A&I s.c.s. Accoglienza e Integrazione ONLUSA&I Società Cooperativa Accoglienza e Integrazione ONLUS Iscritta all'Albo Cooperative presso Direzione generale per gli Enti Cooperativi del Ministero delle Attività Produttive al n° A163990. |
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(Adnkronos) - Entro il 2050, il trend di denatalità potrebbe portare ad una riduzione del Pil di quasi un punto percentuale annuo, con una perdita cumulata di 482 miliardi di euro. È il dato stimato più rilevante emerso dallo studio 'Valutazione dell’effetto dell’incremento della natalità sulla sostenibilità dell’attuale sistema di welfare' realizzato da Spher-Social and Public Health Economic Research, presentato oggi all’evento istituzionale 'Denatalità e sostenibilità del sistema di welfare', con la segreteria organizzativa di Cencora Pharmalex in collaborazione con Spher-Social and Public Health Economic Research e il contributo non condizionato di Organon. "Dal modello - afferma Paolo Sciattella, Ceis-EeHta, Facoltà di Economia, Università di Roma Tor Vergata - emerge che, nel lungo periodo, potremmo assistere ad una perdita economica cumulata derivante dalla ridotta natalità superiore ai 482 miliardi di euro entro il 2050, nello scenario più pessimistico che prevede di raggiungere in tale lasso di tempo un tasso di fertilità totale di 1,02. Una piena implementazione della Pma a livello nazionale, come previsto dai Lea", Livelli essenziali di assistenza, "potrebbe portare, invece, a un incremento della natalità, raggiungendo quota 1,39 di tasso di fecondità totale, tale da invertire il trend allarmante di decrescita, generando benefici fiscali fino a 263 miliardi di euro". Per assicurare, nel prossimo futuro, "un’adeguata assistenza sanitaria ai cittadini - aggiunge Francesco Saverio Mennini, capo dipartimento della Programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Ssn, ministero della Salute - occorre, come si sta facendo, investire in maniera efficiente in sanità, con un piano finanziario stabile e programmatico fondato su innovazione, programmazione, governance e sostenibilità. L’inserimento della Pma nei Lea è andato in questa direzione, con l’obiettivo di abbattere le differenze territoriali e garantire equo accesso a tutte le coppie. L’aumentato ricorso alla Procreazione medicalmente assistita (Pma), come evidenziato dallo studio presentato oggi, può concorrere a ridurre il declino demografico, a garantire efficienza al sistema di welfare contribuendo alla stabilità economica dell’Italia nel lungo termine". In Italia, le tecniche di Pma approvate comprendono l'inseminazione intrauterina, la fecondazione in vitro e l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo. "Le tecniche di Pma sono efficaci strategie per combattere l’infertilità e hanno lo scopo di aiutare le coppie quando il concepimento spontaneo risulta difficile o impossibile – sottolinea Nicola Colacurci, già professore ordinario di Ginecologia, seconda Università di Napoli. – È a tutti gli effetti un valido strumento con il quale oggi possiamo assistere quelle coppie che, nonostante rapporti sessuali mirati e non protetti, terapie mediche o chirurgiche o procedure di I livello non hanno ancora ottenuto la gravidanza. L'estensione dei Lea a procedure di preservazione della fertilità sarebbe un importante ulteriore strumento da mettere in campo nella lotta alla denatalità, come anche ottimizzare il percorso nascita per assicurare la massima presa in carico della donna, non solo nel suo desiderio di gravidanza, ma anche in gravidanza e nei primi mille giorni di vita del bambino". Secondo Rocco Rago, direttore dipartimento Materno infantile e della Salute della donna Asl Roma 2, direttore Centro Pma regionale Ospedale Sandro Pertini, la Pma "rappresenta una risposta concreta e strutturale alla crisi della natalità in Italia. I dati parlano chiaro: nel 2024 si contano appena 370 mila nuovi nati, a conferma che i tradizionali bonus da soli non sono sufficienti ad invertire la tendenza. Se confrontiamo i dati Istat relativi alle nascite totali con i dati del Registro Pma- Istituto superiore di sanità, assistiamo a una decrescita costante di nuovi nati ma con un costante aumento delle nascite da Pma (4,3% del totale). Un accesso uniforme ed equo alla Pma, come stabilito dai nuovi Lea - permetterebbe a molte coppie che già hanno maturato la volontà di avere un figlio, di realizzare il proprio desiderio di famiglia, superando anche gli ostacoli economici oggi ancora troppo presenti". Quando tutte le Regioni adotteranno i Lea, "la Pma potrà contribuire fino al 7% delle nuove nascite, allineando l'Italia alla media europea e rafforzando concretamente il nostro sistema di welfare". Negli ultimi vent’anni, in Italia il numero di cicli di trattamento con Pma così come i tassi di gravidanza sono raddoppiati. Oltre 217mila bambini sono nati con queste tecniche: nel 2022 sono stati il 4,3% della popolazione generale, pari a 16.718 nascite. Ad essere prevalentemente coinvolte sono le donne di età superiore ai 40 anni, per le quali circa 1 nascita su 5 è avvenuta tramite Pma. Si tratta di "promuovere una vera e propria educazione alla fertilità e un impegno concreto nella prevenzione e nella terapia dell’infertilità – spiega Maria Rosaria Campitiello, capo dipartimento della Prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie, ministero della Salute – Sono argomenti profondamente legati a una delle sfide più urgenti che il nostro Paese si trova ad affrontare: il contrasto alla denatalità. Secondo gli ultimi dati disponibili, infatti, in Italia si è registrata una riduzione del 2,6% delle nascite in un solo anno. Affrontare apertamente questi temi è quindi fondamentale per costruire una cultura della prevenzione, del sostegno alla genitorialità e della salute riproduttiva - rimarca - Come dipartimento, crediamo sia indispensabile promuovere un approccio integrato alla salute della donna a 360 gradi, che valorizzi e tuteli la fertilità in modo consapevole e lungimirante". La Pma "non deve essere un privilegio, ma un diritto legato alla libertà di scelta e al desiderio legittimo di costruire una famiglia – aggiunge Antonello Aurigemma, presidente del Consiglio Regionale del Lazio. – I nuovi Lea in fertilità hanno reso più sostenibile a livello economico l’accesso alla Pma e i dati presentati oggi ci dimostrano come un aumentato ricorso alle tecniche di fecondazione assistita potrebbe contribuire al benessere del nostro Paese. Nel Lazio siamo partiti subito e abbiamo già reso operativa una rete per garantire la continuità dell’assistenza, l’accesso di prossimità e la disponibilità di Centri Pma a sostegno delle coppie sull'intero territorio regionale". Il contrasto alla denatalità richiede interventi coordinati e multisettoriali e passa attraverso visioni e finalità comuni e alleanze tra Istituzioni, società e mondo delle imprese. "L’impegno di Organon è quello di dare risposta ai bisogni di salute delle donne – conclude Kevin Ali, Ceo Organon – Per questo cerchiamo di favorire il dialogo sulla fertilità e la Pma, e generare evidenze che possano aiutare le istituzioni competenti a prendere decisioni consapevoli. La denatalità in Italia, e nel mondo, è una sfida complessa che richiede soluzioni olistiche, un impegno a lungo termine e sforzi coordinati tra i diversi settori. In Organon crediamo fortemente nel valore delle alleanze e ci impegniamo nell’offrire il nostro contributo per rilanciare la natalità e assicurare un futuro prospero alle generazioni che verranno".
