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(Adnkronos) - Dopo aver negato per settimane la richiesta di morte assistita a una donna toscana di 54 anni, completamente paralizzata a causa di una sclerosi multipla progressiva, l'Ausl Toscana Nord Ovest ha comunicato il suo parere favorevole. La donna possiede tutti e 4 i requisiti previsti dalla sentenza 242/2019 (Cappato/Dj Fabo) per poter accedere legalmente al suicidio medicalmente assistito in Italia. Da oggi, se confermerà la sua volontà, potrà procedere a porre fine alle sue sofferenze. La Commissione medica dell'azienda sanitaria ora aspetta di conoscere le modalità di esecuzione e il medico scelto dalla donna, così da assicurare "il rispetto della dignità della persona", rende noto l'Associazione Luca Coscioni. La 54enne aveva inviato la richiesta di verifica delle sue condizioni il 20 marzo e, a causa del diniego opposto, aveva diffidato l'azienda sanitaria, il successivo 29 giugno, alla revisione della relazione finale con particolare riferimento alla sussistenza del requisito del trattamento di sostegno vitale, essendo totalmente dipendente dall'assistenza di terze persone e avendo, legittimamente e consapevolmente, rifiutato la nutrizione artificiale. La revisione del parere della Asl, inizialmente negativo, è avvenuta alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale 135 del 2024, che ha esteso l'interpretazione del concetto di "trattamento di sostegno vitale". L'azienda sanitaria, infatti, fino a questo momento, non riconosceva la presenza di questo requisito, in quanto equiparava il rifiuto della nutrizione artificiale (Peg) all'assenza del "trattamento di sostegno vitale". Nella nuova sentenza, però, i giudici costituzionali hanno chiarito che "non vi può essere distinzione tra la situazione del paziente già sottoposto a trattamenti di sostegno vitale, di cui può chiedere l'interruzione, e quella del paziente che non vi è ancora sottoposto, ma ha ormai necessità di tali trattamenti per sostenere le sue funzioni vitali". "E' la prima applicazione diretta della sentenza numero 135 della Corte costituzionale che interpreta in modo estensivo e non discriminatorio il requisito del trattamento di sostegno vitale indicato nella sentenza 242 sul caso Cappato-Antoniani - dichiara Filomena Gallo, segretaria nazionale dell'Associazione Coscioni, difensore e coordinatrice del collegio legale della 54enne - La signora, dopo mesi di attesa e sofferenze, con il rischio di morire in modo atroce per soffocamento anche solo bevendo, potrà decidere con il medico di fiducia quando procedere, comunicando all'azienda sanitaria tempi e modalità di autosomministrazione del farmaco al fine di ricevere assistenza e quanto necessario. Le decisioni della Consulta, che hanno valore di legge, colmano il vuoto in materia dettando le procedure da seguire per chi vuole procedere con il suicidio medicalmente assistito. Il Parlamento ora dovrà adeguare i testi dei disegni di legge su cui sono iniziate le audizioni perché risultano non conformi al giudicato costituzionale alla luce delle motivazioni della Corte secondo cui un intervento organico del legislatore in materia dovrà rispettare i principi affermati nella sentenza n. 135 del 2024 e nelle precedenti decisioni sul caso Cappato-Antoniani (ordinanza n. 207 del 2018, sentenza n. 242 del 2019)".
(Adnkronos) - "Il progetto Italian Green Factory per la reindustrializzazione dell’area ex Whirlpool di Napoli sta andando avanti rispettando gli step prefissati nonostante la sua grande complessità. Ricordiamo tra gli obiettivi raggiunti dalla newco nata nel luglio 2023; l’aver riassunto i circa trecento operai in forza alla vecchia multinazionale americana; aver predisposto un piano di formazione che consentirà loro di lavorare nella filiera delle rinnovabili; l’avvio dei lavori di demolizione dei vecchi opifici Whirlpool, gravati dalla presenza di amianto, in fase di rimozione; l’acquisto dell’immobile nell’area Stellantis a Pomigliano D’Arco per accelerare l’avvio delle produzioni in attesa che la nuova fabbrica green sia ultimata". Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Felice Granisso, ceo di Italian Green Factory, a un anno dalla fondazione della newco destinata a gestire il processo di reindustrializzazione del sito ex Whirlpool di via Argine a Napoli, riconvertito alla filiera delle rinnovabili. "Vorrei sottolineare -prosegue- l’importanza di aver dotato all’Italia di una produzione di componenti per le rinnovabili così importante e, soprattutto, made in Italy. Segno che il reshoring è possibile e che il nostro Paese ha tutte le capacità tecniche per far fronte alla transizione ecologica e incrementare con volumi importanti la capacità produttiva italiana a servizio della filiera delle rinnovabili", sottolinea. E i prossimi step sono chiari. "Siamo concentrati sui lavori di demolizione a via Argine, e allo stesso tempo ad un piano di accelerazione per far partire la produzione di power skid e inseguitori solari nell’arco dei prossimi 12 mesi al massimo, consentendoci di rispondere alle importanti richieste di forniture già pervenute all’azienda per decine di power skid, ovvero le cabine di trasformazione che consentono di immettere in rete