(Adnkronos) - Cresce il rischio morbillo in Italia con un boom di casi di morbillo registrato nel 2024 a causa della flessione delle vaccinazioni. E gli esperti lanciano l'allarme per un'ulteriore impennata in vista del Giubileo e dell'alta circolazione di turisti nel nostro Paese. "Avevo detto che saremmo arrivati a 1.000 casi entro fine anno e mi pare di non aver sbagliato", secondo l'ultimo bollettino Iss siamo a 935 al 31 ottobre. "E' un anno orribile per il morbillo in Italia - dice all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova - il nostro Paese si mette in linea con altri meno evoluti dal punto di vista sanitario e della propensione alla vaccinazione, parlo di Romania, Serbia, Bulgaria. Questi non hanno la nostra stessa cultura delle immunizzazioni. Spero che nel 2025 si invertirà questa tendenza, ma il morbillo è tornato ad essere una malattia endemica che colpisce i soggetti giovani non vaccinati. Forse bisogna fare di più a livello di informazione, di formazione ai medici e di comunicazione nelle scuole. E' una malattia importante che porta anche a casi complicati e molto complicati". "Arrivare in un anno a quasi 1.000 casi di morbillo, quando nel 2023 se ne erano registrati una cinquantina - afferma l'epidemiologo Massimo Ciccozzi - vuole dire che questo è un anno terribile, ma il dato è orribile soprattutto se andiamo a vedere le fasce d'età con il picco di incidenza in quelle dove la vaccinazione non è obbligatoria, 0-4 anni, che però rischiano più di tutti e lo prendono dai fratelli maggiori. Il morbillo è una malattia seria che in alcuni casi, rari fortunatamente, può portare alla morte. C'è sempre tempo per vaccinarsi e il consiglio è di immunizzare i bambini, ma anche gli adulti che non hanno fatto la seconda dose devono farla". "Se poi andiamo a vedere gli altri Paesi Ue, la Romania è in vetta con 14mila casi, ma la Germania è già arrivata a quasi 700. Sono numeri che dovrebbero farci preoccupare anche per l'imminiente Giubileo a Roma".
(Adnkronos) - Le libere professioni rialzano la testa, ma devono ancora fare i conti con le debolezze strutturali di un mercato del lavoro in continua evoluzione. Dopo gli anni della pandemia, che ha inghiottito circa 75 mila liberi professionisti, nel 2023 si registra un balzo di circa 10 mila unità, che nel complesso porta il numero di liberi professionisti a quota un milione e 360 mila unità, pari al 5,8% della forza lavoro e al 27% del lavoro indipendente in Italia. È questa la fotografia più aggiornata del settore professionale che emerge dal IX Rapporto sulle libere professioni in Italia – Anno 2024, curato dall’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni, presentato oggi a Roma nella sala plenaria Marco Biagi del Cnel alla presenza del presidente del Cnel, Renato Brunetta, e del presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. A confrontarsi sui dati del Rapporto, presentati da Paolo Feltrin, coordinatore dell’Osservatorio sulle libere professioni, sono intervenuti il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, e il presidente dell’Inapp, Natale Forlani. A trainare il rialzo occupazionale sono i datori di lavoro-professionisti - i più colpiti durante il periodo pandemico - che raggiungono quota 204 mila, grazie al recupero di circa 20 mila unità realizzato nel biennio 2022-2023. Notevole l’incremento della quota femminile, soprattutto nelle regioni meridionali, che nello scorso anno conta circa 133 mila donne in più rispetto al 2010, mentre il numero di uomini è salito di circa 40 mila unità nello stesso periodo. Un dato che evidenzia un chiaro processo di ribilanciamento di genere all’interno della libera professione. La dinamicità del mercato del lavoro si riflette anche sull’occupazione negli studi professionali. Nel 2023 sono stati creati oltre 62 mila nuovi posti di lavoro, grazie all’aumento dei contratti a tempo indeterminato, che nel 2023 segnano un saldo occupazionale pari a 51.568. La buona intonazione del settore viene confermata inoltre dalla progressione dei redditi tra tutti i gruppi professionali. Nell’ultimo triennio la maggior crescita dei profitti si registra tra geometri (+62%), medici e odontoiatri (+53,6%, ingegneri (+53%) e architetti (+52,7%). Sulle positive dinamiche occupazionali pesano, tuttavia, diverse criticità che frenano lo slancio del settore professionale, a cominciare