziendale. Le norme settoriali, contenute nella seconda parte, completano e dettagliano le norme generali, integrandole attraverso una contestualizzazione settoriale. In particolare esse disciplinano: strumenti della bilateralità e contribuzioni; profili professionali impegnati nel singolo settore e relativo inquadramento nei livelli; minimi salariali tabellari ed elementi retributivi aggiuntivi; le norme integrative per la sicurezza; regimi orari e altri aspetti dell’organizzazione aziendale e della prestazione lavorativa. I livelli di contrattazione del nuovo contratto sono i due classici livelli: 1° e 2° livello. Il 1° è quello nazionale, il 2° è principalmente quello aziendale ma può riguardare, con accordi territoriali, ambiti provinciali o territoriali, quali ad esempio l’accordo regionale per l'istituzione della retribuzione premiale e l’accordo regionale per l'istituzione del welfare contrattuale aziendale (anche in assenza di rappresentanze sindacali in azienda). La delega alla contrattazione di 2° livello è subordinata al divieto di deroghe peggiorative, nonché a limiti e condizioni alla contrattazione di prossimità pur se essa è prevista per legge. Una contrattazione di qualità statuisce alcuni principi fondamentali: l’inscindibilità, l’inderogabilità, l’ultrattività. Il principio dell’Inscindibilità afferma che le norme dei contratti collettivi sono correlate e inscindibili e che non è ammessa un’applicazione parziale dei contratti. Il principio dell’inderogabilità afferma che i contratti individuali di lavoro devono uniformarsi alle disposizioni del Ccnil; clausole difformi si intendono sostituite di diritto e si può derogare solo con trattamenti di miglior favore. Il principio dell’ultrattività stabilisce che i contratti collettivi di qualsiasi livello, se non rinnovati in tempo, continuano a produrre i loro effetti fino al rinnovo. L’indennità di vacanza contrattuale subentra in caso di ritardo nel rinnovo. Una contrattazione di qualità è caratterizzata da completezza, omogeneità e innovazione. La completezza si traduce in un’articolazione esaustiva e chiara di tutti gli aspetti del rapporto di lavoro, dalla costituzione all’estinzione. La omogeneità risponde all’esigenza di assicurare una regolamentazione uniforme per tutti i lavoratori, in ogni settore produttivo di appartenenza. L’innovazione si traduce nell’introduzione di istituti innovativi diretti a garantire una disciplina del rapporto di lavoro conforme alle dinamiche socio-economiche, in una prospettiva di tutela del lavoratore e di produttività dell’impresa. Il Ccnil introduce il preavviso attivo, un istituto di carattere innovativo che rappresenta una misura di tutela dei lavoratori e si configura come una misura di politica attiva del lavoro. Nel caso in cui la programmazione economica dell’azienda imponga la risoluzione del rapporto di lavoro (licenziamento per giusto motivo oggettivo), in una prospettiva solidaristica tra le parti del rapporto di lavoro, il datore di lavoro provvede a effettuare una comunicazione all’Ente bilaterale di riferimento al fine di consentire la formazione e la ricollocazione del dipendente in uscita, auspicabilmente prima che il rapporto di lavoro si risolva e il lavoratore diventi disoccupato. Il contratto dà piena attuazione all’art. 36 della Costituzione secondo cui ai lavoratori deve essere riconosciuta una retribuzione sufficiente e comunque proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto. Le tabelle salariali con i minimi associati a livelli di inquadramento fissa a 9 euro lordi orari il trattamento economico minimo garantito a tutti i lavoratori, a prescindere dal settore economico e dalla zona geografica in cui è resa la prestazione. Il divieto di discriminazione retributiva di genere è accompagnato dall’impegno del datore di lavoro a favorire azioni positive volte a realizzare l’uguaglianza nel regime retributivo e un sistema di monitoraggio con certificazione della parità retributiva. Gli aspetti retributivi sono articolati in due distinte definizioni: il T.E.B. (Trattamento Economico di Base), all’interno del quale sono ricomprese: la retribuzione tabellare e dunque l’importo retributivo mensile o orario corrispondente a ciascun livello di inquadramento garantito alla generalità dei lavoratori; la tredicesima mensilità, ossia la corresponsione di una mensilità aggiuntiva rispetto alle 12 annuali, proporzionata ai mesi interi di servizio prestato; gli scatti di anzianità, il cui ammontare è espresso in forma percentuale, in una quota non inferiore al 2%; il T.E.G. (Trattamento Economico Globale), comprende invece anche gli elementi retributivi aggiuntivi, quali: l’indennità di qualificazione, l’aumento retributivo per competenza, la gratifica annuale premiale, una retribuzione variabile nella forma di premio correlata ai risultati dell’andamento economico dell’impresa; le maggiorazioni previste per lavoro straordinario; gli aumenti per merito