l’elettricità prodotta dai pannelli solari: una commessa del valore di 5 milioni di euro. Sarà questo il banco di prova, inoltre, per i lavoratori del bacino ex Whirlpool affiancati a quelli ’storici’ del gruppo Tea Tek". Un percorso durante il quale, spiega Granisso, "abbiamo certamente sentito il supporto delle istituzioni e del sistema Paese in maniera unitaria, come testimonia l’emendamento approvato in Parlamento sulla cassa integrazione per gli ex Whirlpool". "Fondamentale anche il supporto dei sindacati: si è compresa la necessità di collaborare per il bene della collettività, per le centinaia di famiglie da anni appese agli ammortizzatori sociali", sottolinea. "Inoltre Italian Green Factory ha una forte valenza per il Mezzogiorno ma anche per Napoli che sta conoscendo una importante stagione di riqualificazione economica, urbanistica e culturale", sottolinea. E i numeri complessivi del progetto sono importanti. "Attraverso un investimento di circa 100 milioni di euro puntiamo a portare il bacino occupazionale ad oltre 400 unità, con l’obiettivo di attrarre anche nuovi talenti", sottolinea. "Questi gli asset che Italian Green Factory svilupperà: fabbrica di inseguitori solari che produrrà componenti per tracker. L’obiettivo è coprire il 25% del mercato italiano e il 10% di quello del nord-est europeo. Fabbrica trasformatori: si concentrerà sulla produzione di trasformatori di bassa e media tensione, necessari per i power skid. Fabbrica di power skid: la produzione si concentrerà su cabine di trasformazione per il settore fotovoltaico. Green Innovation Center: dedicato alla ricerca e sviluppo di soluzioni innovative, come tecnologie IoT, AI e machine learning", conclude.
(Adnkronos) - L’ipotetica sostituzione dell'olio di palma con altri oli potrebbe comportare un aumento della deforestazione fino a 52 milioni di ettari a livello globale. Sarebbe questo il costo di un mondo “senza olio di palma” secondo lo studio “Deforestation and greenhouse gas emissions could arise when replacing palm oil with other vegetable oils” condotto da alcuni ricercatori della Fondazione Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc) e recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista “Science of The Total Environment”. Gli autori dello studio hanno esaminato l’impatto in termini di potenziali cambiamenti nell'uso del suolo, potenziali perdite di stock di carbonio forestale e conseguenti emissioni di gas serra, della sostituzione dell'olio di palma con altri oli vegetali (soia, colza, girasole) a confronto con l'olio di palma privo di deforestazione. “Questo studio ha dimostrato che sostituire ipoteticamente l'olio di palma con le principali tre alternative oleose esistenti a livello globale potrebbe comportare un potenziale rischio di aumento della deforestazione rispetto a quanto già successo con l'olio di palma negli scorsi decenni. Addirittura fino a circa 52 milioni di ettari di foresta potrebbero essere a rischio nei principali paesi produttori di questi tre oli alternativi, ovvero Argentina, Brasile, Canada, Cina, India, Russia, Stati Uniti e Ucraina.” spiega all'Adnkronos Maria Vincenza Chiriacò, ricercatore senior presso la Fondazione Cmcc e prima autrice dello studio. "Quindi spostare la produzione dall'olio di palma verso questi tre oli alternativi potrebbe mettere a rischio questa superficie forestale che invece oggi non è utilizzata per scopi agricoli", aggiunge. Tra le colture oleaginose, la palma da olio è tra le più discusse, in quanto associata alla deforestazione tropicale osservata negli scorsi decenni. Tuttavia, lo studio rivela che se l’intera produzione globale di olio di palma diventasse priva di deforestazione, le emissioni di gas serra correlate alla sua produzione potrebbero ridursi fino al 92%, passando dagli attuali 371 a 29 milioni di tonnellate di CO2 equivalente all'anno. "La peculiarità dell'olio di palma risiede in una caratteristica unica rispetto agli altri oli e cioè il fatto di avere una grande resa per ettaro quindi una grande efficienza produttiva. In particolare, l'olio di palma supera le tre tonnellate di olio ad ettaro mentre i tre oli alternativi hanno invece una resa che oscilla tra 0,3 e 0,7 tonnellate ad ettaro di olio prodotto", chiarisce Chiriacò. "Ecco pertanto - osserva - che se supponiamo di sostituire l'olio di palma con questi oli alternativi abbiamo bisogno di molta più superficie, addirittura 6-7 volte di più, mettendo a rischio anche la food security. Infatti lo studio dimostra che non solo le aree attualmente coperte da foresta potrebbero essere ipoteticamente interessate dalla coltivazione di questi oli ma, per soddisfare la domanda, potrebbero essere necessari anche i terreni al momento destinati ad altre coltivazioni come grano o riso”. "L'alternativa potrebbe essere quella di continuare a utilizzare l'olio di palma purché questo sia certificato come proveniente da filiere che non abbiano causato alcuna deforestazione, certificati quindi come deforestation-free. Oggi circa il 19% dell'olio di palma globale è certificato come deforestation-free: se aumentassimo questa quota fino al 100% potremmo addirittura ridurre del 92% le emissioni globali causate dalla produzione dell'olio di palma", spiega l’esperta.