dalla continua flessione dei giovani (-13,8%), dovuto in larga misura all’inverno demografico e alla crescente concorrenza del lavoro dipendente, cui si aggiunge il progressivo invecchiamento della popolazione: l’età media dei liberi professionisti passa dei 45,5 anni del 2013 ai 48,2 anni del 2023. Non a caso sono proprio gli over 55 a registrare l’aumento più sostenuto (+6,1%) tra il 2019 e il 2023. In un contesto caratterizzato da un netto recupero del mercato del lavoro in Italia, con un tasso di occupazione record che alla fine del 2023 su attesta al 61,5%, il lavoro professionale e, più in generale quello indipendente, si scontra con l’occupazione dipendente, che a fine 2023 aveva superato i livelli pre-Covid di circa 700 mila di unità. Le imprese hanno accresciuto il loro appeal, non solo nei confronti dei giovani che si affacciano sul mercato del lavoro ma anche verso una parte di lavoratori indipendenti, che scelgono di passare dalla libera professione al lavoro subordinato. Negli ultimi quattro anni, dunque, il bilancio del mercato del lavoro indipendente, seppur in crescita rispetto al 2022, è ancora negativo e non arriva a colmare il divario causato dalla pandemia: negli ultimi quattro anni si sono persi circa 223 mila posti di lavoro tra gli indipendenti e i liberi professionisti diminuiscono di 67 mila unità, con una variazione negativa del 5%. Più pesante il bilancio per le partite Iva che segnano un calo di 256 mila posti di lavoro. Le tendenze occupazionali delle professioni in Italia trovano puntuale riscontro a livello europeo. L’impetuoso balzo in avanti dei liberi professionisti nell’eurozona, si colloca in un contesto caratterizzato da un forte incremento occupazionale generale (il numero degli occupati sale a quasi 16 milioni di unità) e da una netta contrazione della disoccupazione (-5,7 milioni), che ha permesso alle libere professioni di espandersi nel mercato del lavoro europeo. Tra il 2019 e il 2023 sono aumentate del 7,3%, un trend che trova conferma anche nell’ultimo anno con un incremento del 3,8%, sottolineando la crescente incidenza del contributo delle libere professioni alle economie europee. Al 2023 si contano quasi 6 milioni di liberi professionisti in Europa, dove tre lavoratori su 100 svolgono un lavoro intellettuale. Ancora una volta l’Italia si colloca al vertice della classifica per densità di professionisti, davanti a Germania, Francia e Spagna; ma se fino a qualche anno fa il nostro Paese rappresentava una sorta di “anomalia”, il costante sviluppo trasversale del comparto professionale in Europa rappresenta un pilastro fondamentale di sistemi economico sociali sempre più basati sull’economia della conoscenza, come evidenzia anche la relazione positiva tra Pil pro capite e densità di liberi professionisti nei diversi Paesi Ue. La seconda sessione dell’evento ha visto al centro dei lavori 'Il ruolo dei liberi professionisti nella sfida dell’AI', con la partecipazione di Francesco Benvenuto, direttore relazioni istituzionali di Cisco Italia; di Francesca Bitondo, direttrice rapporti istituzionali di Microsoft Italia; di Don Andrea Ciucci, segretario coordinatore della Fondazione RenAIssance; di Flavio Ponte, professor di diritto dl lavoro all’Università di Calabria e di Alessandra Santacroce, presidente Fondazione Ibm Italia. Al termine dell’evento il presidente Stella ha firmato il documento 'Rome call for AI Ethics', che impegna Confprofessioni a promuovere e sostenere un approccio etico all’intelligenza artificiale nel mondo delle libere professioni, secondo i principi etici della Rome Call promossi dalla Pontificia Accademia per la Vita e dalla Fondazione RenAIssance. Secondo Stella "Stiamo assistendo a un evidente riposizionamento delle professioni nel mercato del lavoro e nell’economia del Paese. I segnali di ripresa registrati nell’ultimo anno sono certamente positivi, ma non sono sufficienti a colmare i ritardi accumulati durante la pandemia". "Il Rapporto sulle libere professioni 2024, giunto quest’anno alla sua nona edizione, ci mette di fronte -ha spiegato Stella- a una realtà in continuo divenire, dove i progressi economici e sociali si scontrano frontalmente con le debolezze strutturali del nostro Paese e anche del nostro settore; un settore che cresce ma senza la spinta propulsiva delle giovani leve. Una fotografia mossa che delinea i contorni della 'grande trasformazione' della società, dell’economia e delle libere professioni, senza però riuscire a mettere a fuoco l’orizzonte delle grandi sfide che abbiamo davanti", ha aggiunto. "L’inafferrabile velocità della tecnologia digitale, le sempre più mutevoli tendenze del mercato del lavoro e l’instabilità di uno scenario geopolitico sull’orlo del precipizio sono le principali concause che alimentano incertezze e mettono in secondo piano i notevoli progressi realizzati dalle professioni sulla strada della crescita", ha concluso.
