(Adnkronos) - Nessuna proroga, i dazi di Donald Trump tornano in vigore il 9 luglio. Il presidente degli Stati Uniti, ad una settimana dalla scadenza, avverte tutti gli interlocutori: non è previsto un ulteriore congelamento delle tariffe. Il messaggio è diretto ad un lungo elenco di partner commerciali, compresa l'Unione Europea, che cercano un'intesa con Washington. "No, non sto pensando alla pausa", risponde Trump, in viaggio dalla Florida verso la capitale, a un giornalista a bordo dell'Air Force One che gli ha chiesto se avrebbe prolungato il periodo di negoziazione con i partner commerciali. "Scriverò lettere a molti paesi", aggiunge. Il messaggio di Trump arriva mentre a Washington sbarca il commissario europeo al Commercio Maros Sefcovic, partito per gli Stati Uniti proprio, per negoziare con le controparti americane con l'intenzione di "raggiungere il più possibile" un accordo. L'obiettivo è un'intesa "equa per entrambe le parti", le parole del commissario slovacco a Bruxelles, due giorni fa, durante un punto stampa dedicato alla revisione dell'accordo commerciale con l'Ucraina. C'è, ricorda, "una scadenza formale, entro il 9 luglio dobbiamo fare del nostro meglio per arrivare a un accordo, che è stata riconfermata nella telefonata tra la presidente della Commissione Europea e il presidente degli Stati Uniti. Eì quello che stiamo facendo, ci stiamo concentrando su un risultato positivo. Abbiamo ricevuto la prima bozza di proposte per un eventuale accordo di principio: ci stiamo lavorando", ha aggiunto Sefcovic. Sefcovic in America prevede di avere "discussioni molto intense con i miei omologhi", il rappresentanto al Commercio Jamieson Greer e il segretario al Commercio Howard Lutnick. "Spero di vederli a Washington, più avanti in questa settimana. Venerdì è il 4 luglio (Giorno dell'Indipendenza, festa nazionale negli Usa, ndr), quindi ci restano mercoledì e giovedì per eventuali incontri, che stiamo pianificando in questo momento. Il nostro team parlerà con i nostri omologhi sia dell'Ufficio della Rappresentanza commerciale degli Stati Uniti che del Dipartimento del Commercio". Per Sefcovic "è sempre un buon segno quando passiamo dallo scambio di opinioni al processo di stesura" dei documenti, "ma allo stesso tempo bisogna concentrarsi molto sul raggiungimento dei risultati, perché siamo i due maggiori partner commerciali del pianeta. Ogni anno scambiamo più di 1,7 bilioni di dollari in beni. Siamo i maggiori investitori nelle rispettive economie". Ovviamente, ha aggiunto, "c'è molto di cui discutere. Posso solo dire che vogliamo raggiungere il più possibile qualcosa che sia equo per entrambe le parti, qualcosa che sia di aiuto alle imprese, da entrambe le parti, per ottenere maggiore prevedibilità e chiarezza su come pianificare le loro attività commerciali, per il resto dell'anno e per il futuro. Vogliamo farlo partendo dal presupposto che siamo i due alleati più stretti e credo che questo debba riflettersi anche nel nostro accordo commerciale", ha concluso.
(Adnkronos) - "Noi siamo un Paese che trasforma, per il quale l'export è fondamentale. E quindi qualsiasi spesa aggiuntiva può ridurre i margini. Abbiamo ormai da un paio di mesi negli Stati Uniti il dazio al 10% e si tratta di spese molto alte e complesse per le aziende da assorbire. Le imprese devono incamerare questo aumento, insieme al cambio euro-dollaro che in questo momento non è favorevole. Quindi anche il 10%, che è quello che probabilmente rimarrà, non va bene per le aziende. Per il 2025 ci aspettiamo un calo dell'export di salumi made in Italy, legato anche a un effetto fisiologico per le scorte che sono state fatte non appena è iniziata a circolare la voce sui dazi". Così, con Adnkronos/Labitalia, Davide Calderone, direttore generale di Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) aderente a Confindustria, che rappresenta uno dei fiori all'occhiello del made in Italy, con 30mila addetti e 900 aziende di trasformazione, fa il punto sugli effetti dei dazi al 10% negli Usa per i salumi italiani. Nel 2024, le esportazioni di salumi italiani verso i Paesi terzi, secondo i dati Assica, hanno raggiunto quota 66.007 tonnellate per un valore di 791,5 milioni di euro, segnando una crescita dell’11,9% in quantità e del 14,2% in valore. A trainare il risultato sono stati in particolare gli Stati Uniti, con arrivi di salumi italiani per 20.188 tonnellate (+19,9%) per 265,1 milioni di euro (+20,4%). E il 2024, sottolinea Calderone, è stato un anno sostanzialmente positivo per il comparto salumi made in Italy visto che "è aumentata la produzione e anche l'export, ma ci sono luci e ombre, visto che abbiamo un mercato interno praticamente saturo". E tornando ai dazi Usa l'attività di Assica è incessante a sostegno delle imprese italiane. "Stiamo facendo il possibile per fare la nostra parte, spiegando all'amministrazione americana che i nostri prodotti in Usa danno anche lavoro, perchè ci sono i commerciali e poi tante aziende che hanno creato stabilimenti di affettamento e confezionamento in Usa. E quindi un dazio per un prodotto che arriva in Usa diventa anche un problema per un'azienda che opera in Usa e paga le tasse nel Paese", sottolinea. Cercare strade alternative agli Usa, spiega Calderone, non è semplice. "Guardare ad altri mercati -spiega- è una frase che si può dire ma poi metterla in pratica non è così scontato. Se si pensa al mondo dei salumi possiamo dire che li facciamo solo noi, con qualche eccezione, e non è semplice questi prodotti nel mondo in popolazioni non abituate. Quindi ci vuole tempo, informazione, promozione, presenza. Ad esempio quello americano è un mercato che sta dando finora soddisfazioni, ma dietro c'è un lavoro di molti anni di investimenti e di impegno per farlo diventare così, con anche ulteriori margini di crescita", sottolinea. E in questi mesi sull'attività e l'export delle aziende continua a pesare la peste suina africana che ha colpito il nostro Paese. "A causa della peste suina africana abbiamo calcolato un mancato export di salumi made in Italy nei Paesi asiatici per 20 milioni di euro al mese, a partire da quando è scoppiata l'emergenza con i primi cinghiali malati nel 2022", sottolinea Calderone. "I Paesi che hanno chiuso all'export per colpa del virus-continua Calderone- sono il Giappone in particolare, la Cina, altri paesi con delle limitazioni, e questo è un problema che persiste ancora oggi. Con il Giappone siamo riusciti a ottenere la riapertura per i prodotti cotti al momento, visto che la cottura inattiva il virus, e stiamo trattando anche per i prodotti a lunga stagionatura che è un altro metodo di inattivare il virus", conclude.
(Adnkronos) - “Spesso si pensa che sia l’Europa a imporre scelte ai Paesi membri, ma nel caso dell’economia circolare è accaduto il contrario: l’Italia ha tracciato per prima la strada, con esperienze concrete di raccolta differenziata, impianti industriali e filiere produttive che l’Unione ha inserito nelle proprie direttive e regolamenti, e che hanno anticipato gli obiettivi europei. Abbiamo una leadership internazionale che raccontiamo ancora troppo poco: il modello italiano dell’economia circolare è un esempio straordinario, da preservare e rafforzare per il futuro”. Questo il commento di Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente, in occasione dell’Ecoforum 2025, tenutosi a Roma e organizzato da Legambiente, Nuova Ecologia e Kyoto Club.