(Adnkronos) - Nell’attuale ridisegno dei confini del commercio internazionale, quasi tutti i paesi occidentali, in un modo o nell’altro, tendono ad ispirarsi al principio del friend shoring, enunciato nel 2022 dall'allora segretario del Tesoro USA Janet Yellen, che significa indirizzarsi verso paesi anche lontani, ma comunque amici, con l’obiettivo di minimizzare l’esposizione del sistema produttivo alle rappresaglie economiche di paesi rivali, migliorare e diversificare le catene di approvvigionamento globali, aumentando la trasparenza delle informazioni commerciali, la diversificazione delle fonti, l’aumento della sicurezza e della sostenibilità delle catene di approvvigionamento. In questo senso, l’Asia Centrale sta divenendo un’area sempre più interessante per le aziende italiane ed europee: i rapporti diplomatici ed economici con la Regione hanno dato origine ai diversi forum economici organizzati con l’Uzbekistan (nel giugno 2023), con il Kazakhstan nel gennaio di quest’anno, e con il Tagikistan nello scorso aprile, piuttosto che all’ultimo summit tenutosi a Roma dove, oltre ai paesi citati, erano presenti anche Kyrgyzstan, Tagikistan e Turkmenistan. I gruppi internazionali che fanno temporary management si muovono anch’essi in questa direzione. In particolare, all’interno del gruppo IMW Interim Management Worldwide, operante oggi in 30 paesi e 6 continenti, il partner dell’Asia Centrale Kontakt (già presente in Kazakhstan) ha recentemente aperto una nuova sede in Uzbekistan. Abbiamo chiesto a Yulia Zabazarnykh, Partner di Kontakt, e a Maurizio Quarta – Managing Partner di Temporary Management & Capital Advisors (che del gruppo IMW è stato uno dei fondatori 20 anni fa) di darci alcune indicazioni sulle prospettive del paese. Secondo Zabazarnykh e Quarta, "l’Uzbekistan sta attivamente riformando la propria economia, attirando investitori stranieri e sviluppando settori chiave come l’energia, l’informatica, il turismo e l’industria di processo. Il governo è focalizzato su una crescita sostenibile, sulla digitalizzazione e sulla responsabilità ambientale, rendendo il paese sempre più attraente per gli affari e gli investimenti internazionali. Si prevede che il Pil dell’Uzbekistan crescerà del 6% nel 2025, raggiungendo i 110 miliardi di dollari, con un obiettivo di 200 miliardi entro il 2030. I principali motori della crescita includono l’industria (+6,1%), l’agricoltura (+4,1%) e il settore dei servizi (+14,5%)". Quest’ultimo comparto, proseguono Zabazarnykh e Quarta, “crescerà fino a 82 miliardi di dollari, con particolare riguardo per IT, finanza, turismo, istruzione e sanità, con la creazione di 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro”. Aziende occidentali hanno già una significativa presenza nel paese: i francesi di Orano, in collaborazione con la compagnia statale Navoiyuran e la giapponese Itochu corporation, stanno sviluppando il progetto di estrazione di uranio a South Djengeldi; gli inglesi di Cross Works stanno elaborando un piano urbanistico per espandere la città di Tashkent di 25.000 ettari, con un aumento del 33% dei ricavi; gli americani di Franklin Templeton (USA) gestiscono il Fondo nazionale per gli investimenti dell’Uzbekistan (UzNIF) da 1,7 miliardi di dollari, con piani per quotare gli asset sui mercati internazionali entro il 2026. Sono poi presenti aziende russe (Rosatom per la costruzione di centrali nucleari) e cinesi e coreane (per impianti di valorizzazione energetica dei rifiuti). Piani di sviluppo così ambiziosi devono però fare i conti, come già succede per il vicino Kazakhstan, con una carenza strutturale di management: secondo Zabazarnykh e Quarta “c’è una crescente domanda di manager qualificati nel paese. Le aziende uzbeke si trovano sempre più nella necessità di adottare pratiche manageriali moderne, avviare la trasformazione digitale e impegnarsi nella pianificazione strategica. Questo crea opportunità significative per temporary manager di cultura occidentale, in particolare per coloro che hanno esperienza in multinazionali, nei settori della produzione industriale, dell’e-commerce, della finanza, dell’IT e delle