(Adnkronos) - Due peacekeeper sono rimasti feriti a causa dei colpi d'artiglieria sparati dalle Idf contro la base dell'Unifil a Naqura, nel sud del Libano. Lo scrive il sito di Haaretz. I media libanesi avevano in precedenza spiegato che a essere colpito era stato il battaglione cingalese. Sarebbe stato un carro armato israeliano Merkava a prendere di mira una delle torri di osservazione dell'Unifil e a sparare ferendo i peacekeeper del contingente dello Sri Lanka, scrive l'agenzia di stampa libanese ufficiale Nna, spiegando che l'attacco è avvenuto sulla strada principale che collega Tiro a Naqura, dove si trova il centro di comando dell'Unifil, di fronte a un posto di blocco dell'esercito libanese. Ieri, in un attacco simile, erano rimasti feriti due peacekeeper indonesiani. Secondo quanto riferito dal quotidiano libanese, affiliato a Hezbollah, Al Akhbar, Israele spera di rimuovere l'Unifil dal Libano meridionale e di sostituire i peacekeeper con una forza internazionale alternativa. Il ministero degli Esteri di Beirut ha intanto condannato i colpi d'artiglieria sparati dalle Idf contro la base. Le Idf in una nota condivisa su 'X' scrivono che un comandante dell'unità missilistica anticarro delle forze d'elite Radwan di Hezbollah, Araed el-Shoga, è stato ucciso in un attacco aereo israeliano in Libano. Shoga era a capo dell'unità missilistica nella zona di Meiss el-Jabal nel Libano meridionale ed era responsabile di molti attacchi contro l'area di Ramot Naftali nel nord di Israele, prosegue la nota. Nel raid condotto dai caccia israeliani è stato anche distrutto un lanciarazzi che era carico e pronto per essere usato contro il territorio israeliano e le truppe dell'Idf, afferma l'esercito. Mentre è di un morto e un ferito grave il bilancio di un attacco condotto dal Libano verso il nord di Israele con un missile anticarro. Lo riferisce Haaretz spiegando che il missile ha colpito il Kibbutz Yir'on, nell'Alta Galilea. La vittima è un lavoratore thailandese di 27 anni, come ha spiegato il servizio di emergenza Magen David Adom. L'esercito israeliano ha annunciato che due persone sono state uccise in un attacco aereo israeliano nel campo profughi di Nur Shams in Cisgiordania e ha affermato che i due erano terroristi della Jihad islamica palestinese. Secondo l'Idf, il ventenne Mohammed Iyad Abdullah era il leader della branca della Jihad islamica palestinese di Nur Shams, che aveva sostituito Mohammed Jaber, ucciso ad agosto. Il ministero della Salute palestinese ha affermato che l'altro uomo ucciso nell'attacco è Ouad Jamil Omar, 31 anni. Quanto a Teheran, il gabinetto di sicurezza israeliano, che ieri sera si è riunito per una riunione di 4 ore, non ha approvato tramite votazione un attacco contro l'Iran come rappresaglia per il lancio di missili di inizio mese. Lo scrivono i media israeliani spiegando che la risposta israeliana all'Iran è stata rinviata. Secondo funzionari citati a condizione di anonimato, il gabinetto di sicurezza israeliano è diviso su come e quando rispondere all'attacco missilistico dell'Iran. Alcuni vogliono infatti ritardare una risposta il più a lungo possibile per cercare di produrre un effetto a sopresa, mentre altri sono favorevoli a un attacco immediato. L'Iran sta intanto chiedendo ai Paesi arabi di non permettere che il loro spazio aereo sia utilizzato da Israele per l'attacco di rappresaglia che intende condurre. Lo hanno riferito due diplomatici del Golfo a condizione di anonimato all'emittente americana Nbc News. Uno di loro, in particolare, ha spiegato che Teheran ha chiarito che ''i Paesi che aiuteranno Israele in qualsiasi modo nella sua rappresaglia contro l'Iran potrebbero potenzialmente entrare a far parte della guerra''. Questa settimana il presidente iraniano Masoud Pezeshkian e il suo ministro degli Esteri Abbas Araghchi hanno incontrato i leader dei Paesi del Golfo, Arabia Saudita e Qatar compresi. Altri Paesi arabi, come la Giordania e gli Emirati Arabi Uniti, ospitano basi americane e siti petroliferi fondamentali per l'economia mondiale. "Il Consiglio di cooperazione del Golfo non è interessato a essere messo in mezzo a un fuoco incrociato", ha detto un diplomatico alla Nbc News. "Il nostro obiettivo è stato la de-escalation", ha aggiunto. Un secondo diplomatico ha dichiarato alla Nbc News di ritenere improbabile che una qualsiasi nazione araba avrebbe accettato di consentire che il proprio spazio aereo fosse utilizzato dagli israeliani per un attacco all'Iran. Le Forze di difesa israeliane hanno intanto riferito di aver abbattuto un drone che stava attraversando il confine con Israele, dopo che gli allarmi per droni erano suonati ad Ashkelon e nelle città vicine a nord di Gaza. L'Idf non ha specificato da dove il drone fosse partito e al momento non c'è stata alcuna rivendicazione dell'attacco. In precedenza, una milizia irachena sostenuta dall'Iran aveva dichiarato di aver lanciato un drone contro la città di Eilat, sul Mar Rosso.
