INFORMAZIONIAlessandra Alessandri |
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(Adnkronos) - Diminuiscono i nuovi casi di Covid in Italia, ma aumentano i decessi, probabilmente per effetto dei maggiori contagi delle settimane precedenti. Nella settimana 10-16 ottobre si registrano 11.433 nuovi casi rispetto ai 11.887 della rilevazione precedente. I morti arrivano a 117, in aumento rispetto ai 100 della settimana 3-9 ottobre. Questi i dati del bollettino aggiornato, pubblicato dal ministero della Salute. Il maggior numero di nuovi casi si conta in Lombardia (3.498), seguita da Veneto (1.526), Piemonte (1.458) e Lazio (1.046). Nell'ultima settimana sono stati effettuati 94.880 tamponi in aumento rispetto ai 91.328 precedenti. Scende il tasso di positività, che passa al 12% rispetto al 13% della settimana 3-9 ottobre. Ad un mese dalla riapertura delle scuole l'incidenza dei casi Covid "rimane stabile" e "l'impatto sugli ospedali è limitato" anche se i ricoveri "sono in lieve aumento", è la sintesi del monitoraggio settimanale Covid della Cabina di regia Iss-ministero della Salute con i dati registrati al 16 ottobre. "L’indice di trasmissibilità (Rt) all'8 ottobre è pari a 1,06 (1,00-1,13), in lieve aumento rispetto alla settimana precedente; l’incidenza di casi diagnosticati e segnalati nel periodo 10-16 ottobre è pari a 19 casi per 100mila abitanti, stabile rispetto alla settimana precedente (20 casi per 100mila abitanti nella settimana 3-9 ottobre)". Al 16 ottobre "l’occupazione dei posti letto in area medica è pari a 3,8%, in lieve aumento rispetto alla settimana precedente (3,5% al 9 ottobre). In lieve aumento anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari all'1% (0,8% al 9 ottobre)", precisa il monitoraggio. "L’incidenza più elevata è stata riportata nella regione Lombardia (35 casi per 100mila abitanti) e la più bassa in Sicilia (0,5 casi per 100mila abitanti)", conclude il report.
(Adnkronos) - Nella suggestiva cornice di Villa Miani il 23 ottobre a Roma si terrà il 'Global Welfare Summit', un appuntamento di grande rilievo che vedrà la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni, delle aziende, enti previdenziali e sanitari oltre che di esperti e protagonisti del settore del welfare. L’evento costituisce un’importante occasione per discutere del futuro del welfare, con un focus su innovazione, inclusività e sostenibilità sociale. Durante il Global Welfare Summit, verranno presentati i risultati delle elaborazioni condotte dall’Osservatorio Italian Welfare che, in una prospettiva multidimensionale, ha introdotto per la prima volta il concetto di 'Welfare Globale', basato sull’assunto per cui il benessere del singolo si traduce nella sua capacità di far fronte ai principali fabbisogni grazie agli strumenti di welfare a sua disposizione su dieci pilastri. La giornata vedrà coinvolti i principali stakeholder di settore, che discuteranno su temi chiavi quali: la previdenza complementare, la sanità integrativa, la work-life integration ed il wellbeing, i caregiver e la fragilità. Il summit offrirà anche l’opportunità di partecipare a workshop tematici interattivi, in cui saranno presentati case study, soluzioni all’avanguardia e best practice, per ispirare tutti coloro che intendano implementare modelli di welfare efficaci e sostenibili. Il dibattito vedrà la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni, tra cui: Francesco Zaffini (presidente della Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale Senato della Repubblica), Walter Rizzetto (presidente Commissione Lavoro pubblico e privato Camera dei deputati), Nunzia Catalfo (già ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Consigliere di Amministrazione Inail) e Cesare Damiano (già ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, presidente dell’Associazione Lavoro & Welfare). La giornata si concluderà con la cerimonia di premiazione delle aziende che, secondo l’Osservatorio Italian Welfare, si sono contraddistinte per l’eccellenza del livello di “benessere globale” offerto ai propri lavoratori e per altre iniziative nell’ambito della sostenibilità sociale, dell’inclusività e dell’educazione al welfare.