(Adnkronos) - Per raggiungere gli obiettivi Pnrr occorre valorizzare il più possibile i sottoprodotti di origine agricola e la raccolta della frazione organica (Forsu). Servono per questo misure di semplificazione e snellimento amministrativo che consentano al maggior numero di operatori di cogliere questa importante opportunità di sviluppo. A ciò si affianca la necessità di nuove misure urgenti che favoriscano l’accesso alla rete di distribuzione del biometano prodotto e incrementino il quantitativo di frazione organica raccolta. Sono queste le linee guida per lo sviluppo della filiera del biometano in Italia tracciate dalla Piattaforma Tecnologica Nazionale del Biometano coordinata dal Cic - Consorzio Italiano Compostatori e dal Cib - Consorzio Italiano Biogas nel corso del convegno 'Piattaforma Biometano - le prospettive e le azioni per lo sviluppo del biometano: Pnrr e oltre', svoltosi il 6 novembre a Ecomondo. L’evento ha messo in evidenza il ruolo cruciale delle infrastrutture e dei processi burocratici all’effettiva realizzazione degli impianti per la produzione di biometano ed è stato anche un'occasione per fare il punto sui risultati ottenuti dai bandi del progetto biometano previsto nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). In particolare, nell’ultimo bando sono stati ammessi 139 progetti, per una capacità produttiva totale superiore a 62.330 Smc/h, pari a circa 500 milioni di mc l’anno. Un percorso non privo di difficoltà, che, dopo i ritardi accumulati nei primi due bandi dei mesi scorsi, registra oggi una maggiore partecipazione delle aziende, grazie soprattutto agli interventi normativi più recenti che hanno conferito al settore una cornice favorevole agli investimenti. “Sono due gli strumenti, entrambi gestiti dal Gse, che in Italia sostengono lo sviluppo del Biometano: il Dm 2018 e il Dm 2022 - ha dichiarato Paolo Arrigoni, presidente del Gestore dei Servizi Energetici - Con il primo, con 170 impianti qualificati, che a regime garantiranno una produttività annua di oltre un miliardo di Smc, tutti destinati al settore dei trasporti, nel 2023, grazie agli impianti già entrati in esercizio, la produzione di biometano ha raggiunto i 332 milioni di Smc, sestuplicando il valore del 2019 di circa 51,7 milioni di Smc. La seconda misura di stimolo, prevista dal Pnrr, ha visto con le prime 4 procedure competitive l’ammissione di 278 progettualità, per una producibilità totale di altri 1,1 miliardi di Smc/anno, destinati per il 15% ai trasporti e per l'85% agli usi industriali. L'apertura della quinta procedura è prevista per il 18 novembre 2024”. I numeri del biometano - L’Italia è oggi il secondo Paese in Europa per produzione di biogas, con significativi aumenti di capacità anche nel settore del biometano. Le prospettive di crescita del settore trovano conferma anche a livello europeo: i dati Eba riportano 1.548 impianti di biometano, con una crescita del 32% rispetto al 2023. Oltre l'80% degli impianti è ora connesso alla rete del gas, con quasi la metà (49%) collegata alla rete di distribuzione e il 14% a quella di trasporto. Un percorso promettente che si avvicina con forza e impegno agli obiettivi del Piano RePowerEu della Commissione Ue, che mira a 35 miliardi di mc di biometano in Europa entro il 2030, anche se studi recenti suggeriscono un potenziale del settore fino a 150 miliardi di mc entro il 2050. Una traiettoria che si riflette anche nel nostro Paese. Infatti, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) prevede entro il 2026 ulteriori 2,3 miliardi di Smc di biometano attraverso la realizzazione di nuovi impianti e la riconversione di una parte di quelli esistenti, a cui si aggiunge la linea indicata dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec) che vede un target di produzione di 5 miliardi di mc di biometano entro