(Adnkronos) - "Dea digital mutua, la prima mutua digitale italiana nata per promuovere la cultura della prevenzione, la sostenibilità, la solidarietà e dell'innovazione, ha ideato una soluzione a tutela della rendita immobiliare: si tratta di Club affitto protetto, un sussidio mutualistico che offre un indennizzo in caso di mancato pagamento dell'affitto da parte dell'inquilino, coprendo fino a tre contratti di locazione, di tre immobili, sia ad uso abitativo che commerciale. La copertura può arrivare fino a sei mensilità di affitto, per un importo complessivo massimo di 18.000 euro". E' quanto si legge in una nota. "Inoltre - sottolinea - con un costo estremamente competitivo, pari al 3% della somma garantita, e una quota di iscrizione annuale di soli 30 euro al Club, ad esempio, garantire un importo di 6.000 euro costa appena 200 euro. Una soluzione altamente accessibile che rende la serenità dell'investimento immobiliare alla portata di tutti. Inoltre Club affitto protetto, per il tramite di un comitato scientifico, sostiene una causa no profit". "Club affitto protetto - si legge ancora - si inserisce in uno scenario caratterizzato da incertezza e dinamiche in continua evoluzione: basti pensare che in Italia si contano circa 1,14 milioni di locatori, ma l’11% di essi preferisce non affittare le seconde case per evitare di incorrere in inquilini inadempienti o in un articolato percorso burocratico. Una concreta risposta a queste preoccupazioni, pertanto, risulta ancora più importante se si tiene conto che quando un cittadino decide di acquistare un immobile, sul piatto ci sono i risparmi di una vita, il futuro dei propri figli e le aspirazioni legate al proprio benessere. Dea digital mutua, proprio grazie al suo impegno nell’esaltare i valori della prevenzione e del benessere, ha dato vita ad una soluzione particolarmente affidabile, offrendo un concreto contributo alle mutevoli esigenze sociali e attenuando l’impatto negativo di un’economia globale sempre più volatile".
(Adnkronos) - In 50 anni (1970-2020) c'è stato un calo del 73% della dimensione media delle popolazioni globali di vertebrati selvatici oggetto di monitoraggio: in America Latina e nei Caraibi il calo più marcato (-95%) seguite da Africa (-76%) e Asia-Pacifico (-60%). E' quanto emerge dal Living Planet Report (Lpr) 2024 del Wwf. Il Living Planet Index (Lpi), fornito dalla Zsl (Zoological Society of London), si basa sui trend di quasi 35mila popolazioni di 5.495 specie di vertebrati dal 1970 al 2020. Il calo più forte si registra negli ecosistemi di acqua dolce (-85%), seguiti da quelli terrestri (-69%) e poi marini (-56%). Il report avvisa che, mentre il Pianeta si avvicina a pericolosi punti di non ritorno che rappresentano gravi minacce per l’umanità, nei prossimi cinque anni sarà necessario un enorme sforzo collettivo per affrontare la duplice morsa della crisi climatica e biologica. "La perdita e il degrado degli habitat, causati principalmente dai nostri sistemi alimentari, rappresentano la minaccia più frequente per le popolazioni di specie selvatiche di tutto il mondo, seguita dallo sfruttamento eccessivo, dalla diffusione delle specie invasive e di patologie. Il cambiamento climatico rappresenta un’ulteriore minaccia in particolare per la biodiversità in America Latina e nei Caraibi, regioni che hanno registrato un impressionante calo medio del 95%. Il calo delle popolazioni di specie selvatiche è un indicatore di allerta precoce del crescente rischio di estinzione e della potenziale perdita di ecosistemi sani", avverte il Wwf. Quando gli ecosistemi vengono danneggiati, "cessano di fornire all’umanità i benefici da cui dipendiamo, aria pulita, acqua e terreni sani per il cibo, e possono diventare più vulnerabili e sempre più vicini al punto di non ritorno. Un ‘tipping point’, infatti, si verifica quando un ecosistema viene spinto oltre una soglia critica, determinando un cambiamento sostanziale e potenzialmente irreversibile. I tipping point globali, come il deperimento della foresta amazzonica e lo sbiancamento di massa delle barriere coralline, creerebbero onde d’urto che andrebbero ben oltre l’area interessata, provocando un impatto