(Adnkronos) - “La mancanza di un approccio educativo integrato, penalizza l’efficacia dei Cam”, Criteri ambientali minimi. “Abbiamo condotto una ricerca tra il 2022 e il 2023, in collaborazione con Cirfood e Milano Food Policy, che ha coinvolto tutte le regioni italiane con un numero significativo di mense nelle scuole primarie, somministrando questionari con l’aiuto dei docenti. I dati raccolti sono stati clasterizzati e il primo studio è stato pubblicato sulla rivista Food Preferences, mentre un secondo uscirà presto su Sustainability. I risultati mostrano che i Cam rappresentano un tentativo di migliorare le performance ambientali, il gradimento del cibo, le traiettorie di salute dei consumatori e la riduzione dello spreco alimentare. Tuttavia, il raggiungimento di questi obiettivi si è rivelato più complesso”. Così Michele Fino, università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, intervenendo oggi al Secondo Summit della Ristorazione Collettiva, al Cirfood District di Reggio Emilia in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione. “I vari soggetti coinvolti nella nutrizione scolastica - spiega Fino - svolgono la loro parte, ma ciò non garantisce che il risultato finale sia ottimale. Questo approccio, che frammenta il processo, porta a risultati paradossali, come un alto spreco di cibi di qualità. Ad esempio, il pesce di alta qualità proveniente da zone Fao è scartato dal 60% dei bambini, non per motivi di gusto, ma perché non lo mangiano a casa e lo percepiscono come estraneo. Un altro punto critico è l’educazione alimentare, che risulta insufficiente. I bambini abituati a mangiare vegetariano o vegano a casa tendono ad accettare più facilmente i pasti a base di legumi e proteine alternative, mentre gli altri li rifiutano”. Dal punto di vista normativo, “i Cam presentano anche delle criticità - illustra il professore - Le prescrizioni appaiono a volte ideologiche, come nel caso dell’obbligo del 100% biologico per uova e latte. Questo crea difficoltà di approvvigionamento, soprattutto perché le filiere biologiche italiane per questi prodotti non sono sufficientemente sviluppate, portando le imprese a rivolgersi a fornitori esteri. Inoltre, alcuni criteri sembrano avere un effetto ‘taumaturgico’ del biologico, come il requisito del 10% di carne suina biologica, che non influisce significativamente sul risultato finale. C’è poi la questione della varietà dei prodotti biologici: mentre la produzione di frutta biologica è significativa in Italia, quella di cereali è molto ridotta. L’imposizione del 50% di prodotti biologici in peso per frutta, legumi e cereali non riflette accuratamente la realtà”. Oltre alla scelta di prodotti biologici, “è previsto l’utilizzo di prodotti locali o provenienti da Sqnp, un criterio di sostenibilità valutabile secondo uno schema approvato dal ministro dell’Ambiente - chiarisce Fino - Alcune decisioni del legislatore risultano però discutibili. Ad esempio, è stato prescritto che una quota di salumi e formaggi debba essere biologica, o in alternativa Dop o Igp, che non necessariamente garantiscono un valore nutrizionale superiore. Ancora più sorprendente è l’inclusione dei salumi nei Cam per la ristorazione scolastica, nonostante non vi sia alcuna linea guida che raccomandi il consumo di salumi per i bambini. Questo solleva dubbi, poiché carni rosse lavorate non dovrebbero essere un criterio di assegnazione per le mense scolastiche, indipendentemente dal fatto che siano biologiche, Dop, Igp o di montagna”. Inoltre, “durante un incontro con un senior policy advisor dell’Efsa, l’Autorità europea perla sicurezza alimentare - precisa l’esperto - è emerso un punto interessante: se alcolici e salumi fossero oggi presentati all’Efsa come novel food, sarebbero probabilmente bocciati a causa della mancanza di dati sufficienti sulla sicurezza alimentare. Questo evidenzia la necessità di una ristrutturazione logica e complessiva dei Cam, con un ripensamento su alcune prescrizioni. Un altro tema importante riguarda la valutazione scientifica del concetto di ‘residuo zero’ rispetto al biologico. Il 74% della frutta italiana è già prodotta a residuo zero, mentre solo il 30% è biologica. Questo significa che esiste un margine significativo di produzione non biologica, ma a residuo zero che potrebbe essere considerato per migliorare gli standard senza creare eccessive barriere all’ingresso”. Infine, “è fondamentale concentrarsi sui risultati di sicurezza garantita, anziché imporre rigidamente criteri di processo - conclude Fino - Occorrerebbe un sistema che privilegia i risultati concreti in termini di sicurezza alimentare e qualità, piuttosto che attenersi rigidamente a criteri processuali che, attualmente, dominano la disciplina dei Cam”.