L'appuntamento italiano della transizione digitale delle aziende e della Pubblica Amministrazione
Descrizione
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Il 4 aprile arriva la quarta edizione del Forum Transizione Digitale, l’appuntamento italiano della transizione digitale delle aziende e della Pubblica Amministrazione, in collaborazione con SAP Concur.
Il Forum intende proporsi come momento di confronto tra HR Director, CFO, Travel Manager, Chief Information Officer e altre figure manageriali e istituzionali impegnate a vario titolo nella digitalizzazione delle imprese e del paese. Quanto lavoro è stato svolto e quanto è ancora da fare? Quali presupposti concettuali vanno modificati per accelerare un processo che sembra non avere mai fine? Quali sono le intersezioni tra transizione digitale e transizione ecologica?
L’evento si terrà in forma ibrida, in diretta dal Palazzo dell'Informazione Adnkronos in Roma, e in Streaming Live su www.comunicazioneitaliana.tv.
Programma
16:00-17:30 | Talk Show
INNOVAZIONE DIGITALE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE NEL SETTORE PUBBLICO: DAL CONTROLLO DELLA SPESA AL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DEL LAVORO DEI DIPENDENTI PUBBLICI
Gestione più efficiente dei processi della PA, semplificazione della burocrazia, controllo della spesa e riduzione degli errori, miglioramento della user experience dei dipendenti pubblici.
In questa quarta edizione del Forum Transizione Digitale esploreremo le sfide, le opportunità e le soluzioni innovative che sono a disposizione della PA e delle aziende del settore pubblico e che garantiscono un utilizzo efficace della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, promuovendo al contempo un più efficace controllo della spesa, uno snellimento delle procedure e un ambiente lavorativo più efficiente e gratificante per i dipendenti della pubblica amministrazione.
Nello specifico, esploreremo gli strumenti all'avanguardia a disposizione delle Risorse Umane, dell’Ufficio Amministrazione e Finanza e dell'Ufficio Missioni nella Pubblica Amministrazione e nelle aziende pubbliche. Scopriremo insieme le strategie per affrontare le sfide e raggiungere gli obiettivi operativi ed economici della Digital Transformation a cui il settore pubblico è chiamato a rispondere.
Approfondiremo le soluzioni innovative e la gestione intelligente dei dati, identificando opportunità e alternative eco-sostenibili applicabili ai processi interni della Pubblica Amministrazione e del settore pubblico. Insieme a esperti del settore costituiremo una platea di confronto in cui condividere esperienze, e collaboreremo per individuare approcci innovativi e sostenibili nel settore pubblico.
Spazio, Ariane 6, Sanna (Città metropolitana): "L'Italia gioca un ruolo importante"
(Adnkronos) - “L'associazione Cva - Community of Ariane Cities è composta da città e da aziende che rappresentano tutta Europa e la Città Metropolitana - che contiene all'interno dei suoi confini il polo Tiburtino, Frascati e Colleferro, con oltre 4 milioni di abitanti - è l'ente italiano probabilmente più rappresentativo per le politiche spaziali. Quindi, la presenza di Città Metropolitana all'interno della Cva afferma e conferma quanto la Repubblica Italiana giochi un ruolo importante sulle politiche spaziali del mondo. Il nostro Paese è stato il terzo nella storia a lanciare un satellite nello spazio, dopo gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica”. Con queste dichiarazioni, il vicesindaco di Città Metropolitana di Roma Capitale, Pierluigi Sanna, è intervenuto in occasione dell’evento organizzato da Città Metropolitana di Roma, presso il cortile del Museo Scuderie Aldobrandini, intitolato “Città Metropolitana di Roma Capitale tra le Stelle – Ariane 6, una Storia di Successo”, durante il quale è stato presentato l’Ariane 6, il nuovo potente veicolo di lancio europeo, realizzato dall’Esa con la partecipazione di Enti e partner industriali di tutta Europa, spiegando l’importanza del sostegno istituzionale della Città Metropolitana di Roma Capitale a progetti di così alto valore politico