le misure di welfare ed ogni ulteriore indennità. IL Ccnil disciplina la retribuzione premiale come una forma di salario accessorio a fronte del raggiungimento di determinati obiettivi, sulla base di criteri oggettivi e relativi indicatori, quali: la produttività, l’innovazione, l’assiduità, la qualità, l’efficienza. I premi produzione rappresentano uno strumento importante per favorire la competitività e produttività dell’impresa, consentendo, al lavoratore e all’impresa, di beneficiare di alcuni vantaggi fiscali, pertanto anche nell’aziende del sistema Confimi-Confsal, prive di Rsa, quindi di accordi aziendali, è possibile istituire il premio di produzione attraverso il ricorso agli accordi territoriali, depositati presso l’Itl. Il contratto collettivo prevede, inoltre, che il lavoratore possa decidere di convertire il proprio premio di produzione in servizi di welfare, in questo caso, la retribuzione premiale sarà totalmente esente da tassazione per il lavoratore, mentre l’azienda potrà dedurre dalle tasse gli importi spesi Il contratto introduce un principio importante in tema di riconoscimento dell’importanza dell’istruzione e della formazione, che denominiamo principio di qualificazione, sul presupposto che la qualità della prestazione lavorativa è correlata anche a un maggior grado di istruzione. In coerenza con il rapporto italiano di referenziazione delle qualificazioni italiane connesse al quadro europeo EQF - che stabilisce la corrispondenza tra i titoli di studio rilasciati dall’ordinamento italiano e il quadro europeo delle qualifiche - è riconosciuta l’equivalenza tra i livelli di inquadramento e i corrispondenti titoli di studio, associando le conoscenze e le abilità richieste al lavoratore per la prestazione lavorativa corrispondente ad un determinato livello professionale di inquadramento, al completamento di percorsi di istruzione o di formazione professionale. Pertanto, al lavoratore in possesso o che consegua un titolo di studio superiore rispetto a quello corrispondente al livello di inquadramento, viene riconosciuta un’indennità mensile, denominata indennità di qualificazione, che concorre a formare il trattamento economico globale (Teg), nella misura del 10% della differenza retributiva tra il livello di inquadramento e il livello superiore corrispondente al titolo di studio pertinente alle mansioni svolte e al 5% in caso di titolo non pertinente. Il Contratto prevede diverse forme di flessibilità organizzativa per incrementare la capacità produttiva dell’impresa e con essa la competitività, fattore di crescita dell’impresa e dell’occupazione. In tal senso, fermo restando il riconoscimento economico ai lavoratori attraverso le maggiorazioni previste per le diverse tipologie di prestazione lavorativa, la flessibilità organizzativa riguarda diversi piani, a partire dalla possibilità dell’ utilizzo degli impianti secondo i vari cicli di produzione. Riguarda anche programmazione dell’orario di lavoro multi periodale, con diversi regimi orari e turnazioni, andando incontro alle variazioni di intensità delle attività produttive, sempre nel rispetto della media settimanale dell’orario normale contrattuale; si prevede anche la possibilità di distribuire l’orario su 4 giorni, di norma fissato a 36 ore a parità di salario. Le norme generali sul rapporto di lavoro garantiscono forme di flessibilità in ingresso al fine di promuovere politiche occupazionali volte a privilegiare il ricorso al contratto a tempo indeterminato (quale forma privilegiata del rapporto di lavoro) anche facendo ricorso a modalità e condizioni contrattuali differenti, quali: equiparazione della quota del tempo determinato per chiamata diretta alla quota prevista dalla legge per i contratti a termine in regime di somministrazione (il numero dei contratti a termine stipulabile per l’azienda è pari al 30%); le indicazioni di specifiche causali per la stipula di contratti a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi quando sussistono esigenze eccezionali e particolari delle imprese; formazione professionalizzante iniziale, con regime retributivo differenziato in alternativa all’apprendistato,(pur prevedendo la possibilità di avviare le 3 forme di apprendistato) finalizzata ad offrire sin da subito un’occupazione stabile al lavoratore privo di esperienza professionale e che necessita di una formazione professionalizzante iniziale; contratto di lavoro intermittente, in alternativa al ricorso all’agenzia di somministrazione, con o senza obbligo di risposta e relativa indennità di disponibilità.
