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(Adnkronos) - I Guardiani della Rivoluzione al potere, la Guida Suprema ridimensionata quasi a figura simbolica. Dopo otto giorni di guerra con Israele, il processo di trasformazione politica dell'Iran sta accelerando verso un nuovo sistema di potere che vedrà all'apice proprio i Pasdaran, la 'seconda generazione' che viene dall'apparato militare e che già da anni ha preso il sopravvento a livello istituzionale ed economico sulla 'prima generazione', espressione clericale della rivoluzione del 1979 che "non ha replicato se stessa all'interno dello stesso contesto" e che già oggi è in numero "residuale" e molto più debole dei rivali. A tracciare il quadro dell'Iran del 'futuro' è Nicola Pedde, direttore dell'Institute for Global Studies (Igs), che in un'intervista all'Adnkronos spiega che la guerra in corso "ha accentuato le divisioni" tra le due generazioni, rendendo traumatico un passaggio di poteri che il clero auspicava accadesse in maniera soft e che invece "ora sta avvenendo sotto le bombe israeliane". Le due anime della Repubblica islamica hanno "visioni diverse", a partire dal "controverso" negoziato con gli Stati Uniti sul programma nucleare, interrotto bruscamente venerdì scorso - a due giorni dal sesto round di colloqui in Oman. Se la 'prima generazione', rappresentata dalla Guida Suprema Ali Khamenei, dal governo a guida riformista e da altre figure apicali, "è aperta al negoziato" tanto da presentarsi ancora oggi con il ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, ai colloqui di Ginevra, la 'seconda generazione' ritiene che ormai non ci sia più nulla su cui negoziare e spinge per la linea dura. "C'è una carenza totale di incentivi per un'apertura negoziale", evidenzia Pedde, secondo cui la richiesta del presidente americano, Donald Trump, di resa incondizionata e smantellamento degli apparati nucleari e militari non offre sponde all'ala dialogante del regime di Teheran, che "ha insistito fortemente sull'avvio del negoziato", considerandolo "l'ultima finestra utile per vincolare l'Iran ad impegni sul nucleare e beneficiare della revoca delle sanzioni". Anzi finisce per fare il gioco dei 'duri e puri'. La posizione di Trump, che prima ha aperto a un possibile arricchimento dell'uranio al 3,67% (gli stessi livelli del Jcpoa del 2015) per poi chiudere a questa ipotesi, avanzando richieste massimaliste, secondo il direttore dell'Igs ha finito per mettere la Repubblica islamica davanti a un bivio: da una parte "cedere alla condizioni umilianti" e rischiare di perdere il controllo del Paese, dall'altra "mantenere la linea dura", trasformando il sistema di governo "in qualcosa di diverso", con un ruolo centrale dei Pasdaran. Questa secondo opzione, secondo Pedde, permetterebbe al regime almeno di salvare se stesso dal momento che "se si accettasse di smantellare tutto, quelle ampie parti della società iraniana ostili al governo potrebbero percepire una debolezza e innescare un meccanismo di proteste". Applica il pugno di ferro, magari con l'imposizione della legge marziale, consentirebbe alle autorità di "mantenere il controllo". Questo scenario deve comunque tenere conto che oggi in Iran "non ci sono i prodromi di una rivoluzione, gran parte della popolazione vuole un cambiamento in chiave democratica, il problema è che non esistono forze politiche organizzate capaci di tradurre questo sentimento in una rivolta, sono movimenti acefali che dopo poche settimane si spengono, appena arriva una fase repressiva tendono a disperdersi" e anche le forze di opposizione all'estero sono "frammentate e in alcuni casi impresentabili all'interno", ritiene Pedde, rimarcando che solo un intervento di terra da parte delle forze straniere - scenario molto improbabile - cambierebbe queste dinamiche. Il tutto in attesa di un altro evento che "sarebbe il più grosso vantaggio possibile" per la 'seconda generazione' e che sancirebbe il passaggio definitivo del potere nelle mani dei Pasdaran, spazzando via definitivamente la 'prima generazione, ovvero la morte dell'86enne Khamenei, osserva Pedde, secondo cui a quel punto si aprirà il grande dubbio se ci sarà o meno una terza Guida. "Come accaduto con la morte di Khomeini, l'opzione più probabile sarà un nuovo emendamento costituzionale che allora ridimensionò i poteri della Guida e che domani la ridurrà a organo simbolico, con il passaggio del potere a un esecutivo a guida presidenziale controllato dai militari. L'Iran assumerebbe una forma tradizionale di autoritarismo, sul modello dell'Egitto o del Pakistan, dove la denominazione Repubblica islamica rimarrebbe, ma non nei fatti". Questo scenario, l'ascesa definitiva dei Pasdaran ai vertici del Paese, avrà una serie di implicazioni sulla sicurezza regionale, anche di Israele. Se la 'prima generazione', infatti, resta l' "ultimo baluardo" contro lo sviluppo di un'arma atomica in Iran - vedi la fatwa di Khamenei contro la bomba nucleare - la 'seconda generazione' la ritiene l' "unico deterrente possibile", a maggior ragione oggi sotto i missili israeliani, rimarca Pedde, secondo cui la questione è diventata centrale nel dibattito pubblico in Iran tanto che quattro giorni fa in Parlamento è stata presentata una legge per uscire dal Trattato di Non-Proliferazione, "un fatto epocale e una sfida diretta alla fatwa della Guida Suprema" che evidenzia un conflitto tra i Pasdaran e Khamenei. Un Iran pasdaran-centrico sarebbe "più radicale nelle posizioni e come prima cosa cercherà la bomba atomica, con tutta una serie di conseguenze regionali che ciò comporta: i sauditi e altri Paesi farebbero altrettanto, in una dinamica che nel giro di qualche anno porterebbe alla nuclearizzazione dell'area, il contrario di quello che vuole Israele - conclude Pedde - Ed i cosiddetti 'Accordi di Abramo' non sono una garanzia per Tel Aviv, che non ha grande fiducia nei suoi alleati regionali e teme possano mutare rapidamente le loro politiche".