telecomunicazioni”. Attenzione: “non basta che siano bravi, si richiede che sappiano trasferire le loro competenze a manager e collaboratori locali, impegnandosi anche nel loro upskilling e/o reskilling”. E le aziende italiane? Nel corso dei diversi summit a livello governativo, multilaterali e bilaterali, tenutisi sino ad ora, le maggiori opportunità evidenziate sono relative a progetti nei settori delle infrastrutture, dell’agricoltura, dei macchinari e dell’energia con una dimensione regionale. Per l’Uzbekistan in particolare le opportunità di investimento più interessanti sono state identificate nei comparti farmaceutico, tessile, lavorazione del cuoio, energia, infrastrutture e trasporti, produzione di materiali da costruzione e l’intera filiera dell’agroalimentare. Per 'mettere a terra' tutti I diversi accordi macro di cui sopra, è opportuno muoversi anche a livello locale: è quanto sta facendo proprio in questi giorni la Regione Lombardia con una missione dedicata nel paese. Alcuni dei macrotemi sopra evidenziati sono stati declinati in maniera più puntuale e operativa al fine di dare indicazioni concrete, e relative supporto, alle aziende lombarde interessate: ci si è concentrate quindi sulla modernizzazione industriale dei settori agricolo e manufatturiero, lo sviluppo di cluster agroindustriali incentrati su automazione e tecniche di coltivazione all’avanguardia, oltre al supporto alla diversificazione industriale locale attraverso la formazione di joint venture con gruppi italiani in comparti chiave come quello farmaceutico e dei materiali da costruzione. In particolare, il governo uzbeko ha voluto approfondire il modello lombardo delle zis (zone di innovazione e sviluppo), concepito per promuovere la cultura dell’innovazione, favorendo lo scambio di conoscenze tra università, centri di ricerca, aziende e mercati. Area questa dove, secondo Quarta, “il supporto di manager italiani potrebbe rivelarsi utile e determinante per avviare la fase sperimentale che la Presidenza uzbeka intende avviare a stretto giro”. Edilizia, arredamento e tessile tre settori in costante crescita e nel mirino del sistema produttivo lombardo: nel settore edile operano oggi circa 10.000 imprese, per lo più pmi, sull’onda di una sostenuta domanda di materiali da costruzione. Nell’arredamento, in Uzbekistan sono state create oltre 900 imprese nel solo 2024. La Regione Lombardia si è poi ulteriormente spinta muovendosi a livello di territori, arrivando alla firma di un memorandum d’intesa con la Regione di Samarcanda, di cui richiamiamo i punti salienti: attrazione di investimenti; sanità, agricoltura (esempio per sperimentazione varietà colturali, macchinari e tecnologie agricole, genetica animale). Il tutto lavorando anche sulla parte di ecosistema, operando su tutti i temi dell’import-export e del supporto alle pmi nello sviluppo di strategie di internazionalizzazione.
(Adnkronos) - “Nell’accingermi a partecipare a Ecoforum per raccontare della nostra filiera circolare per “l’industria pulita” ho avuto l’opportunità, grazie all’indagine IPSOS, di raccogliere le percezioni dei cittadini, poco ottimistiche rispetto alle performance dell’Italia circolare. Lo sottolinea Riccardo Piunti, presidente del Conou ricordando come "gli Italiani, ad esempio, ritengono mediamente che circa il 50% dell’olio minerale usato sia destinato a combustione, molti pensano che la raccolta del rifiuto sia un compito del meccanico vicino di casa, che il processo complessivo sia affidato a singole aziende specializzate senza un coordinamento; addirittura, un 6% pensa che l’olio usato finisca in fogna". Piunti aggiunge che "credono tuttavia che, quando si rigenera, l’olio sia mediamente di buona qualità dando credito alla tecnologia e non all’organizzazione. Vorrei, al contrario, che fossero informati e fieri dei risultati del nostro Paese, consci del ruolo del modello consortile che porta a raccogliere l’olio a titolo gratuito e rigenerare tutto". "La coscienza dei buoni risultati - conclude - aiuterà il conseguimento di ulteriori traguardi che potranno essere raggiunti, nelle filiere più diverse, solo con il contributo informato di tutti".