(Adnkronos) - Aumenta il food waste nelle case degli italiani. Nel 2024 lo spreco di prodotti alimentari in Italia segna +45,6%: ogni settimana finiscono nel bidone della spazzatura 683,3 grammi di cibo pro capite (rispetto ai 469,4 grammi rilevati nell’agosto 2023). Sono alcuni dei dati dell’annuale presentazione del Rapporto Internazionale Waste Watcher 2024, ‘Lo spreco alimentare nei Paesi del G7: dall'analisi all'azione’, curata dall’Osservatorio Waste Watcher International-Campagna Spreco Zero, dall’Università di Bologna assieme a Ipsos che si è tenuta oggi presso lo Spazio Europa a Roma. Uno studio che vuole anche attirare l’attenzione del prossimo G7 Agricoltura sul tema del ‘fine vita’ dei prodotti alimentari. Nella top five dei cibi più sprecati troviamo frutta fresca (27,1 g), verdure (24,6 g), pane fresco (24,1 g), insalate (22,3 g), cipolle/aglio/tuberi (20 g), prodotti fondamentali della Dieta Mediterranea. Secondo lo studio, questi dati non solo indicano una cattiva gestione della spesa familiare con i relativi sprechi economici, ma evidenziano due aspetti: se da un lato si è registrato un relativo incremento dei consumi alimentari, dall'altro una parte della domanda si è concentrata su alimenti di qualità inferiore. Il 42% degli italiani individua la causa dello spreco familiare nel fatto di dover buttare la frutta e la verdura conservata nelle celle frigo perché una volta portata a casa va subito a male. O ancora, il 37% del campione intervistato sostiene di buttare via gli alimenti perché i cibi venduti sono già vecchi. Elementi critici si riscontrano anche nel comportamento dei consumatori. Più di un terzo degli italiani (37%) dimentica gli alimenti in frigorifero e nella dispensa lasciando che si deteriorino; solo il 23% è disposto a programmare i pasti settimanali; inoltre, il 75% non è disposto o non è capace di rielaborare gli avanzi in modo creativo per evitare di gettarli. “In Italia l'incremento dello spreco alimentare a livello domestico è preoccupante - spiega Andrea Segrè, direttore scientifico Waste Watcher International - Campagna Spreco Zero, Università di Bologna - Non solo per l’aumento percentuale rispetto all'analoga rilevazione di Wwi del 2023, ma soprattutto dalle cause che lo hanno determinato, fra le quali l’abbassamento della qualità dei prodotti acquistati in particolare dalle fasce della popolazione a reddito più basso. Gli italiani inoltre hanno ancora poca consapevolezza di come fruire al meglio gli alimenti disponibili, dalla conservazione alla pianificazione degli acquisti, dimostrando ancora una volta la necessità di intervenire a livello istituzionale sull'educazione alimentare. L'Italia può beneficiare delle buone pratiche che emergono dalle esperienze di contrasto dello spreco dagli altri Paesi del G7, tema che speriamo emerga dal summit di Siracusa il prossimo 26 settembre”. “Se l’aumento dello spreco preoccupa - commenta Lino Enrico Stoppani vicepresidente vicario di Confcommercio - occorre investire con maggiore convinzione sull’educazione alimentare resistendo alla tentazione di introdurre nuovi obblighi a carico delle imprese come suggerito in alcune delle proposte in corso di esame in Parlamento. Ormai tutti i ristoratori sono attrezzati per consentire ai clienti di portare a casa il cibo avanzato durante i pasti mentre, per incrementare le donazioni di cibo avanzato negli esercizi commerciali, la via maestra è la riduzione degli oneri burocratici e la riduzione della Tari”. “Lo studio presentato oggi fornisce dati e informazioni utili a individuare margini di miglioramento e possibili attività da sviluppare per ridurre sensibilmente lo spreco alimentare - spiega Simona Fontana, direttore generale Conai - In tutti i Paesi, del resto, sembra chiara una forte consapevolezza della necessità di adottare comportamenti virtuosi che possono avere ricadute concrete ed efficaci. Cultura, comportamento e stile di vita dei consumatori sono fattori che influenzano lo spreco alimentare: è su questi che bisogna agire, attraverso misure che possano far leva sull’educazione e sulla responsabilità di ciascuno di noi. Ma anche le imprese italiane stanno facendo molto: continuano a lavorare per proporre soluzioni di imballaggio che garantiscono il miglior equilibrio tra funzione e impatto ambientale, garantendo al prodotto una maggiore shelf life e proponendo soluzioni di pack meno impattanti sull’ambiente”. Per quanto riguarda la geografia nazionale emerge che il Sud e il Centro sono le aree dove lo spreco è maggiore con un +9% rispetto alla media nazionale (al Sud 747 g pro capite a settimana, al centro 744 g pro capite), mentre il Nord è relativamente più virtuoso con un -11% rispetto alla media nazionale (606,9 g pro capite). Sulle strategie per contrastare il fenomeno, gli italiani mostrano una disponibilità marcata a adottare comportamenti antispreco, con l'87% disposto a congelare i cibi e l’86% a utilizzare il cibo appena scaduto se ancora buono. Tuttavia, la disponibilità a donare cibo cucinato in eccesso (63%) e ad acquistare grandi quantità di cibo per surgelarlo (62%) è inferiore, suggerendo che le barriere pratiche o la mancanza di una rete adeguata a seguire tali pratiche potrebbero limitare l’adozione di queste strategie. Solo il 29% conserva il cibo avanzato cercando ricette creative per riutilizzarlo.