(Adnkronos) - Cosenza per tre giorni capitale del commercio globale. Dal 21 al 23 giugno, infatti, il capoluogo bruzio ospiterà la 34ª convention mondiale delle Camere di commercio italiane all’estero. L’evento, organizzato dalla Camera di commercio di Cosenza e da Assocamerestero, in collaborazione con Unioncamere e con il supporto di Promos Italia, porterà in città oltre 200 delegati in rappresentanza di 63 Paesi e delle 86 Ccie nel mondo. "È un’occasione preziosa per far conoscere ai delegati la vera Calabria, fatta di eccellenze imprenditoriali, cultura, tradizioni e spirito di accoglienza", spiega ad Adnkronos/Labitalia il presidente della Camera di commercio di Cosenza, Klaus Algieri. Secondo Algieri, si tratta di "un’opportunità non solo per le imprese, ma per tutti i cittadini: un momento storico per aprirci al mondo e mostrare la nostra migliore versione". Il Palazzo dell’Economia infatti ospiterà riunioni di area suddivise per continente, sessioni plenarie, tavoli tecnici e confronti tra il sistema camerale estero e le associazioni di categoria locali. E la 'tre giorni' sarà anche l'occasione per la partecipazione al confronto delle istituzioni nazionali. Interverranno infatti anche il viceministro delle Imprese e del Made in Italy, Valentino Valentini, e il ministro Adolfo Urso, protagonista del convegno istituzionale 'Destinazione Calabria: investimenti e talenti per lo sviluppo della Calabria all’estero', previsto lunedì 23 giugno. Elemento chiave della 'tre giorni' saranno gli incontri B2B tra oltre 140 imprese calabresi e i delegati esteri, momento definito da Algieri "una vera e propria finestra sul mondo", in grado di generare nuove reti commerciali, attrarre investimenti e valorizzare il 'Made in Calabria'. Le imprese, iscritte al progetto Sei - Sostegno all’export delle Imprese avranno inoltre accesso a consulenze personalizzate, voucher economici e altri incentivi. "Si tratta di una svolta: la Calabria - aggiunge Algieri- può smettere di inseguire lo sviluppo e iniziare a guidarlo. Grazie a manager di alto profilo, alla qualità dei contenuti e alla concretezza degli incontri, possiamo costruire un nuovo modello economico fondato sull’innovazione, l’apertura ai mercati e la cooperazione". La Convention si concluderà con un momento di grande valore simbolico: la cena di gala del 22 giugno al Castello Svevo, per celebrare la cultura e l’identità del territorio in uno dei luoghi più iconici della città.
(Adnkronos) - "Quella tra Israele e Iran è una crisi storica, ma avrà poco impatto sulle bollette degli italiani. Per il momento i prezzi sono relativamente stabili, pertanto effetti contenuti, sempre che non ci sia il blocco dello stretto di Hormuz". A dirlo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, a 'La transizione energetica. Tra innovazione e conservazione', l’evento organizzato a Roma da Wec Italia, Centro Studi Americani e Nazione Futura per promuovere un dialogo tra visioni conservatrici e progressiste dell’ambientalismo, esplorando le sfide energetiche e climatiche nei contesti italiano e statunitense. “Il percorso verso la transizione è tracciato e stiamo andando tutti nella stessa direzione - prosegue Tarabelli - Siamo tutti d’accordo sul fatto che dobbiamo essere più puliti e più efficienti”. Infine, un’analisi sul caso del blackout che ha colpito la Spagna e l’insegnamento che quell’evento ha lasciato: "Ci ha insegnato che dobbiamo investire sulle reti e che l'energia elettrica ogni tanto va via, in passato capitava con più frequenza. L’energia elettrica è un vettore, va sempre prodotta e se la produciamo solo con le fonti rinnovabili abbiamo più problemi come quello spagnolo. Bisogna stare un po' più attenti, investire di più e avere anche delle altre capacità che non siano solo rinnovabili", conclude.