per l’Unione Europea. L’incontro ha visto la partecipazione di importanti rappresentanti delle istituzioni, dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea e del delegato generale della Comunità delle Città Ariane discutere delle opportunità offerte da questo lanciatore che rappresenta una sfida cruciale per l’Europa e un’opportunità straordinaria per il futuro dell’esplorazione spaziale. Fondata nel 1998 come associazione senza scopo di lucro, la Community of Ariane Cities - Cva riunisce città europee, denominate Ariane Cities, e aziende industriali partner che operano nel trasporto spaziale europeo. Il Cva consente loro di rafforzare la cooperazione, di tenere informati i rappresentanti eletti e i cittadini sulle attività spaziali in Europa e di contribuire a formare i futuri professionisti del settore spaziale. Ponendo l'Europa all'avanguardia del trasporto spaziale per quasi 45 anni, Ariane rappresenta un trionfo dell'ingegneria e il risultato di una grande cooperazione europea a livello industriale e politico. Il primo razzo Ariane è stato lanciato nel 1979 dallo Spazioporto europeo della Guyana francese e Ariane 6 continuerà in questa avventura. La lunga esperienza dell'Europa nel lancio di veicoli spaziali e satelliti è stata la forza trainante di 60 anni di cooperazione con lo spazio. Il razzo Ariane 6 dell'Esa succede al predecessore Ariane 5, per decenni il più affidabile e competitivo lanciatore sul mercato. Infine, il vicesindaco Sanna ha illustrato le prospettive future della Città Metropolitana di Roma Capitale nella rete ‘Community of Ariane Cities’: “Le prospettive sono di pieno sostegno allo sviluppo dei programmi industriali, sia a Colleferro sia nella zona della Tiburtina e un sostegno pieno alla ricerca che si fa a Frascati. Inoltre, vi è una ferma volontà di sostenere gli istituti di diffusione della cultura scientifica che riguarda l'aerospazio tra le persone comuni, come i seminari interculturali per i ragazzi delle scuole superiori, la Scuola europea dello Spazio e la candidatura della Città Metropolitana di Roma alla presidenza della Cva nell’annualità 2027 2028”, conclude.
Università, Luiss al primo posto tra grandi Atenei non statali in classifica Censis 2024
(Adnkronos) - La Luiss Guido Carli è la migliore università non statale di grandi dimensioni, categoria in cui entra quest’anno per la prima volta conquistando direttamente il gradino più alto del podio. A stabilirlo è la classifica del Censis, il principale istituto di ricerca socioeconomica in Italia, che ogni anno redige una dettagliata analisi del sistema universitario nazionale. La Libera università internazionale degli studi sociali primeggia tra gli altri atenei non statali con oltre 10.000 iscritti, con un totale medio di 96 punti, crescendo su tutti e cinque gli indicatori monitorati: i servizi, le borse di studio, le strutture, la comunicazione e i servizi digitali, il livello di internazionalizzazione. In particolare, Luiss è l’unica università nella categoria considerata ad ottenere il punteggio massimo alla voce borse di studio, a conferma del costante impegno per il sostegno al merito dei giovani talenti. Sono, infatti, oltre 1.700 le borse ed esenzioni messe a disposizione per l’anno accademico 2024/25. A premiare l’Università intitolata a Guido Carli sono state anche l’internazionalizzazione – forte delle partnership con 360 Università in 73 Paesi e 69 programmi di doppia e tripla laurea - e la comunicazione e i servizi digitali. Come ha dichiarato il Presidente Luigi Gubitosi: “Siamo molto orgogliosi dei risultati raggiunti dal nostro Ateneo. Il primo posto della Luiss nella classifica Censis è il frutto di un grande lavoro di squadra e di una didattica innovativa e sempre più internazionale che attrae un maggior numero di studentesse e studenti stranieri. La cura delle strutture e la qualità dei servizi, l’attenzione alle borse di studio, grazie anche alle aziende partner e allo stretto legame con il sistema delle imprese e il mercato del lavoro, sono tra i fattori chiave che ci hanno consentito di raggiungere questo traguardo”, ha concluso.