il 2030. In questo contesto un ruolo cruciale sarà giocato dalle infrastrutture. In particolare, si auspica un ulteriore potenziamento delle infrastrutture di distribuzione per accogliere il biometano prodotto localmente, soprattutto nelle aree rurali, dove si concentra gran parte della produzione. Un’infrastruttura più capillare permetterebbe di immettere il biometano nelle reti di distribuzione nazionali, facilitando l’accesso al mercato e riducendo i costi logistici per i produttori. Secondo le proiezioni del Centro Studi Cic, l’Italia ha prodotto nel 2023 circa 220 milioni di metri cubi di biometano dai rifiuti organici. Per garantire un flusso regolare di rifiuto organico verso gli impianti di digestione anaerobica e tendere al target ambizioso di produzione di biometano, è necessario anche incrementare la raccolta differenziata di questa frazione che, in alcune aree d’Italia, è ancora assente o insufficiente nonostante l’obbligo già in vigore dal 2022. Verosimilmente, i quantitativi massimi raggiungibili dal rifiuto organico potrebbero aggirarsi intorno ai 370 milioni di metri cubi/anno al termine del biennio 2024-25. “Il Cic e i suoi associati hanno colto da subito la sfida proposta al settore anni fa, impegnandosi nella produzione di biometano da Forsu e contribuendo attivamente all'economia circolare del Paese e alla sicurezza energetica nazionale - ha dichiarato Lella Miccolis, presidente del Cic - Senza dubbio gli incentivi hanno un ruolo cruciale, per ammodernare gli impianti, crearne ex novo e sostenere gli investimenti ingenti per la produzione di energie rinnovabili da rifiuti e di biometano, ma chiediamo un allineamento dei meccanismi di incentivazione e di adeguamento inflazionistico, per garantire una concorrenza leale tra gli operatori. I prossimi passi saranno fondamentali, per promuovere l’adozione della digestione anaerobica a monte del compostaggio e ottimizzare la produzione di biometano. Inoltre, sarà fondamentale il supporto dei Comuni, per aumentare la quantità di rifiuto organico prodotto: pur essendo obbligatoria la raccolta differenziata della frazione organica dal 2022, registriamo ancora numerosi Comuni che non hanno avviato la raccolta differenziata dell'organico e altri che hanno margini di crescita importanti. Nonostante le difficoltà legate all'aumento dei costi e ai lunghi iter autorizzativi, il settore è pronto a investire ulteriormente, confidando nella continuità del supporto governativo oltre il 2026 per raggiungere gli obiettivi di produzione di biometano”. Secondo i dati del Cib, anche alla luce dello scenario delineato dai bandi del Pnrr, il settore agricolo si conferma un importante motore della transizione ecologica del Paese. Nel 2023 la produzione di biometano da impianti agricoli è stata di circa 600 milioni di metri cubi. Ma al 2030 il settore potrà raggiungere oltre 6 miliardi di metri cubi di biometano agricolo. “Il lavoro sinergico che stiamo portando avanti con il Cic e la Piattaforma Biometano ha posto le basi per un percorso che, nel corso degli anni, ha evidenziato come il settore biometano rappresenti un’opportunità strategica per contribuire alla decarbonizzazione del nostro Paese. Come dimostrato anche dai risultati dei bandi Pnrr in corso, in questo percorso comune il ruolo del settore agricolo, vero driver della transizione, è centrale - ha dichiarato il direttore del Cib, Christian Curlisi - Molto è stato fatto in questi mesi, anche grazie all’attività del Gse, per accelerare i processi e garantire un’ampia partecipazione. Tuttavia, resta fondamentale intervenire con misure concrete che semplifichino i processi e assicurino l'accesso alla rete di distribuzione, così da permettere alle aziende agricole di poter realizzare tutti i progetti previsti entro le stringenti scadenze del Piano e cogliere appieno le opportunità di sviluppo e di investimento disponibili. Per costruire una prospettiva solida per il settore sarà essenziale predisporre al più presto le regole che consentiranno una traiettoria di sviluppo del settore ‘post Pnrr’, definendo un quadro che consenta di guardare con maggiore certezza al futuro, in linea con le stime di sviluppo al 2030 di oltre 6 miliardi di mc di biometano agricolo, rendendo sempre più accessibile il percorso di transizione verso la produzione di energia rinnovabile, a partire dai sottoprodotti agricoli”.