sulla sicurezza alimentare e sui mezzi di sussistenza. Il segnale d’allarme è arrivato con gli incendi in Amazzonia che ad agosto hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi 14 anni, mentre all’inizio di quest’anno è stato confermato un quarto evento globale di sbiancamento di massa dei coralli". Per Kirsten Schuijt, direttrice generale del Wwf Internazionale, "la natura sta lanciando un vero e proprio Sos. Le crisi collegate alla perdita della natura e al cambiamento climatico stanno spingendo le specie animali e gli ecosistemi oltre i loro limiti, con pericolosi punti di non ritorno globali che minacciano di danneggiare i sistemi che supportano la vita sulla Terra e di destabilizzare le società. Le conseguenze catastrofiche della perdita di alcuni dei nostri ecosistemi più preziosi, come la foresta amazzonica e le barriere coralline, colpirebbero le persone e la natura di tutto il mondo”. "Il sistema Terra è in pericolo, e noi con lui - dice Alessandra Prampolini, direttrice generale del Wwf Italia - Il Living Planet Report ci avverte che le crisi collegate alla perdita della natura e al cambiamento climatico stanno spingendo le specie animali e gli ecosistemi oltre i loro limiti. Le decisioni e le azioni dei prossimi cinque anni segneranno il futuro della nostra vita sul pianeta. La parola chiave è trasformazione: dobbiamo cambiare il modo in cui tuteliamo la natura, trasformare il sistema energetico, il sistema alimentare, uno dei motori principali della perdita di biodiversità globale, il sistema finanziario, indirizzandolo verso investimenti più equi e inclusivi. La Conferenza sulla biodiversità di fine ottobre e quella sul clima a novembre sono occasioni preziose: servono azioni coraggiose e leadership forti da parte dei governi. Servono piani nazionali più ambiziosi per il clima e la natura e chiediamo al governo italiano di riconoscere la centralità di questa sfida che riguarda il futuro di tutti". Tra le popolazioni di specie monitorate nell’Lpi è segnalato, ad esempio, un calo del 57% tra il 1990 e il 2018 nel numero di femmine nidificanti di tartaruga marina embricata sull’isola Milman, nella Grande Barriera Corallina in Australia; un calo del 65% dell’inia (un delfino di fiume) nel Rio delle Amazzoni e un calo del 75% della più piccola sotalia tra il 1994 e il 2016 nella riserva di Mamirauá sempre in Amazzonia. Lo scorso anno, durante un periodo di caldo estremo e siccità, oltre 330 inie sono morte in soli due laghi. L’indice rivela anche come alcune popolazioni animali si siano stabilizzate o siano aumentate grazie agli sforzi di conservazione, come è accaduto per la sottopopolazione di gorilla di montagna, aumentata di circa il 3% all’anno tra il 2010 e il 2016 all’interno del massiccio del Virunga nell’Africa orientale, e per il bisonte europeo, che ha visto un ritorno delle popolazioni in Europa centrale. Tuttavia, questi successi isolati non sono sufficienti. Kirsten Schuijt, continua: “Nonostante la situazione sia disperata, non abbiamo ancora superato il punto di non ritorno. Disponiamo di accordi e soluzioni globali per portare entro il 2030 la natura sul percorso di ripresa, ma finora ci sono stati pochi progressi sia in termini di risultati che di urgenza. Le decisioni e le azioni intraprese nei prossimi cinque anni saranno cruciali per il futuro della vita sulla Terra". Per Andrew Terry, direttore Conservation Policy presso la Zsl, "il Living Planet Index evidenzia a livello globale la continua riduzione delle popolazioni animali selvatiche e questo assottigliamento dell’albero della vita rischia di farci arrivare a pericolosi punti di non ritorno. In questa perdita non siamo inermi. Sappiamo cosa fare e sappiamo che, se ne ha la possibilità, la natura può riprendersi: ciò di cui abbiamo bisogno ora è un aumento dell’azione e dell’ambizione. Abbiamo cinque anni per raggiungere gli impegni internazionali volti a ripristinare la natura entro il 2030. I leader mondiali si riuniranno presto per la Cop16 e abbiamo bisogno di vedere risposte forti da parte loro e un aumento immediato delle risorse necessarie a raggiungere tali impegni e rimetterci sul percorso verso la ripresa”.