Lo studio, ‘senza olio di palma’ può costare fino a 52mln ettari di deforestazione
(Adnkronos) - L’ipotetica sostituzione dell'olio di palma con altri oli potrebbe comportare un aumento della deforestazione fino a 52 milioni di ettari a livello globale. Sarebbe questo il costo di un mondo “senza olio di palma” secondo lo studio “Deforestation and greenhouse gas emissions could arise when replacing palm oil with other vegetable oils” condotto da alcuni ricercatori della Fondazione Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc) e recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista “Science of The Total Environment”. Gli autori dello studio hanno esaminato l’impatto in termini di potenziali cambiamenti nell'uso del suolo, potenziali perdite di stock di carbonio forestale e conseguenti emissioni di gas serra, della sostituzione dell'olio di palma con altri oli vegetali (soia, colza, girasole) a confronto con l'olio di palma privo di deforestazione. “Questo studio ha dimostrato che sostituire ipoteticamente l'olio di palma con le principali tre alternative oleose esistenti a livello globale potrebbe comportare un potenziale rischio di aumento della deforestazione rispetto a quanto già successo con l'olio di palma negli scorsi decenni. Addirittura fino a circa 52 milioni di ettari di foresta potrebbero essere a rischio nei principali paesi produttori di questi tre oli alternativi, ovvero Argentina, Brasile, Canada, Cina, India, Russia, Stati Uniti e Ucraina.” spiega all'Adnkronos Maria Vincenza Chiriacò, ricercatore senior presso la Fondazione Cmcc e prima autrice dello studio. "Quindi spostare la produzione dall'olio di palma verso questi tre oli alternativi potrebbe mettere a rischio questa superficie forestale che invece oggi non è utilizzata per scopi agricoli", aggiunge. Tra le colture oleaginose, la palma da olio è tra le più discusse, in quanto associata alla deforestazione tropicale osservata negli scorsi decenni. Tuttavia, lo studio rivela che se l’intera produzione globale di olio di palma diventasse priva di deforestazione, le emissioni di gas serra correlate alla sua produzione potrebbero ridursi fino al 92%, passando dagli attuali 371 a 29 milioni di tonnellate di CO2 equivalente all'anno. "La peculiarità dell'olio di palma risiede in una caratteristica unica rispetto agli altri oli e cioè il fatto di avere una grande resa per ettaro quindi una grande efficienza produttiva. In particolare, l'olio di palma supera le tre tonnellate di olio ad ettaro mentre i tre oli alternativi hanno invece una resa che oscilla tra 0,3 e 0,7 tonnellate ad ettaro di olio prodotto", chiarisce Chiriacò. "Ecco pertanto - osserva - che se supponiamo di sostituire l'olio di palma con questi oli alternativi abbiamo bisogno di molta più superficie, addirittura 6-7 volte di più, mettendo a rischio anche la food security. Infatti lo studio dimostra che non solo le aree attualmente coperte da foresta potrebbero essere ipoteticamente interessate dalla coltivazione di questi oli ma, per soddisfare la domanda, potrebbero essere necessari anche i terreni al momento destinati ad altre coltivazioni come grano o riso”. "L'alternativa potrebbe essere quella di continuare a utilizzare l'olio di palma purché questo sia certificato come proveniente da filiere che non abbiano causato alcuna deforestazione, certificati quindi come deforestation-free. Oggi circa il 19% dell'olio di palma globale è certificato come deforestation-free: se aumentassimo questa quota fino al 100% potremmo addirittura ridurre del 92% le emissioni globali causate dalla produzione dell'olio di palma", spiega l’esperta.
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